Oggi è l’Openly Secular Day (23 aprile 2015, Giornata della laicità esplicita e dichiarata, n.d.t.) e Tom Krattenmaker coglie l’occasione per parlare di cinque sfide che ancora attendono gli atei. Ho voluto riassumere le sue argomentazioni e aggiungere alcuni miei personali pensieri:
- Sebbene siamo detestati in alcune parti del paese (USA n.d.t.) e subiamo in un certo qual modo discriminazioni, in realtà non siamo esattamente vittime di prevaricazioni e vittimizzazioni. Ciò ci rende ancora più difficile accattivarci favore per le nostre opinioni.
Krattenmaker ha ragione, (e sono lieto che sia così, perché l’alternativa sarebbe assai spiacevole). Spesso facciamo tanti paragoni tra il nostro movimento e il movimento LGBT, e questo è uno di quegli ambiti in cui il paragone non regge. Gli individui che si riconoscono nel movimento LGBT se la passano assai peggio rispetto a noi, da questo punto di vista. (Per questo motivo, non sottoscrivo l’idea che il modo in cui gli atei siano trattati rappresenti “l’ultimo pregiudizio dell’America”).
Detto ciò, come possiamo fare sì che la gente sia più propensa a fidarsi di noi o a considerarci eleggibili? Gli atei che hanno l’opportunità di farlo, è bene che parlino di più dei loro valori e che condividano le loro storie riguardo a ciò che hanno dovuto passare. Dobbiamo trovare un modo perché la gente che potrebbe essere con noi in disaccordo riguardo a Dio stia dalla nostra parte in altri modi. Ciò non può succedere se passiamo gran parte del nostro tempo a insultarli (pubblicamente o altrimenti). - Abbiamo una reputazione di merda.
Senza dubbio. E ciò che ho detto sopra vale anche qui. Quando si pensa ai più famosi atei — conosciuti dalla gente che sta al di fuori della nostra comunità — quelli che immediatamente mi saltano in mente sono comici (che si burlano della religione) e scrittori (che criticano la religione). Tutto questo è legittimo, senza dubbio, ma quando possibile, dobbiamo promuovere e sostenere voci che difficilmente sono disprezzabili. È difficile trovare persone, come Neil deGrasse Tyson, che sono in grado di raggiungere diverse tipologie di pubblico senza necessariamente allontanarle, quando parlano di ateismo (cosa che Tyson non fa). Ma quante più persone come loro sono in vista pubblicamente, tanto più sarà difficile affermare che siamo tutti cattivi e immorali. - Troppa gente pensa che Dio e la moralità vadano a braccetto.
Anche questo è purtroppo vero. Ancora una volta, si tratta di mettere in evidenza il nostro umanesimo: il fatto che non credere in Dio o in un’aldilà ci spinge ad agire in un certo modo qui ed ora. Dobbiamo lottare per i diritti civili e contro le ingiustizie perché non è che queste cose verranno risolte dopo che siamo morti. Già ci sono state campagne pubblicitarie che hanno posto in evidenza come siamo “buoni senza dio”, sebbene uno slogan di grande effetto non può valere tanto come le azioni concrete. Ciò significa più volontariato, più opere di beneficenza ed essere in prima linea su questioni in cui la religione non ci azzecca. - Respingiamo gruppi religiosi che sarebbero altrimenti alleati naturali su una serie di questioni riguardanti la separazione tra stato e chiesa.
Ho fatto esperienza concreta di questo, ma le cose stanno cambiando. Ecco perché come Foundation Beyond Belief includiamo sempre una organizzazione gestita da gruppi religiosi (che non fanno proselitismo) nella nostra lista di organizzazioni benefiche ogni trimestre. Ecco perché la Secular Student Alliance (Alleanza degli studenti laici n.d.t.) ha fatto più lavoro recentemente con l’Interfaith Youth Core (Gruppo giovanile interreligioso n.d.t.). Questo è il motivo per cui credo fermamente che raggiungere i nostri obiettivi comuni sia prioritario rispetto a un dibattito su chi ha ragione, sia che stiamo sostenendo le chiese progressiste per il fatto di essere aperte verso gli individui LGBT o che ci uniamo ai leader religiosi in protesta per episodi di discriminazione razziale. - Dobbiamo smettere di essere gli “altri”.
Krattenmaker sta dicendo che la maggior parte delle persone non conosce ancora persone che siano dichiaratamente atee e ciò rende più facile demonizzarci. È questo il motivo per cui eventi come lo Openly Secular Day sono così importanti e il perché mi piace proprio vedere la gente usare i nuovi media per dichiarare il proprio non-credo. Usano Youtube, Twitter, Facebook e i loro gruppi universitari per mandare messaggi a gente sconosciuta che probabilmente non sa cosa è il libero pensiero. Questo è un grandissimo cambio di passo, rispetto a due decadi fa, e non può che migliorare da qui in avanti. Ad essere sinceri, queste non sono le uniche sfide che ci attendono, ma lo sono precisamente nell’ottica di un’ampia prospettiva pubblica. Sono ottimista riguardo a ognuna di esse. Quando si considera quanto peggio erano le cose per noi, su tutti i cinque fronti, pochi decenni fa, è incredibile quanta strada abbiamo fatto. Il cammino che ci attende è in discesa.
Hemant Mehta
Traduzione di Five Challenges Atheists Face and How We Can Overcome Them
A cura di Marco Bagni
Non so in America, ma aggiungerei almeno altre due ‘sfide’:
1 – l’ateismo NON E’ una religione;
2 – I regimi dittatoriali – anche quelli sedicenti atei – con l’ateismo non hanno niente a che fare: sono delle teocrazie di fatto.
(Poi, per quanto mi riguarda, ce ne sono altre… magari non condivise dagli stessi atei. Ma per oggi bastano queste 🙂 )
Correzione. E’ evidente che, essendo ‘sfide da vincere’, quanto sopra – dovendo riflettere ciò che si pensa in genere degli atei – andrebbe formulato ‘in positivo’.
Bruno:
– sul primo punto sono d’accordo: è pacifico che l’ateismo non è una religione. Se delle volte vi sono atei che vivono il loro ateismo come tale (e ve ne sono) si tratta di un modus vivendi che riguarda quegli atei nello specifico, e non l’ateismo.
