Philomena perdona… Stephen Frears no

È successo di nuovo: alla 70a Mostra del cinema di Venezia il medesimo film si aggiudica tanto il premio Brian degli atei e degli agnostici razionalisti quanto il premio cattolico Signis. Era successo nel 2009 con Lourdes di Jessica Hausner ed è successo di nuovo con Philomena di Stephen Frears.

Chi ha ragione? Chi ha torto?

Per spiegare il punto di vista della nostra giuria, devo per forza raccontarvi brevemente la trama del film — cercando di non sciuparvi la visione, che vi consiglio caldamente.

Il film narra la storia vera di una madre alla ricerca del figlio perduto. Nel 1952, in Irlanda, la giovane Philomena resta incinta: ripudiata dalla famiglia, viene rinchiusa in un convento di suore a Roscrea, dove partorirà un bambino che, dopo pochi anni, le verrà sottratto e affidato (venduto) a una famiglia americana. A cinquant’anni di distanza, Philomena non rinuncia ancora all’idea di ritrovare il figlio. Viene aiutata da un giornalista silurato dall’establishment di Blair e intenzionato a riciclarsi dalla politica alle “storie di vita vissuta”. L’istituzione religiosa pone ostacoli di ogni genere alla ricerca, ma verrà infine a galla una vicenda che mostra fino in fondo l’ipocrisia e la crudeltà delle suorine irlandesi.

Questa è la storia — narrata, sceneggiata, recitata benissimo.

philomena

La motivazione del premio attribuito dalla giuria UAAR la conoscete: è stata pubblicata sul sito il giorno stesso della premiazione e su L’Ateo n. 5/2013: “Il film narra con garbo, ironia e spirito profondamente laico una vicenda reale e mette in evidenza come le istituzioni ecclesiastiche possano essere strumenti di inaridimento della mente e del cuore, tali da trasformare la fede in puro fanatismo sessuofobico. La pellicola evidenzia una benevolenza solo apparente che cerca di seppellire i crimini del passato ed è sorda al dolore delle vittime, per perpetuare discriminazioni di classe con una distribuzione iniqua e interessata di favori e prepotenze a proprio vantaggio. Il film valorizza per contro la tolleranza e il rispetto delle idee e delle scelte di vita”.

La motivazione della giuria Signis è la seguente: “Perché offre un intenso e sorprendente ritratto di una donna resa libera dalla fede. Nella sua ricerca della verità, sarà sollevata dal peso di un’ingiustizia subita grazie alla capacità di perdonare”. E su questa motivazione, francamente, qualcosina da ridire ce l’avrei.

Philomena è sollevata dal peso dell’ingiustizia subita? Un colpo di spugna e via, amici come prima? Non direi proprio. L’ingiustizia rimane eccome, forte, evidente, a tutto tondo nella denuncia dell’istituzione religiosa proposta dal film — una denuncia pesante, nonostante il tono garbato e ironico della narrazione. Così come rimane nel libro The lost child of Philomena Lee di Martin Sixsmith da cui il film è tratto. E dal film veniamo a sapere che Philomena, inizialmente poco propensa a rendere pubblica la propria storia, poi vuole fortemente il libro: come denuncia, appunto, e come sostegno alle donne che hanno subito la medesima ingiustizia.

Quanto alla fede che rende liberi, i bravi cattolici di Signis dovrebbero almeno dire che c’è fede e fede. La fede di Philomena è una fede privata, molto personale e assai poco canonica. Philomena non rinnega affatto il “peccato” che l’ha resa madre, lo ricorda al contrario come un’esperienza felice; accetta con grande apertura mentale il punto di vista scettico del giornalista che l’accompagna; soprattutto, accetta con naturalezza la rivelazione del fatto che suo figlio era gay ed è morto di AIDS (il film — è bene precisarlo — si è aggiudicato anche il Queer Lion, premio attribuito al “miglior film con tematiche omosessuali & queer culture”). Di tutt’altra pasta la fede delle suore di Roscrea, una fede istituzionale, autoritaria, arida e disumanizzante che diventa strumento di sfruttamento dei deboli e di odiosa discriminazione. Altro che libertà: quella fede rende letteralmente schiave le ragazze madri.

