Spesso si sente dire, come luogo comune favorito anche dall’approccio manicheo delle religioni e dalla volgarizzazione del romanticismo, che l’approccio scientifico e razionale è freddo e arido, in profondo contrasto con il comportamento morale. Questa idea si accompagna a un giudizio tendenzialmente negativo verso la scienza, giudicata incapace di speculare in profondità sui dilemmi etici, e pertanto bisognosa di una stampella spirituale.
Se è vero che la conoscenza scientifica di per sé non genera automaticamente etica in quanto neutrale e focalizzata sull’indagine dell’universo, non c’è però dubbio che l’educazione al ragionamento e all’uso delle facoltà critiche che comporta possa essere una straordinaria palestra per un generale arricchimento interiore, quindi anche per l’elaborazione etica e per un comportamento prosociale. Non mancano testimonianze di scienziati che parlano con passione della propria attività, del piacere che danno la scoperta e la riflessione, del senso di connessione profonda agli altri esseri umani e all’universo che può generare lo studio e di come tutto ciò possa stimolare anche impegno e solidarietà. Tra i tanti possiamo citare Charles Darwin e Carl Sagan, senza dimenticare Richard Dawkins.
Una ricerca dell’università di Santa Barbara in California, citata anche da Scientific American, ha riscontrato con vari esperimenti come a livello psicologico un approccio scientifico favorisca un comportamento etico. Si è visto come coloro i quali dimostravano una maggiore consapevolezza scientifica fossero propensi a condannare più aspramente comportamenti sbagliati, come uno stupro, e ad assumere comportamenti più solidali con gli altri (in particolare nella simulazione chiamata dictator game, in cui i partecipanti potevano o meno dividere una somma di denaro). È bastato il priming con termini e concetti scientifici per stimolare certi effetti. Interessante notare come questi risultati non fossero condizionati da variabili di età, di appartenenza religiosa o etnica.
La scienza, come sottolineano i ricercatori, “nonostante possa costituire una visione del mondo, si distingue da altre (come per esempio la religione) per la sua natura controintuitiva e per il fatto che non si basa su sistemi cognitivi universali automatici e inconsci”. Va detto che questo studio è preliminare e basato su un campione esiguo; ma apre la strada a ricerche sperimentali più ampie e su scelte morali più diversificate. Come precisano gli stessi autori, la religiosità non è risultata essere un fattore correlato ai risultati, ma potrebbero esserci in gioco meccanismi più complessi come la minore esposizione alla scienza e l’adesione a norme universali che influenzano meno il giudizio sulle “infrazioni” tra individui.
È dunque una prima ricerca interessante per rivedere certi pregiudizi che gravano sulla scienza. Ma anche un’occasione per riflettere su come “un mondo senza Dio” e improntato su concezioni scientifiche e laico-razionaliste apra possibilità importanti, tutt’altra prospettiva rispetto ai panorami apocalittici profetizzati dalle gerarchie ecclesiastiche. D’altronde, come sottolinea anche il primatologo Frans De Waal, di cui sta per uscire in Italia Il bonobo e l’ateo, credenti e non in quanto esseri umani e sulla base dell’eredità biologica condividono empatia, sentimenti solidaristici e prosociali, nonché l’esigenza di darsi delle regole di convivenza civile. Tutto sta a farne uso.
La redazione
“Se è vero che la conoscenza scientifica di per sé non genera automaticamente etica in quanto neutrale e focalizzata sull’indagine dell’universo, non c’è però dubbio che l’educazione al ragionamento e all’uso delle facoltà critiche che comporta possa essere una straordinaria palestra per un generale arricchimento interiore, quindi anche per l’elaborazione etica e per un comportamento prosociale.”
Non concordo. Nel senso che ‘l’educazione al ragionamento e all’uso delle facoltà critiche’ sembra – a quanto riportato – prerogativa della conoscenza scientifica, il che, mi si permetta, non è affatto vero. La conoscenza scientifica in quanto tale non genera – come qui si dice giustamente – automaticamente etica, per cui l’eticità, concetto per altro tutto da definire e interpretare… certamente non è in contrasto con la conoscenza scientifica… ma può benissimo prescinderne. In altre parole, la pratica scientifica può essere esercitata al più alto livello di conoscenza e, certamente, di creatività non diversa dalla creatività artistica, ma non per questo diventa necessariamente sinonimo di apertura mentale. Esempi di scienziati anche geniali che sul piano etico hanno condiviso le ideologie più nefaste non si contano.
E a proposito di luoghi comuni, uno dei più frequentati è quello secondo cui la ricerca scientifica come tale non deve avere finalità etiche e – si dice sempre – l’uso negativo che la ricaduta tecnologica delle scoperte scientifiche può rendere possibile, non dipende dalla scienza, ma, appunto, dal cattivo uso che ne viene fatto. Il quale dipende da cosa? Dalla coscienza etica. La quale a sua volta dipende da cosa? Secondo questo luogo comune non dalla scienza, ovviamente, ma da qualche altra forma di speculazione da esercitare in altro campo. Il discorso in realtà è molto più complesso, ma una contraddizione con quanto sostenuto sopra è difficile da negare.
Rimarcare questo vuol dire disconoscere il grande, insostituibile apporto che la scienza offre alla conoscenza e in quanto tale strumento prezioso di arricchimento anche etico? Naturalmente no, ma non vanno automaticamente… ‘a braccetto’.
non mi sembra che l’articolo dica questo
dice invece che cercando di studiare il fenomento i primi dati mostrano che:
1) l’approccio scientifico e razionale non solo non è “freddo e arido” ma convive con comportamenti morali considerati invece a sproposito correlati alla pratica religiosa
2) a livello statistico l’approccio scientifico favorisce un comportamento etico (possono benissimo poi esistere esempi contrari, ci mancherebbe)
“(…) non mi sembra che l’articolo dica questo, dice invece che cercando di studiare il fenomento i primi dati mostrano che:
1) l’approccio scientifico e razionale non solo non è “freddo e arido” ma convive con comportamenti morali considerati invece a sproposito correlati alla pratica religiosa”
Ma anche a me sembra di aver sostenuto questo non escludendo affatto (ci mancherebbe!) la convivenza tra pratica scientifica e comportamento morale… anche se non necessariamente. Dando per scontato in ogni caso che attribuire solo alla pratica religiosa i comportamenti morali è una enorme sciocchezza.
2) a livello statistico l’approccio scientifico favorisce un comportamento etico (possono benissimo poi esistere esempi contrari, ci mancherebbe)
A mio modo di vedere (e qui credo stia il vero disaccordo) non si tratta tanto di ‘esempi contrari’, di una sorta di eccezione che confermerebbe la a regola, ma, appunto di una ‘regola’ per niente tale.