– sul secondo punto non sono d’accordo. Affermare che i regimi dittatoriali atei sono “teocrazie di fatto” mi sembra un modo per scaricare un problema storico in modo troppo disinvolto. I regimi atei sicuramente hanno rifiutato ogni concetto teocratico, sia nominalmente che di fatto. D’altra parte anche dei regimi posti in essere da credenti si può sostenere che hanno poco a che vedere con il vangelo, anzi, direi che sono l’antitesi del messaggio evangelico. Per nessuna ragione però sosterrei che sono “ateismi di fatto” perché non intendo scaricare i problemi dei credenti sui non credenti.
Quindi, penso che tra noi possa essere portato avanti un discorso di reciproca correttezza, senza “passarsi la patata bollente” tra credenti e atei, e sostenere che i regimi dittatoriali, semplicemente, sia che siano di matrice fideistica, sia che siano di matrice atea, costituiscono terribili degenerazioni dei rispettivi sistemi di pensiero.
Mi porteresti un esempio di dittatura di “matrice” atea? Lo dico senza ironia, sto aspettando…
Diciamo che i regimi dittatoriali atei storici erano per prima cosa comunisti. Io da comunista moderno oltre che ateo non ho difficoltà a riconoscerlo come non ho difficoltà a dire che quello era anche ateismo. Comunque di per se stesso l’ateismo non implica che gli altri si dovrebbero convertire ad esso per essere buoni cittadini, questo non si può dire in generale per le religioni istituzionalizzate, ovviamente con vari gradi fino alle forme estreme dell’islam.
Più che atei, erano fondati su una ideologia che considerava la religione come l”oppio dei popoli” – cosa in parte vera – e quindi sentivano come loro dovere quello di contrastarle, ma di per sé in che cosa erano ispirate dell’ateismo?
@francesco
A voler essere più precisi: socialista. Ricordiamo che a voler essere radicali secondo Marx la spirale del capitalismo sarebbe finito con la cessazione dello Stato (dopo la sua fagocitazione/assimilazione/simbiosi col sistema produttivo)… uno stato “comunista” in questo senso non potrebbe nemmeno esistere.
Però a questo punto penso di essere già andato OT quindi è meglio troncare questo genere di discussione sul nascere.
@ John
Regimi comunisti, l’ateismo era accessorio. In quanto comunisti, perlomeno nell’implementazione di quell’ideologia che la storia ha conosciuto, avevano le seguenti caratteristiche:
– una visione apocalittica
– un culto o almeno una sottomissione ad autorità che definivano l’ortodossia
– principi non discutibili.
Tali caratteristiche sono simili ad ideologie religiose, direi che sono identiche nelle modalità se non nei contenuti.
@ John
In questo blog è stata trattata la questione un’infinità di volte… e, per quanto mi riguarda, la ‘patata bollente’ non l’ho passata di mano: ho ripetutamente chiesto che mi si indicassero quanto di ateo c’era – e c’è – nei regimi dittatoriali sedicenti atei al di là del definirsi tali (in genere per altro nemmeno formalmente… ma non è questo il punto) e del combattere la religione in quanto ‘concorrente’ nell’opera di manipolazione delle coscienze. Di contro ho riportato tutti gli aspetti facili da individuare tipici di una teocrazia (teo-crazia = governo di Dio… sostituisci Dio, per esempio, con Stalin e poi dimmi se non si tratta di una teocrazia DI FATTO, con tutte le analogie del caso). Non ricordo di ave ricevuto risposte NEL MERITO.
Non posso pretendere che tu abbia seguito il dibattito, e capisco che ti sembri una sorta di ‘scaricabarile’ (come, per altro, è sembrato anche ad alcuni amici atei) … ma qui, più che accennarne, non posso fare. Faccio mia, allora, la richiesta di Frank… e ti ‘ripasso la palla’ 🙂 .
In ogni caso – come più volte ribadito anche con te – parlo per me.
@ John
“(…) capisco che ti sembri una sorta di ‘scaricabarile’ (come, per altro, è sembrato anche ad alcuni amici atei)”
Come vedi, ad esempio francesco s. non la pensa come me. Come più volte ribadito ognuno interpreta – anche storicamente – l’ateismo da un proprio angolo visuale.
Bruno dipende da cosa si intende per ateo, se per ateo si intende chi non crede negli dei e ne nega l’esistenza, beh allora anche quei regimi erano anche atei, ideologici, ma atei. Tra l’altro se l’UAAR ha sentito la necessità di specificare “razionalisti” evidentemente significa che ci sono modi di essere atei “non razionalisti”. Altrimenti quel razionalisti sarebbe pleonastico e non sai invece quanto è importante, mai dato un’occhiata su facebook anche sulla pagina UAAR, non sai che lavoro fanno i moderatori per tenere a bada certi eccessi irrazionali tipici di quell’ambiente.
@ francesco s.
“Bruno dipende da cosa si intende per ateo… (…)”
Hai ragione, è proprio questo il punto che dovrei sempre ribadire: intendo il termine ‘ateo’ in modo estensivo, cioè riferibile a qualsiasi forma di fideismo, di alienazione. Uso ‘a-teo’ (letteralmente ‘senza dio’) in quanto l’alienazione propriamente religiosa ne rappresenta il momento culminante, il più emblematico… ma, ad esempio, un’ideologia vissuta ‘religiosamente’ provoca nel ‘fedele’ la stessa dipendenza psicologica.
Ora, in età stalinista (e in qualsiasi altro regime totalitaristico) è esattamente a questo che assistiamo, in analogia con ogni regime ‘tecnicamente’, costituzionalmente, teocratico, come quelli islamici. O come la chiesa cattolica per quanto riguarda la gran parte della sua storia, ma ancora attualmente nella sua struttura verticistica, oltre che naturalmente negli aspetti dogmatici.
Pertanto un ateo irrazionale… se per irrazionale si intende – detto alla buona – una rinuncia a pensare, per quanto possibile, con la propria testa in merito ai temi fondamentali politici, etici, esistenziali ‘delegandoli’ a qualcosa o a qualcos’altro… in questa prospettiva non è ateo.
Certo, soggettivamente si può ritenere, e a modo suo essere, ateo, a comportarsi come tale e ad essere riconosciuto come tale… ma la sua sarà sempre una condizione di sudditanza.
Ed ecco perchè ritengo questo ‘smascheramento’ una sfida cui l’ateo dovrebbe far fronte.
@ Stefano TM
Significato del termine ‘ateo’ a parte, ottima sintesi di quanto intendo dire… e che è stato detto tante volte.
Per Frank e Bruno che mi hanno chiesto espressamente esempi di regimi di matrice ateistica.
