Per un genitore ateo o agnostico è meglio seguire la corrente, crescendo i figli nella religione di maggioranza, oppure cercare di essere onesti con se stessi e con la propria famiglia, offrendo un’educazione laica?
La blogger statunitense Deborah Mitchell ha scelto la strada più impervia, quella di un’educazione laica, e ci racconta questa sfida in un libro, il primo mai pubblicato in Italia sull’argomento, appena dato alle stampe grazie al progetto editoriale dell’Uaar: Crescere figli senza dogmi. La guida di una mamma agnostica (prefazione di Rosalba Sgroia; traduzione di Paola Massardo).
In tutto il mondo occidentale il numero di non credenti è in costante crescita. Sono tanti, e tanti di essi hanno figli. Una situazione per certi versi nuova e per certi versi complicata da gestire: soprattutto in quelle comunità in cui il condizionamento sociale e ambientale della religione si fa ancora sentire. Crescere figli senza dogmi non dà alcuna risposta prefabbricata: spinge invece lettori e lettrici a riflettere su come dovrebbero comportarsi nelle situazioni più disparate. Scoprendo così che alla mancanza di una fede corrisponde un’autentica ricchezza di possibili soluzioni.
Il catalogo di Nessun Dogma — che affianca la traduzione di classici inediti in Italia a opere che affrontano tematiche scottanti con un impertinente approccio laico-razionalista — comprende 19 pubblicazioni. Tra le più recenti segnaliamo Homo credens. Perché il cervello ci fa coltivare e diffondere idee improbabili di Michael Shermer; 50 motivi per cui si crede in Dio, 50 ragioni per dubitarne di Guy P. Harrison; Ateismo ragionevole di Scott F. Aikin e Robert B. Talisse; Racconti di scienza. Bugie, bufale e truffe di Darryl Cunningham; Credere alle cazzate. Come non farsi risucchiare in un Buco nero intellettuale di Stephen Law; Libro illustrato di argomentazioni errate di Ali Almossawi).
Comunicato stampa Uaar
….. « Per un genitore ateo o agnostico è meglio seguire la corrente, crescendo i figli nella religione di maggioranza, oppure cercare di essere onesti con se stessi e con la propria famiglia, offrendo un’educazione laica? »……Dice l’articolo
Direi, modestamente, che indurre i propri figli consapevolmente in errore per puro opportunismo (e questo capita sovente in Italia) è semplicemente una mancanza di rispetto non solo verso i propri figli ma anche per tutti coloro che ne saranno a loro volta influenzati…Se la verità non ha mai ammazzato gente, non credo si possa affermare la stessa cosa quando trattasi d’ipocrisia, ideologie assurde e ignoranza dando come risultante un denominatore comune : l’odio, antagonismo sociale e la maggioranza delle guerre causate, appunto, dalle religioni monoteiste : basti vedere cosa capita attualmente !
La conoscenza, esente da dogmi e qualsiasi forma d’irrazionalità, è sempre un efficace antidoto alla manipolazione, sottomissione e impotenza. Senza di essa, non possiamo fare nulla di costruttivo, possiamo solo spostare enormi problemi sociali, economici e etici, dfficilmente risorverli. -Non è un fine in sé, ma di certo un preliminare all’azione contro qualsiasi tipo di abuso e sfruttamento umano.
Purtroppo ho avuto modo nel mio brevissimo passaggio romano all’uaar (brevissimo in verità) di conoscere persone che hanno deciso di battezzare i propri figli. Spero che almeno scrivendo riconoscano di aver fatto un errore
A volte le pressioni dei parenti devono essere insopportabili.
si è vero, le pressioni sono incredibili a volte mi chiedo se ho fatto bene a non cedere per una banalità, a questo punto avrei un lavoro estremamente prestigioso per me e soprattutto uno stipendio di almeno sei volte il mio. purtroppo seguire le proprie idee costa.
