L’autodeterminazione di papa Francesco

Ormai è quasi un dato di fatto: il papa fa notizia, ma fa notizia perché non fa il papa. Perché quando fa il papa dice cose che possono piacere a pochissimi, e i mezzi di informazione nostrani non hanno il coraggio di mostrarlo. Non osano andare contro l’immagine che i loro lettori si sono fatti del papa — e che si sono fatti proprio grazie alla discutibile informazione fornita da quegli stessi mass media.

Capita così, per esempio, che nel disinteresse generale il papa scriva, nella ricorrenza di san Francesco Saverio, un messaggio per un importante evento cattolico, la Giornata mondiale del malato. Si è rivolto ai “professionisti e volontari nell’ambito sanitario” e a chi è “in diversi modi unito alla carne di Cristo sofferente”. Non che ci si possa aspettare una risposta plausibile in merito all’esistenza del male da parte di Francesco, quando non ci riescono nemmeno i più autorevoli teologi cristiani. E tuttavia, il papa non va sostanzialmente oltre un banale testo consolatorio (“la fede permette di abitare la sofferenza”) e l’ennesimo appello alla pazienza di Giobbe. Bergoglio invita anche con forza a stare a fianco dei malati, e non c’è ovviamente nulla da ridire in questo meritorio impegno. Ma va ricordato che non è certo una peculiarità cattolica o religiosa.

Il sociologo Franco Garelli ha recentemente scritto che lo stile del papa è improntato al ricorso a “iperboli sorprendenti”. E non è l’unico a formulare valutazioni simili. Sarà. Uno che dice “se non vai a messa perché sei stanco sei scemo” può far piuttosto pensare a un bambino delle elementari. Talvolta sembra che la “sorpresa” di tanti commentatori sia molto prossima all’ammirazione per le parole di Chauncey Gardiner, il protagonista del film Oltre il giardino magistralmente interpretato da Peter Sellers. Ma quella era fiction. Tornando al mondo reale, la mia personalissima opinione è che papa Francesco stia scientemente seguendo l’esempio di un altro sudamericano di grande successo internazionale, l’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica: parole e gesti molto semplici, ma volutamente esemplari. Parole che sono proprio quelle che i rispettivi popoli (quello cattolico e quello di sinistra) vogliono sentirsi dire, stanchi di teologi e super-intellettuali contorti. Give the people what they want.

Tanto che, quando il papa dice cose che collidono con l’immagine empatica che gli organi di informazione hanno diffuso, si guardano bene dal darne notizia. Ne è una riprova proprio il messaggio per la Giornata del malato. Il testo contiene infatti anche un attacco pesante al mondo laico: “Quale grande menzogna si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!” Poiché si trova collocata subito dopo un invito all’assistenza, il messaggio implicito è evidente: i laici, parlando di qualità della vita, lasciano al loro destino i malati e li inducono a pensare di farla finita.

Le gerarchie ecclesiastiche sono ovviamente libere di pensarla come vogliono in merito alla durata della vita, prolungandola infinitamente sia in questo mondo, sia in un aldilà tutto da dimostrare. E sono altrettanto libere di orientare i loro fedeli in questo sconfinato orizzonte. Non dovrebbero però imporlo a chi cattolico non è. La libertà degli atei e degli agnostici risiede proprio nel poter scegliere quale senso dare alla propria vita, l’unica che è data loro conoscere qui e ora. È il concetto di autodeterminazione, quello che è completamente assente dalle parole di Francesco.

Non esiste alcuna autorità atea che impone di prolungare indefinitamente l’esistenza. Ci sono tanti non credenti che lavorano per allungarla per quanto è possibile, impegnandosi nella ricerca scientifica e nella stessa attività medica. Ce ne sono ancora di più che semplicemente lo desiderano. Un numero ancora maggiore vorrebbe vivere solo una vita che è degna di essere vissuta, vorrebbe forse avere anche la possibilità di dire “basta”, se e quando la qualità della vita si riduce a livelli indegni. Ma il confronto numerico non è assolutamente importante: è invece fondamentale la facoltà di scegliere ciò che si ritiene sia meglio per sé.

È questo che il papa dimentica, e che sulla scia del suo mantello dimenticano tanti, troppi giornalisti e parlamentari. Dimenticano anche l’opportunità di una disciplina del testamento biologico, mentre di una legge sull’eutanasia non si vuole nemmeno discutere. Nel frattempo la tradizione del dolorismo, che traspare anche nel messaggio papale, continua a provocare danni concreti a persone in carne e ossa, quando ci si ritrae davanti a un’anestesia o quando le cure palliative diventano un po’ troppo palliative. Cure che non dovrebbero mai essere imposte a chi non le vuole, e a chi non vuole provare alcun dolore “gratuito”, preservando fino in fondo la propria dignità. La loro voce è però soffocata dal clamore mediatico riservato a così tante banalità di facile consumo. La loro sofferenza sembra non interessare nessuno.

Un sistema sanitario non si può basare sulla sofferenza umana come segno di benevolenza divina. Se tutti pensassimo un po’ più spesso alle vite reali, oggi vivremmo in un paese migliore.

Raffaele Carcano, segretario Uaar

Articolo pubblicato sul blog di MicroMega il 12 febbraio 2015.

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87 commenti

Gianluca

” Oltre il giardino magistralmente interpretato da Peter Sellers.”

Bellissimo, lo consiglio a tutti.
Sulle banalità del papa, soprassiedo. Solite cose fritte e rifritte.

emmebi

assolutamente daccordo sia sul film che sulle banalità di bergoglio

mafalda

Per il clero i malati terminali sono da assistere con benevolenza: non si sa mai che lascino qualche sostanziosa eredità. Nei confronti delle sofferenze durate anni di una malata ho sentito una volta un prete commentare che dio a volte usa la severità per punire i suoi figli (notare che la povera signora non ha mai fatto male a una mosca in vita sua)…

Diocleziano

Vien da pensare che il loro dio sia un mostruoso Moloch che si palesa solo per far del male, constatando che altrimenti non se ne vede traccia. Forse la colpa imperdonabile di quella donna è stata proprio il non avergli lasciato le sue sostanze.

Laverdure

@Mafalda
“Per il clero i malati terminali sono da assistere con benevolenza…”
Non direi proprio.
Da quanto ho letto il nostro e’ uno dei paesi dove gli analgesici forti,come la morfina,gli unici efficaci nei casi di gravi malattie terminali dolorose,vengono usati con la lesina,tanto che il dolore finisce con l’uccidere molti malati piu’ in fretta della malattia stessa.
E questa forma di “eutanasia” a quanto pare non ripugna a Santa Madre Chiesa,vero ?
Che sia perche le persone addolorate sono piu’ disposte ad aggrapparsi alla “fede”come ultima speranza,magari “oliando” l’aiuto del Padreterno con qualche generosa offerta ai suoi rappresentanti ?
Altrimenti cosa ci puo’ essere dietro questa politica della lesina ?

mafalda

Il tono era chiaramente ironico. Per il clero con la sofferenza si guadagnano punti davanti a dio (vedi quel mostro della Teresa di Calcutta). Stranamente il loro dolore non sembra così necessario (vedi cardinal Martini o l’attore polacco).

Titti

Ci sono anche dottori mediocri, o insensibili. Di fronte a mia madre, malata terminale, dovetti andare a prendere io per le orecchie il medico di guardia e chiedere espressamente l’uso della morfina, al posto delle 5 gocce di Lexotan, che le somministravano in endovena. Il tutto in un caso di cirrosi allo stato terminale e con i reni in blocco. Il tutto perché il dottore aveva il timore di accorciare di mezza giornata le sofferenze di mia madre.

Antome

Vabbè attenzione, questo discorso potrebbe essere fatto anche nei confronti dell’eutanasia, quello che noi dobbiamo difendere è la libertà di scelta, una scelta consapevole però.
Continua a venirmi in mente Lucio Magri che si è fatto eutanasizzare in piena salute per via della depressione in svizzera.

Giorgio Cillo

Questo papa è un autentico showman che spera di riempire almeno le piazze (e guadagnare soldi e potere da queste) visto che le chiese si svuotano (e di conseguenza anche il cesto delle offerte).
Personalmente la politica della chiesa non mi interessa se non nella misura in cui lei si interesssa a me. E questo lo fa regolarmente “entrando” direttamente nel mio letto a giudicare in malo modo il mio vivere la sessualità.
Signor papa (col cavolo ti chiamo santità) lei puo dire le più belle parole che vuole, ma noi omosessuali sappiamo bene cosa si cela dietro il suo sorriso.
E onestamente anche se la chiesa divenisse “gayfriendly” la cosa non mi interesserebbe.