In quanto alle statistiche… ho già espresso più volte i miei dubbi sulla loro ‘scientificità’.
concordo che “eccezioni alla regola” e “regola” stessa non sono termini adatti, a me basta “maggiore propensione” (se vuoi anche “lievi segnali di maggiore propensione”)
si tratta solo di valutare statisticamente i dati: anche un 60% di correlazione o compresenza positiva e un 40% di negativa/neutra sarebbero un segnale
la statistica può essere certametne usata a sproposito, la se si illustra una metodologia e la si mette al vaglio di altri ricercatori, la scientificità si acquisisce
Devo dare ragione a Bruno: la scienza non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con l’etica o la morale.
La morale è un risultato evolutivo, la cui base è qualcosa di intrinseco ad ogni essere vivente. E’ un fatto, se vogliamo, neurobiologico. La scienza quindi può, casomai, spiegare e analizzare questo meccanismo evolutivo, ma non ci ha nulla a che fare in linea di principio. L’etica, invece, è morale universalizzata e oggettivizzata in regole, ma, nuovamente, queste regole non hanno nulla di scientifico. E nemmeno, devono avere nulla di religioso: ogni discussione e decisione sull’etica va lasciata in ambito filosofico-umanistico, ma non prettamente scientifico e nemmeno prettamente religioso.
Tant’è vero che culture diverse si danno principi etici diversi.
E, comunque, dire che la scienza è fredda e arida non ha alcun senso, se non denigratorio da parte di loschi figuri dogmatici. La conoscenza prescinde totalmente da qualunque giudizio di qualità morali o etiche. La conoscenza del teorema di Pitagora, in sè, non ha alcuna qualità morale, come non ce l’ha la non conoscenza del medesimo.
Per dirla in un altro modo, poichè la scienza deve prescindere per definizione da ogni finalismo, non può contenere in essa alcun giudizio di matrice morale su una certa azione umana (in quanto ogni azione umana contiene finalismo).
Bravo Gualerzi!
Non concordo Gualerzi !
Vorrei ricordare che la ricerca scientifica non si limita ad indagare le leggi della natura, ma cerca costantemente di sfruttare le conoscenze acquisite per “migliorare” le condizioni di vita dell’ Umanità, non per peggiorarle.
Se non è “etico” e “morale” questo !
La ricerca scientifica si limita ad acquisirle le conoscenze.
Il loro uso è spesso delegato all’industria, che di solito ha come priorità il ritorno degli investimenti, comunemente chiamato arricchimento.
Secondo me le cose non stanno esattamente così.
La ricerca scientifica cerca costantemente di ampliare le conoscenze dell’ umanità.
Se come risultato abbiamo un miglioramento (ma anche un possibile peggioramento) delle condizioni di vita dell’ umanità, questo non è che una conseguenza.
Di tanto in tanto ne parlo con qualche amico o conoscente e quando, con il sorrisetto sotto i baffi, mi chiedono “ma a cosa serve ?”, rispondo “a vedere cosa c’ è al di la dell’ orizzonte”.
la scienza è neutra, è l’essere umano che la usa secondo una sua etica personale. L’elettricità può essere usata per illuminare ambienti o per torturare le persone. La benzina può essere usata per i trasporti o per bruciare cose e persone.
Chiedo scusa, ma l’invenzione della radio, del motore a scoppio dell’ aeroplano ecc. oltre alle scoperte dei medicinali, dei vaccini ecc. sono dovute alla CURIOSITA’ degli scienziati, o alla intravista possibilità di vantaggi per gli esseri umani ?
Oltre che per gli scienziati stessi…naturalmente, ma i loro personali vantaggi sono sempre stati direttamente proporzionali ai quelli risultati per la comunità !
Le invenzioni e le scoperte “inutili”, da sempre sono confinate nell’aneddotica , non nel progresso !
Curiosità e volontà di progresso insieme, direi.
@ Bruno Gualerzi
“certamente non è in contrasto con la conoscenza scientifica… ma può benissimo prescinderne.”
Non so fino a che punto ne possa prescindere. Mi spiego meglio: la personale visione etica dell’individuo si forma analizzando e in qualche modo interpretando gli eventi che accadono nel mondo e la realtà che ci circonda. Nel momento in cui la scienza, che come è scritto sopra è controintuitiva, fa addivenire a delle conoscenze controintuitive ecco che l’etica viene modificata anche da queste acquisizioni. Un esempio banale: la necessità di contenere l’inquinamento e le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera è evidenziata da studi che mostrano che la temperatura media del pianeta sta salendo con un incremento superiore al suo tasso naturale. Una persona ignorante intuitivamente potrebbe pensare che il mondo è così grande che le attività umane non possano influenzarlo, e infatti gli incivili inquinano e se ne fregano, mentre se uno ha chiara una situazione che intuitivamente non lo è si comporta di conseguenza.
“Esempi di scienziati anche geniali che sul piano etico hanno condiviso le ideologie più nefaste non si contano.”
Questo accade quando si ha il cervello a compartimenti stagni, ci si immerge nei propri studi e si ignora il resto. Difatti penso che ti riferisca agli scienziati dei secoli passati, non a quelli attuali. Mi sembra di ricordare che Laplace era un bigotto fenomenale.
Faccio una rilessione su:
“La scienza, come sottolineano i ricercatori, “nonostante possa costituire una visione del mondo, si distingue da altre (come per esempio la religione) per la sua natura controintuitiva”
Non è vero, anche la religione è controintuitiva, difatti intuitivamente le vergini non partoriscono e gli uomini non risorgono, tanto per rimanere nel cristianesimo.
La differenza è che la scienza DIMOSTRA la veridicità delle sue affermazioni controintuitive, la religione enuncia affermazioni controintuitive e pretende che le si creda nonostante le prove contrarie.
Se la fisica quantistica dice che un elettrone è contemporaneamente un’onda e una particella e se la osservo in un certo modo vedo che è un’onda, se la osservo in un altro è una particella, questo è normemente controintuitivo, ma non è accettato per fede.
Poi, che non tutti siano in grado di comprendere le spiegazioni scientifiche è vero, ma chiunque potenzialmente si potrebbe iscrivere all’università e dopo 10 anni acquisire le conoscenze per capirlo.
Diverso è accettare senza se e senza ma il dogma dell’infallibilità dello spirito santo che infatti ha scelto Ratzinger che poi si è dimesso, tanto per dirne una…
@Gianluca
“Diverso è accettare senza se e senza ma il dogma dell’infallibilità dello spirito santo che infatti ha scelto Ratzinger che poi si è dimesso, tanto per dirne una…”
Evidentemente il principio di indeterminazione vale anche per le doti etiche :un uomo puo’ essere contemporaneamente santo e cialtrone.
Solo al momento di applicare l’autorita la funzione collassa e il personaggio da’ prova di santita o cialtroneria,e il risultato e’ imprevedibile a priori anche per lo spirito santo.
Dimostrazione di come scienza e religione in realta convivono benissimo.