Hanno già risposto alcuni tra voi, per esempio, con molta onestà intellettuale Francesco S.
Sono regimi di matrice atea quelli che hanno fra i tratti caratterizzanti l’idea del credere in Dio come “oppio dei popoli” e che di conseguenza condannano il fenomeno religioso di qualunque specie. Idea, quella dell’oppio dei popoli, che peraltro ritengo anche io in parte veritiera: sono credente, come condizione personale e interiore, ma non sono così sciocco da non riconoscere che la religione in molti casi sia stata ed è tuttora un possibile “oppio dei popoli”, e dunque sia un elemento da eliminare anche con la forza dal sistema sociale. Peraltro, nell’idea della religione “oppio dei popoli” anche io, come Remo, ritengo che ci sia del vero: essere credente non mi impedisce di vedere la realtà che ho davanti e che leggo nei libri di storia: la religione è spesso oppio dei popoli è lo dico senza remore. Il problema delle dittature atee non è questa premessa, ma è la risposta in termini di coercizione e di rimozione tout court del fenomeno religioso.
Stefano osserva che le dittature atee hanno “caratteristiche sono simili ad ideologie religiose”: ha ragione, assolutamente, però sono caratteristiche “simili”, prodotte da una premessa opposta (l’inesistenza di Dio), a dimostrare che se si vuole essere dittatori si può partire a proprio uso e consumo sia dall’ipotesi dell’esistenza di Dio che da quella atea della sua inesistenza, e il risultato è, drammaticamente, molto simile.
La questione qui però è un altra, riguarda l’approccio: da alcune vostre risposte sembra che l’ammettere che vi siano dittature atee significhi attaccare voi. Per me è tutto il contrario: penso che voi siate distanti anni luce da simili visioni iperdegenerate dell’ateismo, per cui io nella mia considerazione non individuavo, nel dire “ci sono dittature atee” un indebolimento della vostra posizione intellettuale. Alcuni di voi sembrano doversi quasi difendere… in realtà ciò non ha senso, sarebbe come se io dovessi difendermi rispetto all’esistenza di dittature di matrice religiosa che invece considero in ogni modo all’antitesi dei miei pensieri e condanno con la più grande fermezza possibile. Senza però affermare che sono non-religiose, piuttosto osservando che è terribile che la religione possa portare a ciò. Invece, nell’affermare che “le dittature atee sono in realtà teocrazie” lo scaricamento della patata bollente c’è eccome. Io invece dico: esistono dittature atee e dittature religiose, il cui prodotto finale è simile: constatato ciò, ignoriamo questa differenza di origine, e condanniamole in quanto dittature, senza paura di notare che tanto il credere che il non credere in Dio possano degenerare a tal punto, perché dividerci su ciò o fare scaricabarili non è un pensiero all’altezza di un confronto costruttivo.
Ho fatto un po’ di pasticci con i copia-incolla, e purtroppo non posso editare, vi chiedo di considerare il mio commento qua (c’era una frase in cui sembrava che io volessi la cancellazione delle religioni):
Per Frank e Bruno che mi hanno chiesto espressamente esempi di regimi di matrice ateistica.
Hanno già risposto alcuni tra voi, per esempio, con molta onestà intellettuale Francesco S.
Sono regimi di matrice atea quelli che hanno fra i tratti caratterizzanti l’idea del credere in Dio come “oppio dei popoli” e che di conseguenza condannano il fenomeno religioso di qualunque specie. Peraltro, nell’idea della religione “oppio dei popoli” anche io, come Remo, ritengo che ci sia del vero: essere credente non mi impedisce di vedere la realtà che ho davanti e che leggo nei libri di storia: la religione è spesso oppio dei popoli è lo dico senza remore. Il problema delle dittature atee non è questa premessa, ma è la risposta in termini di coercizione e di rimozione tout court del fenomeno religioso.
Stefano osserva che le dittature atee hanno “caratteristiche sono simili ad ideologie religiose”: ha ragione, assolutamente, però sono caratteristiche “simili”, prodotte da una premessa opposta (l’inesistenza di Dio), a dimostrare che se si vuole essere dittatori si può partire a proprio uso e consumo sia dall’ipotesi dell’esistenza di Dio che da quella atea della sua inesistenza, e il risultato è, drammaticamente, molto simile.
La questione qui però è un altra, riguarda l’approccio: da alcune vostre risposte sembra che l’ammettere che vi siano dittature atee significhi attaccare voi. Per me è tutto il contrario: penso che voi siate distanti anni luce da simili visioni iperdegenerate dell’ateismo, per cui io nella mia considerazione non individuavo, nel dire “ci sono dittature atee” un indebolimento della vostra posizione intellettuale. Alcuni di voi sembrano doversi quasi difendere… in realtà ciò non ha senso, sarebbe come se io dovessi difendermi rispetto all’esistenza di dittature di matrice religiosa che invece considero in ogni modo all’antitesi dei miei pensieri e condanno con la più grande fermezza possibile. Senza però affermare che sono non-religiose, piuttosto osservando che è terribile che la religione possa portare a ciò. Invece, nell’affermare che “le dittature atee sono in realtà teocrazie” lo scaricamento della patata bollente c’è eccome. Io invece dico: esistono dittature atee e dittature religiose, il cui prodotto finale è simile: constatato ciò, ignoriamo questa differenza di origine, e condanniamole in quanto dittature, senza paura di notare che tanto il credere che il non credere in Dio possano degenerare a tal punto, perché dividerci su ciò o fare scaricabarili non è un pensiero all’altezza di un confronto costruttivo.
@ John
“Sono regimi di matrice atea quelli che hanno fra i tratti caratterizzanti l’idea del credere in Dio come ‘oppio dei popoli’ (…)”
@ John
Ho fatto un pasticcio anch’io. E’ partita la tua affermazione prima che la commentassi.
La riprendo per chiarezza:
“Sono regimi di matrice atea quelli che hanno fra i tratti caratterizzanti l’idea del credere in Dio come ‘oppio dei popoli’ (…)”.
Ma è proprio questo il punto, almeno per quanto mi riguarda: se, invece di credere in Dio, si crede in qualcosa o qualcuno che aliena allo stesso modo… cosa c’è di ateo? E questo chiedevo mi si dimostrasse prendendo in esame tutti gli aspetti dei regimi totalitari, atei o meno che si definiscano, per vedere quanto c’è di veramente ateo al di là, appunto, del proclamarsi tali.