Giorgio Cillo -Perugia

patros

# È il concetto di autodeterminazione, quello che è completamente assente dalle parole di Francesco.

Perché stupirsi che l’ultimo monarca assoluto non gradisca l’autodeterminazione?
Nessun potere temporale e, a fortiori, “spirituale” può concedere un simile lusso socio-politico, pena la dissoluzione del potere stesso

#  Nel frattempo la tradizione del dolorismo, che traspare anche nel messaggio papale, continua a provocare danni concreti a persone in carne e ossa

il “dolorismo” sta alla base stessa della dottrina cristiana: da “in hoc signo vinces” di Costantino ai giorni nostri l’emblema cristiano “vincente” è la sofferenza stessa, esplicitata dal povero cristo in croce
chi non ricorda la crudeltà vergognosa con cui è stata esibita la sofferenza del povero Woityla, esibito in croce, ripeto vergognosamente, fino alla fine?

sperare che lo pseudo-modernismo di Bergoglio scalzi queste tradizioni consolidate e, soprattutto, vitali per la sopravvivenza del baraccone della chiesa cattolica, col solo ausilio della ragione, mi sembra un esercizio volenteroso ma destinato fatalmente al fallimento

Laverdure

@patros
“Perché stupirsi che l’ultimo monarca assoluto non gradisca l’autodeterminazione?”
“Assoluto” per modo di dire,basta guardare quanto spesso le sue “esternazioni” troppo spinte,come la paventata scomunica ai mafiosi,vengono prontamente “corrette” da qualche arcivescovo.
Un comportamento che molti governanti laici tutt’altro che assoluti non tollererebbero mai dai loro collaboratori.
Io permango nell’opinione che la Curia sia in realta un’oligarchia,dove il Papa ha principalmente compiti di rappresentanza presso le grandi masse,e venga scelto con quest’intento,ma le sue decisioni devono perlomeno soddisfare il volere dei principali notabili.
Ratzinger mostro scarse doti di public relations,ed e’ stato silurato per questo,altro esempio lampante di quanto il potere “assoluto” papale sia in realta molto relativo.

Manlio Padovan

Francesco Saverio cosa c’entra con la giornata del malato?
Francesco Saverio, gesuita come il pappa attuale, non è quello dal quale in un primo tempo il pappa aveva preso il nome ma poi, dopo che un altro pappabbile gli ebbe detto “ricordati dei poveri”, pensò: cazzo, ecco il riferimento! E il popolo bue godette.

Graziano

La sofferenza come mezzo di purificazione dell’anima e di espiazione delle colpe e’ un concetto ormai non piu’ condiviso neanche dalla maggior parte dei cattolici piu’ ferventi. Il dolore distrugge fisicamente e psicologicamente chi lo sperimenta e angoscia i familiari dei malati . Sono un medico ospedaliero e da trent’anni ho a che fare con il dolore dei pazienti e la disperazione dei loro cari. E posso dire tranquillamente che vi e’ un diffuso bisogno di assegnare delle regole all’autodeterminazione. Il consenso all’eutanasia o quanto meno alla sospensione delle cure quando queste non servirebbero ad altro che a prolungare la sofferenza e’ molto piu’ largo di quanto si pensi o di quanto i nostri politici e le gerarchie ecclesiastiche non vogliano farci credere. Ma la paura di perdere consensi o di dispiacere al Vaticano fa si che in Italia non riesca mai a cambiare nulla.

mafalda

Il problema è che questi cattolici vogliono stare con un piede in due scarpe, mentre invece il buon senso dovrebbe spingerli a capire che la chiesa non è il club di cui dovrebbero far parte. Come al solito queste persone sono brave a dettare regole agli altri, ma per sé stessi le vogliono su misura.

Monsieur Bovary

“se non vai a messa perché sei stanco sei scemo”

Più che a un bambino delle elementari (o scuola primaria, come pomposamente ci indica la scuola delle tre I: ignoranza, insolenza, inutilità del pensiero critico), quest’uscita mi fa pensare – e non a torto, credo – a qualcuno che non sa cosa sia la stanchezza, non avendo mai lavorato un giorno nella vita.

Quanto al valore del dolore, è semplicemente ovvio: a cosa servirebbe la Chiesa se le persone potessero autodeterminarsi liberamente, liberandosi dal dolore della malattia che senso non ha?

Frank

Papa ufficiale: El sociologo Franco Garelli ha resientemente scritto “Brooommm…Brooommm…Brooommm”
Segretario: Santità la smetta!

MASSIMO

Chi non va a messa è scemo. Mi ricorda il ritornello “chi non salta scemo è….”. Stai a vedere che adesso lo inglobano nella liturgia domenicale.

MASSIMO

„Se mi dici “non vado a Messa perché sono stanco” io ti rispondo: “sei uno scemo!”

Veramente non è che io non vado a messa perché sono stanco. Il fatto è che a me la messa fa lo stesso effetto che la corazzata Potiomkin faceva al Rag. Fantozzi.

Monsieur Bovary

@ MASSIMO

Una c@g@t@ pazzesca quindi…
…francamente a me non è mai servita nemmeno come lassativo.

bruno gualerzi

“Non che ci si possa aspettare una risposta plausibile in merito all’esistenza del male da parte di Francesco, quando non ci riescono nemmeno i più autorevoli teologi cristiani”

Direi che sulla la questione della teodicea (della ‘giustizia divina’), si dovrebbe insistere particolarmente, perchè si tratta di una di quelle questioni che riguardano direttamente la condizione umana e vanno oltre le sottigliezze teologiche in quanto toccano nel vivo ogni credente il quale deve conciliare un dio – il suo – che, gli si ripete continuamente, ‘ama gli uomini’ e nello stesso tempo continua a lasciarli soffrire né più né ne meno di qualsiasi altro dio, passato o presente.
E non molto diversamente, nella sostanza, da quegli dei che esigevano esplicitamente sacrifici umani, perchè… e qui si possono anche tiare in ballo direttamente i teologi… una sofferenza che viene interpretata come ‘prova’ voluta da dio perchè ci si affidi maggiormente, e fideisticamente, a lui, alla sua giustizia, in modo da guadagnare punti per la salvezza eterna, esige pur sempre un’umanità che si sacrifichi, che si purifichi anche attraverso la sofferenza.
In quanto poi al ‘modello’ rappresentato dal Cristo che soffre sulla croce per gli uomini… mi saprebbero dire, teologi e non, in che modo il dolore pur sempre di un dio è equiparabile al dolore umano? Qualcuno – al di là dell’accettarlo per fede, e al di là delle esperienze ‘privilegiate e private’, cioè comunque per pochi, dei cosiddetti mistici – può dire veramente come soffre un dio?

Gianluca

Bruno Gualerzi

“Qualcuno – al di là dell’accettarlo per fede, e al di là delle esperienze ‘privilegiate e private’, cioè comunque per pochi, dei cosiddetti mistici – può dire veramente come soffre un dio?”

Eh, ma ti risponderebbero:”Gesù Cristo vero Dio vero Uomo”, quindi essendo stato anche vero uomo ha sofferto come avrebbe sofferto chiunque altro.

Diocleziano

È un ragionamento per analogia: l’uomo-dio ha sofferto come soffre un uomo. Ma è una falsa analogia perché di uomini-dio non ce n’è altri esempi. E avrebbe potuto benissimo simulare, così, tanto per tirarsela un po’. La mia opinione è che abbia sofferto come un uomo perché era un uomo; sotto certi aspetti un suicida.

bruno gualerzi

@ Gianluca
In effetti così rispondono, ma resta pur sempre il fatto che… al di là del proclamarsi dio e uomo, cioè una sorta di semidio sulla falsariga dei tanti semidei presenti nella mitologia classica… Cristo resta dio anche quando è in croce, quindi con le prerogative del dio, per cui – si presume – anche consapevole che sarebbe risorto (perchè questa, per la teologia cristiana, è il senso della crocifissione: mostrare che dalla morte si può risorgere). In ogni caso un semidio, sia pure in seguito a sdoppiamento della personalità (schizofrenia ? 🙂 ) non può soffrire come un comune mortale… tanto è vero che, come dicevo, l’esperienza della sofferenza della croce, con corollario di stigmate e sanguinamenti vari, la possono fare solo i mistici… e la loro sofferenza non è propriamente comune alla generalità degli uomini.
Naturalmente lascio queste disquisizioni ai teologi (sempre alle prese tra l’altro con la questione trinitaria), mentre a me suona come particolarmente disumana questa strumentalizzazione del dolore.

@ Diocleziano
“La mia opinione è che abbia sofferto come un uomo perché era un uomo; sotto certi aspetti un suicida.”
E’ anche la mia… ma morire crocifissi, per atroce che sia, non è più atroce di tante altre morti violente delle quali la storia, passata e recente, testimonia. Non ultime proprio quelle comminate a suo tempo dalla chiesa.

FSMosconi

@tutti

Infatti secondo me i miti persiani quasi-monoteisti (dualisti-monoteisti, comunque si aggirano da quelle parti) sono molto più sensati:
1) la coppia umana originaria è nata già corrotta da Ahriman/Angra Mainyu dal corpo dell’uomo primordiale Gayomard, il macroantropo smembrato che ha dato origine ai viventi (una sorta di Ymir).
2) l’umanità già formata si è corrotta ancora di più perché il primo re degli uomini Yima/Jamshid ha peccatto di presunzione, donde il suo smembramento e il dominio del demone Azi Dahaka/Zahhak, il suo successivo spodestamento, il suo incatenamento al Damavand e il suo ritorno alla fine dei tempi.
3) Il male assoluto (o “astratto” se volete) viene tutto da Angra Mainyu, la cui origine è al solito la hybris… ma va anche bene il tempo dello zurvanismo, dove il dio-tempo Zurvan/Zerwan Akarana ha sacrificato un bue e ne sono venuti i due gemelli opposti Ahriman e Ormazd. Per pro semplice errore (la cosa che se compi un sacrificio male poi ti si ritorce contro… quella roba lì).

FSMosconi

@gualerzi

Su questo punto per me gli gnostici e i docetisti in genere avevano inventato un mito molto più interessante… per quanto insensato.
Se fai morire l’uomo (e magari ci metti anche l’inganno indicando nell’uomo il re degli Arconti… cioè nella narrazione i “cattivi”) e fai vivere il dio* il problema non si pone nemmeno. Anche se tirate le somme il racconto non ha senso.