Laverdure
🙂
@ Gianluca (e altri)
Concordo sul fatto che – come per altro ho scritto – le conoscenze rese possibili dalla ricerca scientifica sono preziose anche in funzione di una eticità sempre più consapevole. Resta però pur sempre il fatto che queste conoscenze, proprio per tradursi in norme di comportamento etiche, socialmente utili, devono essere inserite in un contesto culturale nei confronti del quale la scienza non può rimanere, per così dire, neutrale (la ‘scienza pura’ a mio parere è un mito) per cui la traduzione in comportamenti etici delle conoscenze che per altro solo la scienza rende veramente, oggettivamente, fruibili, dipende dal come vengono di fatto fruite. Per esempio in un contesto dove il fideismo… di qualsiasi natura, quindi che può riguardare anche la stessa scienza… è ancora dominante, le conoscenze scientifiche sono o contrastate o strumentalizzate
In altre parole, ho un bel dimostrare scientificamente, ad esempio, che, continuando a sfruttare le risorse del pianeta come si sta facendo, il pianeta diventerà sempre più invivibile… ma se non si cambia un modo di produzione basato sul profitto e sulla concorrenza, oppure – da un altro punto di vista che in questo blog interessa particolarmente – se si continua a non ostacolare, complici tante dottrine religiose, una crescita indiscriminata della popolazione mondiale… non c’è evidenza scientifica che tenga. Ci se ne renderà conto, come sta avvenendo, quando ormai sarà troppo tardi. Come per le guerre.
In sostanza, a mio parere esiste un contesto culturale che va condizionato con un impegno culturale, per rendere più efficiente il quale la scienza può offrire sicuramente un contributo insostituibile… ma che da solo non basta.
“Difatti penso che ti riferisca agli scienziati dei secoli passati, non a quelli attuali. Mi sembra di ricordare che Laplace era un bigotto fenomenale.”
Non mi riferisco solo agli scienziati dei secoli passati. In regimi totalitari come nazismo e stalinismo, tanti scienziati hanno contribuito – consenzienti o meno che fossero, consapevoli o meno che fossero (ma molti lo erano di sicuro) – a potenziare il regime con le loro ricerche. Magari considerandosi, in quanto scienziati, ‘neutrali’.
D’altra parte se stati in cui vige il più assoluto confessionalismo – come Iran, Corea del Nord, Pakistan – possono costruire armi nucleari, dovranno pur usufruire dell’apporto di scienziati ad alto livello ‘creati’, per così dire, in casa. Sono costretti a farlo? Forse, per certi aspetti sicuramente, ma non escluderei, anche qui, un comportamento ritenuto ‘neutrale’.
Due osservazioni.
* Chi è abituato ad accettare la realtà, come capita a chi fa scienza, non sta a discutere, convincere, giustificare, trovare mediazioni, blandire e amenità varie, pertanto è più portato ad accettare una norma come accetta le regolarità fenomeniche, cioè ne ha pieno rispetto se la trova giusta o non ne ha alcun rispetto se la trova sbagliata; il che è appunto un atteggiamento etico.
* Nella mia esperienza di insegnante, gli studenti più menefreghisti sono quelli che non riescono ad applicare le regole di calcolo, nemmeno quando sono descritte con una scaletta, segno che l’etica ha un lato puramente intellettuale tutt’altro che trascurabile.
@Fab
L’etica in realta ancora piu’ che intellettuale ha un fine relamente pratico :quello di rendere la vita il piu’ possibile confortevole ai
membri di una comunita.
Se in un paese civile lo stupro e’ severamente punito questo non
avviene per motivi estetici,metafisici ecc,ma semplicemente per
evitare il danno che provoca alle vittime.
Lo stesso per qualunque reato o per qualunque comportamento che,sebbene non punibile penalmente,si riveli dannoso per il prossimo.
E anche quando si formerà una società laica/razionalista avverrano sistematicamente diverse neurological seizures, e tutto ricomincerà da capo.
Non ho capito che ha detto Giuseppe, ma ho la sensazione che c’entri niente
I neurological seizures(scordo sempre il significato di seizures”sottrazioni”) sono alla base(ma non uniche cause) dei cambi di stato della coscienza e quindi delle esperienze mistiche.
Una società iperrazionalista non reggerebbe, non si potrà mai sostituire l’effetto appagante e noetico di una esperienza mistica.
in parole povere è un modo come un’altro per descrivere gli stessi effetti che forniscono le droghe. e finchè esisterà l’alcool e sarà legale, non ci sarà bisogno di fede in divinità per avere “cambi di stato della coscienza e esperienze “mistiche” con esseri immaginari”
Da come ne parli pare che stai parlando di canne.
Comunque, non è neanche lontanamente pertinente all’articolo in cui si dice ben altro né agli scopi dell’associazione, che chiede ben altro.
Giuseppe
Chi ti dice che gi atei razionalisti non possano avere esperienze mistiche? E’ la reazione ad essere che differenzia l’ateo dal credente, non il fatto di averne o meno.
Io da bambino ho avuto un’esperienza mistica, ma ciò non ha modificato per nulla il mio atteggiamento nei riguardi della religione, e del teismo in generale
“ad esse”
Che esperienza mistica hai avuto?
A me è apparso mercurio 5 anni fa ^___^
Infatti non ho detto che gli atei non ne avranno, anzi penso tutti l’avranno almeno una volta nella vita, è un processo naturale.
Il problema è il dopo, un individuo non ben informato non ci si sta nulla ad associare quella ‘benedizione’ a qualche madonnina.
per rispondere a qualcunaltro, l’esperienza mistica non è semplice trip prodotto da sostanze o alcool, ma un qualcosa di molto più intenso e può avvenire anche spontaneamente.
a me è apparso marte. dall’altro capo di un telescopio. si è travestito da pianeta ma dentro di me sapevo che era lui.
certo, sono d’accordissimo con peppe.
si chiama “epilessia del lobo temporale”
Non vorrei sbagliare, ma penso che questo non sia il “nostro” solito giuseppe.
Ciò detto, l’esperienza mistica può anche essere scatenata da cause esterne, ma i meccanismi neurologici quelli sono.
@Giuseppe
Guarda, i trip in una società razionalista verrebbero solo presi come tali.
L’educazione conta, e senza influenze di costumi che prendono questi fenomeni naturalissimi per prove il “ritorno” si ammazza da sé.
Ma scusatemi cari tutti e caro/a autore di questo articolo….
Alla fine di molti pezzi, anche di questo, mi vien sempre spontaneo un collegamento mentale al comportamento di alcuni omosessuali famosi (tipo Cecchi Paone) che a ogni piè sospinto e anche quando, chessò, si parli della ricetta della torta di mele con o senza gelatina e uvetta, devono sempre ribadire che loro sono gay.
Sembra quasi che non abbiano del tutto interiorizzato bene sta cosa, che non ne siano del tutto convinti, che la vivano ancora faticosamente.
E anche nel caso di questo blog, ogni volta il pretesto di un argomento magari importante per arrivare alla solita contrapposizione “laico”-credente, nella smania di dimostrare, tramite l’ultimo studio del tal ricercatore ad esempio la superiorità intellettiva dell’ateo o instillarne l’ipotesi; o, come nel caso specifico, di ribadire quanto sia bello un mondo senza Dio.