Ho sempre provato molta pena per i bambini che vengono indottrinati con le religioni: è come impiantare nella loro mente un’antenna attraverso la quale poi – se non se ne liberano da soli quando arrivano l’età della ragione – vengono tutti telecomandati 🙁
Analogament a come accade in diversi tristissimi film di fantascienza 🙁
@Federix:
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Con la differenza che crescendo si puo` scegliere E togliersi dal cervello tutte le c@@@@te che ci hanno imposto i genitori almeno nelle nazioni ad alto ISU (tra cui c`e` anche l`Italia).
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Dagli insegamenti dei miei genitori (non sono battezzato) ho preso solo il meglio.
Se sei libero dentro E vuoi fare la tua strada senza essere il giocattolo di nessuno almeno qui in Italia e/o in altri paesi ad alto ISU puoi scegliere della tua vita E anche mandare aff@@@@lo parenti e genitori (almeno io ho fatto cosi` sono dieci anni che non parlo piu` con mio padre, i parenti noiosi non li vedo piu` da cinque e vivo felice e sereno).
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Discorso diverso se nasci in altri contesti (ad esempio se sei donna in qualche paese dalla religione barbittica) dove la conquista della liberta` e` moooolto piu` difficile ed a volte purtroppo coincide con il suicidarsi.
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firmato Mago Sumadart Son (colui che detesta tutte le religioni E il popolino che le segue felice e guadente pur vivendo uan vita triste e monotona).
@ sumadart son
“Con la differenza che crescendo si puo` scegliere E togliersi dal cervello tutte le c@@@@te che ci hanno imposto i genitori”
Mi sono sempre chiesto, pensando ai casi di persone credenti di mia personale conoscenza, fino a che punto il rendersi conto che le religioni sono falsità sia correlato con l’intelligenza. E mi sono risposto – almeno per ora – che una tale correlazione c’è, ma, contemporaneamente, c’è pure il fatto che persone molto intelligenti in altri campi sono credenti; quest’ultimo caso è, verosimilmente, dovuto a qualche insicurezza, o altro, che impedisce di trarre le …”corrette conclusioni” sulle religioni, ed è interessante notare, in ogni persona “intelligente in altri campi ma credente in qualche religione”, quali suoi personalissimi arrampicamenti sugli specchi fa per giustificare, a sè stessa e agli altri, la propria credenza… Quegli arrampicamenti sugli specchi che Freud chiamerebbe “razionalizzazioni” e che proprio in quanto “razionalizzazioni” (di cose di per loro irrazionali) sono pietre tombali su pensieri che la persona in questione vuole negare per motivi non razionali ma emotivi (insicurezze, dipendenze psicologiche…).
@firestarter:
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Non sai la mia vicenda personale quindi per favore abbi al decenza di non commentare.
Se ti interessa va a frignare da altri miei parenti a chiedere mie notizie E tuti mi danno ragione.
Ma per favore non conosci me ma solo il “personaggio” qui sul forum E quindi abbi la decenza umana e morale di nulla aggiungere.
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@FEderix:
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Interessante contributo il tuo lo ho letto con attenzione.
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Firmato Mago Sumadart Son (nelle vesti del suo autore umano).
io e mia moglie non abbiamo battezzate le due nostre figlie, ora di 38 e 36 anni.
Ce ne sono grate, anche se in età scolare hanno subito emarginazioni da parte specialmente di genitori di compagni di scuola ed una delle due ha avuto problemi in ambito lavorativo a seguito del non battesimo. Forse non è un caso che attualmente vivono e lavorano entrambe all’estero senza intenzione di rientrare in Italia.
D’altra parte, mia personale esperienza, ad un colloquio di lavoro mi è stato testualmente richiesto:
“Una domanda che non dovrei neanche farle, in quanto a principi morali e religiosi?
risposta:
“principi morali solidissimi, non sono credente”
Sono stato assunto.
In un’altra occasione so che la ditta che mi ha assunto ha chiesto informazioni alla parrocchia, che non ho mai frequentato.