*Che magari nel mentre se la ride pure.

giovanni da livorno

@ bruno gualerzi

caro bruno, a parte il fatto che in queste discussioni si sente la mancanza degli interventi di Florensckj o di Enrico o di Marco Tullio (come dico sempre io, quando manca il contraddittorio, manca il “frizzante nello champagne”), vorrei dire una cosa: a mio avviso, la sofferenza di Cristo, che i cristiani e i cattolici, propagandano come sofferenza unica ed eccezionale, non è veramente tale. Infatti morti sulla croce ce ne erano tanti a quell’epoca, e rimanevano sulla croce, prima di morire, ben più di poche ore. Inoltre Gesù aveva la consapevolezza che sarebbe stato resuscitato, dopo solo 3 giorni.
Molta gente ha sofferto di più e più a lungo, senza avere quella consapevolezza.
Infine il problema della teodicea, non è ancora stato risolto in modo appagante (tant’è vero che viene continuamente riproposto…..), così come non è stato risolto quella della trinità.
Saluti. GdL

“Ciò che propriamente fa rivoltare contro la sofferenza non è la sofferenza in sé, bensì l’assurdità del soffrire”.
(F. Nietzsche)

bruno gualerzi

@ Gdl
Tempo fa, trattando del crocifisso, chiesi ai vari cristiani frequentatori del blog (Florenskij in testa) che ci parlassero, sulla base della loro esperienza personale… cioè senza citare questo o quel teologo… del tipo di sofferenza da loro provata di fronte alla figura del Cristo in croce. Per confrontarla con la mia personale reazione che in quel contesto riportavo, cioè quella di un non credente che ritiene di trovarsi di fronte ad un uomo che soffre, innocente o meno che sia, per una pena che gli viene inflitta quanto meno non più atroce, nelle sue componenti psico-fisiche, di quelle – come richiami – inflitte per esempio a tanti suoi contemporanei, innocenti o meno che fossero. Un confronto cioè per definire, sulla base della loro fede, la natura di una sofferenza umana provocata dalla scena di una sofferenza pretesa dalla dottrina altrettanto integralmente umana. Se, in altre parole, riuscivano veramente a non tener conto del fatto che quell’uomo che soffriva era pur sempre un dio… nel qual caso è evidente che di veramente umano restava ben poco. Oppure restava il ‘sovrumano’, cioè un dolore ‘metafisico’, tutto di testa, da ricavare da una fede che li proiettava ‘aldilà’, appunto, della dimensione umana. Della condizione umana.
Tutto legittimo naturalmente, ma che quanto meno si dovrebbe avere l’onestà intellettuale di non spacciarlo… come si vuol inculcare nel fedele poco avvezzo alle ‘finezze’ teologiche, e a cominciare dai più plasmabili, dai più impressionabili, cioè dai bambini… per dolore esclusivamente e integralmente umano.
Per quanto mi riguarda disumano, nel senso di disumanizzato, come disumanizzanti, alienanti, sono tutte le religioni.

PS. A parte qualche sberleffo o insulto per altro scontato da parte degli immancabili troll, da più responsabili non ebbi risposta.

Diocleziano

BG
Nel valutare l’utilizzo propagandistico del crocifisso non è da trascurare l’aspetto estetico dell’oggetto: quella che è arrivata oggi nell’immaginario comune è un’icona filtrata nei secoli dall’elaborazione di molteplici artisti, fissandosi sul tipo del patos rinascimentale italiano.

Diocleziano

GdL
È vero, spesso manca un valido contraddittorio. Però l’Enrico non lo considererei un valido interlocutore, la pochezza dei suoi argomenti si risolve infine con dei ‘buuuu’ ‘buuuu’ generalizzati… Miglior qualità è certamente negli interventi di Florenskij, che purtroppo non replica quasi mai alle risposte: ha un che di papesco, emana le sue bolle e non le discute 🙂 . Marco Tullio è più morbido: espone e discute.
Penso comunque che ci sia una difficoltà di base da parte dei cattolici a partecipare a discussioni a tutto campo: un conto è essere tutti d’accordo su argomenti dogmaticamente insegnati e parlarne solo tra di loro senza contraddittorio, altra cosa è rispondere a obiezioni che mettono in dubbio tutto fin dalle fondamenta. Nel sito che conosciamo vedo laici volenterosi che pazientemente espongono secondo ragione e buon senso, ma non ne cavano un ragno dal buco, quando poi non sono presi subito a male parole se vengono messi in difficoltà; alla fine si constata che il mitizzato ‘dialogo’ è impossibile. Le dimostrazioni di un astronomo non sono capite dall’astrologo.

Florenskij

@ Diocleziano. Leggere Bruno Gualerzi e riflettere per rispondere alle sue istanze problematiche e’ impegnativo ma utile e spesso gratiticante; fare picche e ripicche con i sarcasmatici, alcuni dei quali piuttosto ignoranti e’ faticoso, talvolta avvilente. C’e’poi il caso frequente di concetti ritenuti definitivamente assodati, auspice il “rasoio di Occam” con prestazioni non diverse dallo “specifico” del dottor Dulcamara, come il non dogma-dogma del Darwinismo, che richiedono ripresentazioni del quadro problematico cosi’ pesanti da stroncare un cavallo. Da qui la tentazione delle Bolle pontificie e delle analisi epocali in stile Ratzinger- lectio magistralis.

giovanni da livorno

@ Florenskji

risponderò nel merito più tardi, ma voglio farle i miei complimenti per la citazione dalla splendido “Elisir d’amore” di F. Romani e G. Donizetti. L’aria dello “specifico” è un vero banco di prova, per un basso con “i coglioni”.
Saluti. GdL

Florenskij

@ Giovanni da Livorno. Se il soffrire e’ un fatto naturale, dovuto in un ultima analisi a una dinamica di molecole, retta la leggi rigorose, come gli altri elementi del cosmo, tutti e ciascuno ( vedasi meccanicismo universale alla Laplace ) perche’ chiamarlo “assurdo”?

Personalmente tendo a pensare che con questa affermazione Nietzsche, l’antiplatonico per eccellenza, lasci trapelare un residuo platonico: piu’ o meno inconsciamente si mantiene un paradigma del bene in basa al quale si giudica quello che dovrebbe essere e che non e’. Ma il meccanicismo implica che tutto quello che avviene, avvenga necessariamente. Qui, tanto per depurare la problematica, mi riferisco specificamente al male non prodotto dalla volonta’ umana, al male per cosi’ dire inflitto dall’universo, escludendo la polemica contro Dio, di cui si e’ dichiarata l’inesistenza.

giovanni da livorno

@ Florensckij

residui di platonismo in Nietzsche? Può anche essere. Nietzsche non è mi mai sembrato un filosofo sistematico come Aristotile che sta attento a creare un “tutto” onnicomprensivo dove viene evitata ogni contraddizione (per questo, lo stagirita, è un filosofo così antipatico e, fortunatamente, grazie a Kant, SUPERATO).
Comunque, a mio modesto avviso, la soluzione del problema da lei posto va cercata in quel soggettivismo che Nietzsche esprime con una sua famosa massima: “Non esistono fatti, ma solo interpretazioni”. Quindi la sofferenza è un’assurdità, non tanto in senso assoluto, ma “per me” in quanto soggetto.
Non mi sembra poi (vado a memoria) che un filosofo come il suddetto, confonda mai l’essere con il “dover essere”. La critica al cristianesimo contenuta nell’opera nietzschiana “L’anticristo”, mi pare proprio che incolpi tale religione, proprio di questo (fra le altre cose), cioè, di aver sostituito l’essere con il dover essere.
Spero di non aver detto degli sfondoni perchè, come detto, sono andato a memoria senza riguardare nulla.
Saluti. GdL

“La virtù, il dovere, il bene in sè, il bene col suo carattere di universale validità: chimere in cui si esprime il declino, l’ultimo spossessamento della vita”
(F. Nietzsche, da L’Anticristo, paragr. 11)

Titti

Allora bisognerebbe evitare pure le cure e le vaccinazioni, visto che batteri, virus, malattie, eventi traumatici, fanno parte dell’Universo.

Joséphine

più di Cristo,per me e non voglio contradditorio sono i Bonzi quello di bruciasi senza lamenti
Joséphine

Florenskij

@Bruno Gualerzi. “Non ebbi risposta”. Non ricordo di aver letto questa sua domanda; per questo “non diedi risposta”. In realta’ si tratta di una delle problematiche che piu’ mi stanno a cuore e su cui peraltro sono impegnato da decenni. Premetto che non accetterei di “lavorare” sui misteri cristiani se non mi fossi accorto a suo tempo che esistono enigmi laici, su cui i laicisti solamente non riflettono perche’ sono troppo impegnati a segnalare, con tonalita’ umorali che vanno dal nobile sdegno al sarcasmo piu’ desolante, le conseguenze dell’oppressione clericalteologica sulla vita pratica delle persone comuni, come la repressione sessuale, la nevrosi infernalistica, il rifiuto della eutanasia liberatice.