Per altro, se leggi con attenzione, riconosco senz’altro che può essere visto come un sotterfugio negare l’ateismo di certi regimi… ma non puoi pretendere che neghi la mia concezione dell’ateismo là dove ne vedo solo la negazione.
E lascerei perdere l’onestà intellettuale.
@ John
Mi rendo conto adesso che questa discussione l’abbiamo già fatta e più o meno negli stessi termini… e soprattutto tirando in ballo l’onestà intellettuale. Ribadisco solo questo: non c’è nessuno scaricamento di alcuna ‘patata bollente’ parlando di teocrazia, per quanto ho detto e ripetuto fino alla nausea. Per te essere ‘simili’ non significa essere ‘uguali’? Per me invece si tratta… tenendo presente – al di là delle dichiarazioni più o meno ufficiali – ciò che di fatto in questi regimi si chiede ai ‘fedeli’, l’opera di manipolazione delle coscienze cui sono sottoposti, i rituali cui sono chiamati a partecipare, i culti che li si incita a tributare a persone o ‘idee’… della stessa identica cosa.
@ John
Per risponderti riprendo una frase di bruno, che ha caratterizzato quelli che tu chiami regimi atei:
e poi ti rimando a questo articolo:
http://www.instoria.it/home/stalin_chiesa.htm
Non vorrei sbagliarmi, ma non si sono dati regimi atei in quanto tali: regimi che abbiano fatto dell’ateismo la propria esclusiva e principale ragione d’essere.
Al contrario esistono e sono esistiti regimi che hanno fatto della religione l’esclusiva o principale ragione di essere.
Per quanto mi riguarda non è il tentativo di scaricare patate bollenti, è al contrario la contestazione del tentativo di creare un uomo di paglia da parte di molti credenti.
Bruno
“Ma è proprio questo il punto, almeno per quanto mi riguarda: se, invece di credere in Dio, si crede in qualcosa o qualcuno che aliena allo stesso modo… cosa c’è di ateo?”
Di “ateo” c’è per definizione il fatto che quel “qualcosa o qualcuno che aliena” non è un Dio trascendente. Tutto qua. Non è un modo per dire che l’ateismo è malvagio (vorrei ribadirlo fino allo stremo), è solo una questione definitoria, detto questo penso che tra l’ateismo razionale condotto da persone normali e queste dittature ci sia l’abisso. Penso che sia talmente ovvio da non doverlo neanche specificare, però meglio chiarire.
” Per te essere ‘simili’ non significa essere ‘uguali’”
Anzitutto, no: in qualunque vocabolario trovaiamo scritto che “simili” è diverso da “uguali”. Ma qui il discorso è ancora differente: i regimi religiosi e quelli atei sono opposti nell’idea di partenza (i primi si basano sull’idea che esista un Dio trascendente, i secondi la escludono), e sono uguali nelle conseguenze.
Stefano:
“Non vorrei sbagliarmi, ma non si sono dati regimi atei in quanto tali: regimi che abbiano fatto dell’ateismo la propria esclusiva e principale ragione d’essere.”
Su questo ti do ragione: “la propria esclusiva e principale ragione d’essere” no. Però che avessero fra i loro molteplici componenti anche l’avversione alle religioni, questo si.
“Al contrario esistono e sono esistiti regimi che hanno fatto della religione l’esclusiva o principale ragione di essere.”
Si, d’accordo. Infatti il mio discorso non era sostenere che i regimi atei (meglio: i regimi che non sono fondati sull’ateismo ma che hanno l’ateismo fra i loro elementi) siano peggiori di quelli religiosi. Non sono qui a dirvi “l’ateismo è peggio della religione”. Sono qui a dire “i regimi totalitari sono distanti da me e da voi, a prescindere dal fatto che siano fondati da un sistema di idee che contempla l’esistenza di Dio o che la esclude”
“Per quanto mi riguarda non è il tentativo di scaricare patate bollenti, è al contrario la contestazione del tentativo di creare un uomo di paglia da parte di molti credenti.”
Ma sull’uomo di paglia sono d’accordo anche io, e penso che i religiosi che hanno tale approccio siano persone meschine. Sto forse dicendo che siccome esistono regimi basati su un sistema di idee che esclude Dio, in voi c’è qualcosa di negativo? Sto forse associando i regimi atei a voi? Sto dicendo l’esatto contrario: che tra un regime ateo e voi c’è la stessa distanza che può esserci tra un regime teocratico e me… è chiaro detto così?
Per questo non capisco la difficoltà di alcuni di voi nel dire che quei regimi hanno l’ateismo tra i loro elementi (magari non il più importante, e magari finiscono per somigliare ai regimi teocratici) dal momento che non avete nulla a che spartire con loro…
Poi va bene, se avete difficoltà a usare la parola “ateismo” in quel contesto, accordiamoci che per noi “teocratico” può voler dire anche “che nega Dio ma che ha forme simili alla teocrazia”, deroghiamo ai vocabolari, e così, in questo lessico tutto nostro, sono d’accordo con voi.
@John
Non è questione di voler definire i termini per come preferiamo. I significati sono univoci. E teocratico significa una sola cosa. Ora, suppongo non ci sia bisogno di spiegare cosa sia un regime totalitario. Essere avversi alla religione non è elemento fondante dei regimi cosiddetti atei. Peculiare, forse, ma non fondante. Ma il culto c’è sempre, ed è quello nei confronti del leader, motivo per cui sono avversate le forme di culto (o comunque di pensiero e di espressione) che mettono in crisi il culto dominante. Lo stesso dicasi per la teocrazia. Con l’aggravante della credenza, però, e della volontà di imporla.
gmd,
non c’è nulla in cui io sia in disaccordo di tutto ciò che hai affermato, e, se noti, nulla che sia in contrasto con ciò che ho scritto io finora.
“Essere avversi alla religione non è elemento fondante dei regimi cosiddetti atei”: sono d’accordo al mille per mille, l’ho detto anche io nel mio precedente commento. L’importante è non trarne la conseguenza del definirli per questo motivo “teocratici”, dato che, come dici giustamente, il significato dei termini è univoco e quello di “teocrazia” è in ogni vocabolario: http://www.treccani.it/vocabolario/teocrazia/, e non vi si può far rientrare un sistema che non concepisca l’esistenza di una divinità trascendente.
Non vedo in che cosa non possiamo essere tutti d’accordo su ciò, come anche nel sostenere che usare strumentalmente questo discorso (l’esistenza di regimi non religiosi) per avversarvi è quanto di più idiota possa passare in una mente umana.