Della serie: vivi in pace e sereno senza Dio, lo puoi fare semplicemente, dicendo che Lui non ci sta proprio, non esiste, e che non c’è bisogno di dimostrare nessun tipo di superiorità o inferiorità da una parte o dall’altra.
😆
@ Engy
Se chi pensa che l’omeopatia sia una medicina efficace pretende di farla passare dal sistema sanitario nazionale, farsi dare finanziamenti e convincere tutti ad usarla, un comportamento etico è quello di dire come stanno le cose: l’omeopatia è una fregnaccia e non è corretto né farla passare per buona né pretendere di farlo a spese dello stato.
Quindi ci sono due aspetti. Uno epistemologico, volto ad accertare come stanno le cose e a scartare credenze non giustificate, uno connesso ad evitare che tali credenze ingiustificate ottengano risorse che non meritano.
Ora fai il debito parallelo e scoprirai perché quel che scrivi non mi (ci) trova d’accordo.
va bbuono @Stefano, anche se mi piace di più la risposta di @SilviaBO
😀
Ma guarda, sono le tematiche cardine dell’associazione. e di chi la segue Non parliamone, sia mai che a qualcuno venga il dubbio che non ne siamo convinti.
ciao, gmd85, secondo me sei stato un po’ in vacanza, sbaglio?
ti trovo migliorato 😉
alla fine, mi sto affezionando anche a te …:lol:
Vacanza forzata. Qualcuno ha tranciato per la quarta volta i cavi del telefono, causa rame da rivendere. Chissà che etica possono vantare tali soggetti…
Avresti ragione, se non fosse che i credenti (o almeno alcuni di essi) sono convinti di essere superiori agli atei. Quindi, da parte degli atei, si tratta di una legittima difesa. Così come i gay si difendono quando qualcuno dice che gli etero sono superiori.
Poi a volte chi si difende esagera e cade nel torto dalla parte opposta rispetto alla tesi che vuole confutare, ma non mi pare sia il caso di quest’articolo.
E qui si parla di questi argomenti perché è un sito su questi argomenti. Se fosse un sito di cucina, sarebbe senz’altro un articolo fuori luogo.
Ragazzi, stavolta devo anche dare ragione a Engy.
La scienza non ha nulla, ma proprio nulla, a che vedere con morale e etica.
Altrimenti, potremmo metterci a discutere se F=ma sia eticamente meglio di E=mc2.
Ma che cactus di senso ha???
Allora:
1) Se i credenti sono convinti di essere (moralmente!) superiori agli atei, non è certo ricorrendo alla scienza che lo si possa negare. E nemmeno possiamo ricorrere alla scienza per dimostrare, al contrario, che gli atei sarebbero moralmente superiori ai credenti (ci mancherebbe!!!). Non funziona in nessuno dei due sensi.
2) Se parliamo di legittima difesa, allora qui secondo me siamo in presenza di un “eccesso di legittima difesa” (e parlo da ateo). Io sovente vado dicendo al nostro Florenskij che lui non ne capisce molto di scienza, ma non mi permetto di dirgli che, proprio per questo, lui sia moralmente inferiore a me. Anzi, lui non mi ha mai mandato a quel paese, e magari avrebbe motivo di farlo. Aggiungo che, purtroppo, moltissime persone non sanno nemmeno che cosa sia la scienza, anche tra gli atei. Perfino Dawkins, secondo me, esagera -anzi sbaglia- quando dice che la scienza può benissimo negare dio.
3) Certi credenti estremisti vogliono denigrare la scienza, e questo è vero: ma non è certo sposando la scienza con l’etica (matrimonio eterologo…) che ci si difende da questi attacchi. Morale ed etica, come prodotti misti di intelletto ed emozioni, non possono essere parte della scienza.
@ Giorgio Pozzo
Forse negarlo no ma togliergli spazio si…
La scienza, poi, è un’applicazione particolare (anche se molto ampia) della razionalità. E questa qualcosa al riguardo può dire, eccome…
Può discutere senz’altro sul dio dei deisti, che se ne sta buono, figuriamoci se non può dire niente su divinità interventiste…
Mi dispiace ma Gould (NOMA) , per me, ha detto una gran fesseria.
In merito a Scienza e Etica Sam Harris ha qualcosa da dire: e non è che non c’entrano niente.
A parte il fatto che bisognerebbe avere una definizione di dio quanto se ne parla tra tesi contrapposte; io direi che la scienza nega si l’esistenza di dio, almeno per come ce lo hanno dipinto i cattolici fino ad ora, in quanto dà spiegazioni della natura senza bisogno di ricorre a esseri immanenti
Già, Sam Harris… ma si tratta di filosofia, non di scienza.
La prova che etica ≠ scienza è che, come dicevo, l’etica presuppone finalismo, che la scienza esclude a priori.
Dimenticavo:
chi attribuisce alla scienza un significato e un dominio più ampi di quelli che dovrebbe avere, allora certamente il principio del NOMA non lo condivide.
Ma si tratta di una questione di insiemistica: la scienza ha, effettivamente, un dominio piuttosto stretto, molto più stretto di quanto si pensi. Talmente stretto, che non esiste sovrapposizione con la fede. Ovviamente, ripeto, chi attribuisce alla scienza un dominio più ampio, trova una parte di insieme intersezione con la fede (o altro).
Un dio particolare come quello dei Cattolici può essere negato dalla logica, non dalla scienza. Alcune sue caratteristiche “divine” sono logicamente contradditorie.
La scienza, però, non si occupa di un presunto mondo trascendente: proprio perchè trascendente, la scienza lo ignora e, ignorandolo, non può negarlo.
Una certa etica nella scienza c’è soprattutto nello spirito di migliorare la vita delle persone con le invenzioni, questo soprattutto quando prevale l’interesse scientifico su quello economico. Ricordo ancora lo scontro tra Edison e Tesla circa la corrente continua e quella alternata.
Il grande Edison oltre ad essere un grande scienziato era anche un grande Str.onzo pur di portare avanti la corrente continua come mezzo di trasporto di potenza, che però richiede conduttori più grandi perchè è difficile innalzarne la tensione rispetto a quella alternata di Tesla, fulminò un elevante con la corrente alternata ad alta tensione.
Servì a poco oggi nelle nostre case abbiano la corrente alternata.
Ultimamente sta diventando molto attiva un’associazione di ricercatori che si batte per la ricerca biomedica in italia al fine di garantire cure sicure a tutti e di garantire i mezzi di ricerca, anche lì c’è etica, un’etica umanista (nel senso di Umanismo, non Umanesimo). E come questa ce ne sono altre tipo il l’istituto Mario Negri, AIRC, AIL tutte no-profit, il cui primo interesse è la scoperta di cure.
Come non ricordare Gino Strada con la sua Emergency che mette a disposizione cure della scienza medica a disposizione delle popolazioni in situazioni di guerra.