Qual e’ il tipo di sofferenza e partecipazione emotiva davanti al Crocifisso ? Quella provata ascoltando il corale culminante della “Passione secondo san Matteo” di Bach “O Haupt voll Blut und Wunden”, che ritengo il piu’ alto raggiungimento della storia della musica ( come confermatomi da un amico docente di Conservatorio ); brano che chiunque puo’ ascoltare immediatamente digitando su Youtube.
Si tratta di uno stato d’animo AMBIVALENTE: partecipazione commossa alla piu’ grande sofferenza, compenetrata da una speranza di futura consolazione. Ovvero: se c’e’ passato anche Lui, poso confidare di farcela anch’io. Un piccolo esempio di casa nostra: l'”Addio, Cecilia!” dei “Promessi Sposi”.
Ohh
Quanto alla parte teoretica, devo dire che la domanda cade al momento opportuno, perche’ sto giustappunto “lavorando” sulla Cristologia. A prima vista, niente di piu’ assurdo: come si fa ad avere insieme la psicologia di un uomo, con le mende della sua limitatezza, fragilita’, ignoranza, esposizione al dolore, e insieme la psicologia del supremo Dio creatore, onnipotente, onnisciente e quant’altro? Su questi non ho risposte belle e fatte, ma “piste” di ricerca verso una risposta.

Anzitutto l’identificazione del Dio cristiano con l’Assoluto della teologia razionale greca platonica, neoplatonica, aristotelica. Troppo stretta, secondo molti teologi odierni, i quali puntano a una “teologia kenotica”, secondo la quale non solo Dio non e’impassibile nella sua perfezione, ma in un certo senso si ritira o si svuota per far posto al mondo.

In secondo luogo: l’immagine, semisommersa del nostro inconscio, dell’archetipo di Dio come l’infinitamente grande, da cui il logico ragionamento per cui l’oceano non puo’ stare dentro un bicchiere
d’acqua, ovvero Dio non puo’ essere anche uomo. Qui mi soccorre da parecchi anni, il grande Nicola Cusano, personaggio chiave dell’Umanesimo cristiano del ‘400, per il quale l’infinitamente grande puo’ volgersi, “concentrarsi” nell’infinitamente piccolo, secondo la logica del “macrocosmo- microcosmo”.

Terzo approccio ( o appiglio, se preferisce questo termine riduttivo ): la metafora dell’ATTORE, che e’ alla base della “Teodrammatica” del grandissimo Hans Urs Von Balthasar.
L’attore, quando interpreta un personaggio ( Amleto, Otello e quant’altri ) FINGE di essere lui, finge i suoi sentimenti e le espressioni che ne derivano logicamente, oppure DIVENTA quel personaggio, si immedesima in lui? E posto che si verifichi quest’ultima evenienza, che ne e’della sua personalita’ originaria: e’ “sospesa” durante la recita oppure si compenetra con quella del personaggio in una sconcertante alchimia? La prima risposta e’ quella di Diderot in “Paradosso dell’attor comico”, la seconda del regista russo Stanislawskij.
Date queste premesse, penso risulti chiaro come l’espressione “dolore metafisico, tutto di testa”
sia inadatto a indicare il Dio cristiano.

Tornando alla questione del Crocifisso, occorre ricordare la differenza di opinione fra quanti ritengono che il grido “Dio mio, perche’ mi hai abbandonato?” indichi una disperazione assoluta, e altri che attenuano i toni, ricordando che si tratta di parole di un salmo contenente alla fine un accento di speranza in Dio salvatore. Secondo alcuni mistici, come Therese Neumann, i quali rivivevano in se’ la Passione, a un certo momento a Gesu’ sembro’ che il Padre non ne volesse sapere piu’ di lui, vale a dire un’esperienza ( quasi ) infernale. Personalmente ora propendo per la prima ipotesi: non c’e’ vera partecipazione all’umano se non si fa l’esperienza della disperazione.

Dopo aver assicurato Giovanni da Livorno che Gesu’ non ha il record del dolore umano, penso sia il caso di affermare la necessita’ di un discorso sul tema dell’ambivalenza, che trionfa nell’ossimoro
( assurdita’ al primo livello, profonda e sorprendente congruenza a quello piu’ profondo) e sul grado e modo di adesione al mistero, nella sua distinzione dall’enigma e dall’assurdo puro e semplice. Ma questo richiede una trattazione molto lunga.

Concludendo per il collega Gualerzi : davanti al Crocifisso ambivalente, ossimorica compenetrazione di dolore e speranza, fremito e acquietamento, umile e sublime. Buon ascolto, spero, di Bach “O Haupt voll Blut und Wunden”. E ora torno a vedere il meraviglioso, sconvolgente Dostojewskij de “L’idiota” RAI ( democristiana ) 1959 con gli straordinari Albertazzi, Volonte’, Proclemer.

FSMosconi

Tiriamo le somme:
1) Dottrina “kenotika” = Tzim Tzum? No perché su questo è già discusso… di come questo sia collegato a Evola e all’estrema destra ecc. ecc.
2) La dottrina classica-arcaica del microcosmo in realtà pone più problemi di quanti ne risolva: o si accetta che vale solo per Gesù (e non si capisce perché dato che in corpo deve da essere uomo) o vale per tutti, ma se vale per tutti non si comprende perché, stante la condanna per Spinoza, Gesù dovrebbe essere “più dio” di tutti gli altri, dato che a quel punto tutti sono tutto, Dio compreso.
3) La FARSA dell’attore è ancora più problematica, anzitutto perché avremmo un dio che inganna deliberatamente forse per ottenere attenzioni [sic!], ma che condanna l’inganno [sic!], e chiede di agire sulla base d’una sofferenza solo simulata [sic!], per ottenere così la grazia da lui, che non sarebbe nemmeno stato di vero esempio. Donde un impasse da paradosso del mentitore. In fondo, se ha mentito agendo da attore ( = fingersi chi non si è con consenso altrui), quando ha detto che sarebbe finita la recita?

Florenskij

@ FS Mosconi. Stasera non ho tempo di rispondere alle sue critiche-insinuazioni-equivoci al ribasso, da spadaccino che vorrebbe liquidare l'”avversario”assestandogli tre quattro colpi ben diretti. Preferisco Dostojewskij, che aveva qualche motivo non infantile per preferire Gesu’ Cristo, pur essendo tentato da passionalita’ e ateismo razionalistIco. Credo che Ivan Karamazov meriti il rispetto dovuto a un ateo pensoso. La farsa se la veda lei.

FSMosconi

@Flo’

Un attore sempre uno che inganna è. Non è che basta tirare in ballo Dostoevskij per eliminare questa banale ovvietà…

bruno gualerzi

@ Florenskij
“Concludendo per il collega Gualerzi : davanti al Crocifisso ambivalente, ossimorica compenetrazione di dolore e speranza, fremito e acquietamento, umile e sublime. Buon ascolto, spero, di Bach “O Haupt voll Blut und Wunden”.

La domanda la feci tempo fa e tu (continuo a darti del tu, visto che probabilmente, oltre che collega, sei più giovane di me) rispondesti sì, ma affermando che la questione ti intrigava particolarmente e richiedeva da parte tua una maggiore riflessione… che evidentemente nel frattempo hai fatto, e della quale ora prendo atto.
Quindi il Cristo in croce ti procura più o meno la stessa emozione del Bach di “O haupt voll…” ecc, noto brano che qualunque credente conosce benissimo. Sicuramente più di me 🙂 !
Battute a parte, dirai, giustamente, che io chiedevo la ‘tua’ personale reazione di fronte al crocifisso… e a questo hai risposto. In realtà io parlavo del tipo di sofferenza da attribuire ad un dio che deve soffrire come uomo, e della natura del dolore che questa sofferenza deve provocare nel credente; tu rispondi parlando di ambivalenza, di dolore e speranza, ecc. cioè di qualcosa di analogo a ciò che provi di fronte al ‘divino’ Bach: in altre parole provi qualcosa che, nella sostanza, è tutto meno che dolore… come di fronte ad una opera d’arte che, per sconvolgente che sia qualora si riesca a coglierne tutto il pathos, alla fine si tratta pur sempre di un’esperienza gratificante. Magari anche proprio – come giustamente richiamava Diocleziano – di fronte ad un crocifisso in quanto opera di qualche straordinario pittore o scultore. Il che certamente è umano, umanissimo (di Bach o di chi altro si tratti)… ma, domanda: è il Cristo in croce che provoca in te la stessa emozione che ti procura Bach, o è l’emozione che ti procura Bach che viene proiettata sulla scena (non sulla sua rappresentazione iconografica, o, che so, sulla messa da Requiem del miscredente Verdi) della crocifissione? In altre parole: la parte dell’ossimoro costituito della ‘speranza’ ha veramente a che fare con Cristo in croce o non deriva dalla interpretazione che la teologia cristiana ne da e nella quale ti riconosci? Nel cui orizzonte intendi comunque muoverti?
Non si tratta… almeno per quanto mi riguarda… di una domanda retorica nel senso di accademica, perchè, come ho avuto modo di ribadire più volte proprio con te, tu rappresenti, sia pure in modo non certo banale, il classico esempio del credente che opera e riflette in base al presupposto che sia stato dio a creare l’uomo, non viceversa, per cui, alla fine di ogni percorso speculativo, di ogni riflessione, non puoi che imbatterti in un mistero che richiede solo un atto di fede per essere ‘svelato’. Oppure, volente o nolente, proponendo di fatto un dio necessariamente antropomorfo.

PS. Non ho inteso affrontare e approfondire in questa replica, se non con una battuta, un elemento che per altro il tuo intervento fa risaltare in modo esemplare: parlo di una massa di fedeli ai quali si chiede di soffrire di fronte a Cristo in croce come si soffre di fronte ad un uomo (o a un dio, chi lo sa?) barbaramente torturato. Creando magari dei sensi di colpa in chi, nonostante tutti gli sforzi, non riesce proprio a provare un dolore così… teorico. Così dottrinario.