Per John.
“Per Frank e Bruno che mi hanno chiesto espressamente esempi di regimi di matrice ateistica.
Hanno già risposto alcuni tra voi, per esempio, con molta onestà intellettuale Francesco S.”
Qui ti riveli in tutto il tuo splendore di finto buonista, quindi chi risponde come ti piace è onesto intellettualmente e chi no non lo è? Portami un esempio di dittatura che solo e solamente in nome dell’ateismo si è imposta e ha compiuto crimini, perché questo significa dittatura di “matrice” atea, sempre se TU sei onesto intellettualmente.
@ John
“Non vedo in che cosa non possiamo essere tutti d’accordo su ciò, come anche nel sostenere che usare strumentalmente questo discorso (l’esistenza di regimi non religiosi) per avversarvi è quanto di più idiota possa passare in una mente umana”
Tieni presente che il post parla di ‘sfide cui l’ateo deve far fronte’… ed io ritengo che questo identificare sistematicamente l’ateismo con questi regimi sedicenti atei sia proprio uno dei cavalli di battaglia di chi avversa l’ateismo, perciò una ‘sfida’ tutt’altro che da sottovalutare. Quindi non si tratta di ‘quanto di più idiota possa passare in una mente umana’… a meno di considerare, ad esempio, idioti fino a questo punto quasi tutti i credenti che frequentano questo blog 🙂 .
Altro che ‘tutti d’accordo’!
Frank: hai ragione: le vostre risposte (che ho trovato molto valide) mi hanno aiutato a capire che le mie prime considerazioni andavano corrette. Non esistono dittature “che solo e solamente in nome dell’ateismo si è imposta e ha compiuto crimini”, e ho sbagliato io inizialmente ad usare l’espressione “di matrice atea”… non penso di essere infallibile… In un commento successivo, grazie alle vostre opportune riflessioni, ho capito che era più corretto parlare di “regimi che non sono fondati sull’ateismo ma che hanno l’ateismo fra i loro elementi” (e in questo caso l’esempiol’ho fatto). Quindi nulla da dire, non è mia intenzione portare avanti fino alla fine un’idea unilateralmente, ma al contrario, discuterne serve per correggerla, altrimenti non sarei qua. Quindi la risposta è che l’esempio che chiedi non esiste e che ho sbagliato io nelle mie prime formulazioni.
Bruno:
“…sia proprio uno dei cavalli di battaglia di chi avversa l’ateismo”, non mio, anche perché io non avverso l’ateismo. D’altra parte è ovvio che non esiste identità tra il concetto di “credente” e il concetto di “persona che avversa l’ateismo”, per nostra fortuna. Io parlo per me, reputo idiota quell’idea e reputo idiota sostenerla. Perché mai dovrei dire diversamente, se la penso così?
@John
Infatti non ho definito teocratici i regimi “atei” . Ho parlato di culti che, diversi nei contenuti, sono uguali nelle modalità. Il concetto di teocrazia, innegabilmente, comprende la religione. Nel peggiore dei modi, certo, ma la prevede.
Il problema è quello che ti ha riferito bruno. C’è chi di questo cliché fa uno dei suoi cavalli di battaglia. Anche in buona fede, purtroppo, nel senso che è un luogo comune in cui cadono anche alcuni credenti meno infervorati.
L’unico stato in cui effettivamente c’è stato l’ateismo di stato è stato l’Albania e non era certo uno stato democratico. Inoltre i soli stati in cui si parla erroneamente di ateismo di stato (che non c’era) erano dittature, quindi un campione limitato: un po’ come valutare il cristianesimo basandosi sul solo franchismo e le varie dittature latino-americane.
Nel caso delle religioni invece abbiamo avuto fino a poco fa (o abbiamo ancora) regolarmente le religioni di stato per una vasta gamma di religioni, sia in dittature che in monarchie di vario tipo che in democrazia col risultato che in questi paesi in genere si ottenevano maggioranze bulgare di una religione con le altre perseguitate o al massimo tollerate. Niente di tutto questo è stato raggiunto nei regimi comunisti che combattevano il potere delle religioni (un esempio recente è lo scontro sulla nomina dei vescovi cattolici da parte del papa o della Cina), ma comunque una parte consistente della popolazione continuava ad essere credente, pur con difficoltà legate ad un regime dittatoriale. Sarebbe più corretto confrontarle con l’impero romano, dove esisteva una religione civile, ma le religioni erano tollerate (pur con le limitazioni di un governo autoritario e repressivo).
Il comunismo non implicava necessariamente l’ateismo, ma combatteva i poteri precedenti per edificare una nuova società. Il contrasto con le religioni è quindi dovuto al fatto che in genere le religioni erano colluse col potere precedente ed erano schierate per mantenere la struttura sociale e politica precedente. Sta di fatto che quando per esempio la chiesa ortodossa russa appoggiò Stalin nel II conflitto, l’atteggiamento cambiò. Sarebbe stata una cosa impossibile un’alleanza tra protestanti e cattolici fino a pochi decenni fa.
il termine ateismo è molto generico esattamente come quello di credente e mi pare che vi siano notevoli differenze tra i vari credi e sarebbe inaccettabile attribuire responsabilità dei protestanti o dei mussulmani ai cattolici.
Devo dire che in generale non mi piace molto questo pentalogo, mi sembra che punti più sull’accettazione (dimostrare a chi segue la religione che non siamo brutti e cattivi) che sul cambiamento positivo che dovremmo impegnarci a costruire (anche con intransigenza quando occorre).
Sono scettico anche sulla possibilità di individuare gruppi religiosi che siano alleati nel chiedere la separazione fra Stato e culti… certo, non tutti sono come l’Islam e la CCAR, ma secondo me questi ipotetici alleati sono al più le persone “teiste” – intendendo coloro che credono in un dio o comunque nel trascendente, senza riconoscersi in una fede.
Chi appartiene a un dato gruppo vorrà sempre, almeno in parte, vantaggi per sé e per il proprio gruppo da parte dello Stato e/o della società in generale…
Last but not least, mi sembra che Krattenmaker consideri aprioristicamente gli atei come un gruppo, laddove invece esistono tanti ateismi quanti sono gli atei. Se il discorso degli obiettivi comuni può reggere (di fatto, laicità dello Stato e stop alle ingerenze anche estremamente violente di chi vuole far coincidere la legge con il proprio dio), quello della reputazione mi lascia perplesso… esiste un “ateo” tipo, uno stereotipo di “ateo”?