Quale fede piace ai giurati di Signis? A noi giurati UAAR piace la fede privata e soprattutto la personalità tollerante di Philomena; la fede istituzionale e crudele delle suore irlandesi ci fa veramente orrore.

Maria Turchetto
Direttrice de L’Ateo, bimestrale dell’UAAR

Archiviato in: Generale

26 commenti

Reiuky

secondo me i giurati di Signis hanno apprezzato la fede delle suore, perfetta dal loro (disumano) punto di vista, esattamente come dovrebbe essere la fede.

laverdure

Avranno apprezzato anche il fatto che il figlio era gay ,e morto di aids, in quanto nato fuori del sacro vincolo del matrimonio e quindi
colpito da collera divina.

Manlio Padovan

Probabilmente non hanno mai letto che “la fede è una menzogna più grande dell’opinione” come ebbe a dire il folle baffone. Ma sanno chi è?
Stramaledette religioni…quando non rimangono nell’ambito strettamente privato e personale.

Francesco S.

Una cosa la rigrazio a quelli di Signis, hanno spinto a scrivere un po’ di trama almeno per capire il soggetto.

Certo è che è davvero stata sfortunata questa donna, non solo le tolgono il figlio, ma quando lo ritrova è morto di AIDS.

kundalini444

sbaglio o qualcosa mi ricorda un altro famoso film: Magdalene?

laverdure

Alla luce della fede si puo’ vedere la morale cattolica in ogni film,anche il piu’ frivolo.
Ho appena scaricato da internet “Hanna”,qualcuno lo ricorda ?
E’ innegabile la profonda morale cristiana del finale :
anche una persona perfida e spietata come Marissa Wiegler (la perfida agente CIA magistralmente interpretata da Cate Blanchett)
incontra in Hanna (Saoirse Ronan)qualcuno capace di far breccia nel suo cuore (con due pallottole cal .38)e di avvicinarla a Dio(infatti la spedisce SPARATA a Lui !)
Chissa se a suo tempo il recensore di Famiglia Cristiana l’ha fatto notare .

Engy

@Maria Turchetto
Bene, aspettiamo il prossimo febbraio per vedere il film.
Questo articolo, pur ribadendo quanto già scritto nel precedente, a me pare comunque troppo sprezzante nei toni, dunque poco rispettoso e ribadisco il fatto che un film, come qualsiasi opera d’arte, può piacere a un pubblico del tutto eterogeneo, che conseguentemente troverà e fornirà motivazioni diverse, tutte legittime ma con una loro propria dignità (ovviamente se ci sono i contenuti) che non dovrebbe essere mai derisa.
Ricordo molti anni fa di aver letto un articolo su Famiglia cristiana in cui al film di Almodovar “tutto su mia madre” veniva dato come voto un bel 9.
Non capirò mai uno dei fondamentali leitmotiv dell’uaar, che ricorre sia negli articoli che nei commenti, ripreso anche stavolta, vale a dire: la fede va bene solo e quando viene vissuta privatamente. Cioè, nel chiuso delle proprie stanze?
Se non ho frainteso ciò sarebbe del tutto privo di senso (democratico soprattutto), così come sarebbe priva di senso la pretesa di una fede atea (perchè, parliamoci chiaro, l’ateismo è una “fede”) vissuta nel più rigoroso riserbo.

Admin

Per l’Uaar, la fede può essere vissuta anche pubblicamente. Purché per “pubblicamente” non si intenda “istituzionalmente”. Le istituzioni non devono essere né pro-fede né pro-ateismo. Molto semplice.