Florenskij

@ Bruno Gualerzi. Il fatto e’ che Bach non avrebbe mai potuto diventare Bach se non fosse stato profondamente cristiano ( un cristiano suppongo “pietista”e insieme cosmologico-pitagorico ), e lo stesso va detto per quel cristiano tormentato che fu Michelangelo Buonarroti, dalla “Pieta'” che si trova in San Pietro alla Pieta’ Rondanini, passando per la Sistina. Quindi l’idea della “proiezione” sul Crocefisso di una emozione gratificante di altra origine, neutra nel senso dell’arte come essenzialmente autonoma dalla religione, mi sembra perlomeno discutibile e, detto sinceramente, alquanto tendenziosa. Per Henry Bremond, storico della religiosita’ francese nel primo ‘900, poesia e mistica rampollano dalla stessa sorgente.

Verdi miscredente? Magari massone, ma pur sempre semi-postcattolico, lui che aveva iniziato come organista parrocchiale e compose “La Vergine degli angeli” e il “Dies irae”; c’e’ da aggiungere che, se la famiglia all’antica e’ la roccaforte del Cattolicesimo in quanto trasmettirice di una visione gerarchica della societa’… beh, allora Verdi e’ familista a ruoli fissi e indiscutibili esattamente come Guareschi col suo Peppone.

Comunque le mie emozioni davanti al Crocifisso risalgono all’eta’ infantile, nella quale non ero andato oltre il catechismo di san Pio X, e successivamente, quando ero preso da Gesu’ prima di sapere alcunche’ di teologia ( diciamo alle medie). Aggiungo che i libri per me piu’emozionanti sono da sempre… le agiografie, le vite dei santi, senza che in famiglia mi siano state fatte particolari imposizioni. Famiglia di praticanti e nulla piu’. “Horribile dictu” per lei, i miei santi di riferimento sono stati san Domenico Savio e san Giovanni Bosco ( anche come insegnante ).

Quanto all’idea di Dio come proiezione dell’uomo, ci sarebbe da fare un lungo confronto su quanto in Strauss, Feuerbach e Marx, fieramente ateo ma sognatore di un paradiso ( in terra ) sia passato della eredita’ ebraico-cristiana tramite Hegel e il suo humus protestante. Lo chiederemo a Ernest Bloch…
In ogni caso trovo bizzarra la sua ferrea mancanza di dubbi sulla possibilita’ del movimento contrario ( Dio crea l’uomo, e non l’uomo crea Dio ). L’ateismo “umanistico” riconosce all’uomo, questo “zingaro dell’ universo” ( un universo dominato dal caso e incline al caos ) istanze, anzi pretese di giustizia, bonta’, bellezza, pace universale che, guarda un po’, dovrebbero essere poco concepibili in un simile contesto. Per cui, lo confesso senza alcuna vergogna, non trovo infondato il richiamo platonico a una “metafisica dall’alto”; quel platonismo senza cui non e’ possibile inquadrare la storia dell’arte, col suo disporsi nel movimento dell’idealizzazione; quel platonismo di cui secondo Whitehead la storia della filosofia e’ un lungo commento.

Riguardo alla proiezione in Dio di elementi del “vissuto” umano rimando a una discussione sull'”analogia”, elemento essenziale del pensiero cattolico. Teologia apofatica, catafatica…. discorso troppo lungo. Inoltre qui potrei appendere il cartello “lavori in corso”.

Quanto all’ambivalenza devo dire che si tratta di un tema su cui non ho trovato molto; comunque e’una istanza che credo apra larghe possibilita’ interpretative. Per dirla alla buona: che succede se uno si sente dire “si'” dalla ragazza di cui e’ innamorato, e nello stesso giorno viene a sapere di essere affetto da una grave malattia? Qualcosa di dice anche De Crescenzo nel suo “Ordine, disordine”.
Conclusione della lenzuolata: ma possibile che non si riesca a vedere nel compatimento verso il Crocifisso altro che masochismo e sadismo ? Pensi all'”Addio, Cecilia! ” e trovera’ la cosa molto meno strana.

bruno gualerzi

“Conclusione della lenzuolata: ma possibile che non si riesca a vedere nel compatimento verso il Crocifisso altro che masochismo e sadismo ? Pensi all’”Addio, Cecilia! ” e trovera’ la cosa molto meno strana.”

Non provo nemmeno a ribattere punto su punto a tutto quanto metti in campo per erigere un muro di sbarramento costituito da riferimenti letterari dai quali spremi gli umori che ti servono, che nella stragrande maggioranza dei casi ignoro e di fronte al quale ormai da tempo, come sai, mi sono arreso: altri lo sa fare, io no. Così salto subito alle tue stesse conclusioni che immagino rappresentino un distillato della tua speculazione.

Nessun masochismo o sadismo nel ‘compatimento’ verso il crocifisso da parte di tanti credenti, e, almeno per quanto mi riguarda, non vi individuo nemmeno alcuna stranezza: solo il bisogno di trovare la risposta ad un’angoscia esistenziale che per essere veramente salvifica si ritiene la si possa, e quindi debba, cercare, e trovare, in un dimensione che non può che trascendere la condizione umana. Non può che trascendere la condizione umana, ma nello stesso tempo deve incidere sulla condizione umana in modo tangibile, verificabile, sperimentabile… e allora si fa scendere il dio tra gli uomini, lo si fa soffrire come gli uomini, ma nello stesso lo si erge a simbolo vivente di tutto il dolore del mondo, un dolore che solo lui, che è pur sempre un dio, può esorcizzare.
E si passa sopra a tutte le contraddizioni che un simile scenario comporta! Perchè – girala come vuoi – ma un dio che si fa uomo e che, per redimere la propria creatura prediletta alla quale ha permesso di ribellarsi condannandola in tal modo a vivere in una valle di lacrime, viene a soffrire come soffrono gli uomini… beh, è una vicenda che si può accettare solo per fede. E che magari – come credo di scorgere nel caso tuo e di tanti altri – si accetta e si esalta proprio per la sua straordinarietà (‘credo quia absurdum’) senza rendersi conto che questa straordinarietà altro non è che il risultato dello sforzo per uscire da una condizione umana che non si intende accettare per ciò che è.
Sforzo che certamente può dare – come ha dato – vita ad un’operosità a sua volta straordinaria, a costruire scenari nei quali immergersi e perdersi, annullarsi, nell’illusione di elevarsi e accedere a chissà quali vette, perchè alla base di tutto c’è il fervore di una mente potenziato al massimo dalla necessità di trascendere la condizione umana…
perchè l’alienazione religiosa è provocata da un’esigenza reale (ciò su cui tanti amici atei non concordano, e spesso se ne discute) destinata però a restare esigenza, altrimenti, in caso contrario come accade con le religioni, così come si possono creare scenari straordinari, si possono creare, come si sono creati e si creano, mostri.
Caro Florenskij, esaltati, come è giusto che sia, di fronte a ciò che la creatività umana è stata, ed è, in grado di realizzare, alle emozioni che sa suscitare, alle suggestioni che evoca… ma restituisci all’uomo ciò che è solo dell’uomo, e lascia perdere un dio che prima o poi viene a riprendersi ciò che gli è stato regalato senza alcuna contropartita. Un dio che… come del resto tu stesso riconosci riferendo della tua reazione di fronte al crocifisso… provoca tutto e il contrario di tutto… come si vorrebbe di fatto da chi è stato delegato inconsciamente a rappresentare la condiziona umana, a riflettere le sue contraddizioni. L’uomo ha creato dio, e non è stata un’impresa da poco, ma se non si riappropria della sua creatura, sarà lei a dannarlo.
Buona domenica… predica domenicale offerta gratuitamente compresa 🙂

gmd85

@Flo

Bach, quindi è diventato quello che sappiamo perché cristiano… chissà che hanno combinato quei compositori e, in generale, tutti gli artisti e i personaggi di rilievo non credenti. L’anima non possono averla venduta…

Diocleziano

gmd85
Pensa a quell’assassino omosessuale del Caravaggio a quali livelli sarebbe arrivato se fosse stato anche profondamente cristiano. 😎

Sandra

Flo,
prova ad ascoltare “Mein G’müt ist mir verwirret” di Hans Leo Hassler che la pubblicò nel 1601, la trovi facilmente su yt.
Si parla di un cuore sofferente, ma a causa di una ragazza. Credo di avertelo già scritto, chissà se stavolta mi dirai cosa pensi.

Florenskij

@ Sandra. Cerchero’ di ascoltare quanto indicato. Leggendo la data 1601 ho pensato a santa Teresa d’Avila, riformatrice del Carmelo, e di seguito alla cantante Giuni Russo, che si senti’ trasportata da un impulso mistico e visse i suoi ultimi tempi presso il convento di clausura di Milano a due isolati da casa mia. Comunque santa Teresa e’ un personaggio che ha interessato psicoanalisti e altri esploratori del profondo, come Julia Kristeva ( credo atea). Il gruppo marmoreo del Bernini induce a pensare ai collegamenti fra amor sacro e amor profano, mistica ed erotismo.

Sandra

Flo
io invece leggendo la data 1601 ho pensato che fosse un numero primo. Osservazione c’entra con la discussione quanto la teresa, ossia zero.
Ho indicato la data 1601 in quanto precede di una 80ina d’anni la nascita dell’ “assimilatore”, ossia Bach (definizione del musicologo Mila). Perché se hai un minimo d’orecchio, e ascolti il lied di Hassler e poi la cantata di Bach, non puoi non notare che quella per cui ti esalti come momento culminante del misticismo musicale era in realtà una nota canzone d’amore dedicata a una donna. Sempre bella musica, ma non di Bach e tantomeno sacra.

