Il catalogo di Nessun Dogma, il progetto editoriale lanciato nel 2012 dall’Uaar, si arricchisce in questo mese di dicembre di due nuove pubblicazioni.
In Perché crediamo in Dio (o meglio, negli dèi) lo psichiatra statunitense J. Anderson Thomson (insieme a Clare Aukofer) ci spiega come e perché la nostra mente genera le credenze religiose. La sua ricerca sui meccanismi cerebrali e sull’evoluzione della nostra psiche, condotta con l’ausilio delle neuroscienze, non è diversa da quella di un astronomo nei confronti di un corpo celeste. Le forme religiose e le affermazioni sul sovrannaturale possono infatti essere valutate come qualunque altro fenomeno. Il merito di questo libro è di farlo in maniera concisa, ma senza lasciare nulla d’intentato. È la via più veloce per comprendere il funzionamento di un fenomeno umano dal gigantesco impatto sulla vita di tutti. Anche di chi non crede. Il volume si apre con la prefazione di Richard Dawkins, uno dei più famosi e autorevoli biologi al mondo, autore di fondamentali opere quali Il gene egoista come del bestseller L’illusione di Dio.
In Dio probabilmente non esiste. Un libro sul non credere negli dèi (con illustrazioni di Vanja Schelin) lo svedese Patrik Lindenfors sollecita gli adolescenti a ragionare sull’esistenza o meno di Dio. L’autore parte dall’assunto che non esistono “bambini cristiani”, “bambini musulmani” o “bambini indù”: in realtà quando si usano queste definizioni si fa riferimento a figli di genitori cristiani, musulmani o indù, dando per scontato che un bambino abbia la stessa fede dei suoi genitori. Tutti però nasciamo con un nostro cervello: usiamolo — è l’invito dell’autore — e non lasciamo agli altri la nostra libertà di scelta. Questo libro si rivolge a chiunque si stia chiedendo se Dio esista e spiega perché molte persone credono che non esista alcun Dio. Utile strumento di riflessione, fa il paio con il volume Forse sì, forse no. Una guida per giovani scettici di Dan Barker, pubblicato da Nessun Dogma in marzo, costituendo una versione destinata a chi ha qualche anno in più.
Il catalogo di Nessun Dogma — che affianca la traduzione di classici inediti in Italia a opere che affrontano tematiche scottanti con un impertinente approccio laico-razionalista — comprende 21 pubblicazioni. Tra le più recenti segnaliamo Crescere figli senza dogmi. La guida di una mamma agnostica di Deborah Mitchell; Homo credens. Perché il cervello ci fa coltivare e diffondere idee improbabili di Michael Shermer; 50 motivi per cui si crede in Dio, 50 ragioni per dubitarne di Guy P. Harrison; Ateismo ragionevole di Scott F. Aikin e Robert B. Talisse; Racconti di scienza. Bugie, bufale e truffe di Darryl Cunningham; Credere alle cazzate. Come non farsi risucchiare in un Buco nero intellettuale di Stephen Law; Libro illustrato di argomentazioni errate di Ali Almossawi.
“In ‘Perché crediamo in Dio (o meglio, negli dèi)’ lo psichiatra statunitense J. Anderson Thomson (insieme a Clare Aukofer) ci spiega come e perché la nostra mente genera le credenze religiose. La sua ricerca sui meccanismi cerebrali e sull’evoluzione della nostra psiche, condotta con l’ausilio delle neuroscienze, non è diversa da quella di un astronomo nei confronti di un corpo celeste.”
Piccola (o grande) provocazione.
Ma c’è proprio bisogno di ricorrere alle neuroscienze per rispondere alla domanda “perchè crediamo in dio?’