Non ne sono convinto; quantomeno, non è un concetto universalmente condiviso, almeno penso.
Concordo
Il punto 1) e 2) non mi convincono.
Essere atei in USA (ma anche in Italia per non parlare in molte parti del mondo) non sarà “l’ultimo dei pregiudizi” ma sicuramente è “uno dei pregiudizi” e i pregiudizi in quanto tali vanno per prima cosa riconosciuti da chi li subisce, senza vittimismi ma va fatto.
Non ho capito perché bisognerebbe mettersi i guanti di velluto quando si parla di ateismo con le persone credenti. Ovviamente bisogna mostrare il rispetto che si deve mostrare a ogni uomo, ma a me non piace dire fesserie alla gente tipo “non credo perché non ho avuto tale dono” cosa che forse mi farebbe apprezzare di più da certi credenti, preferisco dire “non credo perché le reputo sciocchezze irrazionali”
Concordo pienamente 😉
# francesco s.
“(…) ma a me non piace dire fesserie alla gente tipo “non credo perché non ho avuto tale dono” (…)”
Anche se a volte viene usata più che altro per accondiscendere al credente col quale si discute… pure a me questa frase ha sempre procurato irritazione. Soprattutto naturalmente da parte di chi la dice convintamente. Lo considero quel genere di agnostico che “non saprebbe dire se dio esiste o no”, ma è sempre disponibile a riceverne qualche segno… e quando ci si pone in questa aspettativa, che io chiamo ‘anticamera della fede’, prima o poi è facile che gli venga aperta la porta.
A expo2015 presso la cascina Triulza si celebrerà la messa domenicale. Gli organizzatori hanno promesso spazio anche per altri culti. Un banchetto Uaar, non ci potrebbe stare?
Certo che sì, strozzapreti a volontà! 👿
Papa ufficiale: Dovrebbero anche emparar ad evitare los colpos de machetes, ah ah ah!!!
Segretario: Santità!!!
Papa: Kuesta la trovare di mio cradimenten.
Segretario: Ci mancava pure lui…
Il secondo papa è l’emerito. 😉
Il discorso che abbiamo una reputazione di merda è vero perché la maggior parte delle persone è superficiale. Vadano un po’ a vedere i danni che fanno le religioni in giro per il mondo.
E non parlo tanto della religione cattolica, che per certi aspetti è una delle meno peggio.
Parlo soprattutto della religione islamica che porta a omicidi, attentati terroristici, discriminazione delle donne e dei diversi e persino distruzione di beni archeologici (tutte cose che vediamo alla TV tutti i giorni con l’ISIS).
E parlo anche di quelle sette tipo Scientology che plagiano la gente e gli fottono tutti i soldi.
Massimo
Che la cattolica sia una delle meno peggio vale oggi solo perché gli sono stati tagliati gli artigli, ma nel corso dei secoli non si sono risparmiata nessuna infamia.
«… che porta a omicidi, attentati terroristici, discriminazione delle donne e dei diversi e persino distruzione di beni archeologici…» tutte cose che la cattolica ha praticato con ottuso fervore… in quanto alla distruzione di beni artistici credo che nessuno riuscirà mai a eguagliare ciò che ha fatto la chiesa; salvo poi darsi al recupero (in pieno revival pagano) di quanto essi stessi avevano abbattuto, sotterrato o gettato nel Tevere…
@ Diocleziano
Lo so benissimo. Renditi conto che io vivo in toscana dove sono aperti diversi musei della tortura, dove sono mostrati tutti i giocattolini con cui si trastullavano i preti dell’inquisizione.
Però io, quando parlo, mi riferisco sempre alla situazione attuale.
Ma dove gli atei hanno una reputazione di merda in Europa ?? Negli Stati Uniti forse e in paesi musulmani ma personalmente, ho sempre espresso il mio ateismo : anche nel mio ufficio dove avevo appeso al muro due citazioni
Una : L’ inchiostro il piu debole è migliore della memoria la piu forte ( @ Giovanni da Livorno…si ricorda ..? )
L’ altra : Chi crede non pensa – Chi pensa non crede .
E nessuno me l’ ha rimproverato . Nemmeno il titolare che faceva benedire gli uffici ( da dove tutti andavano via appena appariva il prete..) Poi anche alla Misericordia dove vado ogni tanto …
Ma se si pensa ai paesi nordici ( Repubblica ceca dove gli atei sono piu di 60% della popolazione ?? ) .
Poi mi ricordo in Francia che si prendeva un po in giro la gente che si dichiarava cattolico praticante …
@Gerard
Comunque non è che sia il massimo prendere in giro qualcuno per la sua professione di fede o non fede.
Non mi riferisco alle citazioni sul tuo muro, ma ha quello che hai detto sulla Francia. A me darebbe fastidio essere preso in giro per il mio “coming out” ateo.
Errata
… ma a quello …
Francesco S.
Di sicuro hai ragione, ma bisogna rivedere i tempi ( anni 60 ) e anche l’ anticlericalismo esacerbato che ha spesso mosso molti francesi ( Mi ricordo spesso erano emigrati di origine italiana … Forse uno sfogo ) .
“Sebbene siamo detestati in alcune parti del paese (USA n.d.t.)”
Già, ma mica siamo stati noi atei a buttare giù le torri gemelle. Quell’attentato l’hanno fatto degli islamici.
E stesso discorso vale per l’attentato al Charlie Hebdo, per i cristiani copti decapitati, per il rogo del pilota giordano, per la distruzione dei beni archeologici iracheni, ecc…. ecc…. Sempre gli islamici sono stati.
E allora chi è che si merita realmente la cattiva reputazione e di essere detestato?
@ MASSIMO
Tutto sommato non credo però che gli atei abbiano una reputazione PEGGIORE rispetto ai musulmani, almeno qui in Italia penso che gli atei siano più che altro compatiti come “disabili del cuore” (è stato il Tg1 a dare tale definizione pochi anni fa se non sbaglio), come persone che “non hanno avuto il dono della fede”… tutte cose spiacevoli certo, ma molte persone se ne infischiano di quale religione il tale (non) professi; di default pensano sia la cattolica (non praticante), e se si entra nel discorso e ci si dichiara atei, di solito non finisce mica il cielo (cit.).
Verso la religione islamica invece la gente inizia a nutrire una comprensibile diffidenza: non confondiamo le politiche “boldriniane” con quello che la gente pensa.