Sandra

Se vuoi girare al tuo amico qualche dettaglio in più sul “più alto raggiungimento della storia della musica” – che in realtà è una canzone d’amore secolare! – può leggere:
http: //de.wiki pedia.org/wiki/O_Haupt_voll_Blut_und_Wunden

Diocleziano

Il fatto e’ che Bach non avrebbe mai potuto diventare Bach se non fosse stato profondamente cristiano

Affermazione molto azzardata.
La più potente fonte della creatività, la spinta necessaria alla fantasia artistica, la volontà di ricerca della perfezione non si trovano nella fede in un dio, molto prosaicamente si trovano in un committente che paga.
Bach, se non fosse stato profondamente cristiano, avrebbe potuto musicare elegie pagane con altrettanto successo, ma non avrebbe ricevuto incarichi ufficiali, non avrebbe avuto a disposizione l’organo della parrocchia… Forse ha aiutato anche l’esser appartenuto a una famiglia dalla secolare tradizione musicale?

Murdega

Florenskij 14 feb 2015 12:36

@Bruno Gualerzi. “Non ebbi risposta”. Non ricordo di aver letto questa sua domanda; per questo “non diedi risposta”. etc….etc….
Si va bene tutto. ma però …….

Florenskij

@ Sandra, Obiezione stimolante. Ho cercato su yt “G’Mut ist mir verwirret” e ho potuto sentire la canzone per una ragazza, come da lei riferito, cantata da un piccolo coro… riunito in un tempio protestante, con la croce sullo sfondo per tutto il tempo dell’esecuzione. Da Wikipedia, come gentilmente indicato, risulta che il testo e’ un “acrostico” le lettere iniziali di ogni strofa formano il nome “Maria”. Il testo presenta una situazione di amore idealizzato e di dolore. Viene anche detto che la melodia nel 1613 venne inserita nella raccolta “Armoniae sacrae”, evidentemente perche’ funzionale a un canto religioso ; poi venne utilizzata per uno o piu’ altri testi sacri e finalmente per “O Haupt voll Blut und Wunden”.
Commento personale: evidentemente almeno fino al ‘600, sia nel campo cattolico He in quello protestante l’amore profano veniva a sconfinare e ad elevarsi in quello sacro, come per gli Stilnovisti con la loro “donna angelicata”. Nel mondo cattolico a quel tempo si sviluppava la spiritualita’ dei Carmelitani Scalzi, guidati da santa Teresa D’Avila e san Giovanni della Croce, morti alla fine del ‘500 ( ed ecco il 1601!). La loro via portava alla contemplazione mistica, secondo una tradizione che risaliva al “Cantico dei Cantici” , un canto d’amore, con toni accesamente erotici nel senso piu’ alto del termine, inserito nel canone dell’Antico Testamento per rappresentare il legame d’amore fra il popolo, o l’anima del singolo fedele, e Dio. Amorosa era anche l’ispirazione di san Bernardo di Chiaravalle, a cui venne inizialmente attribuito il testo che aveva fatto da base per “O Haupt voll Blut und Wunden”. Se vuole, puo’ leggere in “Salita del Monte Carmelo” di san Giovanni della Croce versi come “In una notte oscura,/ con ansie, d’amor infiammata… uscii, ne’ fui notata… O notte che hai congiunto / l’amato con l’amata, / l’amata nell’Amato trasfformata!” Di santa Teresa d’Avila e’ il verso”Muoio perche’ non muoio”, ed ecco il collegamento con la Giuni Russo di “Morire d’amore”, che alla fine della vita fu a stretto contatto con le Carmelitane di clausura. Per arrivare a pensare che “G’Mut… ” Non e’ una canzonetta stile Raffaella Carra’ “Mi piaci, ahhha” tenga presente che il vocabolo “Passione” puo’ indicare la passione d’amore, la supercotta che magari fa soffrire, e la passione di Gesu’ che per amore dell’umanita’ si lascio’ crocifiggere.

Interessantissimo e’poi quanto in Wikipedia e’ detto a proposito della teologia che soggiace alla “Passione secondo san Matteo”. “Il testo fa riferimento a una teologia che pone il sacrificio sulla croce a un livello molto personale. Praticamente tutti i testi esaltano il significato delle sofferenze di Gesu’ Crocifisso dalla (sic ) corale “Ich bin’s sole bussen” (“Io sono colui che doveva soffrire le pene dell’Inferno”). Si nota che al centro dell’opera sta la Croce e non la Resurrezione ( il che e’ congruo molto piu’ col Cattolicesimo tradizionale che con Protestantesimo attuale )… In Bach, seguendo la strada di Anselmo di Canterbury ( teorico della Croce come “riscatto” pagato al Demonio ) la crocifissione stessa e’ il punto d’ arrivo, la sorgente della redenzione. L’enfasi e’ sulla sofferenza di Gesu’ al posto dei peccatori. Il coro canta:”Strappami dalle tue paure / attraverso la tua stessa paura e dolore”…

gmd85

@Flo

E che la cosa mandi in brodo di giuggiole te cosa dovrebbe significare?

Sandra

Certo che non è una canzonetta alla Carrà! Proprio perché parliamo di una bella melodia, morto l’autore, questa è stata adattata a scopi diversi da quelli che Hassler aveva previsto per la sua musica – del resto Bach non è stato né il primo né l’ultimo ad impadronirsene.
Il brano di Hassler nasce ispirato dall’amore terreno, niente di mistico o di cristiano. Di cristiano c’è il plagio, l’appropriarsi di idee altrui. E anche in questo, Bach non fu né il primo né l’ultimo.

Sandra

“Gesu’ che per amore dell’umanita’ si lascio’ crocifiggere.”

Poteva fare mica qualcosa di più originale, che di crocifissi in giro i romani ne avevano già lasciati parecchi, e magari di più utile per l’umanità, essendo un dio? Si fa crocifiggere sapendo di risorgere. Come quello che mi diceva mia madre per incoraggiamento prima del parto, vedrai che poi la gioia ti farà dimenticare il dolore: vero. Per un essere immortale che sa di risorgere e poi stare nella gloria del padre ecc. per l’eternità, una crocifissione non può essere tanto terribile. Non quanto il dolore di un altro crocifisso che di fronte a sé ha solo la morte certa. Per esempio avrebbe potuto togliere i dolori del parto, come dio sarebbe stato più apprezzato che questa storia della morte per togliere i peccati dell’umanità, un’idiozia totale. Come se io cucinassi la torta con il sale, e poi mi prendessi a schiaffi per farla diventare dolce.

Stefano ™

@ Florenskij

Non capisco in che modo si possa considerare la crocifissione e relativa sofferenza come un rimedio di qualcosa. Se non come palese scusa.
Florenskij se il peccato originale ha rovinato un progetto e i mali cui assistiamo qui ed ora sono conseguenza osservabile di quel presunto peccato (non c’è alcun motivo logico perché lo siano, si badi) ebbene, il presunto rimedio non ha forza equivalente al fenomeno originario. Da un lato si hanno conseguenze osservabile che non richiedono alcun consenso, dall’altro se ne hanno di presunte che chiedono adesione.
Il rimedio cui vi aggarappate è

palesemente

inferiore nel principio e nei risultati al presunto guaio che dovrebbe riparare. Insomma lungi dal poter essere considerata cosa ammirevole è piuttosto l’ennesima stortura dell’agire di un presunto onnipotente e onnisciente.
Fino a quando non vi renderete conto di questa fondamentale obiezione continuare a riproporre crocifissioni e sofferenze come soluzioni al problema del dolore significa affondare ancor di più il coltello nelle piaghe dell’azione della vostra divinità.
Inetta e illogica sia nel progettare sia nel risolvere.

Florenskij

@ Murdega. “Ma pero'” e’ anche un’espressione-gioiello dell’ineffabile, immarcescibile Celentano.
Ho risposto o no a Bruno Gualerzi? E allora che cos’ha da obiettare ma pero’? Vuole un’altra lenzuolata “papesca” alla Ratzinger?

Murdega

non intendono sottomettersi ad alcuna gerarchia, ad alcuna verità rivelata e non dimostrata, ad alcuna legge morale di cui non vedono l’imperatività (ma anzi, spesso, l’assurdità).
Flò , tempo fà fecci una domanda, chiedevo se l’adesione alla Sua religione
è un annullamento acrittico della sua personalita ed un annichilimento del suo modo
di essere verso una gerarchia o ad una serie di regolamenti o alla paura
di un dio vendicativo se non rispetta i dettami dei sedicenti guardiani terrestri.
Simpaticamente da uno scemo che non và a messa .

Gianluca

Florenskij

“Premetto che non accetterei di “lavorare” sui misteri cristiani se non mi fossi accorto a suo tempo che esistono enigmi laici, su cui i laicisti solamente non riflettono perche’ sono troppo impegnati a segnalare, con tonalita’ umorali che vanno dal nobile sdegno al sarcasmo piu’ desolante, le conseguenze dell’oppressione clericalteologica sulla vita pratica delle persone comuni, come la repressione sessuale, la nevrosi infernalistica, il rifiuto della eutanasia liberatice.”

Scusi, può spiegare meglio cosa intende per “enigmi laici”?