Si può credere in dio per ‘rispondere’ (in modo alienante … meglio lo dica subito!) ad un’esigenza determinata dalla condizione umana, la quale, ad un certo momento del processo evolutivo (‘momento’ che – per ragioni complesse che adesso qui tralascio – non conosceremo mai), si è trovata dotata della consapevolezza del destino individuale… vale a dire della fine di un’esistenza individuale che ‘serve alla specie’, ma non all’individuo. Il quale, anche se inconsapevolmente, per l’istinto di sopravvivenza proprio di ogni essere vivente, può sentire, e vivere, questo esito come una privazione insopportabile. E non l’accetta. si ribella. Come? Postulando un’esistenza in qualche modo sperimentabile anche dopo il dissolvimento del corpo (lo so che sto tagliando con l’accetta… ma siamo pur sempre in un blog 🙂 )
Quale il ruolo delle neuroscienze? A questo punto il discorso si sposta sul valore delle conoscenze scientifiche, le uniche che possiamo chiamare vere conoscenze in quanto verificabili (o falsificabili)… ma che – a meno di postulare un modifica radicale della condizione umana relativamente alla consapevolezza di cui sopra – non potranno che ‘descrivere’ come nel nostro cervello si forma questa esigenza di un ‘aldilà’, ma non eliminarla come esigenza. Se non rimettendosi alla fantascienza… un genere che – guarda caso – si esercita (in modo godibilissimo se di buon livello, sia ben chiaro), tratta spesso di dimensioni ‘altre’, che vanno ‘aldilà’ della condizione umana.
Allora le neuroscienze? Preziose, ma per fare in modo che il nostro cervello funzioni nel modo migliore possibile.
Bruno Gualerzi
Le neuro scienze possono anche spiegare l’evoluzione (o involuzione) del pensiero che porta alla credenza negli dèi ma, secondo me, non possono spiegarne la degenerazione sviluppata nei millenni. Intendo: la credenza in entità invisibili sarebbe destinata all’estinzione spontanea mano a mano che le conoscenze non lasceranno spazio razionale a quelle. Il problema sta nel peccato originale della nascita degli dèi: sono concepiti e perpetuati artificialmente da gente che ne ha interesse. Neuro scienza sì, forse, intesa come psicopatologia.
@ Diocleziano
Ma la tesi del libro (che ovviamente non ho letto) è ‘Perchè crediamo in dio’. Io non dico che la condizione umana comporta senz’altro la credenza in dio, ma che determina le condizioni perchè nasca l’esigenza di ‘sperare’ nella possibilità di una vita, diciamo genericamente ultraterrena. Non credo che un potenziamento della razionalità dovuto all’evoluzione possa portare ad eliminare questa esigenza… a meno che non si modifichi radicalmente la condizione umana. In che modo non saprei dire… mentre ritengono di saperlo coloro che credono nell’aldilà, con o senza dei, ma in quanto superamento della condizione umana.
In quanto alle neuroscienze subentra la questione del rapporto tra ragione e fede, per cui la fede (chissà quante volte se n’è discusso nel blog) non tenendo conto della ragione, a mio parere, la potrà sempre ‘scavalcare’. Ovviamente creando fantasmi.
E non ridurrei il il fenomeno ‘religione’ semplicemente alla strumentalizzazione di questa esigenza… strumentalizzazione che certamente c’è, ed è quella che mantiene in vita le religioni come istituzione… ma queste istituzioni si mantengono in vita proprio perchè possono sfruttare un esigenza che, in quanto esigenza, è reale.
Le religioni positive, storiche, istituzionalizzate, potranno estinguersi (almeno si spera, lo spero, anche guardando all’attualità non sono molto ottimista), ma le domande esistenziali ritengo che si ripresentino continuamente nonostante i progressi – di per sè assolutamente auspicabili – della scienza.
A meno che, ripeto, non venga modificata nei suoi aspetti strutturali, fondamentali, la condizione umana.
@Bruno :
Potrei anche ammettere che la letteratura e filosofia ci dia una comprensione dell’essere umano più profonda di quanto non faccia la scienza. Questa comprensione si indirizza alla nostra capacità interpretativa, e ci permette di “sentire” le situazioni a noi sconosciute. Ma non ci permette di determinare le cause e gli effetti. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario procedere scientificamente, di far variare alcuni parametri e cercare di individuare quelli su cui possiamo dire qualcosa….
-Mi sia concesso far notare che la Neuroscienza –e non la filosofia- modifica profondamente, e nei dettagli, la percezione che l’individuo umano ha di se stesso, della sua origine, la sua evoluzione, del suo sviluppo dal concepimento e nascita fino alla morte.