Engy

@admin
ok, allora deduco che la mia domanda era un po’ banalotta.
E allora posso concludere che è giusto, oppure .. .. è anche giusto.
Cioè la vedo dura comunque come principio assoluto, dato che le istituzioni son fatte di persone, credenti, atei, indifferenti/ eterni indecisi.
Persone, non asettici robottini.
Persone che, quando la posta in gioco è – o è ritenuta – molto alta, penso fatichino ad estraniarsi completamente dai propri convincimenti (partendo dal presupposto della buona fede di tutti ovviamente, da una reciproca legittimazione).
E sinceramente non so fino a che punto sia giusto farlo. … (fino a che punto, ripeto)
Tornando alla banalità della mia domanda, penso in realtà di essere stata indotta a farla perchè la mia impressione è che ad esempio certe manifestazioni di associazioni cattoliche – in occasione di discussioni su temi sensibili quali l’aborto, ma non solo – siano motivo di grande fastidio per diversi atei (ritorno alla polemica nei confronti di chi commenta qui, mi spiace, sono testona); e anche nel momento in cui NESSUN rappresentante delle istituzioni dovesse parteciparvi.
Di qui poi via via di solito (di solito) si trascende e si scade nella mancanza di rispetto.
Tornando all’articolo, da quale stato d’animo è stato dettato il sarcasmo con cui, generalizzando su un’intera associazione (hai notato anche tu @claudio 285?), si attacca dicando: ” …..i bravi cattolici di Signis …” ?
P.S. non sapevo neanche dell’esistenza di sto Signis, dunque non conosco nessuno di questa associazione

gmd85

@E.ng.y

a me pare comunque troppo sprezzante nei toni, dunque poco rispettoso

A te pare è irrilevante.

Quanto alla fede privata, penso che l’autrice si riferisca al fatto che fosse del tutto personale, non necessariamente legata alla dottrina. Non si parlava del fatto che si vivesse esteriormente o meno la propria fede. Se anche fosse, il significato del leitmotiv (sai, andrebbe bene se fosse solo questa l’istanza, ma ce ne sono altre, tesoro) si riferisce al non pretendere di adeguare la società alle proprie credenze.

non sapevo neanche dell’esistenza di sto Signis, dunque non conosco nessuno di questa associazione

Quindi hai fatto un commento per partito preso.

http://en.wikipedia.org/wiki/SIGNIS

Tornando alla banalità della mia domanda, penso in realtà di essere stata indotta a farla perchè la mia impressione è che ad esempio certe manifestazioni di associazioni cattoliche – in occasione di discussioni su temi sensibili quali l’aborto, ma non solo – siano motivo di grande fastidio per diversi atei (ritorno alla polemica nei confronti di chi commenta qui, mi spiace, sono testona); e anche nel momento in cui NESSUN rappresentante delle istituzioni dovesse parteciparvi.

A parte l’ennesimo tentativo di deviare dal discorso (comincio a pensare che sia patologico), se non si è d’accordo con le istanze di un’associazione lo si dice. O la libertà di pensiero vale solo quando vengono espressi pareri che ti aggradano. Dimmi, ti, qui, che fai?
E quand’è che un politico non si schiera in favore degli integralisti?

Quando sarai in grado di provare l’affermazione dio esiste, parleremo del fatto d considerare l’ateismo una fede. per ora, hai solo rotto il c.azzo. Oh, cara, sono stato poco rispettoso. Problema tuo.

Engy

Gmd85,
cominciando dalla fine:
– se io riuscissi nella missione impossibile di dimostrarti l’esistenza di Dio (missione che tra l’altro non è neanche l’ultimo dei miei pensieri), a quel punto tu non saresti più ateo
– se si è in disaccordo con chiunque lo si dice certamente, anzi è buona cosa dirlo, fare una sana polemica; ma non si irride, non si scade nell’offesa e nella trivialità; soprattutto non ci si irrigidisce in un fastidio che, qua dentro almeno, si palpa.
– ci sono fior di politici che – fortunatamente – si tengono alla larga da integralismi vari; in ogni caso il singolo ha diritto di andare dove gli pare e appoggiare qualsiasi tipo di manifestazione (non violenta)
– non so che sia il Signis, né lo voglio sapere era detto nel senso che non ho nessuno da difendere (qui forse non mi sono spiegata bene e tu non brilli in intuito ..)
– sul fatto di “non pretendere di adeguare la società alle proprie credenze”, questo è un concetto che ogni persona tollerante, laica, non fanatica, curiosa delle altrui opinioni, SA.
– infine, quanto alla rottura di cazzo da me provocata: 1) meglio scrivere “cazzo” piuttosto che “c.azzo”, tanto ho già visto che uno dei pregi di questo blog è l’assenza (quasi) totale di censura 2) non so se ritieni di parlare solo per te o anche a nome di altri 3) ad ogni buon conto non so, alla fine, chi tra noi due sia più patologico 4) per non chiudere con un insulto (troppo facile peraltro), attenendomi al senso più letterale della rottura del suddetto cazzo, eccoti un interessante approfondimento:
http://www.tantasalute.it/articolo/frattura-del-pene-sintomi-cause-e-rimedi/41361/