Florenskij

@ Gianluca. Enigmi laici? Ad esempio la singolare contraddizione tra l’affermazione della liberta’ individuale, propugnata daila filosofia illuminista come un valore imprescindibile, e la concomitante affermazione nella scienza naturale per cui tutti fenomeni, macroscopici e microscopici, come quelli che coinvolgono le cellule del sistema nervoso ( da cui la vita psichica come epifenomeno ) sono legati da ferrei nessi causali ( meccanicismo ). Vedasi l’astronomo Laplace, per cui il caso di per se’ non esiste, e’ solo la misura della nostra ignoranza, Vedasi il medico filosofo La Mettrie con il suo libro “L’homme machine”. Il problema emerge a livello di diritto penale: se il comportamento dell’individuo e’ totalmente predeterminato, il reo deve essere considerato colpevole o solamente malato? E a seguire, che cosa pensare del modello esplicativo darwinista, se il caso ( quello che si combinari con la necessita’ ) non esiste ?

FSMosconi

Come gli ignoranti che non capiscono il teorema di incompletezza di Goedel espungendo colpevolmente l’ultimo avverbio (“Ci sono assiomi logici che non sono dimostrabili LOGICAMENTE”), così tu colpevolmente non comprendi che le scienze sociali affermano che l’arbitrio è limitato. Da ambiente, pregressi, ecc. ecc. Non che l’arbitrio è nullo.
D’altronde siamo ancora a livelli ottocenteschi con la definizione di malato in quanto incapace di volere e di intendere… alla faccia delle sindromi e delle malattie mentali che non compromettono le facoltà cognitive!
(Ma che vado a pretendere io)

Stefano ™

@ Florenskij

La coscienza non ha accesso a tutti i processi psicologici.
Essa stessa un processo psicologico, ha la funzione di fare modelli della realtà.
A prescindere dall’esistenza di arbitri, più o meno limitati, la coscienza umana modella comunque l’agire come frutto di scelte, siano più o meno vincolate.
Pertanto, a prescindere dall’eventuale stretto determinismo dei processi psicologici, su questa costruzione si basa non solo l’agire individuale ma anche quello collettivo. E questo indipendentemente dall’eventuale determinismo psicologico, lo ripeto.
I due fenomeni non si escludono affatto.

Florenskij

@ Fs Mosconi. Certo che l’arbitrio e’ limitato; ma NON E ‘ NULLO. Tranne che nei casi di patologia totale, rimane un residuo che mi aspetto ancora di veder spiegato in termini materialistici – meccanicistici. Non creda che io creda di aver raggiunto un risultato definitivo: la cosa per me fa ancora problema. Ed ecco qua sul tavolino, preso in biblioteca l’altroieri “L’ENIGMA DELLA MENTE. il ‘mind- body problem’ nel pensiero contemporaneo” di Sergio Moravia, illustre antropologo-filosofo non certo credente. Le risparmio i titoli dei capitoli, dedicati a una rassegna degli autori, importanti e illustri non meno di SM, che hanno tentato di affrontare questo argomento aporeticamente sfuggente come un’anguilla.
Le scienze sociali che lei tira in ballo per dichiararmi COLPEVOLE sono filosofie seconde, i cui cultori spesso non vanno a cercare i fondamenti primi nella metafisica, ovvero visione generale del mondo. Esiste anche una metafisica materialista, questo anche a lei e’ ben noto.
Il difettuccio di molti “nuovi atei” e’ di dare per definitivamente assodati concetti che non lo sono, e rifiutare non gia’ di “credere” come boccaloni, ma di FARSENE PROBLEMA. Buona domenica e ricordi: chi s’accontenta Godel.

francesco s.

Devo ammettere che sono ignorante, ma cosa sarebbe la Metafisica materialista ? Da ignorante, mi sa di cortocircuito logico.

FSMosconi

Colpevole perché tira in ballo per vedere una contraddizione dove non c’è, al massimo c’è un problema dell’ideologia borghese a scoperta compiuta.
Poi, il fatto che ignori il senso logico di non deterministico ( = ad 1 imput 2 output) è solo un problema tuo. D’altronde se il libero arbitrio non fosse limitato come pretenderebbe il cristianesimo si avrebbero condizioni assurde per cui:
ogni essere sulla Terra agirebbe contraddittoriamente coi propri simili senza ricavarne alcun vantaggio, il che in senso più esteso renderebbe perfino impossibile la morale e la religione stessa (entrambi rendono il comportamento prevedibile dunque tendono a limitare alcune azioni), dunque i presupposti per il giudizio divino sarebbe impossibile, essendo la stessa categoria di giudizio morale ignota alle sue creature che non saprebbero come reagire con conseguente falsificazione del giudizio stesso.

E comunque bell’ignoranza (di nuovo) a definire la metafisica “visione generale del mondo”… rimasto all’aristotelismo mio caro? [Senza contare che confonde a bella posta scienze cognitive con scienze sociali, che per quanto simili non sono proprio la stessa cosa]

Florenskij

@ FS Mosconi. In Sergio Moravia ( docente valentisdimo e laicissimo) “L’enigma della mente – il mind-body problem nel pensiero contemporaneo” Laterza 1986, ho trovato parecchie pagine dedicate al rigoroso materialista australiano David M. Armstrong. A pagina 86 e’ scritto:”In ‘A materialisti theory of mind’ egli ammettera’ che la sua interpretazione fisicalistica del mentale va considerata non tanto in se’ quanto come “UN MERO PROLEGOMENO A UNA METAFISICA FISICALISTICA”. Guardi un po’, un neuroscienziato e filosofo ateo che usa il termine “metafisica” ( che vuole indicare etimologicamente la zona di cio’ che sta oltre i corpi materiali studiati dalla fisica ) associato all’attributo “fisica”.
Che vuol dire “metafisica fisicalistica” se non “metafisica materialistica” , nrl senso di “visione generale del mondo che escude tutto cio’ che non si Ci pensi un attimino.
Evidentemente ho usato il termine senso lato. Lei puo’ gentilmente concedermi quello che e’ concesso al prof. Armstrong?

FSMosconi

@Flo’

Non credo di dover concedere più di tanto, anzi: metafisica ha un significato ben specifico. E ancora più specifica se appaiata ad un aggettivo. Il significato di una parola è diverso da quello di una stessa parola più un aggettivo. Non ha senso applicare il secondo caso al primo… ed è proprio quello che hai fatto. Dando aggratis un senso molto ampio alla parola “metafisica” per altro!

gmd85

@Flo

Quindi, tu leggi la parola metafisica pronunciata da un ateo materialista e sei pronto a dire che da essa non si prescinde? Oh, ma sempre con queste ad auctoritatem. Che diamine…

Giorgio Pozzo

Il difettuccio di molti “nuovi atei” e’ di dare per definitivamente assodati concetti che non lo sono

E qui devo dare ragione al nostro Флоре́нский.

Si tratta di quello a cui accennavo in un thread precedente, dove Alessandro Pendesini mi chiedeva (e non avevo avuto tempo di rispondere a thread chiuso) da dove prendevo spunto per la mia affermazione sulla mente, che non è un computer, e non è deterministica. E qui invece contestavo Флоре́нский, il quale affermava che, essendo la mente un computer, deve essere stata progettata da qualcuno.

In effetti, se la mente fosse un computer deterministico, dovrebbe essere stata progettata da qualcuno, qualcuno che abbia scritto il programma deterministico. Non essendo la mente un computer, il progetto non puó essere dimostrato. E il fatto che non sia deterministica puó essere constatato in diversi modi, anche senza scomodare alcuno studio.
La prima cosa che mi viene in mente è il paradosso di Newcomb: il paradosso dimostra che risulta logicamente impossibile prevedere la scelta di una persona posta di fronte a due sole alternative.

Ergo, ha ragione Флоре́нский quando dice che il libero arbitrio esiste, ma si contraddice alla grande quando dice che la mente è un computer (i computer non hanno libero arbitrio, in quanto sono perfettamente prevedibili).

Stefano ™

@ Florenskij

Il difettuccio di molti “nuovi atei” e’ di dare per definitivamente assodati concetti che non lo sono, e rifiutare non gia’ di “credere” come boccaloni, ma di FARSENE PROBLEMA. Buona domenica e ricordi: chi s’accontenta Godel.

Florenskij il problema è esattamente contrario: non sono i nuovi atei che siaccontentano, piuttosto sono i vecchi credenti che si pongono il problema continuo di assimilare tutto alla propria credenza, accontentandosi e godendo di quella, con buona pace della battuta su Godel.
Al contrario, chi dà valore alla conoscenza, quella seria, non si accontenta e non dà niente per assodato e si fa costantemente problema: la scienza è esattamente questo.
Non serve fare battute: occorre verificare se sono divertenti e magari giustificate.
Quel che lei ritiene che si dia per definitivamente assodato è, al contrario, assodato: per ora.
Cosa ben diversa da ipotesi che si basano su niente di assodato.
Non serve far confusione con chi non si serve della confusione.

Florenskij

@ francesco s. Il termine “metafisica”e’ certamente di origine spiritualista ; pero’ ne ho riscontrato l’uso in senso lato per indicare il concetto di “visione generale del mondo” ( strutturata e argomentata, non semplicemente nell’accezione psicologica e poetica, come nel tedesco “”Weltanschauung”). Mi trovi lei un altro termine per indicare il materialismo, in quanto concezione che esclude l’esistenza dello spirito senza che cio’ richieda una teorizzazione scientifica con la necessaria formalizzazione matematica.

FSMosconi

Mi trovi lei un altro termine per indicare il materialismo, in quanto concezione che esclude l’esistenza dello spirito senza che cio’ richieda una teorizzazione scientifica con la necessaria formalizzazione matematica.