No, perchè invece che di scienza parliamo di utilizzo della tecnologia. Non c’è nulla di etico nella scienza o nella tecnologia (da non confondere, please!!), ma c’è molto di etico nell’uso della medesima.
In un affilato coltello da cucina non esiste alcuna etica (o morale). Ma se io lo utilizzo per aprire la pancia di qualcuno per rapinarlo, oppure per aprire una porta e liberare un bambino in un incendio, i contenuti morali ci sono eccome.
Per me mappare i geni di una malattia rara o carpire i principi fisici dell’universo per piegarli a nostro vantaggio ha un che di etico. La tecnica poi vedrà il come, ma la ricerca pura da l’impronta, secondo me la ricerca stessa della conoscenza ha un valore etico. E’ vero scienza e tecnica non vanno confuse.
Certamente, la ricerca può avere fini eticamente elevati, ma, a rigore, nemmeno la ricerca è strettamente scienza. La si potrebbe chiamare scienza empirica, in quanto copre gli aspetti sperimentali, ma la “scienza” è qualcosa di dominio molto più limitato di quanto normalmente (o colloquialmente….) si utilizzi.
La scienza è l’insieme delle teorie scientifiche. E le teorie scientifiche, per essere tali, non devono considerare finalismo. Possiamo avere ricerca con contenuto etico negativo, ma ogni teoria che ne risultasse sarebbe di per sè eticamente neutra.
Capisco cosa intendi, ma l’atto di ricerca del sapere scientifico ha un che di etico, pur di per se le teorie che poi ne escono sono eticamente neutre, tant’è che uno stesso principio fisico può essere usato per dar la vita o dar la morte.
pare che le due guerre mondiali abbiano fatto compiere progressi considerevoli alla chirurgia.
non solo i tedeschi, ma anche i giapponesi hanno condotto esperimenti su esseri umani reputati tranquillamente eliminabili.
etico non sarà stato, ma pare che i risultati di queste ricerche abbiano trovato interesse tra gli alleati vincitori.
Edison è stato un inventore, non uno scienziato. Non mi risulta a) che abbia mai scoperto niente, b) che facesse ricerca con lo scopo di condividerla coi suoi pari.
Se la futurologia è una disciplina a rischio, la storia è necessaria. Le persone che l’ignorano sono condannate a ripeterla. Ritengo che la filosofia possa essere utile in diversi campi, etici inclusi. Ma senza la luce della scienza e dei benefici della tecnologia, saremmo ancora a vivere nelle tenebre, nel senso letterale e metaforico! Gli scienziati, in particolare quelli che si occupano di biologico ed umano, continueranno a dominare la discussione sulle nostre virtù. E, secondo due modalità: fornire spiegazioni basilari del comportamento degli esseri umani con i relativi perché; e collegando le scienze disparate, dell’atomo o molecola fino il gruppo sociale e il “superorganismo” (inteso sia come un sciame di formiche che i membri di qualsiasi istituzione umana auto-organizzata).
Il genetista Albert Jacquard diceva : “Transformare i cittadini in pecore docili e sottomesse, è sempre stato il sogno di molti poteri. Per realizzarlo i mezzi sono molti, -in primis- intossicarli di dogmi e parascienza può essere molto efficace”
E come dice Gilberto Corbellini : L’atteggiamento scientifico viene normalmente caratterizzato anche con una forma di onestà intellettuale, in quanto basato su un’etica della conoscenza che assume come valore fondante il postulato dell’oggettività. Non che gli scienziati siano miracolosamente più onesti della media. Ma dal momento in cui rispettano i dati empirici, sanno bene che nessun argomento logico o basato sull’autorità renderà vera un’idea. Inoltre, spingono verso la scienza una predisposizione individuale a stupirsi e un’innata curiosità”.
P.S. P. : La scienza è l’immaginazione (o astrazione mentale) al servizio della “verità” verificabile da tutti chi lo desiderano. La sua finalità consiste nel capire. Rappresenta una base fondamentale, pur essendo né esaustiva né esclusiva per la conoscenza, le sue risposte sono le migliori che abbiamo per il momento.
@alessandro
“P.S. P. : La scienza è l’immaginazione (o astrazione mentale) al servizio della “verità” verificabile da tutti chi lo desiderano. La sua finalità consiste nel capire. Rappresenta una base fondamentale, pur essendo né esaustiva né esclusiva per la conoscenza, le sue risposte sono le migliori che abbiamo per il momento.”
D’accordo, ma il fatto che la scienza offra le sole risposte fruibili in quanto sempre verificabili e non opinabili fino a prova contraria (e su ciò concordo), è sufficiente per fare di queste conoscenze come tali un uso etico? In altre parole – come sostengo in altri interventi – che ruolo può avere la scienza in relazione all’uso che ne viene fatto (cosa non certo secondaria, per un reale progresso – non semplice sviluppo – della cosiddetta civiltà) se non quello di offrire strumenti preziosi, senza alternative valide… ma pur sempre strumenti?
In definitiva, può la ricerca scientifica come tale offrire veramente criteri etici praticabili proficuamente per l’uomo… e proprio per la sua, per altro necessaria in quanto strutturale, non esaustività e non conclusività? Può l’uomo reale, quello storico, quello realmente esistenze, non l’uomo in quanto specie umana, o in quanto ‘umanità’ (in realtà due astrazioni se rapportare agli uomini concreti, cioè a individui che, come tali, hanno a disposizione una sola esperienza di vita) ‘aspettare’ – per così dire – i risultati della ricerca scientifica per poter decidere come comportarsi?
In quanto poi alla solita considerazione che, se non fosse stato per la scienza, saremmo ancora al medioevo, o ancora più indietro… considerando anche che l’attuale situazione della popolazione mondiale nel suo complesso è tutto, anche se non ‘medievale’, meno che ‘tranquilla’… io credo che, se progresso c’è stato (per altro tutto da verificare in quanto reale progresso) è perché si è riusciti in qualche modo a interagire positivamente con la scienza per mezzo di scelte ‘esterne’ alla pura scienza. Alle quali – ribadisco – la scienza ha offerto strumenti decisivi, insostituibili… ma non risolutivi.
Integro. In realtà il post – e anche tu – si riferiva alla pratica scientifica come la condizione ottimale per formare coscienze veramente critiche, veramente razionali, in quanto tali poi in grado di elaborare criteri comportamentali, sia pure non definitivi, come gli unici, appunto, veramente razionali, non inquinabili da fuorvianti fideismi. Ho già detto perché non lo credo, e ribadisco le ragioni: intanto per la constatazione sempre verificabile storicamente che la pratica scientifica di per sé non apre automaticamente la mente proprio in funzione di un’eticità in grado di migliorare progressivamente la condizione umana; in secondo luogo non esaurisce le potenzialità della mente umana, le quali sono sempre da verificare… ma secondo valutazioni dove – come credo sostienga anche tu – è la cultura in senso lato (quindi anche scientifica, ma non solo) a giudicare.