Resto convinto che, oltre al conformismo, le spinte dei parenti etc. la volontà di non rinunciare per i figli ad agevolazioni tuttora importanti da parte del clero resti un fattore decisivo nel costringerli, anche solo formalmente, all’interno del sistema chiesa.
mario
Certamente, rimango però convinto che parenti, agevolazioni, ecc, oggi come oggi siano alla fine, in generale, un alibi che si tira in ballo per nascondere la propria mancanza di carattere e per incolpare sempre altri o altro.
E tranne casi isolati, come realtà di certi piccoli paesi, l’indifferenza della gente riguardo la religiosità/non religiosità è predominante.
@Mauro
Si vede che non hai idea della bastardaggine che la gente è capace di dimostrare.
Bene avere figlie grate. Ma sfugge che cosa ci sarebbe di diverso nella loro vita se circa 40 anni fa avessero partecipato a un rito di cui non potrebbero comunque avere contezza. A meno che non fosse un rito magico, cosa che qui ovviamente si nega… Come dire mi sono grate che a tre anni non gli facevi indossare biancheria sintetica. Bene, ma non è un po’ troppo della gratitudine per una cosa così risibile? Mi aiuti a capire.
Certamente, essere stati battezzati in sé è assolutamente nulla, il problema è
che di solito a questo nulla segue un condizionamento che si protrae per sempre
se l’individuo non decide di porvi fine. Quindi non battezzare i figli è solo un buon inizio, ed è di questo che le due ragazze sono grate. Di non aver avuto genitori condizionati e condizionanti.
Poi, certo, ci sono anche figli che sono grati ai loro genitori per averli allevati nelle
certezze della fede e fornendogli una morale precotta che li solleva dall’affanno di decidere autonomamente e consapevolmente. Condizionamento, appunto.
Due i punti interessanti di ciò che dici Diocleziano
Il primo è che sembra che basti educare un figlio alla non religiosità per essere “genitori non condizionanti”. E che il fatto di essere “non condizionanti” sia in sé una cosa buona. Ma che dici di genitori che comunque insegnano dei valori (tipo l’onestà) ai figli? Non sono forse essi stessi a modo loro condizionanti? O c’è qualcosa di più condizionante nel dire “rubare è un peccato” piuttosto che dire “rubare è disonesto”?
La seconda domanda (collegata alla prima) è sulla “morale precotta”, sei davvero sicuro che insegnando comunque dei valori ai propri figli non si insegni comunque una “morale precotta”? Mi spiego meglio educare alla “tolleranza per il diverso orientamento sessuale” (cosa giustissima, non la contesto, né) non è comunque fornire una “morale precotta”? D’altronde l’atteggiamento culturalmente più diffuso nella storia salvo certi periodi è l’intolleranza, la tolleranza che noi stimiamo buona è un prodotto culturale dell’occidente. Quindi una morale “precotta” da anni di cultura open minded. In altri termini com’è che una forma di morale è precotta e l’altra no? Cosa le distingue per un bambino?
@Umm
Io sono grato ai miei genitori per tante cose, salvo questa: non praticanti entrambi, sicuramente non credente mio padre, hanno costretto me e mio fratello ad una osservanza base dei precetti cattolici (messa alla domenica, confessione e comunione almeno una volta all’anno fino a quando siamo usciti di casa in età universitaria). Erano persone istruite e colte, non rozzi contadini.
Con le mie figlie mi sono comportato diversamente, non bandendo religione e parrocchia ma non rendendole automatiche e obbligatorie.
A tutti i bambini raccontiamo la storia di babbo natale, ma se ci credono quando crescono li aiutiamo a capire che è una favola. Con la religione il comportamento è diverso, siamo più tranquilli se la favola non è ripudiata.
Sul fatto poi che comunque un genitore influenza i figli, sono d’accordo: se gli insegna ciò a cui non crede, siano essi precetti religiosi o etici, è un ipocrita e un cattivo educatore.
mario
Beh si, vero, o genitori devono insegnare ciò che credono non ciò in cui non credono. L’incoerenza è difficile da perdonare.