Materialismo sic et simpliciter. O meccanicismo se proprio vogliamo sottintendere uno status pregresso di legittimità (tutt’altro che scontata) allo “spirito”…

gmd85

@Flo

La formalizzazione matematica si farebbe se il fenomeno non fosse in continua “evoluzione”. Certo, è paradossale, ma non senza senso.
Quanto al libero arbitrio: dico, hai mai sentito di incapacità di intendere e di volere? Sai come la si definisce in giurisprudenza? Incapacità di autodeterminarsi. Quindi, si, in alcuni momenti, vuoi per malattia vuoi per altri fattori condizionanti, l’arbitrio si annulla. Fai un salto dal micro al macro senza curarti della distanza che intercorre fra i due livelli.
Strano che tu denigri così le scienze sociali. Di solito sbandieri il tuo sapere sociologico a destra e a manca.
Se davvero credi che il caso sia elemento fondante della spiegazione darwinista, pur facendone parte, non hai capito un tubo. E mi sembra che te lo diciamo da parecchio.
Il problema è che c’è chi alla metafisica si ferma, pensando che senza di essa non si vada da nessuna parte e convincendosi così che basta ragionare in base alle proprie necessità definendo gli altri ignoranti perché di questa metafisica non se ne fanno nulla. Uno che pensa subito alla santa d’Avila qualche dubbio me lo fa venire.

P.S. la sofferenza è naturale, ma l’assurdità sta nel non agire per porvi fine. O peggio crogiolarsi in essa. Una reazione allergica è naturale. Che fai, te la tieni? La solita fallacia naturalistica. Tzé.

Giorgio Pozzo

Mi trovi lei un altro termine per indicare il materialismo, in quanto concezione che esclude l’esistenza dello spirito

Флоре́нский,

prima bisogna che venga definito che cos’é lo spirito. Troppo comodo chiedere di definire qualcosa che chiede (senza risposta) di definire qualcos’altro.

Se vogliamo, il materialismo è semplicemente una corrente di pensiero che non ha mai avuto risposte chiare per la definizione del suo “antagonista”.

Florenskij

@ Giorgio Pozzo. Che cos’e’ l’energia non tanto nei suoi effetti, quanto in se’? Non e’ una COSA…e allora che cos’e’?

Giorgio Pozzo

L’energia non è un oggetto, vero, ma è una grandezza fisica che descrive il comportamento dinamico delle cose. Non mi dica peró che lo spirito é energia, perché altrimenti sono costretto a chiederle di che tipo di energia si tratta. L’energia non si crea e non si distrugge, ma si trasforma, e si misura. Una volta spiegato di che tipo di energia é formato lo spirito, bisogna trovare il modo di misurarla in modo da verificare come si trasforma.

Ad esempio, una pietra che cade, possiede energia potenziale che si trasforma in energia cinetica. L’energia potenziale é data dal peso mg (massa della pietra moltiplicata per l’accelerazione di gravitá) e l’energia cinetica é data da 1/2mv2 (metá del prodotto massa per quadrato della velocitá).
Se vogliamo, si tratta di una specie di “credito” che l’oggetto possiede. Non nego che si tratti di un concetto metafisico, come tutte le grandezze fisiche, che sono definite solo per modellare i fenomeni fisici.
Difficile parlarne in due parole.

Giorgio Pozzo

Scusi, ho dimenticato la quota h: l’energia potenziuale é mgh, non mg. Peso per quota. Piú l’oggetto ha una quota elevata (aereo a 12000 metri), piú é elevata la sua energia potenziale.

francesco s.

Vorrei fare solo un appunto a Giorgio, le grandezze fisiche sono concetti che non hanno nulla di metafisico, almeno se ben ricordo le lezioni di filosofia del liceo la Metafisica è la speculazione della realtà oltre il fenomeno. Per il resto credo di condividere la risposta data a Florenskij

gmd85

@Flo, sono curioso. Il fatto che l’energia non sia una COSA ti farebbe affermare che…

Stefano ™

L’energia non sarà una “cosa”…

E invece lo è.
Rimando alla famosa formula E=mc^2
Massa x velocità della luce al quadrato.
Quindi non si può parlare di energia di qualcosa che non abbia massa.
Tutte le “energie” diverse sono pseudoprofondità inventate da chi non ha migliori “spiegazioni” a disposizione.

Quanto al libero arbitrio, inteso come lo intendono i credenti, è un nonsenso nei loro stessi termini: se dio viene utilizzato come pseudospiegazione, come causa incausata, beh, allora non è l’unica: occorre aggiungere il cosiddetto libero arbitrio di miliardi di individui.
Se così non è, il libero arbitrio non esiste.

Stefano ™

Affinché si possa dire che qualcosa esiste occorre quantomeno che abbia qualcosa di differente dalla versione immaginata di sé stesso. Credo che questo sia un principio irrinunciabile. Ebbene, che cosa sarebbe lo spirito, quel concetto che si contrappone al materialismo? Riguardo quest’ultimo termine, poi, personalmente preferisco far riferimento all’esistente: concetto più onesto e meno connotato.

francesco s.

stefano TM,

l’energia è qualcosa, è vero che c’è l’equazione di Einstein, ma esistono particelle prive di massa che hanno energia : i fotoni.

E altro che Spirito, sono ben tangibili negli effetti, senza scomodare le microonde basta esporsi in una bella giornata assolata d’estate per sentirne gli effetti sulla cute. 😆

Stefano ™

@ francesco s.

E’ vero quel che scrivi. E proprio perché produce effetti è possibile definire una massa equivalente. Non mi pare si possa per lo spirito.

Giorgio Pozzo

le grandezze fisiche sono concetti che non hanno nulla di metafisico

Francesco, dipende dal significato che dai al termine. Una grandezza fisica, come una legge fisica, è metafisica nel senso che è qualcosa di immateriale, generato dalla mente umana. Un pensiero, organizzato finchè vuoi, ma solo un pensiero, e lo chiamo metafisico nel senso che esiste in una realtà interna al cervello, e non esterna ad esso.

Il concetto di energia in fisica è analogo a tutti gli altri concetti fisici, tipo massa, temperatura, e così via. L’energia è qualcosa di associato al comportamento dinamico di un oggetto (che abbia massa oppure no non importa). Ho scelto di spiegarlo in questo modo, e non è certo il migliore, proprio per far notare a Florenskij che lo spirito, nella accezione che gli dà lui, non può essere energia in quanto lo spirito è qualcosa di totalmente statico, e applicabile solo a certi oggetti particolari.
Nei fenomeni dinamici abbiamo continui scambi di energia tra oggetti: te lo vedi uno scambio di spirito tra spirito e spirito? E poi, sempre nella sua accezione, anche le pietre hanno uno spirito, un’anima. Oppure, come dici tu, anche la luce possiede un’anima.

giovanni da livorno

Mah……caro Florenskij……..talvolta riesce un po’ difficile risponderle perchè in molti (non tutti) dei suoi interventi, più che replicare e argomentare sul tema in discussione, lei ci apre un caleidoscopio di concetti, di idee, di spunti di riflessione analoghi, convergenti, divergenti, assonanti, dissonanti con la questione in oggetto. E non di rado (lo dico senza ironia, mi creda) i suoi post mostrano un certo afflato poetico.
Vede però, essendo tanti gli elementi di riflessione che emergono dai suoi scritti, a volte non si sa più a cosa rispondere, perchè ogni proposizione da lei vergata potrebbe essere l’incipit di un autonomo dibattito.
Così procederò in ordine sparso, con il rischio di dire qualcosa di inappropriato.
La teologia kenotica per cui Dio non sarebbe “impassibile” attrae di meno gli atei, gli agnostici ed i deisti di quella del Dio impassibile della vecchia teologia. Perchè, vede, i non credenti non hanno poi tanta difficoltà ad ammettere l’esistenza di un’astratta entità puramente creatrice, ma ce l’hanno ad ammettere l’esistenza di un Dio personale che si interessa e si turba per le vicende umane.
La metafora dell’attore, penso che possa essere risolta guardando alla natura dell’opera che l’attore è chiamato a rappresentare. Se l’attore deve interpretare un dramma realista, forse è bene che si immedesimi nel personaggio, ma se deve interpretare un dramma simbolico, surreale, forse è bene, invece, che interponga se stesso fra l’autore, il pubblico e il personaggio. Venendo al dolore di Cristo, noi non sappiamo bene che tipo di dolore era il suo, sappiamo solo che non era il “top” del dolore fisico. Ma siamo sicuri che era il “top” del dolore spirituale-morale? Soprattutto da parte sua che era a conoscenza della sua prossima resurrezione e glorificazione?
Altro argomento: Bach (il “vecchio Bach” come lo chiamavano alla corte di Prussia), certo l’elemento religioso è imprescindibile dalla sua opera, ma quando uno, come me, ha una concezione formale dell’arte (l’arte come “modo di essere” a prescindere dal contenuto), ecco che può benissimo apprezzare la “cantate” di Bach, senza essere cristiano.
Non abbia infine paura, qua, fra noi, non ci sono soltanto “nuovi atei” (qualcuno, poi, vorrà avere la bontà di definire la categoria……), ma anche, come me, uomini del dubbio, che non hanno certezze da proporre ma solo interrogativi (ce ne facciamo di problemi, eccome!), ma che, NELLE MORE DELLA RICERCA DELLA VERITA’, non intendono sottomettersi ad alcuna gerarchia, ad alcuna verità rivelata e non dimostrata, ad alcuna legge morale di cui non vedono l’imperatività (ma anzi, spesso, l’assurdità).
Saluti. GdL

“Più si cerca l’assoluto, più si sprofonda nel dubbio”
(E. Cioran)

Frank

Raccordo anulare.

Segretario: Santità un pedone. Ma che ha fatto? L’ha messo sotto!
Papa ufficiale: Oggi mi sento molto autodeterminato.

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