Il congresso dell’Unione Internazionale Etico-Umanista (International Humanist and Ethical Union) del 2014, tenutosi a Oxford, UK, i giorni 8-10 agosto 2014, ha approvato la seguente dichiarazione sulla libertà di pensiero e di espressione. (Traduzione italiana a cura dell’Uaar)
Pur essendo dimostrato come, sempre ed ovunque, le condizioni fondamentali per lo sviluppo ed il progresso dell’umanità siano legate alla libertà di pensiero e di espressione, ogni generazione deve affrontare nuove minacce a tali fondamentali libertà. Su tali basi, noi affermiamo che:
Il diritto alla libertà di pensiero e di credo costituisce, per tutti, un diritto unico. L’insieme dei diritti umani declinati nell’Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani costituisce e deve costituire un diritto unico ed indivisibile, che protegge la dignità e la libertà di tutti proteggendo il diritto al credo personale quale che esso sia, religioso o non religioso. Come recita l’Articolo 7 della Dichiarazione “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge”.
Nessuno, in alcun luogo, deve essere costretto ad abbracciare o ad abiurare un credo. La libertà di pensiero implica il diritto di sviluppare, mantenere, esaminare e manifestare il nostro credo senza coercizione alcuna e di esprimere opinioni e visioni del mondo, religiose o non religiose, senza il timore di coercizioni. Questo include la libertà di cambiare le proprie vedute e di rigettare un credo precedentemente adottato od imposto. La pressione esercitata al fine di obbligare alcuno a conformarsi a ideologie di stato o a dottrine religiose costituisce una forma di tirannia. Le leggi che ostacolano o criminalizzano questo o quel credo contravvengono ai principi di dignità umana e devono essere abolite. Ogni cittadino, di ogni stato, ha il diritto di richiedere l’abrogazione di cotali leggi e tutti gli stati devono, ovunque, sostenere coloro i quali richiedano che loro della loro libertà sociale e personale venga difesa.
Il diritto alla libertà di espressione ha finalità globali. I diritti umani articolati nell’Articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani includono il diritto a “cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. Nessun gretto nazionalismo e nessuna forma di insicurezza statale devono impedire alla comunità umana di profittare delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dai mass media, dai media sociali e dall’accesso alle reti informative transnazionali. Gli stati devono investire adeguate risorse al fine di permettere ai propri cittadini la partecipazione al dibattito globale.
Non esiste alcun diritto al sentirsi offesi da opinioni contrarie alle proprie, così come non esiste alcun diritto a non ascoltarle. Il rispetto per la libertà di ciascuno ad avere un proprio credo non implica per alcuno il dovere di rispettare ogni credo. L’opposizione a qualsiasi credo, ivi incluse la satira, la condanna e la messa in ridicolo in qualsivoglia forma e tramite qualsivoglia mezzo è vitale per qualsiasi confronto critico. Qualsiasi limitazione a tali forme di opposizione deve essere conforme all’Articolo 29 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ovvero avere il fine di proteggere i diritti e la libertà degli altri. La miglior risposta a un punto di vista col quale siamo in disaccordo è, semplicemente, la replica. La violenza e la censura non sono mai risposte legittime. Qualsiasi legge criminalizzi il linguaggio sulla base di pretesa “blasfemia” o dell’offesa a un credo o a un sistema di valori è un ostacolo alla libertà umana e deve essere abolita.
Gli stati non debbono limitare la libertà di pensiero ed espressione al solo fine di proteggersi da critiche. Gli stati che criminalizzano le critiche alle politiche governative ritenendole una forma di tradimento, sedizione o di minaccia alla pubblica sicurezza non sono “governi forti”, paladini dell’interesse pubblico, ma semplicemente oscuri oppressori che esercitano una forma di tirannia a proprio esclusivo interesse. Gli stati devono assicurare tramite il proprio impalcato normativo, il proprio sistema scolastico e la condotta generale della vita dei paesi che la libertà di pensiero e di espressione siano attivamente promossi e perseguiti a reale beneficio di ciascun cittadino.
La libertà di credo è assoluta, ma non è assoluta la libertà di agire sulla base di un credo. Quali membri responsabili di una comunità riconosciamo che la libertà di azione debba essere talvolta limitata, ma solo se e quando un’azione mina i diritti e la libertà di altri. La libertà di credo non può in alcun modo legittimare l’elusione dei principi di non-discriminazione e di uguaglianza di fronte alla legge. Questi equilibri possono ben essere difficili da raggiungere ma, mantenendo come punti di riferimento la libertà e la dignità umana, noi crediamo che giudici e legislatori possano progressivamente soddisfarli.
Noi sosteniamo che i principi di democrazia, di rispetto dei diritti umani, di laicità e dello Stato di diritto sono i principi fondanti per lo sviluppo di società aperte, ove la libertà di pensiero e di espressione siano protette e promosse.
Noi ci impegniamo, in tutte le nostra attività, a sostenere ed a promuovere i diritti di libertà di pensiero ed espressione nell’ambito del quadro internazionale dei diritti umani e ad opporci, a livello nazionale ed internazionale, a qualsivoglia forma di restrizione del diritto di ciascuno di pensare liberamente, con la propria testa e per conto proprio, e di esprimere le proprie vedute senza timore.
Noi invitiamo ciascun membro delle nostre organizzazioni e gli umanisti di tutto il mondo a sostenere questi valori nel proprio vivere quotidiano, a promuovere nelle proprie comunità una maggiore e migliore comprensione dei diritti di ciascuno alla libertà di pensiero e di espressione, a sollecitare i propri governi a promuovere questi valori e ad unirsi globalmente con gli umanisti e con chiunque altro per difendere e promuovere tali valori a beneficio dell’intera umanità.
Articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani citati nel testo:
Articolo 7 — Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.
Articolo 18 — Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.
Articolo 19 — Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare,ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Articolo 29 — 1) Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. 2) Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. 3) Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.