Umm
Il punto è quale sia la giustificazione di ciò che fai o dici. Da un lato una prospettiva che si basa sulla ragione e l’evidenza, dall’altro su idee irrazionali. Se per un puro caso queste, a volte, come un orologio fermo che due volte il giorno segna l’ora giusta, ci azzeccano, lo fanno non in virtù dei loro fondamenti ma semplicemente perché qualche volta sono ragionevoli. E le volte che lo sono non validano certo l’intero corpo di idee che rappresentano e che si pretenderebbero per ciò stesso buone.
Se qualcosa è basato sulla ragione si può valutare il contesto e, nel caso, eventuali eccezioni. Se ne può discutere. Si può cucinare secondo una nuova ricetta. Se invece si pretende di seguire presunta la volontà di un presunto dio non si ha alcuna possibilità di sapere cosa pensi circa quel contesto e se ha cambiato idea (o testamento) in merito.
A meno che si pensi che – in proprio o su delega – si abbia presunto accesso alle presunte idee del presunto dio e quindi si possa presuntivamente sapere quale sia l’idea che ha in proposito o se l’entità immutabile e onnisciente dovesse averla cambiata. Ti renderai conto che una morale basata su questi presunti principi ed entità, che presuntivamente pretende di essere pure assoluta, è presuntivamente dubbia e sicuramente presunta.
Ecco perché “condizionare” all’uso di idee flessibili, basate invece su conoscenze attendibili, correggibili e falsificabili è meglio di “condizionare” ad idee che non lo sono per niente o pochissimo.
Forse alcuni “condizionamenti” sono meglio di altri? Succede anche per i cibi precotti.
alessandro pendesini, sotto, esprime bene, in altri termini, il medesimo concetto.
sopra
non si pretende di seguire presunta la volontà
ma: la presunta volontà
C’è una frase che con tutti quei “presunto” mi ha un po’ confuso. Ad ogni modo…
La logica prevede regole per partire da degli assunti veri o falsi e stabilire se degli assunti che ne derivano sono veri o falsi. Nulla dice sulla verità o falsità degli enunciati iniziali. Però dice molto sulla “ragionevolezza” delle conclusioni finali.
Ora tacciare di “irrazionalità” chi fa funzionare il cervello a partire da enunciati che noi riteniamo falsi mi pare una conclusione illogica. In altri termini la veridicità o meno delle premesse non dice nulla sulla logicità delle conclusioni e sulla razionalità del soggetti che le trae.
Scrivo da mobile perdonate la selva di refusi.
Umm
Se la questione della verità delle premesse ti pare poco e ti accontenti della logicità del procedimento accomodati.
I “presunti” che ti confondono sono le premesse e le conclusioni a cui si sarebbe applicata la “logica”, qualora non si possa accertare né la verità delle premesse né quella delle conclusioni che si basano su quelle, anche se correttamente dedotte.
Non c’è niente di illogico nel contestare qualcosa di irragionevole.
A meno che invece non si pretenda qualcosa come ragionevole senza provare che lo è, specie se contravviene a quanto si conosce in modo attendibile e perciò è altamente improbabile. Vale pure per le premesse, non solo per le deduzioni, fossero pure formalmente corrette.
@Umm
C’è chi su enunciati privi di fondamento logico fonda le basi di movimenti terroristici. In passato un ometto dal baffetto molto curato ha compiuto stragi in nome delle sue convinzioni. Avresti problemi a definirli illogici?