P.S.Quando Lemaître sostiene l’idea che l’universo si sta espandendo ed Einstein non ci crede, uno di loro ha ragione, l’altro torto. Tutti i risultati di Einstein, la sua reputazione, la sua influenza sul mondo scientifico, la sua immensa autorità non contano. Le osservazioni gli danno torto, e la discussione è chiusa. Questo sconosciuto, questo piccolo sacerdote belga ha ragione. Punto…Ed è proprio questa tutta la forza del pensiero scientifico !
@ bruno gualerzi
Premetto, a scanso di ogni equivoco, che non sono tra quelli che denigrano la filosofia, anzi. Detto questo non vedo il motivo di contrapporre scienza e filosofia. La seconda, se vuole produrre conoscenza fruibile e attendibile, non può prescindere dalla prima, né nelle premesse né nelle conclusioni, almeno in linea di principio. Se la filosofia è speculazione deve esserlo con metodo.
Quindi non capisco perché ad ogni studio sul cervello si sia pronti a tirar fuori filosofia o letteratura, scambiando i processi del pensiero con il suo contenuto.
Io il libro l’ho letto e Thomson non parla (solo) di sinapsi o neurotrasmettitori: dentro c’è anche filosofia, ma fondata su conoscenze attendibili.
Dalla conferenza di J. Anderson Thomson mi sembra di aver capito che si parli di meccanismi cognitivi presenti per altri usi ma che sono poi stati usati dalle idee religiose in modo combinato. Viene fatto l’esempio dell’alimentazione, di come a livello primitivo si sia attratti da zuccheri, grassi e sale, perché sono rari e danno calorie, e di come il fast food abbia risposto questo bisogno, fornendo una soddisfazione facile e sovradimensionata al bisogno. In un’altra conferenza Thomson ha mostrato un’immagine di Ratzinger con la mitra piena di patatine fritte: la psicologia del Big mac, dice, è la stessa delle religioni. Non si nega o non si cancella il bisogno, ma capire i meccanismi di base può aiutare, allo stesso modo in cui si può capire su quali bisogni fa leva il marketing. Anche per quanto riguarda i valori della religione, la solidarietà p.e., che erano preesistenti, ma che le religioni hanno costruito come loro idee esclusive.
Consiglio la visione della presentazione, molto chiara e interessante.
@ Stefano tm
E’ l’amico pendesini che ha tirato in ballo la filosofia 🙂
Personalmente ritengo che scienza e filosofia (scusa se mi cito, ma su questo tema ho riflettuto nel mio sito e compare – o compariva – anche come ‘contributo’ nel sito UAAR) siano espressione di due modi di ‘utilizzare’ UNA STESSA RAGIONE, per cui non ha senso parlare di contrapposizione. Per quanto mi riguarda (ma si tratta, appunto, di ‘un modo’ di usare la ragione) sono i temi esistenziali che mi interessa affrontare razionalmente… il che ovviamente non può non tener conto dei risultati di altri modo di usare la ragione. Soprattutto per quanto riguarda la scienza, va da sè.. ma va anche da sè che si tratta di una distinzione, come dire, strumentale (nel senso buono del termine), perchè in realtà… e torno al punto di partenza… è dell’uso della stessa ragione che si tratta.
Poi, certo, esistono tesi filosofiche che, proprio trattando di temi esistenziali, valorizzano l’irrazionale a scapito della razionalità… ma lo possono fare intanto pur sempre ragionando (come ad esempio, Schopenhauer, tramandato ‘scolasticamente’ come un denigratore della razionalità, oppure Leopardi, grandi ragionatori) ma solo, se mai, perchè non si riconoscono in un certo modo di intendere la razionalità. E offrono comunque un contributo alla conoscenza… il che – e qui se mai scatta la polemica – è negato da certi ‘sacerdoti’ (così li chiamo 🙂 ) della scienza.
PS: Mi fa piacere sentire che nel libro in questione… non si parla solo di sinapsi.
@ Stefano tm
E’ l’amico pendesini che ha tirato in ballo la filosofia 🙂
Personalmente ritengo che scienza e filosofia (scusa se mi cito, ma su questo tema ho riflettuto nel mio sito e compare – o compariva – anche come ‘contributo’ nel sito UAAR) siano espressione di due modi di ‘utilizzare’ UNA STESSA RAGIONE, per cui non ha senso parlare di contrapposizione. Per quanto mi riguarda (ma si tratta, appunto, di ‘un modo’ di usare la ragione) sono i temi esistenziali che mi interessa affrontare razionalmente… il che ovviamente non può non tener conto dei risultati di altri modo di usare la ragione. Soprattutto per quanto riguarda la scienza, va da sè.. ma va anche da sè che si tratta di una distinzione, come dire, strumentale (nel senso buono del termine), perchè in realtà… e torno al punto di partenza… è dell’uso della stessa ragione che si tratta.