[…] Italian via the Union of Rationalist Atheists and Agnostics, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalist… […]
“Gli Stati non debbono limitare la libertà di pensiero ed espressione al solo fine di proteggersi da critiche.”
Mi salta subito alla menta la vicenda di un signore che, fermato dai carabinieri perché viaggiava su un’auto con un solo faro acceso, si era lasciato andare ad invettive quali “In questo schifo di Italia di mer.da…” ed era stato multato di 1000€ per vilipendio alla nazione.
Articolo 18 — Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.
1269 Divenuto membro della Chiesa, il battezzato non appartiene più a se stesso, ma a colui che è morto e risuscitato per noi.Perciò è chiamato a sottomettersi agli altri, a servirli nella comunione della Chiesa, ad essere « obbediente » e « sottomesso » ai capi della Chiesa, e a trattarli « con rispetto e carità ». Come il Battesimo comporta responsabilità e doveri, allo stesso modo il battezzato fruisce anche di diritti in seno alla Chiesa: quello di ricevere i sacramenti, di essere nutrito dalla Parola di Dio e sostenuto dagli altri aiuti spirituali della Chiesa.
Qualcosa non funziona !
Mettere a confronto un articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo ed uno del Catechismo della Chiesa Cattolica è come effettuare tale operazione tra un manuale per la coltivazione degli aranci in Sicilia ed uno riguardante i meli dell’Alto Adige.
Tutto ciò che si trova nella Dichiarazione è (almeno in teoria) OBBLIGATORIO per chi, esercitando il Pubblico Potere, potrebbe imporre il contrario o permettere che altri lo faccia. Invece ciò che è scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica è assolutamente FACOLTATIVO e riguarda quegli individui che liberamente scelgono di far parte di tale Chiesa. Chi – facendo uso dei diritti ben espressi nell’art.18 della Dichiarazione – se ne chiama fuori dovrebbe essere del tutto indifferente a ciò che la Chiesa insegna (con il solo potere della parola) ad uso dei propri FEDELI (parola che significa chi CREDE nella sua dottrina).
Mettere a confronto un articolo della Dichiarazione …..
Potrei dilungarmi a lungo nel mettere in rilievo
il paragone tra i due articoli e la tua risposta ,ma se
ti va bene così , auguri e goditi tutto il tuo credere.
@Marcotù
Guarda che al santa mamma chiesa la Dichiarazione non è che sia proprio piaciuta, sai:
http://www.statoechiese.it/images/stories/2009.2/darienzo_dichiarazione.pdf
“Non esiste alcun diritto al sentirsi offesi da opinioni contrarie alle proprie,”
Giustissimo.
“così come non esiste alcun diritto a non ascoltarle.”
Non sono d’accordo. Non esiste il diritto di non ascoltarle in caso di dibattito, cioè se io dico le mie opinioni e mi rifiuto di ascoltare le altre, e magari pretendo di continuare il dibattito sulla base delle opinioni che ho espresso senza aver ascoltato la risposta,
MA in generale il diritto di non ascoltare un opinione esiste eccome. Altrimenti saremmo obbligati ad ascoltare sempre e comunque tutto ciò che ci viene detto, e questo è semplicemente inconcepibile.
Quotone.
E’ l’unica cosa del testo che non mi torna per niente.
Effettivamente hai ragione, immaginate ascoltare ogni volta i testimoni di Geova che citofonano.
Potrebbe essere comunque un errore di traduzione, ci sono troppi non.
L’originale:
There is no right not to be offended, or not to hear contrary opinions.
Il significato, secondo me, non e’ esattamente quello della traduzione: il senso e’ che non esiste alcun diritto mio a sentire cose che offendono o a sentire cose contrarie che non dovrei sentire.
Non so sinceramente come renderlo in italiano, ma significa che, capovolgendo il diritto in dovere, e spostandoci da chi ascolta a chi parla, non esiste obbligo per chi parla (ed esprime opinioni) a non dire cose che potrebbero offendere qualcuno o che qualcuno potrebbe non voler ascoltare (in quanto contrarie alle sue).
Non so se mi spiego… (come disse il paracadute al paracadutista…)
Effettivamente…. leggendo il testo in inglese, sembra abbastanza diverso di quello tradotto . In parole povere, si vuol esprimere che non c’è nessun diritto a che non vengono espresse opinioni che uno ritiene offendibile oppure non voler sentire ( in giro…) opinioni contrari alle sue….
Se mi sbaglio mi correggerete….
La traduzione è imprecisa, direi anzi proprio sbagliata: “There is no right not to be offended, or not to hear contrary opinions.” andrebbe tradotto come “Non esiste alcun diritto a non essere offesi a non dovere ascoltare opinioni contrarie.” Questo per evitare che invocando arbitrariamente delle presunte offese si impedisca la diffusione di opinioni contrastanti le proprie, non credo occorra citare esempi in tal senso.
Se non capisco male, il senso corretto della frase tradotto in Italiano dovrebbe essere: “non è un diritto pretendere che non si possano esprimere opinioni contrarie”.
Che vuol dire che non posso zittire opinioni contrarie alla mia per il fatto che non mi piacciono (leggi: che la mia religione le considera blasfeme). Cosa diversa è il (sacrosanto) diritto a non ascoltarle.
La sottigliezza sta nella differenza tra “hear” e “listen to”. Sempre se non ho capito male.
Giusto. Non puoi pretendere di non sentirle. Non vuoi ascoltarle? Bene, è un tuo diritto. Diritto che, però, si può applicare solo scegliendo di non ascoltare e basta. Quando dal non ascoltare si passa al non voler sentire nasce il problema.
io questa cosa dei due diritti non l’ho capita.
In che senso non esiste il diritto di sentirsi offesi? E di non ascoltare?