Perdonate, ma secondo me non ci siamo. Un conto è la razionalità dei ragionamenti, un altro conto è il contenuto di verità. Se dico sto a Milano, Milano è in Italia, quindi sono in Italia, applico correttamente la logica e dico una cosa vera. Se dico sto a Milano, Milano è in Svezia, quindi sono in Svezia, applico comunque la logica in maniera corretta, ma non dico una cosa vera per il fatto che l’enunciato “Milano è in Svezia” è un enunciato dal valore falso. Ho la sensazione che nei vostri post confondiate la verità di un enunciato con la sua razionalità. In altri termini siete così preoccupati di disfarvi dell’acqua sporca del bagnetto che gettate via pure il bambino 🙂
@gmd85 non ho problemi a definire “immorali” i comportamenti dell’uomo col baffetto, né a definirli “criminali”. Quanto all’illogicità non ne sono tanto convinto. Mi paiono le conseguenze logiche delle premesse del mein kampf… che tutto ciò sia aberrante, che noi non lo si possa assolutamente accogliere, non significa che sia anche irrazionale.
@Stefano la questione delle verità delle promesse ovviamente non è poco, ma non è oggetto di questa mia riflessione il cui scopo non è discutere di educazione cristiana o atea, né se Dio esista o meno, ma solo valutare se sia possibile essere “razionali” pur partendo da premesse che tu giudichi “false”. Entrare o meno nel merito della falsità delle premesse ci riporterebbe ad altre discussioni che qui sono state ampiamente trattate da altri e che mi sembra al momento poco sugoso ripetere, perché ci porterebbe altrove dal tema che è se si possa educare in maniera razionale indipendentemente dai principi religiosi o atei o agnostici da cui si parte 😉
Perdonate, ma secondo me non ci siamo. Un conto è la razionalità dei ragionamenti, un altro conto è il contenuto di verità. Se dico sto a Milano, Milano è in Italia, quindi sono in Italia, applico correttamente la logica e dico una cosa vera. Se dico sto a Milano, Milano è in Svezia, quindi sono in Svezia, applico comunque la logica in maniera corretta, ma non dico una cosa vera per il fatto che l’enunciato “Milano è in Svezia” è un enunciato dal valore falso. Ho la sensazione che nei vostri post confondiate la verità di un enunciato con la sua razionalità. In altri termini siete così preoccupati di disfarvi dell’acqua sporca del bagnetto che gettate via pure il bambino 🙂
@gmd85 non ho problemi a definire “immorali” i comportamenti dell’uomo col baffetto, né a definirli “criminali”. Quanto all’illogicità non ne sono tanto convinto. Mi paiono le conseguenze logiche delle premesse del mein kampf… che tutto ciò sia aberrante, che noi non lo si possa assolutamente accogliere, non significa che sia anche irrazionale.
@Stefano la questione delle verità delle promesse ovviamente non è poco, ma non è oggetto di questa mia riflessione il cui scopo non è discutere di educazione cristiana o atea, né se Dio esista o meno, ma solo valutare se sia possibile essere “razionali” pur partendo da premesse che tu giudichi “false”. Entrare o meno nel merito della falsità delle premesse ci riporterebbe ad altre discussioni che qui sono state ampiamente trattate da altri e che mi sembra al momento poco sugoso ripetere, perché ci porterebbe altrove dal tema che è se si possa educare in maniera razionale indipendentemente dai principi religiosi o atei o agnostici da cui si parte 😉
PS
Per Admin l’altra copia è mia, ho solo sbagliato a trascrivere la mail. Si può tralasciare.
Umm
No, no, tranquillo, non confondiamo.
E ora ti chiedo come si faccia a valutare il contenuto di verità di un assunto indimostrabile, suppostamente infalsificabile, che viola il corpus di conoscenze disponibili e che tramite un rigoroso ragionamento porta a conclusioni della medesima qualità.
@Umm
Se i presupposti non sono validi, è irrazionale.
L’hai spiegato da solo. Mi sembra che tu ricada troppo nel concetto di relativismo. Va bene fino a un certo punto, ma non a ogni costo.
@ Umm
No mi pare da poco il fatto che si possa verificare se Milano è in Italia o in Svezia. Se invece pongo come assunto che è in Svezia anche se non c’è modo di verificare il contrario il contenuto di verità dell’enunciato è nullo in quanto infalsificabile. Fai pure i ragionamenti più rigorosi da qui in poi ma non vai da nessuna parte.