gmd85

Cominciando dalla fine: il tuo commento è venuto fuori ora e l’hai scritto alle 11.28. Così come alcuni miei in cui non avevo usato la punteggiatura. Ciò detto, ti attacchi alle idiozie, come al solito. Grazie per la tua costanza.

Quello che tu palpi qui non m’interessa. E ti ho già detto che il politically correct funziona solo fino a un certo punto.

Quanto ai politici, li hai mesi in mezzo tu.

Signis: bugiarda. Ti sei infastidita perché si parla di bravi cattolici. prima di commentare, almeno, informati. Se non sai, evita di partire in quarta, almeno ci fai una migliore figura.

Perfetto. Non puoi dimostrare una beneamata mazza. ma siccome fra una proposizione di esistenza e una d’inesistenza quella a essere formulata prima è necessariamente quella di esistenza ( e spero di non doverti spiegare il perché) rigettare tale affermazione in mancanza di dati che la corroborino è naturale. E questo vale per qualsiasi affermazione, dio non fa eccezione. O vuoi farmi credere che, per te, rigettare un’affermazione priva di riscontro, chessò, su uno dei tuoi cari, sarebbe un atto di fede? Il solito giochino del credentucolo che per sentirsi meglio paragona l’ateismo alla sua fede. Se anche fosse così, poi, avresti ancora meno ragione di scrivere qui, tesoro.

Engy

“rigettare un’affermazione priva di riscontro” …. mi ricorda qualcosa …
un concetto NO buono per ogni occasione però …
MA HAI RAGIONE TU SU TUTTO .
E QUALSIASI COSA IO DOVESSI ANCORA SCRIVERE, TI PREGO, NON SEGUIRMI PIU’.
E SE LO FARAI, AVRAI SEMPRE RAGIONE TU.

gmd85

@E.ng.y

Si, si, so cosa ti ricorda. Ho come l’impressione che tu rigetti ciò che ti fa comodo rigettare.

E, comunque, tutto qui quello che sai fare? Non che non ce ne fossimo accorti, eh.

Engy

mi fai venire in mente – chissà perchè – un altro (vecchissimo) film francese, @gmd85: Il Rompiballe.
Lì perà la situazione era molto spassosa …. 🙁

Sandra

La capacità di perdonare è l’unica strada praticabile per molti: a partire dalla propria famiglia.

Non ho visto il film, sono riuscita a leggere solo le prime pagine del libro. Philomena ha sei anni quando la madre muore di tubercolosi. Il padre, un macellaio della contea di Limerick, ha sei figli: tiene con sè i tre maschi, e manda le figlie dalle suore. Philomena ha 18 anni quando esce dal convento, e il padre la manda a servizio dalla zia che presta a suo volta servizio dalle suore (altre). Durante quella che sembra la prima e unica uscita serale della sua vita, Philomena incontra un bel ragazzo. Tornata a casa tardi, è sottoposta all’interrogatorio di rito dalla zia che le proibisce ulteriori uscite. Ma ormai è fatta: dopo qualche mese la gravidanza è evidente. La zia chiama il padre, e la poveretta viene spedita da altre suore (ma quanti ostrega di conventi c’erano?), dove passa gli ultimi due mesi della gravidanza. Il bambino si presenta podalico, ad assisterla c’è una giovane e gentile suora, il cui padre era stato convinto cinque anni prima dal parroco a rinunciare per il Signore… Ovviamente la richiesta di antidolorifici o di un medico per ricucire la giovane Marcella – perché le residenti hanno l’obbligo di non rivelare niente del loro passato alle compagne, a partire dal nome – vengono respinte dalla madre superiora. Convocata nel suo ufficio, e ricordatole come il padre l’ha abbandonata lì e non pagherà le cento sterline per il suo rilascio, Philomena-Marcella inizia a scontare il suo peccato, per tre anni.