Fate un esempio.
come scrive daniele, sarebbero terribili il divieto di offendersi e l’obbligo di ascoltare.
io leggo:
Non esiste il diritto di non essere offesi, né quello di non ascoltare opinioni contrarie alle nostre.
lo interpreto come:
non è reato esprimere idee che offendono altri; e chi si sente offeso non ha il diritto di mettere a tacere chi lo fa.
Sono abbastanza sicuro che il senso sia esattamente questo, a mio avviso qualunque altra intepretazione non avrebbe semplicemente senso in quel contesto. Nel documento originale in inglese è scritto in questo modo: There is no right not to be offended, or not to hear contrary opinions
Diana:
la prima secondo me è chiara: “non esiste il diritto a sentirsi offesi” significa: “non ci sono frasi che tu non puoi pronunciare perché mi offenderesti”. Per esempio: “non è che siccome io sono cattolico tu non puoi essere irriverente nel parlare di Dio”.
la seconda, “Non esiste il diritto a non ascoltare”, è un po’ meno immediata. perché “non ascoltare” non significa “mettere a tacere”, ma significa che l’altro parla e io lo ignoro. Io la intendo nel senso: “non esiste il diritto a far finta che non esiste chi la pensa diversamente da te”, “non esiste il diritto a portare avanti le tue idee ignorando (anche se lo sai) che non sono le uniche”. Che potrebbe essere anche un “non esiste un diritto a non confrontarti”. Non so se è valida come lettura…
John, diana,
non è che “non esiste il diritto di sentirsi offesi”, “non esiste il diritto di sentirsi offesi per delle opinioni”, che è ben diverso. Se dico “sei un idiota perchè credi negli oroscopi” io sto offendendo la persona, e non mi devo permettere. Se dico “credere negli oroscopi è una st****ata perchè non c’è niente di vero” io non sto offendendo nessuno, sto esprimendo un’opinione. Stessa cosa per le fedi religiose. Dire che la resurrezione di Cristo è una st****ata non offende nessuno e nessuno si può offendere per un’opinione. Se io dico che sono idioti tutti quelli che credono alla resurrezione di Cristo, io offendo le persone e non mi posso (e non mi devo) permettere. Ma chissà perchè in materia religiosa, soprattutto da parte dei preti, si sente sempre dire:” Eh, ma non puoi offendere la sensibilità dei cristiani dicendo così”. No, io non posso offendere i cristiani, la sensibilità urtata o offesa è qualcosa che tocca continuamente tutti noi,ma pazienza, se sentiamo qualcosa che non ci piace possiamo sempre andarcene o cambiare canale. Però al di fuori dell’ambito religioso nessuno pretende di tappare la bocca agli altri sentendo qualcosa che non piace. Immaginate tutto trasportato in chiave religiosa: “L’Italia agli ultimi mondiali ha fatto schifo” “Eh, ma non puoi offendere la sensibilità dei tifosi dell’Italia”, “Ma come si fa a credere al gatto nero che porta sfortuna” “Eh, ma non puoi offendere la sensibilità dei superstiziosi” ecc. ecc.
@Gianluca
Al di fuori dell’ambito religioso? Dipende dagli ambiti. Quello alimentare, in certe declinazioni, assume caratteri quasi religiosi, con le reazioni che ben sappiamo. Per il resto, sono pienamente d’accordo con te.
l’Articolo 18 non è incompatibile con la legge francese (a cui si accennava giorni fa)?
Se il praticare va contro le norme di civile convivenza e di sicurezza, che rimangono di competenza dei singoli stati, direi proprio di no.
In che senso? In Francia ci sono edifici di culto, così come scuole private religiose.
john
no, credo che sia:
non esiste il diritto di non essere offesi (da opinioni altrui)
– ci si può sentire offesi da un’opinione diversa dalla nostra, ma non si può vietare a un altro di esprimerla
non esiste il diritto di non ascoltare (opinioni che ritengo offensive)
– ho il diritto di tapparmi le orecchie (e quindi non ascoltarle), ma non posso tappare la bocca a chi le esprime
Diana:
sul primo punto ok, in effetti il non-“diritto a sentirsi offesi” deve essere letto come il non-“diritto a impedire qualcosa perché offesi”. Qui però il problema è di traduzione, perché il testo originale è “not to be offended”, dunque “non essere offesi” (passivo di “offendere”, quindi “tu non puoi compiere l’azione che mi offene”, e non “non sentirsi offesi” (che è solo uno stato interiore).
Invece sul secondo punto la traduzione mi sembra corretta: “not to hear contrary opinions” è giustamente reso con “non ascoltare opinioni contrarie”. Ma “non ascoltare” (“not to hear”) non vuol dire “zittire”, vuol dire, ribadisco, che l’altro parla e io lo ignoro. Quindi la tua interpretazione, che sarebbe anche bella, non corisponde però al testo letterale. Se volevano dire quel che dici tu, allora si sono espressi piuttosto male. La mia lettura di prima invece corrisponde alla frase letterale.
Ci ho ripensato. “Not to hear” in effetti è da tradursi con “non sentire”. E allora torna il concetto, perché “diritto a non sentire” può essere inteso “diritto a che non si produca ciò che non voglio sentire”. Per esempio “diritto a non sentire rumori molesti vicino a un ospedale” vuol dire “diritto a che non si producano rumori molesti vicino a un ospedale”. Quindi è giusto “not to hear” uguale “non sentire” uguale “zittire”.
Ma allora ci risiamo, è sbagliata la traduzione. “non ascoltare” è diverso da “non sentire”, perchè il “non ascoltare” presuppone che il suono ci sia e io lo ignori. Infatti in inglese ascoltare, effettivamente, si dice “listen”.
Forse è da rivedere un po’ la traduzione.
Non era meglio scrivere ”non esiste il diritto a zittire opinioni contrarie alle proprie”? A me questa cosa che bisogna interpretare, non è che mi piaccia proprio. Per come è scritta sembra quasi che uno deve ascoltarle per forza le opinioni altrui.
francesco s:
a me in realtà piaceva anche l’interpretazione dell’ascoltare le opinioni altrui, nel senso che per farsi un’idea libera occorre ascoltare tutti.