Stefano mi hai concesso che è un ragionare. Mi basta 😃
@ Umm
Un simulacro di ragionamento non è un ragionamento. Tanto peggio se si pensa che lo sia. Comunque se ti accontenti fai pure…
La morale, ma più esattamente l’etica, non consiste nell’insegnare favole, o predisporre bambini ma anche adulti, a prendere “lucciole per lanterne” ! Ma aiutuare a ragionare, capire, distinguere una proposizione errata o assurda da una che non lo è ! Insegnare cose o entità immaginarie, mitologiche o pure illusioni, delle quali NON esiste l’ombra di una prova e spesso addirittura contrarie alle leggi della fisica, cioé irrazionali e quindi indurre in errore, è tutto salvo Educare, informare e descrivere obiettivamente cio’ che la Scienza ci rivela; pur tenendo conto che non va considerata esatta e ancora meno assoluta ! Ma che è l’unico mezzo razionale che abbiamo a disposizione per evitare di confondere le nostre illusioni e/o convinzioni con la nostra, anche se limitata, realtà. I nostri sensi ci suggeriscono che il sole gira intorno alla terra (geocentrismo); sappiamo pero’ che non è cosi : e questo è la scienza, non l’intuizione o filosofia che l’insegna….
Utile sistema educativo per un vulcaniano. Resta la curiosità di capire le modalità in cui al “fanciullo” dopo aver raccontato il perché (causale) soddisferà la sua curiosità riguardo al perché (finale e di significato). Suppongo che potrà abolire il cristianesimo o quant’altro, ma dovrà pur ricorrere a qualche forma di mitologia… Foss’anche la dea ragione (che ovviamente sarà chiamata diversamente) o l’amore o una qualche filosofia che pone alla base di tutto il caos. No?
Umm
ma a te va bene qualsiasi “perché finale”? Il problema se le cose stiano in quel modo non te lo poni?
E con quale criterio comune scegli tra perché? O hai criteri ad hoc per “perché” ad hoc? Insomma basta il “perché” che ti sei trovato tra i piedi per accidente di nascita?
Ti faccio una rivelazione sconvolgente: esistono miliardi di atei.
Perché?
@Umm
I bambini, sembrerà strano – neanche tanto – sono capaci di associazioni di pensiero ben più lineari e dirette di quelle degli adulti.
@gmd85
Concordo sulle capacità dei bambini.
@Stefano
“con quale criterio si sceglie tra i perché”? Ottimo, direi che sei arrivato al punto della domanda implicita nel mio post. Dopo la spiegazione scientifica e razionale del “come”, arriviamo al campo più sdrucciolevole dei “perché”. Non è possibile eludere la domanda. Tu sembri criticare il “il perché che ti sei trovato tra i piedi per accidente di nascita” che, tuttavia è il criterio storicamente più usato (nel senso che di solito l’educazione che ricevi dipende dai genitori che hai ricevuto e che questo è determinato dal caso, o come lo chiami tu dall’accidente di nascita). Questo criterio, converrai, ha il criterio della “economicità”. Uno dei mezzi di cui si serve la natura (anche quella umana) per svilupparsi. Ne hai di migliori? O più esplicitamente: secondo te come si può risolvere razionalmente la domanda dei perché. O come l’hai risolta nel tuo privato se hai figli. E per non essere astratti. Quando muore una nonna, al di là della spiegazione pratica “il corpo invecchia, si usura etc etc)” al “perché ho perso la nonna” di tipo esistenziale che risposta suggerisci? NB lo chiedo in modo serio e fuori di polemica. Spero si sia capito.
@Umm
Intanto, questo stramaledetto perché risente del significato ontologico che gli è stato affibbiato. Se lo si considera sempre in quest’ottica è chiaro che possa sembrare difficile da affrontare. Inoltre, non esiste IL perché, non si può dire a priori come spiegarlo. Si gestisce volta per volta.