Quanta gente deve perdonare la vera Philomena? A cominciare dal padre, la zia materna, i fratelli…. abbandonata da loro, ma anche loro probabilmente in una situazione di miseria totale. Lo Stato che era d’accordo con la Chiesa. E certo la Chiesa. Insomma, tutta una società. Arrivati a 80 anni, penso che dopo una vita tanto sfortunata si abbia solo voglia di stare in pace, e in fondo accettare il proprio destino. Più facile perdonare il proprio padre che ricordarlo e odiarlo come il mal.detto b.stardo che era e farsi del male. Non lo so, ma forse passata una certa soglia di dolore diventare indifferenti protegge da ulteriori e inutili sofferenze.

alle

Il perdono è, e deve essere, un fatto strettamente privato e personale, che però non può fermarsi davanti al diritto – dovere di agire per avere giustizia (sennò, come diceva qualcuno, è sindrome di Stoccolma). In questo senso il percorso di Filomena è esemplare. Ha perdonato allontanando da sé l’odio e il rancore, scegliendo quindi di essere in pace, ma ha anche scelto di rendere pubblica la sua storia per denunciare cosa si nasconde dietro certe apparenze.
Quello delle motivazioni Signis, è il lampante esempio che ognuno vede quel che vuol vedere. E’ chiaro che l’operato delle suore non può che apparire agghiacciante, i cattos, quindi, cercano di neutralizzare questo aspetto di critica fortemente negativa sottolineando quello che contrabbandano per luminoso esempio di fede, come se il perdono fosse una prerogativa dei credenti.
“Questa è la storia narrata, sceneggiata, recitata benissimo.” E’ il cinema inglese, bellezza (che per me è IL Cinema). Consentitemi un piccolo OT , un omaggio alla cinematografia che ha fortemente influenzato Hollywood, che ha e ha avuto gli attori più bravi al mondo, che ci ha dato i piccoli-grandi capolavori di David Lean, Alfred Hitchcock, Danny Boyle, Lindsay Anderson (free cinema, heart), Mike Newell, Terry Jones, Neil Jordan (heart), Mike Leigh (heart), lo stesso Frears e chissà quanti me ne sto dimenticando! Cheers.

Engy

“Quello delle motivazioni Signis, è il lampante esempio che ognuno vede quel che vuol vedere”
O bella, e quali motivazioni uno deve dare se non le proprie? E il vedere quel che ognuno di noi VUOLE vedere, non è forse un dato comune e trasversale?
Tu sei veramente convinta di VEDERE sempre quello che E’ ??

gmd85

Tipo cercare di arginare il significato di critica del film esprimendo un parere stiracchiato e forzato per tentare di far assumere al film stesso una connotazione filo-cattolica? davvero non ci sei arrivata? Sarà che devi cominciare a informarti su cosa sia questo Signis.

gmd85

O vuoi farmi credere che secondo te le motivazioni non vanno mai criticate solo perché tali e personali? No, perché, sai, ai peggiori estremi, le motivazioni diventano moventi. E in quel caso, non è che non si critichino.

E il vedere quel che ognuno di noi VUOLE vedere, non è forse un dato comune e trasversale?

Si, ma non c’è da andarne fieri.

Tu sei veramente convinta di VEDERE sempre quello che E’ ??

Domanda da fare a te, visto come ti affanni qui.

neverclean

Speriamo di divertirci anche questa volta con i litigi fra cattolici come per “Lordes”!