Ma comunque, abbiamo appurato che non è così. Però il testo inglese è contorto; il testo italiano traduce male (confonde “sentire” e “ascoltare”), insomma, il risultato non è cristallino.
La mia impressione è che già nel testo inglese si siano usati giri di parole e perifrasi allo scopo di non usare espressioni che fossero poco politically correct e sollevassero qualche vespaio… (“zittire”, “censurare”…). Ma non sono proprio queste stesse dichiarazioni a dire che si può essere diretti e anche irriverenti se necessario? Chi le ha scritte non le ha applicate a pieno, forse.
La traduzione in italiano accentua tutto ciò con diverse imprecisioni linguistiche.
Un po’ un peccato, perché sul merito dei contenuti in sé, mi troverei pienamente d’accordo su tutto.
No John è che io ho una formazione scientifica e preferisco frasi affermative, o con poche negazioni e sicuramente meno contorte. Queste dichiarazioni non vanno interpretate, devono essere chiare.
Francesco s.
preferisco frasi affermative, o con poche negazioni e sicuramente meno contorte. Queste dichiarazioni non vanno interpretate, devono essere chiare.
Assolutamente anche io: sono pienamente d’accordo.
Prima in effetti mi sono spiegato male: quando ho detto “a me in realtà piaceva anche l’interpretazione dell’ascoltare le opinioni altrui” non volevo dire che quell’interpretazione era valida, ma che in fondo, nell’ipotesi (non vera) che il testo avesse voluto affermare ciò, mi sarei trovato d’accordo con quell’affermazione.
Nella seconda parte del mio commento indagavo sulle possibili ragioni che potevano essere alla base di un testo con così tante perifrasi. Mi limitavo a fare ipotesi su ciò; non appoggiavo l’idea che un testo non debba avere un’interpretazione la più univoca possibile.
Ma sono del tutto d’accordo con te sulla necessaria univocità dei testi.
John in realtà era più una critica al testo che è ambiguo, non certo al tuo tentativo di interpretarlo. 😉
Boccio il punto sul sentirsi offessi, è espresso in maniera troppo contorta. Non era più semplice dire ”esiste il diritto a non essere censurati perché qualcuno si sente offeso?”
Come sta scritto sembra che non ci si possa offendere, poi troppe negazioni non fila bene né in italiano né in inglese. Inoltre va interpretato dal contesto dei restanti articoli.
Errata
Offesi.
No ho detto una cavolata ho letto un ‘non’ di troppo, scusate
Rirettifico, avevo letto bene c’è il non. 😀
Mi riferivo al ”non esiste il diritto a non ascoltarle”.
dunque il disturbo da personalità multipla esiste, dopo tutto.
😆
Dovendo tentare una traduzione, per prima cosa opterei per la forma “diritto di”.
Seguiamo il consiglio del linguista Luciano Satta. Il sostantivo si costruisce preferibilmente cosí: “diritto a” in presenza di un sostantivo se vi è la preposizione articolata (diritto alla retribuzione) o l’articolo indeterminato (diritto a una retribuzione) o l’aggettivo indefinito (diritto a qualche retribuzione); “diritto di” ancora in presenza di un sostantivo, se non vi è articolo (diritto di sciopero) o in presenza di un verbo all’infinito (diritto di scioperare).
Non esiste il diritto di non essere offesi o di non ascoltare opinioni contrarie alle nostre.
“Non esiste il diritto di non essere offesi”?
Cioè… uno è obbligato ad offendersi? 😯
“Non esiste il diritto di (…) non ascoltare opinioni contrarie alle nostre.”?
Cioè… uno è obbligato ad ascoltare tutti? 😯
federix
per come leggo io l’originale inglese:
– non è un tuo diritto che le opinioni di altri siano censurate perché tu non ti senta offeso.
– non è un tuo diritto che altri siano censurati perché tu non debba ascoltare le loro opinioni.
ovviamente nessuno ti costringe a non-offenderti (puoi offenderti e protestare in vario modo, argomentando la protesta – anche quella è libertà di espressione), e nessuno ti costringe ad ascoltare (puoi spengere la tv e/o la radio, non comprare quel giornale, o non mangiare più prodotti Barilla) ecc.
@Federix
Penso si possa intendere che non esiste il diritto a pretendere che le opinioni altrui non offendano la propria sensibilità e per questo richiedere censure.
@ diana
@ gmd85
Ok, sarà… Però mi rimane il dubbio che anche gli anglofoni possano essere in …dubbio sull’interpretazione.
@Federix
C’è un po’ di ambiguità, forse.
Retorica lessicale molto cara a certi italiani -e non solamente- particolarmente a filosofi e/o teologi : arte di rendere difficile, soggetta a diverse interpretazioni ma anche incomprensibile, cio’ che puo’ essere spiegato in termini intelliggibili alla maggior parte delle persone…
Molto concisamente : possiamo criticare aspramente istituzioni, sistemi politici, religioni, persone,… indipendentemente del loro stato giuridico o posizione sociale, ma questo non significa che siamo legittimati ad INSULTARLI (da non confondere con offenderli) in nome di chichessia ! Ritengo che l’insulto dovrebbe essere considerato, in casi molto particolari, l’eccezione che conferma la regola.
Per il resto mi allineo sul pertinente e chiarissimo commento di Gianluca ore 21:33.
Tutti bei discorsi ma…. ci si dimentica qualcosa 😀 😀 😀
1) Al mondo esistono organizzazioni come la Chiesa Cattolica, la Torre di Guardia, Scientology, ecc…. che prendono un sacco di soldi e ottengono potere grazie alla gente che ci crede. Se la gente non credesse i loro affari andrebbero a rotoli.