Poi, certo, esistono tesi filosofiche che, proprio trattando di temi esistenziali, valorizzano l’irrazionale a scapito della razionalità… ma lo possono fare intanto pur sempre ragionando (come ad esempio, Schopenhauer, tramandato ‘scolasticamente’ come un denigratore della razionalità, oppure Leopardi, grandi ragionatori) ma solo, se mai, perchè non si riconoscono in un certo modo di intendere la razionalità. E offrono comunque un contributo alla conoscenza… il che – e qui se mai scatta la polemica – è negato da certi ‘sacerdoti’ (così li chiamo 🙂 ) della scienza.
PS: Mi fa piacere sentire che nel libro in questione… non si parla solo di sinapsi.
Beh magari leggi il libro prima, no?
Ma c’è proprio bisogno di ricorrere alle neuroscienze per rispondere alla domanda “perchè crediamo in dio?’
@Bruno
Sono molti, non solo in Italia, ad esempio,, convinti che il concetto di dio è innato ! Ed è proprio la neuroscienza che ha potuto dimostrare razionalmente (ma anche tramite reperti storici) il contrario. Quindi è errato sostenere che si nasce credente ! Si nasce predisposti a credere, come si nasce predisposti a parlare…ma qui siamo nell’epifenomenale cioé acquisito o imposto, di certo non innato.
P.S. :-L’uomo teme che l’assurdo prevalga sulla aspirazione umana alla razionalità. Da questa paura irrazionale, o angoscia, nasce la necessità intellettuale di cercare un significato nascosto, sovente fantasmatico, in tutto ciò che accade.
@ alessandro
Scusa, ma non credodsi sostenere qualcosa di diverso sia pure non ricorrendo alle neuroscienze. Le quali se mai conferiscono valore strettamente scientifico (ricorrendo a procedimenti propri della scienza sperimentale) a questa convinzione. Tu sostieni poi, in altro intervento, che solo le neuroscienza impostano la questione in modo da determinarne le conseguenze… ma qui entra in ballo il problema del determinismo. Affrontato tante altre volte.
alessandro pendesini
Dall’esempio che hai fatto di La Matre e Einstein presumo che, come me, tu abbia letto il bellissimo libro “La realtà non è come ci appare”, di Carlo Rovelli.
L’idea di una vita dopo la morte ha probabilmente germinato quando i nostri antenati hanno sviluppato la capacità cognitiva (il passaggio di una cognizione mentale di circa 6 anni ad oltre 6 anni) non solamente di capire che sarebbero morti un giorno, ma anche chiedersi se la morte era definitiva o se qualcosa esisteva oltre la tomba.
Il fatto che i morti continuano a “vivere” nei pensieri e sogni ha certamente contribuito ad accreditare questa seconda possibilità. Da questi pensieri e sogni, particolarmente effimeri, è iniziata la credenza fantasmatica che uno “spirito” –immortale- rimaneva dopo la morte. Questa è la genesi dell’ animismo, miti e credenze irrazionali iniziata, molto probabilmente secondo certi reperti archeologici, circa 400.000 anni fa.
Da notare che il nostro encefalo si istruisce principalmente perché è in grado di gioire della riuscita di un « successo », di agire, di capire, di immaginare, di rappresentare, di trasmettere ciò che il cervello limbico gli suggerisce essere vero, a torto o a ragione, ma anche –e soprattutto perché soffre quando alle domande che si pone non esistono risposte. L’angoscia, o paura irrazionale, (dovuta alla nostra incommensurabile ignoranza esistenziale) inizia quando non abbiamo risposte pertinenti alle domande che ci poniamo…..