PS.”La scienza è l’immaginazione (o astrazione mentale) al servizio della “verità” verificabile da tutti chi lo desiderano”
Bellissima immagine… ma non so fino a che punto l’immaginazione possa mettersi al servizio di una ‘verità’, dove le virgolette credo stiano a indicare, giustamente, una verità scientifica, cioè non assoluta, da conquistare progressivamente. Almeno per come comunemente viene intesa l’immaginazione, cioè un rapportarsi alla cosiddetta realtà molto ‘creativamente’. E’ vero che la scienza può a suo modo essere molto creativa (e questo può avere un suo fascino: per me lo ha), ma non so quanti suoi sostenitori accettino questo connubio (^_^)
@Bruno
Ripeto che l’obiettivo della scienza non consiste nel fornire verità con la V maiuscola,
, ma modelli pertinenti basati sull’osservazione e l’esperienza, cioé quello di avere una descrizione della natura, priva di giudizi di valore, veridici e soprattutto liberi di qualsiasi tipo d’illusione !
In altre parole non trattasi di adattare perfettamente la nostra conoscenza per le nostre sensazioni, ma proporre una rappresentazione o modello del mondo fisico che sia completamente indipendente dalla personalità, o convinzioni arbitrarie, delle persone che compongono questa rappresentazione. Questi modelli non sono mai definitivi. Ciò che distingue la scienza della fede, narrativa, filosofie o folclore, è la capacità di modificare, emendare o respingere razionalmente il modello.
La sua forza è che tra tutti i regimi esistenti, è l’unica che è dotata di mezzi di controllo drastici sulla legittimità e l’onestà (inevitabile!) dei suoi attori. Quello che Jacques Monod chiama l’”etica della conoscenza”.
P.S. I cervelli umani funzionano fondamentalmente in termini di riconoscimento di struttura piuttosto che di logica. Sono altamente costruttivi nel determinare le strutture e allo stesso tempo indotti puntualmente all’errore. Questo significa che molte cose ovvie (o verità assolute) non sono necessariamente vere, e viceversa, molte cose (anche se approssimativamente vere) non sono affatto evidenti per quasi 7 miliardi di persone ! E qui gli esempi abbondano….
@ alessandro
Solo un’annotazione, per altro sempre la stessa.
Mettere sullo stesso piano fede e filosofia ritenendo quest’ultima capace di elaborare solo ‘modelli definitivi’, chiusi, non modificabili… fermo restando che anche la filosofia, come per altro la scienza, si può vivere fideisticamente… mi sembra quanto meno improprio. Certamente ogni filosofia persegue l’intento di dare una interpretazione esaustiva della realtà, ma, facendo questo apre prospettive, evidenzia problemi, propone domande sempre attuali, sempre da riprendere e riconsiderare in grado di stimolare la mente in modo ben più ricco e articolato di ogni ricorso alla fede (non solo religiosa). Il che mette continuamente in discussione anche quelle filosofie che privilegiano la fede come fonte di ogni vera conoscenza, perché, se si tratta di veri filosofi, debbono argomentare le loro scelte, il che appunto apre questioni tutte da verificare, da mettere in discussione. Si dirà, si dice, che tutto ciò non serve a niente, che si tratta solo di masturbazione intellettuale… ma per affermare questo in modo non dogmatico si deve ragionare, portare argomenti. Sai quanti filosofi hanno ‘parlato male’ della filosofia? Come ad esempio il più insospettabile di tutti in quanto vero e proprio bigotto sul piano personale, come Pascal (tra l’altro scienziato geniale), il quale afferma – in modo che si rende più efficacemente nella lingua originaria (per cui lascio a te la traduzione in francese) – quanto segue: “prendersi gioco, sbeffeggiare, la filosofia è veramente filosofare.”
Un saluto
Ahia… adesso sono un po’ meno d’accordo con Bruno…
Non vedo quale fede ci possa essere in F=ma.
Concordo con Giorgio che, con coerenza ( … è una battuta, Giorgio,… 😉 ) ci dice che si può vivere fideisticamente la fiducia nella scienza, che è fondamentalmente una filosofia che può eccedere in ottimismo fideistico, ma non la scienza in quanto tale, per i motivi che ci ha ben spiegato,
@ Giorgio Pozzo
Leggo ora della tua disillusione (^_^) per questa mia affermazione. Provo a chiarire… se ho capito bene quanto hai inteso.
Non ha senso ovviamente parlare di fideismo relativamente agli elaborati scientifici (anche se la cosa non è così pacifica, ma qui occorrerebbe aprire un altro capitolo), ma relativamente alla fiducia assoluta, acritica, riposta nella scienza ritenuta in grado ‘prima o poi’ di risolvere tutti i problemi posti dalla condizione umana. C’è chi ha parlato perfino di ‘immortalità’… rispondendo quasi alla lettera al richiamo, forse quello fondativo, di tante religioni
PS. poi leggo il commento di Ermete… e temo proprio di non aver capito.
Io credo che Ermete, dicendo di concordare con me, intenda quello che intendevo io: la scienza, di per sè, non ha bisogno di fede, e non ha connotati fideistici (o etici o morali).
Siamo noi che, filosoficamente, potremmo considerare una certa fede nella scienza. Per esempio, se noi abbiamo fede che la scienza ci dia delle risposte definitive (quelle che tu chiamavi verità ultime), allora dovremmo rassegnarci. In fondo la scienza non è platonica o idealista, ma scettica: non arriveremo mai alle verità ultime, ma possiamo avvicinarci in modo asintotico.
PS: Ermete faceva anche riferimento alla nostra discussione a riguardo della coerenza, ma questa è un’altra storia e ormai è OT…
Io in queste discussioni sono d’accordo in parte con Gualerzi, ma soprattutto con Giorgio Pozzo.
Aggiungo che quello che è qua messo come topos del pensiero scientifico (ampliamento di orizzonti, abitudine all’antidogmatismo ecc…) non è una peculiarità della scienza, ma della razionalità, di cui la scienza è una declinazione, per cui forse si dovrebbe dire meglio che l’educazione alla ragione, più che la scienza tout court, può essere una buona propedeutica al vivere civile collettivo (che in questo senso preferisco al termine moralità, che è piuttosto ambiguo visto l’enorme e indefinito spettro semantico che assume),
@ Ermete
Credo che tu abbia espresso – argomentando in modo diverso, con altri riferimenti, e anche più efficacemente – quanto ho sempre inteso con i miei commenti.