2) Esistono paesi come Medjugore, Lourdes, Assisi che basano i loro affari sul turismo religioso. Anche qui, se la gente fosse atea abdrebbero in fallimento.
3) Esiste tutto un indotto fatto di professori di religione, case editrici che stampano bibbie e vangeli, industrie che producono crocifissi, ecc… Anche qui stesso discorso di cui sopra.
4) Ci sono migliaia di persone che hanno posti di potere grazie alla religione o mediante raccomandazione di alti prelati.
5) Infine a questo mondo ci sono almeno 5 miliardi di persone che credono in un qualche tipo di religione. E se un ateo gli dice che Dio non esiste se ne offendono a morte, perchè gli fa cadere tutto il loro castello mentale di credenze e li fa anche sentire dei pirla. Ovviamente loro non accettano questo.
E ovviamente tutto questo sistema deve pur proteggersi in qualche modo…. sopratutto dal ridicolo che è il suo nemico più grande.
@ MASSIMO
E per giunta le attività economiche delle entità di cui ai punti 1), 2) e 3) fanno anche aumentare quell’accidente del PIL 🙁
Ad ogni modo bella dichiarazione, coinvolgente, ma… A che serve?
Non penso che sia vincolante per qualcuno in qualche modo.
Ci sono migliaia di persone che hanno posti di potere grazie alla religione o mediante raccomandazione di alti prelati.
sostituisci a “religione e prelati” politica e dirigenti, e ottieni le attuali democrazie.
Non manca un “non”? Secondo me dovrebbe essere:
Non esiste alcun diritto a non sentirsi offesi da opinioni contrarie alle proprie.
manca un “non” nel testo italiano dell’Uaar.
Da lì sono nati parecchi equivoci….
per es.
se non esiste il diritto di non essere offesi (da opinioni contrarie alle nostre) e non esiste il diritto di non ascoltare (opinioni contrarie alle nostre), è lecito questo divieto?
http://www.huffingtonpost.it/2014/09/04/pubblicita-sessiste-sindaci_n_5764150.html?utm_hp_ref=italy
errata corrige
“è lecito il divieto di cui si legge al link qui di seguito?”
Bah, questa è più moralizzazione che altro, discorsi sul sessismo a parte. Tra l’altro, non mi sembra che si esprimano particolari opinioni. Comunque, no, non è affatto lecito.
Ovviamente, resta il fatto che se una opinione o uno spot sono dichiaratamente denigratori, non siamo più nella sfera delle opinioni.
Ho visto che il sito dell’Uwcr è in vacanza (che grande voglia di lavorare hanno questi bigotti 😆 ), speriamo che riapra al più presto, così certa spazzatura (cattolici finti buonisti e sedicenti non credenti lecca culo della chiesa) se ne possano tornare nel luogo per loro più ideale.
in questo caso, però, non si denigra nessuno
trovo che le campagne contro pubblicità (o trasmissioni, o libri, o dichiarazioni, o film, ecc.) che “offendono la dignità della donna” siano lecite e giustificabili, purché non chiedano leggi speciali e censure imposte dall’alto (leggi: stato, commissioni speciali, tribunali del popolo, o altra tipologia).
eppure non sembra affatto questa la direzione in cui, almeno finora, stanno andando molte donne “laiche”.
Tutto molto bello e auspicabile. Ma putroppo resta un compendio teorico.
Accidenti, ho postato su in alto qualcosa che poi (me ne rendo conto adesso) aveva già generato una marea di commenti e dubbi.
La traduzione è sbagliata, semplicemente perchè traduce “hear” (sentire) con ascoltare (che sarebbe stato “listen”). L’originale parla di sentire e non di ascoltare. Non esiste diritto a non voler sentire, ma esiste diritto a non voler ascoltare.
Non ho il diritto a non essere offeso, e nemmeno quello di pretendere di non sentire (cioè, esattamente pretendere che certe cose non vengano dette). Semplice, direi.
Volendo essere pignoli, si potrebbe sostituire sentire/ascoltare, che non si applicano alle opinioni scritte o disegnate, con “il diritto di non essere confrontati con opinioni diverse”.
A me sembra chela frase “There is no right not to be offended, or not to hear contrary opinions” faccia giustizia anche delle campagne contro Crocifissi e simboli religiosi in genere in luoghi pubblici, da cui certuni si sentono “offesi” e contro la diffusione con mezzi di comunicazione di massa largamente seguiti (magari per pratiche esigenze d’informazione) delle “opinons”, ad esempio, del Papa.
Marco Tullio
Collegamento pretestuoso il suo.
Non sono libere espressioni di alcuni, ma marcatura del territorio da parte di un gruppo.
Quindi ok a simboli di partito nei luoghi pubblici, a statue di Buddha o divinità non cristiane?
@Marcotù
A essere offesa è semplicemente la laicità. Cosa che tu non cogli, insieme ai tuoi compari. Poi, sai, una richiesta si motiva. Però chi si strappa le vesti in risposta, di fatto, pretende che tale richiesta non sia fatta perché la religione dovrebbe essere esente da critiche (e non dire che non è così che non ti si crede).
Se ti fosse sfuggito, il significato della frase è che non puoi sentirti offeso a priori.
Mi spiegate perche’, allora, su questo spazio, si e’ piu’ volte invocata una legge contro omofobia, razzismo et similia (contro l’ espressione di tali cretinate, non contro la loro attuazione) ?
Perché direttamente correlati a discriminazione e, peggio, violenza?
l’obiezione di Alessio è la stessa mia (vedi link su pubblicità che “offende le donne”, ma anche il caso di Allam, o quello di Dieudonné, ecc.)
Il limite dovrebbe essere, credo, il codice penale, non la suscettibilità di alcuni (tanti/e o pochi/e). L’incitamento alla violenza dovrebbe essere passibile di sanzioni se è diretto.