Per quanto riguarda gli USA non so, certo l’avversione all’Islam è forte per ovvi motivi, ed è frequente tanto nel discorso politico (ad es. le polemiche su Obama musulmano o no) quanto nella gente; tuttavia alcuni forse pensano che sia meglio credere nel dio “sbagliato” anziché non credere del tutto.
Anzi, paradossalmente la destra cristiana dipinge gli atei americani come alleati dei musulmani invasori… la solita retorica dei valori cristiani come baluardo all’ISIS ecc.
Purtroppo è vero che l’umanità non vuole rinunciare alle sicurezze psicologiche che danno le religioni. E per questo l’umanità accetta guerre, omicidi, discriminazioni, ecc…
In tutto questo io vedo una grande immaturità e mancanza di intelligenza.
@sig. Bruno
(teo-crazia = governo di Dio… sostituisci Dio, per esempio, con Stalin e poi dimmi se non si tratta di una teocrazia DI FATTO, con tutte le analogie del caso). Non ricordo di ave ricevuto risposte NEL MERITO.
La risposta in tal senso la dette in qualche modo Max Stirner qualche secolo fa.
Il problema di tante ideologie laiche è che togliendo dio ci si mette qualcosa al suo posto ma non si elimina l’idea stessa di dio.
Ciò accade perchè spesso ci si scorda che tanti uomini hanno bisogno di un capo supremo o di un ideologia che li guidi, è triste ma è purtroppo reale.
La religione come fatto individuale nasce con la paura della morte e la ricerca di un “mondo migliore”, la risposta a mio parere è una distruzione del trascendentale.
Se polvere ero, polvere orgogliosamente ridiventerò. Un risposta semplice, frutto di una rivolta individuale ma che non avviene in quelle persone che al posto di un dio religioso ne venerano un altro “laico”.
@ phil l’individualista
Per quel tanto di anarchico che c’è nel pensiero di Max Stirner e che in parte richiami, sono perfettamente d’accordo. Se, non solo per quanto riguarda l’ateismo, dovessi però riferirmi ad un qualche pensatore del passato (in genere mi riferisco… a me stesso 🙂 ) trovo più congeniale Schopenhauer.
Comunque la risposta ‘nel merito’ che chiedevo la aspettavo, e l’aspetto, da chi ritiene di considerare atei a tutti gli effetti certi regimi sedicenti tali. Cosa intendo personalmente per ‘ateismo’ l’ho sinteticamente ripreso nella risposta data a francesco s.
«…Il problema di tante ideologie laiche è che togliendo dio ci si mette qualcosa al suo posto ma non si elimina l’idea stessa di dio…»
Non mi sembra che ci siano ‘tante’ ideologie laiche e che, volendo togliere dio, ci vogliano mettere qualcos’altro. Il punto cruciale è che l’ateismo non riesce a togliere di mezzo gli dèi senza dare un altro simulacro, una specie di metadone, un ciuccio mentale che tranquillizzi i credenti o paracredenti, in ogni caso questo l’ateismo non lo può dare. Quindi il problema non è all’interno dell’ateismo, è là fuori… il problema si presenta nel momento stesso in cui ci si confronta con i credenti. È vero che l’uomo ha spirito gregario e al di sotto di certi livelli caratteriali preferisca essere comandato, ma qui abbiamo a che fare con un condizionamento pesante che inizia fin dall’infanzia; più che opera di convinzione richiederebbe l’opera di uno psicanalista. Senza il condizionamento religioso siamo sicuri che l’uomo tema la morte?
@ Diocleziano
“Senza il condizionamento religioso siamo sicuri che l’uomo tema la morte?”
A parte che condivido la gran parte di ciò che afferma ‘phil’ come risulta evidente da ogni mio intervento… credo che sia proprio la condizione umana, la consapevolezza – di cui l’evoluzione ha dotato l’uomo – della precarietà della vita individuale, a fare temere la morte… che come tale non ritengo quindi sia dovuta ad alcun condizionamento religioso. La morte è la negazione della vita biologicamente intesa, la negazione dell’istinto di sopravvivenza individuale funzionale alla sopravvivenza della specie, e si ha un bel cercare di convincerci che la morte è ‘un fatto naturale’… lo è certamente in quanto naturalmente inevitabile, ma non può che essere ‘vissuto’ dall’individuo come quanto di più innaturale, diciamo pure di ‘ingiusto’, gli possa accadere. Ed è su questo, la risposta a questo, a questa ‘naturale’ paura, che, per esorcizzarla, prosperano le religioni, comunque intese. E relativamente ai condizionamenti, in quanto condizionamenti, laici o religiosi che siano, credo proprio che siano in qualche modo tutti di natura ‘religiosa’, alienanti in quanto tendenti a esorcizzare, a ‘rimuovere’, la precarietà della vita.
E credo che l’ateismo, per cogliere veramente la natura della religione in modo da non cacciarla dalla porta per poi farla rientrare dalla finestra, non debba cadere nell’errore di esorcizzare anch’esso la morte.
@ Bruno Gualerzi
gentile Bruno, ho un dubbio e una domanda da porti: è troppo semplicistico e ingenuo riferirsi alle epigrafi funerarie latine così diffuse in Italia a cavallo tra primo secolo A.C. e primo secolo D.C., palesemente anche se grossolanamente ispirate a Epicuro e al suo pensiero filosofico (probabilmente anche mediato da Tito Lucrezio Caro nel “De Rerum Natura” e in altri suoi scritti) ed espresse talora con il semplice acronimo “NFNSNC” o più spesso per esteso con la famosa frase “NON FUI, FUI, NON SUM, NON CURO” ? Ritieni che si trattasse di un modo persino vagamente ipocrita di esorcizzare la morte, o che invece si volesse realmente esprimere un’accettazione serena con una sfumatura quasi di stoicismo ?
E anche le famose affermazioni di Epicuro sulla morte, nella “Lettera sulla felicità a Meneceo” (laddove scrive tra l’altro: “…. la morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi: quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi …”), ritieni che fossero solo una sorta di banale rimozione e di stupido esorcismo auto-consolatorio ?