Il problema maggiore della specie umana che è stato solo parzialmente risolto, è correlato alle connessioni cerebrali ! La connettività all’interno di reti corticali rende possibile l’aumento delle capacità cognitive del cervello umano. Ma la parte che non è stata completamente risolta sono le connessioni tra i sistemi cognitivi con altre parti della trilogia mentale, vale a dire i sistemi emozionali (cervello limbico) e motivazionali (neocortex). Questo spiega perché un matematico o artista geniale, o un imprenditore noto per la sua efficacità, filosofo, scienziato, medico, prete o papa che sia, puo’ come chiunque essere vittima di una seduzione sessuale, di una certa aggressività o gelosia, essere pedofilo, stupratore o disabilitato da depressione o ansia. Il nostro cervello ha evoluto al punto in cui i nuovi sistemi che consentono un pensiero complesso (neocortex) possono controllare facilmente i sistemi che danno origine ai nostri bisogni, le nostre motivazioni e reazioni emotive. Questo non significa che noi siamo vittime del nostro cervello, e che cediamo sistematicamente ai nostri impulsi, ma che la causalità discendente ha, in molti casi, difficoltà ad agire e frenare, modulare o inibire certi impulsi. Sapere cosa è bene e etico fare non implica che noi -automaticamente e/o naturalmente- lo facciamo, specialmente quando non siamo dotati di una cultura specifica appropriata e ancora peggio se aggravata da certi squilibri cerebrali…
Einstein disse che : “La scienza puo’ determinare solo cio’ che è, non cio’ che dovrebbe essere, oltre, giudizi di valore di ogni genere rimangono necessari”….
-Sarebbe pero’ interessante sapere chi decide quali devono essere i giudizi di valore, ed il criterio con il quale vengono selezionati….
Dubito che Estein abbia detto: “la scienza può determinare* solo ciò che è, ecc.
*determinare o descrivere?
@Massi
determinare : inteso come specificare, precisare
La scienza sta ai comportamenti umani come il neutro sta al peggio.
Da qui l’etica come “rimedio”, ma di poco effetto.
@ massi
Trovo questo tuo commento… intrigante. Se ho capito bene (ma non ci giurerei), l’etica non sarebbe un ‘rimedio’ – o comunque ‘di poco effetto’ – per i comportamenti umani. In questo caso (sempre se ho capito), quale sarebbe – ammesso che l’abbia – il ruolo della ‘neutralità della scienza?
chiudere il circuito?
Il ruolo della scienza (avverso alle presunzioni umane) è il vero.
(Scusate, correggo “il vero” con “la ricerca di ciò che è vero”)
@ massi
“scienza =“la ricerca di ciò che è vero”
Lo immaginavo. Ulteriore domanda: la scienza, lo trova poi il ‘vero’?
Lo chiedo perché – da incorreggibile filosofo – sono convinto che, socraticamente, il vero consista esattamente nella ‘ricerca del vero’… senza alcuna presunzione di trovarlo. Nemmeno la scienza, giustamente, ha questa presunzione: le sue ‘verità’ sono ‘relativamente’ certe per quanto (e non è poco, anzi, da un certo punto di vista, è tutto!) le uniche verificabili.
Personalmente sono convinto comunque che esista l’ESIGENZA di giungere alla conoscenza di ‘verità ultime’, senza per altro mai trovarle. Allora a cosa serve? Serve perché negare l’esigenza significa negare un aspetto fondamentale della condizione umana e lasciare campo libero alle religioni (di qualsiasi tipo) le quali ritengono … loro sì presuntuosamente… di poter conoscere queste verità ultime, soddisfacendo in questo modo l’esigenza. Solo così si spiega la loro ‘fortuna’ ed è tenendo conto di questo, smascherando questo inganno, che si può puntare ad una vera secolarizzazione… e dare il giusto valore alla scienza.
Sono d’accordo con massi, sulle identità scienza=neutro e comportamento umano=peggio, ma per rispondere a Bruno preciserei che il ruolo della scienza sia la ricerca della verità, intendendo con verità la conoscenza di come “funziona” il mondo naturale.
@ Giorgio Pozzo
“(…) il ruolo della scienza sia la ricerca della verità, intendendo con verità la conoscenza di come “funziona” il mondo naturale.”
Nessun dubbio su ciò… ma – non mi resta che ripetere il mio solito tormentone – fa pur sempre parte di un ‘mondo naturale’ anche l’animale uomo, il quale, dotato dall’evoluzione di un a coscienza che lo porta ad avere consapevolezza, come individuo, della sua condizione precaria (che individualmente la ponga o meno in primo piano), sente l’esigenza di uscire da questa condizione. E che non sia un elemento marginale della condizione umana, lo dimostra paradossalmente – come dicevo – la ‘fortuna’ delle religioni… che, nei modi più svariati, con le conseguenze individuali e sociali le più disparate, sostanzialmente sulla risposta che danno a questa esigenza sono nate e prosperano. In questo quadro si tratta proprio allora di togliere la scienza – prodotto della facoltà razionale dell’uomo – dalla sua ‘neutralità’ per porla al servizio dell’uomo… mentre è proprio questa ‘neutralità’, questa sua sorta di autonomia, che può diventare, con l’uso distorto della tecnologia che la ricerca scientifica rende possibile, un arma ‘contro’ l’uomo. Personalmente non vedo ragioni più valide di queste per poter parlare di scienza ed etica pur distinguendo con chiarezza i due momenti.
Prendo ad esempio Darwin.
Come scrive Maria Turchetto, riprendendo un articolo di Barbara Continenza su “L’Ateo” 2/2003: “Occorre far chiarezza degli usi impropri del darvinismo, quali l'”evoluzionismo” […] Darwin, nell’origine della specie, non usa mai il termine “evoluzione”, parla invece di “discendenza con modificazioni” […] Anche un altro termine cruciale merita alcune precisazioni: quello di selezione. Si tratta di un termine da valutare per il suo significato tecnico (non metafisico) […] Darwin non intendeva attribuire intenzionalità e scopo alla natura, né interpretave il processo di “discendenza con modificazioni” in termini di ottimazione finale […] “Freud suggerisce che la chiave di volta della rivoluzione darviniana sia la “mortificazione dell’uomo”. E’ il secondo colpo inferto al nercisismo dell’uomo, dopo la rivoluzione copernicana, che ha spostato la terra dal centro dell’universo, ecc. ecc.
Durante l’evoluzione, il cervello umano si è perfezionato, senza fondersi completamente ad ogni cambiamento con i vecchi e nuovi elementi. Questi si sono sovrapposti, conservando una parziale autonomia. Sul divano dello psicoanalista non si adagia solo un uomo, ma con lui una scimmia, un topo e un coccodrillo…..