Ma ci si muove su un terreno minato, lo riconosco, perché ci sono “opinioni” particolarmente tossiche e ripugnanti, e non è facile sposare un principio così impegnativo. Magari anche troppo, magari è utopistico e quindi (o) addirittura nocivo, non saprei. Per ora sono arrivata a certe conclusioni.
p.s. e il codice penale ha già leggi sufficienti per punire chi “fa” male. Chi “pensa” male non commette reato.
@ gmd85: non sto parlando di quello che succede(rà) ora (in futuro), ma mi sto chiedendo perché in questo spazio, almeno in passato, non ho sentito pari disponibilità verso, che so, gli omofobi ed i revisionisti pro-Himmler: sia chiaro, li fuggo come la peste/mi fanno pena, ma perché si è applaudito a leggi contro le loro opinioni ? Se poi si vogliono punire solo le azioni di costoro, beh non serve certo una nuova legge, che anzi aumenterebbe necessariamente le zone di impunità. L’ avevo già scritto, ma non sono riuscito a far passare il concetto. Poi, se quelli che hanno sempre difeso la censura contro i revisionisti/omofobi, …., sono persone diverse da quelle oggi impegnate in questo confronto, mi taccio.
@ Massimo Maiurana: in genere rispondere con una domanda ad un’ altra domanda fa venire il dubbio che non si abbiano risposte: ma qui il dubbio non c’ è, visto che la nuova domanda è completamente fuori tema con la prima. Poi, prego tutti di smetterla con la stucchevolezza del politically correct: “nero” fa ridere le telline, perché in italiano si scrive con la “g” (non posso ripetere il termine solo per non farmi mettere in quarantena l’ intervento). Oppure quella parola è scorretta solo perché ce l’ hanno detto gli americani ? Cioè secoli di alto lignaggio linguistico (latino “nigrus”, per cortesia) li buttiamo nel cesso perché così fanno alla UCLA ? Alla UCLA fanno pure meritocrazia e ricerca ad alto livello, perché non copiamo quella? Oppure potremmo ripiegare su “marrone scuro”: molto più corretto di “nero” e non stucchevole.
Quindi non scherzavi?
(oops, ho risposto con un’altra domanda 😀 )
@DI MICHELE
Non sono a conoscenza delle posizioni di chicchessia su Himmler. Ciò detto, per me è del tutto evidente che omofobia e razzismo sono atteggiamenti che vanno oltre le semplici opinioni. Quindi è sensato agire di conseguenza.
Perché si tratta di una cosa diversa. L’argomentazione secondo cui la legge sull’omofobia sarebbe stata liberticida viene utilizzata dai clericali perché loro sono i primi a offendere pubblicamente gli omosessuali (ma gridano continuamente all’offesa nei loro confronti) e temono di non poter più farlo, e noi abbiamo sempre ribattuto che non è questa l’intenzione. Tutti devono poter essere liberi di dire idiozie, personalmente trovo agghiacciante che il negazionismo possa essere considerato un reato.
L’intenzione è invece quella di tutelare persone che, ad esempio, vengono escluse dal lavoro per via del loro orientamento sessuale, piuttosto che per quello filosofico o per la loro etnia, oppure che sono sottoposte a umiliazioni, o che ancora sono oggetto di atti violenti. Effetti pratici, non mere offese.
Appunto, punire AZIONI, non OPINIONI, che io giudico stupide vabbe’, ma per le quali gia’ esistono sanzioni; poi:
1) piu’ previsioni di legge per condotte simili = piu’ impunita’ per chi le commette;
2) e piu’ vittimismo, che paga sempre (“Chiagn’ e fotte”);
3) un caso ipotetico: apro un bar con un barista negro bravissimo; vicino a me apre una sede di qualcosa tipo Ku Klux Klan, ed i suoi adepti diventano in massa miei clienti molto spendaccioni. Mi mandano a dire che il barista non e’ gradito: lo devo licenziare perche’ e’ negro, o devo chiudere un bar magari pure incendiato ?
@DI MICHELE
Suppongo sia sufficientemente chiaro che ciò che si vuole perseguire sono le azioni. Omofobia e razzismo possono dare agio a particolari azioni, ergo, serve una normativa in merito. Normativa che non deve certo essere usata come spauracchio all’estremo opposto
Scherzi? E se al posto del barista nero hai una barista avvenente che viene costantemente molestata dai tuoi facoltosi clienti che fai, denunci la cosa o ti volti dall’altra parte sperando che la barista si dimetta?
Perché opinione e ideologia sono concetti diversi sul piano teorico, ma soprattutto concreto per quanto riguarda il recente passato.
“Qualsiasi legge criminalizzi il linguaggio sulla base di pretesa “blasfemia” o dell’offesa a un credo o a un sistema di valori è un ostacolo alla libertà umana e deve essere abolita.”
Mi fa piacere che siate anche voi contro la proposta di legge Scalfarotto.
A essere offesa è semplicemente la laicità”.
ma non esiste un diritto a non essere offesi.
quindi, tecnicamente, la laicità può offendersi, ma non esigere censure.
l’obiezione di MarcoTullio era anche la mia quando mi chiedevo se l’art.18 sia compatibile con la legge francese attuale.
errata corrige. Riformulo il mio commento con i corsivi giusti.
gmd85 scrive:
“A essere offesa è semplicemente la laicità”.
Ma se non esiste un diritto a non essere offesi, tecnicamente la laicità può offendersi, ma non esigere censure.
L’obiezione di MarcoTullio era anche la mia quando mi chiedevo se l’art.18 sia compatibile con la legge francese attuale.
@diana
Ma dai, è pacifico che se parlo di laicità offesa intendo lesa. E imporre un simbolo non è più un’opinione, è un’azione. la differenza è sostanziale.
“Imporre un simbolo non è più un’opinione, è un’azione. La differenza è sostanziale!”.