@ Bruno Rapallo…
Mi riesce sempre difficile farmi capire come vorrei di fronte al problema della morte. Ci proverò, senza alcuna garanzia di riuscirci, partendo proprio dai tuoi riferimenti classici… sia nel senso che appartengono al mondo genericamente classico, sia nel senso che sono diventati, come suol dirsi, ‘dei classici’, primo fra tutti il celebre aforisma di Epicuro. Ebbene, a me sembrano sempre manifestare una cosa sola: il tentativo… sicuramente ben congegnato, tutt’altro che superficiale, diciamo pur anche brillante… di esorcizzare comunque la morte. Ci sarebbe bisogno di auspicare e fare di tutto per procurarsi una morte serena, se non se ne avesse paura? Non escludo affatto che queste riflessioni, come altre analoghe, possano effettivamente servire per affrontare la morte senza temerla più di tanto (come del resto possono sempre fare le religioni)… ma questo non toglie, anzi lo conferma, che bisogna fare, pensare, qualcosa… che è sempre stato fatto, pensato, qualcosa… perchè a questa scadenza non si giunga impreparati. Sulla base di quale consapevolezza? Che è dolorosa, che è sempre accompagnata da quella che viene chiamata agonia, cioè una lotta che tutto l’organismo è costretto a sostenere per contrastare l’arresto definitivo di ogni sua attività. Si può, più o meno stoicamente, affrontare la morte, come si affronta il dolore, con uno sforzi di volontà inteso ad affrontarla virilmente, ‘eroicamente’… ma un qualche prezzo bisogna comunque sempre pagarlo, richiede sempre uno sforzo. Insomma, in un modo o nell’altro si cerca di esorcizzarla.
Per tornare a Epicuro. Mi sta bene la seconda parte del suo aforisma (“quando c’è la morte non ci siamo noi”), ma non è affatto vero che “quando ci siamo noi non c’è la morte”: c’è e come! E c’è proprio perchè siamo vivi, perchè accompagna tutta la nostra esistenza, costringendoci a fare, pensare, di tutto per esorcizzarla.
@ diocleziano
Mi sono permesso di usare il termine “tante” in riferimento a non credenti che però davano aspetti messianici ad altri aspetti spesso diversi: le masse, l’economia o altre cose.
Il problema è che la paura della morte è umana, fa parte dell’istinto di sopravvivenza, non credo che sia possibile liberarsene, e chi si occupa di macro-dinamiche sociali lo sa bene.
Come uscirne? Trattando la cose come qualcosa di lontano ma al tempo stesso inevitabile, riponendo le speranza e il trascendente in un cassetto, in fin dei conti se dormo profondamente per l’eternità è meglio che avere a che fare coi casini quotidiani.
Phil
Riprendendo dalla mia prima risposta voglio precisare che concordavo sostanzialmente con quanto dicevi, volevo solo affermare che l’ateismo
non può dare un sostituto al mondo fantastico dei credenti.
Per quanto riguarda la paura della morte la posso solo concepire come
paura del male, non la morte ma la vita resa inutile dal male.
Può sembrare un paradosso ma non temo la morte proprio perché ho
una vita che mi regala soddisfazioni (regala un piffero! quello che ho
me lo merito grazie alle mie qualità, buone o cattive che siano ).
Non esistono ideologie laiche, ma ideali laici.
@ Diocleziano
“Può sembrare un paradosso ma non temo la morte proprio perché ho una vita che mi regala soddisfazioni (regala un piffero! quello che ho me lo merito grazie alle mie qualità, buone o cattive che siano”
Nessun paradosso, anzi. Per come la vedo io anche la tua (e vorrei fosse anche la mia, sia ben chiaro) è una scelta dettata… non dal fatto che non temi la morte… ma dalla ricerca del modo migliore per non temerla. Non è la stessa cosa. Anche nell’ipotesi che mi possa rompere una gamba vorrei, nella circostanza, poter sopportare il dolore, o addirittura non provarlo, e, nell’eventualità, posso anche riuscirci… ma il dolore resta.
Personalmente ho paura della morte non tanto per condizionamenti religiosi (quelli se mai riguardano il dopo-morte, ma allora – in questo caso in accordo con Epicuro – non avrò più paura di niente), ma perchè la vedo (lo si vede purtroppo continuamente) come una privazione, biologica e psicologica (quest’ultima, a quanto se ne sa, prerogativa – o condanna – umana) insieme. Il che si manifesta nell’agonia per quanto riguarda l’aspetto biologico, e nella paura del nulla sotto il profilo psicologico. La prima è inevitabile, la seconda spesso viene solo rimossa. In realtà si condizionano a vicenda.
Naturalmente – proprio in relazione a quanto affermi – se la vita mi offre solo privazioni e dolore, posso anche vedere nella morta una liberazione, ma procurarsela resta sempre una scelta drammatica.
PS – Stavo temendo che questo problema del come affrontare la morte fosse OT… ma in realtà si tratta anche in questo caso di una bella ‘sfida’. Per chiunque, ma per l’ateo proprio in quanto ateo.
Buone notizie dagli U.S.A. secondo un recente sondaggio, un sondaggio molto ben fatto, in quel paese il numero degli atei e agnostici è in netto aumento rispetto al 2007.
http://www.pewforum.org/2015/05/12/americas-changing-religious-landscape/
Mi sembra che le sfide listate da Krattenmaker non siano molto applicabili alla realtà italiana. O meglio, più che sfide dell’ateismo, per la realtà italiana, mi sembrano argomenti pregiudizievoli contro l’ateismo.
Ad esempio:
A quanto pare, negli USA non sperimentano la prevaricazione prepotente e dittatoriale dell’ 8×1000.
Se i soldi delle mie tasse devono finire ai preti contro la mia volontà, beh, questa, a casa mia, si chiama esattamente prevaricazione.
Vedi sopra.
Attribuire a una certa “categoria” di persone delle caratteristiche negative, sempre a casa mia, si chiama discriminazione. Dirò di più: perfino la stessa categorizzazione in sè diventa questionabile prima ancora di essere negativamente discriminatoria. Se io non ho ragioni, e non devo averne, per fare delle distinzioni, significa che non devo fare distinzioni comunque.
Duplicazione perfetta del precedente.
La reputazione di merda arriva proprio dal pregiudizio relativo al rifiuto di dio, supposto coincidente con il rifiuto della moralità.
Ce n’è abbastanza da offendersi, altro che sfide.
E daje… quando sono gli “altri” che ti fanno sentire tale, non ci resta che piangere.
Ripeto pure io allora:
Ce n’è abbastanza da offendersi, altro che sfide.
Su questo sono d’accordo.
Però va detto che il problema si limita a certi individui, e non all’UAAR come associazione.
Io ho sempre tentato di far capire ad alcuni soci UAAR che non bisogna respingere altre associazioni solo in quanto religiose, ma piuttosto allearsi strettamente con esse in quanto laiche.