La parte più esterna del cervello, la corteccia (o cortex) è poco sensibile alla dittatura dei geni. Infatti è continuamente rimodellata dalla storia -o tipo di vita- del soggetto. Le sue reti neurali sono instabili, malleabili, poco sensibili al comando dei geni, ma largamente influenzate da fattori extra e intra corporei che assicurano la cosiddetta influenza epigenetica. Al contrario, le regioni profonde (cervello basale e limbico) reagiscono strutturalmente molto meno alle sollecitazioni dell’ambiente e alle diverse esperienze del soggetto. Queste regioni -molto più antiche del neocortex-, geneticamente specificate, rimangono stabili. –Quanto scritto per sottolineare che il coesistere dei nostri “tré” cervelli avviene tutt’altro che armoniosamente ! Questo relativo antagonismo neurale è, in grand parte, causa dei nostri comportamenti spesso irrazionali, relativamente bipolari, e non solo…. P.S. : È necessario per qualsiasi persona -con un minimo di responsabilità sociale- essere informata sugli sviluppi nel campo delle scienze della vita. Descrivere l’uomo NON come vorremmeo che sia -osannato come creatura divina-, ma com’è realmente ! Queste conoscenze basilari sono necessarie per affrontare le nostre difficoltà esistenziali. Capire i nostri meccanismi biopsicologici significa, entro una certa misura, capire noi stessi cosi come i nostri limiti cognitivi, quindi essere più tolleranti e aperti verso chi sono insufficentemente o pseudo colti.
@ alessandro
“Capire i nostri meccanismi biopsicologici significa, entro una certa misura, capire noi stessi cosi come i nostri limiti cognitivi, quindi essere più tolleranti e aperti verso chi sono insufficentemente o pseudo colti.”
Ma ritieni davvero che solo ‘capendo i nostri meccanismi biopsicologici’ si capiscano i nostri limiti cognitivi? Non è sufficiente riflettere sulla condizione (non natura) umana? E questi limiti sono superabili o solo ‘allontanabili’?
In quanto poi alla tolleranza… se hai scritto di proposito che vada esercitata solo verso “chi sono insufficentemente o pseudo colti”… non ti sembra un’affermazione un tantino ‘aristocratica’? E’ uno strano (per non dire altro) concetto di tolleranza! E, a parte questo (che però non è poco… e molto inquietante), chi decide, adottando quali parametri, chi sono gli “insufficentemente o pseudo colti.”?
@Bruno
Quello che posso dirti dalle esperienze personali che ho avuto leggendo certi classici di filosofia, mi hanno solamente fatto perdere un sacco di tempo e creato certe confusioni mentali ! Mi è inoltre capitato più volte assistere a dibattiti/conferenze tra filosofi e scientifici di alto livello; posso senza nessuna esitazione confermarti che molti filosofi hanno fatto figure barbine per non dire essere stati letteralmente ridicolozzati dalle loro risposte a volte insensate ! Se non sei convinto ti suggerisco di leggere “Ce qui nous fait penser -La nature et la règle”, dialogo tra Jean Pierre Changeux (neuroscienziato) e Paul Ricoeur (filosofo mondialmente noto), dopo potremo riparlarne…..
Da serie statistiche effettuate qualche anno fa da Larson e Withman, risulta che tra i membri della National Academy of Sciences USA, la fede in Dio è scesa al 7%, con il 72% dei non credenti e il 21% agnostici !
Non ritengo sia necessario appartenere a questa Academy of Sciences per avere una conoscenza sufficente dei nostri meccanismi biologici. I libri interessanti dal punto di vista scientifico esistono, ma quanti sono che si prendono la briga di leggerli ? Ti sei già chiesto il perché negli scaffali delle librerie dedicate alla “Psicologia”, i libri che trattano di spiritualità, anima, filosofia, letteratura, miracoli, romanzi ecc..sono molto più numerosi di quelli che descrivono, per esempio, i meccanismi della memoria, la percezione, libero arbitrio o coscienza ?
P.S. La stragrande maggioranza della gente crede in dio, nel paranormale, astrologia, demonio, fantasmi, telepatia ecc…Secondo te dovrei odiarla o essere tollerante, evitando se possibile di umiliarla o insultarla ?
Non vedo cos’abbia di “aristocratico” questo comportamento verso gente parzialmente o totalmente incolta in certe branche scientifiche e non solo !
Per contro, se l’occasione è propizia, cerco di dialogare con loro non per convincere ma per aiutare a riflettere in certi campi che ignorano completamente ! Punto
Se l’umanità consiste nel demistificare il più possibile le passioni alienanti e le illusioni, comprese quelle che la scienza stessa contribuisce a mantenere, allora, sì, la scienza è disumana. Ma se la disumanità consiste nello schiavizzare le menti e i corpi nel dolore, l’impotenza e l’ignoranza, la scienza, al contrario, può essere un fattore insostituibile di umanità. (Antonio Damasio)
“P.S. La stragrande maggioranza della gente crede in dio, nel paranormale, astrologia, demonio, fantasmi, telepatia ecc…Secondo te dovrei odiarla o essere tollerante, evitando se possibile di umiliarla o insultarla ?”
Nel tuo elenco – evidentemente per non umiliarmi – non hai messo i filosofi. Ti ringrazio per la delicatezza.
Buona notte.
@ Bruno
Non può metterci la filosofia: dal momento che sta dando giudizi di valore e di scopo, la sta facendo! 😉
@caro Bruno
Se hai letto il mio commento del 6 corrente ore 12:36, avrai notato che ho scritto : …RITENGO CHE LA FILOSOFIA POSSA ESSERE UTILE IN DIVERSI CAMPI, ETICI INCLUSI….
Quindi, molto sinceramente NON capisco le tue risposte !
Vorrei essere chiarissimo e confermare che i commenti che posto sul blog UAAR non hanno come obiettivo di creare malintesi e/o polemiche inutili ma anche sterili, ma semplicemente dare la mia (legittima?) opinione, anche se certi -molto stranamente- li confondono con “giudizi di valore” !
Esistono miliardi di filosofi, tra i quali moltissimi sono credenti, tutti maestri nel fare domande, nel praticare la retorica lessicale, ma quando si tratta di rispondere a certe domande (o a certi articoli pseudoscientifici su siti cattolici ecc..) le cose si complicano….
Se certi filosofi imitassero, ad esempio, un certo Daniel Dennett (filosofo/scienziato) e simili, aggiungendo alla loro filosofia una certa dose di cultura scientifica specifica, arriverebbero -al mio modesto parere- a dei risultati etici -e non solamente- tutt’altro che ripetitivi !
Buona domenica
@ alessandro
D’accordo, niente polemiche sterili. Solo rinnovo un invito. Tu mi consigliavi di leggere autori vari come conferma più o meno autorevole delle tue convinzioni (ovviamente legittime, ci mancherebbe!)… io ti invito – citando me stesso (un filosofo che sento molto vicino e del quale mi fido più di qualsiasi altro (^_^)) – a prendere atto di come la penso in fatto di rapporti tra scienza e filosofia leggendo quanto scrivo in merito nel mio sito. Puoi rintracciare i tre paragrafi relativi alla questione scorrendo l’indice alla voce ‘Pensieri circolari’. Oppure – forse più agevole – cliccando sul sito UAAR alla voce ‘contributi’.
In ogni caso, anche in questo post, oltre che in precedenti, ho affrontato ripetutamente la questione. Che naturalmente, come vedi, mi interessa molto… e magari è per questo che polemizzo spesso, e per questo ti chiedo scusa.
Buona domenica anche a te.
Preciso. Clicca su Google : UAAR contributi’