@ Umm
Non vedo perché i “perché ” che uno si trova tra i piedi dovrebbero essere migliori di quelli che si trovano un po’ più in là. Perché è comodo? E poi, non mi pare ci siano molti cambiamenti di “perché ” tra la gente, in genere ognuno si tiene quelli che gli sono capitati per accidente di nascita. Aggiungi che per le caratteristiche che ti ho elencato i “perché ” hanno contenuto autoimmunizzante e comprenderai che i tuoi rigorosi ragionamenti sui contenuti di verità non si applicano per niente ai “perché “.
La vita ha le sue regole, ci piacciano o meno. Conoscerle e vivere sapendole accettare quando non ci si può fare niente o darsi da fare per cambiarle quando possibile mi pare preferibile è più onesto intellettualmente che sovrimporle improbabili e inverificabili perché. E tanto meglio se tutto questo si impara, gradualmente, sin da piccoli.
Lasciami capire, Stefano, intendi che è meglio insegnare ai piccoli che non è il caso di domandarsi nulla circa i perché, perché tanto non si cava un ragno da un buco? Ho interpretato correttamente? Un senso non sarà mai una conquista solida perché sfugge alla razionalità?
@ Umm
Sto dicendo che i perché non hanno uno status diverso dal resto delle cose di questo universo. Pretendere che lo abbiano senza dimostrarlo, solo perché fa comodo, è come pensare che il desiderio che piova faccia piovere. Liberissimo di spacciare dedideri per realtà, non te la prendere se qualcuno te lo fa notare
Umm
Non vedo perché tu ti sorprenda nel tuo ultimo intervento. Rigetti tutti i “perché ” (quelli con il presunto status particolare) diversi dal tuo, probabilmente per gli stessi motivi per cui li rigetto io e ti scandalizzi perché uso i medesimi criteri col tuo, solo perché tu non lo fai? Sei tu che devi dare spiegazioni, non io.
Umm
Basta non porsi il problema del contenuto di verità e continuare a pensare di essere razionali…
Gmd85 è curioso che usi l’aggettivo stramaledetto associato al perché. Si tratta di un aggettivo casuale o di una voce dal sen fuggita? Lo scrivo perché spesso le cose che non riusciamo a gestire ci creano fastidio. Oh non ti sto facendo della psicanalisi. Sto solo ragionando insieme.
Maledetto mobile ti ho risposto in un punto sbagliato.
@Umm
Un aggettivo volutamente utilizzato per rendere un’iperbole. Dico che gli si conferisce troppa importanza. Non pretendo che non lo si analizzi, ma non condivido l’aura mistica che gli è stata costruita attorno.
@ Umm
“Lasciami capire, Stefano, intendi che è meglio insegnare ai piccoli che non è il caso di domandarsi nulla circa i perché, perché tanto non si cava un ragno da un buco? Ho interpretato correttamente? Un senso non sarà mai una conquista solida perché sfugge alla razionalità?”
Mi pare che sia proprio l’indottrinamento religioso e cattolico a inculcare fin dall’infanzia precetti preformati senza chiedersi alcun perché (vedi il verso dantesco: state contente umane genti al quia, che è il perché esplicativo, contrapposto al cur, che è il perché dubitativo, se ricordo cose studiate 50 e più anni fa).
Il catechismo, almeno ai miei tempi, era fatto di asserzioni e di spiegazioni tautologiche, deduzioni, dimostrazioni e dubbi erano assolutamente scoraggiate e bandite.
L’affermazione di una verità per via di fede non vale in nessuna altra attività umana, vedi la ricerca scientifica (nessuno accetterà una verità scientifica non dimostrabile o non corroborata da fatti concreti), i rapporti economici e finanziari (nessuno ti darà denaro sulla tua affermazione che lo ripagherai dopo morto), rapporti familiari e sociali (nessuno crederà che la propria moglie o figlia sia rimasta incinta per opera di un non ben definito spirito santo).
mario
@Mario47
Sulle gravidanze miracolose permettimi di correggerti. C’è chi ci crede.