Le opinioni che non si sostanziano in azioni percepibili (parola orale o scritta, immagine) ovviamente si collocano al di fuori di qualsiasi apprezzamento altrui. Dunque la frase “There is no right not to be offended, or not to hear contrary opinions” si riferisce ad azioni (consistenti nel parlare, scrivere, trasmettere con i più diversi strumenti tecnologici o rappresentare con l’arte pittorica o plastica) la propria “opinion”. E se si accetta che non vi sia un diritto a sentirsi offesi dall’espressione delle “opinions” altrui, ne consegue che io non ho diritto d’offendermi se qualcuno di voi diffonde in qualche modo l'”opinion” che l’ateismo è una bella cosa, ma voi non dovreste (per essere coerenti) chiedere che l’ “opinion” secondo la quale la Crocifissione di Nostro Signore Gesù Cristo ha costituito l’evento più importante della Storia sia ampiamente richiamata mediante Croci e Crocifissi. E che l'”opinion” secondo la quale le parole del Papa sono importanti sia fatta propria dai redattori dei Radio e Tele Giornali che voi necessariamente “hear”, magari per essere informati sul Fisco o sul campionato di calcio. Per me sta benissimo … Sono liberale …
@Marco Tullio
No, sei un parac.ulo.
Ah, si? Secondo quale logica? Quella marcotulliana?
There is no right not to be offended, or not to hear contrary opinions vuol dire che non esiste un diritto naturale a sentirsi offesi a prescindere da qualsiasi argomentazione e che non esiste alcun diritto di bloccare le opinioni altrui perché non piacciono.
Pretendere (e non ti azzardare a dire che non è così) che un simbolo sia esposto non è più una semplice manifestazione d’opinione, è un’ imposizione. La cogli la sostanziale differenza o no.
Non ti rendi neanche conto che stai attuando proprio quella tendenza negativa messa in luce dalla frase in questione. Pretendi che il simbolo della tua fede sia ostentato ed esigi che ciò non venga criticato. Devi aver saltato qualche passaggio, temo. Lo stesso dicasi per la melensa copertura mediatica che riceve il Papa. I soliti giri di parole che propini sono aria fritta.
l’evento più importante della Storia
Per qualcuno, evidentemente, no. Ma penso che per te sia tranquillamente trascurabile, vero?
Uff, casotto con i tag.
Marcotullio,
“ne consegue che io non ho diritto d’offendermi se qualcuno di voi diffonde in qualche modo l’”opinion” che l’ateismo è una bella cosa”
Certo che hai il diritto di offenderti, quello che non hai è il diritto di non essere offeso, è diverso.
@Sandra
Specifica: non ha il diritto a non essere offeso a priori.
Marco Tullio
A nessun altro, tranne che alla chiesa cattolica, è consentito marcare il territorio pubblico con croci e similari. Diritto che deriva dall’epoca antidemocratica della monarchia, del fascismo e della religione di stato, cosa che dovrebbe essere superata. Fa specie che uno si professi liberale e poi difenda dei diritti fascisti.
In nessuna classe può essere appesa una statua di Buddha, oppure i simboli di un partito. Quando la lega fece appendere il suo simbolo in un luogo pubblico la cosa causò proteste e la successiva rimozione.
Con la sua logica quando Berlusconi fu votato dalla maggioranza degli italiani, avrebbero avuto il diritto a fare esporre una sua foto nei luoghi pubblici e nessuno si sarebbero dovuto sentire offeso.
Riguardo alle critiche a RAI e similiari riguardano la proporzione. Se ogni giorno ed in trasmissioni trasversali si fa propaganda per la chiesa si superano dei limiti di decenza. Se come dimostrato dalle indagini sui media la chiesa cattolica occupa quasi il 100% degli spazi che riguardano il credere e similari non c’è proporzione, non c’è informazione adeguata. Inoltre dipende anche dal modo in cui vengono presentate le notizie.
Per far parlare di se il papa ha proprio la settimana scorsa organizzato l’inutile e propagandistica partita di calcio della pace che è stata addirittura ritrasmessa in prima serata. La battuta sugli atei che preferiscono guardarsi il calcio anzichè il papa poteva risparmiarsela.
@RobertoV
Anche perché io non guardo né l’uno ne l’altro
“Freedom is the right to tell people what they do not want to hear.”
Credo che la lapidarietà di Orwell dirima la questione, non c’è bisogno di aggiungere altro. Lo speculare diritto a non ascoltare ciò che non si vuole ascoltare, peraltro, lo si esercita molto facilmente non comprando quel tal giornale, non andando sul quel sito e così via.
D’altro canto, mi pare che molti siano un po’ troppo propensi ad offendersi, il che probabilmente vuol dire che 1) hanno un concetto troppo alto di sé 2) non hanno fatto davvero i conti con le proprie caratteristiche, modi di pensare, ecc.
Marco Tu,devo dire che le tue argometazioni sono talmente
profonde ed alaborate che non le comprendo, prendo
atto dei mei limiti.
Ad ogni buon fine vorrei capire ( con linguagio semplice)
come intendi la diffrenza tra una religione organizzata e
la percezione di un qualcosa di esterno (religione e religiosità).
Vorrei capire se la tua azione è finalizzata alla difesa
ad oltranza delle gerarchie o all’esposizioine di un senso
di religiosità.
Ritengo che andare in paradiso non sia il solo obbedire
pedissequamente ad una serie di regolamenti.
@Murdega. Le mie argomentazioni, probabilmente, non sono al di là della tua intelligenza, ma esulano dai tuoi interessi. Infatti le questioni che tu sollevi (e che in questa sede non posso affrontare) non c’entrano per nulla col mio discorso. Questo, molto modestamente, osservava come la frase in discussione possa benissimo essere usata per contrastare – in un’ipotetica controversia – le proteste (qui molte volte espresse) contro l’esposizione pubblica di simboli religiosi, oppure contro l’attenzione che la RAI dedica al fenomeno religioso, contro qualche campagna antiabortista, ecc.