bruno gualerzi

Provo a interpretare.
Il festival di Venezia è un evento in cui – vero o falso che sia – si ‘fa cultura’ ad alto livello, e, quale che sia il valore di una pellicola, solo per il fatto di essere invitata a Venezia, si presume che tratti argomenti e vicende non banali e proposte con un linguaggio cinematografico comunque ‘d’autore’. E, bene o male, così viene inteso.
Ora una giuria cattolica (parlo di giuria, non di recensioni cattoliche), ci tiene a dimostrarsi ‘aperta’ a tutte le istanze, ai temi anche i più scabrosi se riguardano un campo dove, direttamente o meno, la chiesa è chiamata in causa. Per cui, seguendo un indirizzo… sempre presente nel pensiero cattolico, ma particolarmente accentuato quando sono in crisi i rapporti con la modernità (e con B16 questa crisi, voluta a o meno, era palese)… nei luoghi dove il pensiero può (o sembra) circolare più liberamente, non vuole essere tagliato fuori, e intende lasciare un segno con la sua presenza. Come? Manifestando una particolare spregiudicatezza proprio non tirandosi indietro quando – come nel caso – si rappresentano vicende, come dicevo, particolarmente scabrose per i ‘valori’ cristiani. Ed è sufficiente che la vicenda venga proposta con la necessaria ambiguità (ambiguità in senso buono, cioè con le sfumature che nella realtà sono sempre presenti in ogni storia, non è mai tutto bianco e tutto nero), perché non occorra molto per mettere in evidenza un aspetto di questa ambiguità presentandola come la dimostrazione che, nella sostanza – come nel caso di questo film – la fede è pur sempre il motore vero di ogni evento.

Quanto detto (presenziare comunque con la propria esplicita identità a questi eventi particolarmente qualificati culturalmente) potrebbe valere anche per UAAR. Anche UAAR potrebbe giocare su questa ambiguità (Chi ha ragione? Chi ha torto? si chiede giustamente Maria Turchetto, dando poi ovviamente una risposta motivata) per cui non resta che chiarire, con il massimo di onestà intellettuale, perché la pellicola in questione è stata segnalata. Il vantaggio – tutto culturale – di UAAR è dato dal fatto che la sua valutazione non ha bisogno di forzare alcun codice di comportamento, di mostrarsi particolarmente ‘spregiudicato’, di dover mettere in discussione – per poi ovviamente ‘recuperalo’ – un qualche dogma. Insomma il vantaggio, in termini di libertà di pensiero, che la laicità ha sempre nei confronti dei fideismi.

marilena

Apprezzo il commento di bruno gualerzi che alla fine promuove la scelta di uaar. Mi sembra però che, la domanda di chiarire con il massimo di onestà intellettuale il perchè della segnalazione qualche dubbio sulla scelta lo ponga. Io non sono all’altezza di esprimermi con la stessa dialettica di gente che scrive su questo blog in modo eccellente perciò mi limito a una semplice riflessione(ho scritto qualche commento nel primo articolo sul film). Conoscete tutti la storiella dello spirito santo che garantisce alla chiesa l’mmortalità(vedi manzoni), storiella ripetuta e ripetuta ogni volta che viene scoperta una malefatta. Ebbene, a me questa esaltazione della fede mantenuta nonostante tutto pare una rivendicazione acchiappata al volo dai cattolici proprio per dimostrare la grandezza soprannaturale di dio che trae il bene anche dal male. Insomma, mi permetto di dire che io non condivido la scelta, sarò limitata ma sincera.

Frank

Produttore: Lei mi sta dicendo che ha scritto una storia che parla di una donna che rimane incinta al di fuori del matrionio, che per questo viene costretta a farsi suora, che la costringono a dare in adozione il figlio, che nonostante tutto lei non si da pace e lo vuole ritrovare ma si trova davanti un muro di omerta perchè tra tutte le persone coinvolte non c’è nessuno che la voglia aiutare, poi però spunta un giornalista disilluso che l’aiuta, trovano il figlio che si scopre esserte un omosessuale e che morirà di aids? Va bene che è un film ma un minimo di decoro, se vada va che è meglio.
Sceneggiatore: Ma le giuro che si tratta di una storia vera.
Produttore: Vada, vada, non mi faccia perdere tempo che poi dicono che a Hollywood facciamo film assurdi. Segretaria?
Segretaria: Si?
Produttore: Mi chiami quello sceneggiatore che mi aveva proposto la storia di un cyborg che viene rimandato indietro nel passato per uccidere la madre del capo dei ribelli affinche non nasca, i ribelli intanto mandano a loro volta indietro un uomo per difendere la madre e poi si scopre in realtà che l’uomo mandato indietro è il padre del capo ribelli e quindi se non fosse tornato nel passato il capo non sarebbe nato, questa è si che è una storia che spacca, la fantasia ci vuole ma almeno un minimo di realismo e che cavolo!

Commenti chiusi.