Il testo inglese è contorto, ma la traduzione non è così brutta. Una
variante migliore sarebbe stata “non volerle sentire”, ma in italiano si
dice indifferentemente “Non voglio ascoltare” o “Non voglio sentire”, quindi
il problema non è il verbo “sentire” ma il mancato uso del verbo “volere”,
che avrebbe reso il testo originale più chiaro.
Inoltre, è vero che io ho il diritto di non ascoltare, ma il testo
sottolinea che non posso usare questo diritto per zittire l’altro. Al tempo
stesso, se non “ascoltassi”, non potrei sapere che l’altro sta dicendo cose
che non voglio “sentire”.
@Flaviana. Ovviamente quella frase non si riferisce a ciò che uno può dire in private conversazioni (dalle quali ci si può facilmente allontanare) o scrivere in un libro, giornale o blog che se non lo vai a cercare non ti raggiunge (e se per sbaglio ne vieni a contatto te ne allontani e più non ti ci avvicini). Si riferisce a espressioni d’ “opinione” che è praticamente impossibile non udire o non vedere: simboli religiosi pubblicamente mostrati, affissione di manifesti, distribuzione gratuita di pubblicazioni porta a porta, servizi radiofonici e televisivi in radio e telegiornali accanto a notizie che tutti hanno interesse a conoscere. A mio modesto parere quella frase difende il pieno diritto di tutti a diffondere, nei modi che ho detto, le proprie idee e perciò condanna anche chi protesta ora per il Crocifisso, ora per il velo islamico, ora per i manifesti UAAR sugli autobus o per Odifreddi alla radio e ora per il Papa nei Telegiornali.
A mio modesto parere quella frase difende il pieno diritto di tutti a diffondere, nei modi che ho detto, le proprie idee e perciò condanna anche chi protesta ora per il Crocifisso, ora per il velo islamico, ora per i manifesti UAAR sugli autobus o per Odifreddi alla radio e ora per il Papa nei Telegiornali.
mi associo. Nel senso che così interpreto quel punto della Dichiarazione, cioè in termini libertari.
C’è una rubrica molto divertente in 610 (programma satirico su radiodue, con Lillo e Greg), in cui si prende in giro il “diritto di tutti a offendersi per tutto e a chiedere censure su tutto”. Praticamente il conduttore radiofonico, a un certo punto, non può più pronunciare una sola parola senza che sia “beeppata”.
@diana
Come sotto a Marco Tullio. E che diamine, non ci vuole molto.
@diana
al contrario di quello che MT vuol far passare lui è proprio uno di quelli che “guai a…”. Il significato della dichiarazione successiva mette ancora più in luce quello della frase sull’offesa:
La libertà di credo è assoluta, ma non è assoluta la libertà di agire sulla base di un credo
Chi pretende di agire in virtù della propria fede pretende che gli altri non muovano critiche. Non funziona così.
Non capisco come faccia GMAD85 a darmi torto anche quanto alla frase “Le opinioni che non si sostanziano in azioni percepibili (parola orale o scritta, immagine) ovviamente si collocano al di fuori di qualsiasi apprezzamento altrui”. Egli riesce, forse, ad esprimere apprezzamenti anche su ciò che la gente soltanto pensa senza compire l’azione di rendere percepibile il proprio pensiero con parole pronunciate o scritte o, almeno, con immagini? Complimenti.
@Marco Tullio
Sei tu che hai messo in mezzo la frase per rispondere al mio commento, facendo scaturire da essa, addirittura con quindi, il tuo panegirico. Le opinioni inespresse non sono neanche da prendere in considerazione.
Ora, ripetere le stesse cose senza rispondere alle obiezioni non rende quelle cose vere.
Vediamo se capisci (anche se sono sicuro che stai mentendo sapendo di mentire, come al solito):
– un crocifisso appeso al collo è assimilabile all’azione di esprimere un’opinione;
– un gesto religioso personale è espressione di opinione;
– un crocifisso appeso in macchina è espressione di opinione;
-un crocifisso esposto per obbligo non è più opinione, è imposizione.
Tu ti lamenti di chi dice che il crocifisso non dev’essere esposto, per partito preso, ergo rientri nella casistica a cui si riferisce la frase e ignori, volutamente, il carattere forzoso dell’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Così come ignori che si critica il fatto che la tv pubblica dia troppo spazio al papa, non certo il fatto che gliene dia e basta.
Criticare con motivazione e criticare pretendendo censura. La differenza si coglie facilmente. E dubito che tu non ne sia capace. Quindi confermo l’aggettivo del commento più su.
@Marco Tullio
Cosa ti sfugge di questo concetto? No, perché se non ti sfugge nulla e pretendi che non sia così, in virtù della tua religione, allora ti stai comportando proprio nel modo criticato dalla frase sull’offesa. E te l’avevo già detto.
@ Massimo Maiurana: la ringrazio, perché ha detto la parola definitiva che chiarisce ogni dubbio sulla profondità, coerenza ed umanità delle sue opinioni: un bel democratico da salotto, lo possiamo mettere accanto al vassoio dei pasticcini.
@gmd85: così si parla ! Le opinioni di serie a vanno bene, le altre, quelle che possono dare origine ad azioni riprovevoli, no, ma noi siamo rispettosi del pensiero altrui ! Questi sottili distinguo sono comici, se non pericolosi. Di questo passo spero, come disse un raffinatore di droga arrestato perché aveva tutta l’ attrezzatura per produrre eroina, ma manco un milligrammo di materia prima, semilavorato o prodotto finito, non vorrà punirmi per stupro, visto che ho l’ attrezzatura per commetterlo, e me la porto pure sempre appresso.
Nessun distinguo fra opinioni di serie a e b. Omofobia e razzismo non sono più opinioni, sono atteggiamenti. Nocivi. Citando Popper, per salvaguardare la tolleranza bisogna essere intolleranti con gli intolleranti. Tu prova a pensare a un ipotetico antidimichelismo con annessi e connessi. Poi ne riparliamo.