N.B. Se avessimo potuto mettere la testa di Santa Teresa d’Avila nella camera a positroni (o positoni), IRMf ecc.. durante i suoi periodi d’estasi mistica, avremmo potuto dire se si trattava, si o no, di un’allucinazione e se non fosse in preda a crisi epilettiche ! Pascal era anche lui, più che probabilmente, vittima di allucinazioni. Aveva a volte l’intero lato sinistro del suo campo visivo invaso dalle fiamme…
@ alessandro… (ti aspettavo 🙂 )
“L’angoscia, o paura irrazionale, (dovuta alla nostra incommensurabile ignoranza esistenziale) inizia quando non abbiamo risposte pertinenti alle domande che ci poniamo….”
Perchè ‘irrazionale’? Tu dici perchè non abbiamo risposte pertinenti… ma con che cosa stabiliamo che non abbiamo risposte pertinenti se non ragionando? Il fatto che non troviamo risposta, significa che non esistono le domande? E, in ogni caso, le domande cosiddette esistenziali di cosa sono frutto? Non certo di una qualche forma di ‘spiritualità’, di idee innate, e sicuramente dipendono dall’anatomia e fisiologia del cervello, a sua volta sicuramente in continua evoluzione, ma un’evoluzione che non credo possa mutare la condizione umana, del singolo uomo… almeno fino a quando la sua esistenza si snoderà nell’arco di tempo che va dalla vita alla morte. Questo – a mio parere – è il vero dato ‘oggettivo’ dal quale ogni analisi scientifica non può prescindere. Usando la ragione, certo, la quale a mio parere non è altro (si fa per dire) che un istinto tra gli altri istinti di cui l’evoluzione ha dotato l’uomo.
E come tutti gli istinti , può essere allo stesso tempo impulso vitale e impulso mortale… ma qui si apre un altro discorso.
Scusa alessandro, non avevo letto il tuo intervento delle 22.20 (stavo elaborando il mio.. e sono sempre piuttosto lento)… ma credo che nella sostanza questo valga anche come confronto col tuo precedente.
@Bruno
Quando alludo a « paure irrazionali » non faccio riferimento alla paura naturale, viscerale, innata ; guai se non esistesse ! Ma alla paura eccessiva, duvuta a fobie o patologica , non solamente ma anche alla paura epifenomenale, acquisita da una educazione dubbia, mistica, mitica, tipo castigo, dannazione, inferno, pene eterne ecc… che non ha più niente a che vedere con la necessaria paura innata.
…. Usando la ragione, certo, la quale a mio parere non è altro (si fa per dire) che un istinto tra gli altri istinti di cui l’evoluzione ha dotato l’uomo…..
La ragione o astrazione mentale non è un istinto ! Non si nasce « ragionevoli », ma predisposti a ragionare. Il modo in cui possiamo ragionare è acquisito e variabile, dipende quasi interamente dalle persone che frequentiamo, educatori ecc.. Se dovessimo isolare un bambino sin dalla nascita, evitando di parlargli, ma anche mimare o un qualsiasi legame affettivo, non impararebbe ne a parlare e ancora meno a ragionare, e sarebbe praticamente incapace di empatia; esteriorizzerebbe solamente i suoi istinti e pulsioni triviali quelli che i nostri antenati manifestavano, molto probabilmente prima dell’acquisizione del liguaggio, ad epoche ben remote !
@ alessandro pendesini
Esattamente. Il nostro cervello ha la struttura per farlo, ma non necessariamente lo fa. Ragionare è costoso dal punto di vista delle risorse cognitive utilizzate, per questo ricorriamo alle più economiche ed approssimative euristiche.
@ alessandro
@ Stefano tm
Leggo adesso i vostri commenti. Solo una considerazione: se, come dice Stefano “Il nostro cervello ha la struttura per farlo (ragionare), ma non necessariamente lo fa” non è il riconoscimento implicito che… ha la struttura per farlo? Dovuto a che cosa?
@ bruno gualerzi
In effetti avrei dovuto scrivere più correttamente le strutture per farlo.
Con ciò intendo che nel ragionamento logico sono coinvolte più strutture cerebrali.
Ognuna con la sua precipua funzione, tutte cooptate per ragionare. Il ragionamento logico prevede l’utilizzo massiccio e coordinato di più funzioni e perciò è dispendioso dal punto di vista cognitivo (ed energetico). Quindi tendiamo ad utilizzare meccansmi cognitivi meno dispendiosi dal punto di vista delle risorse.
In questo senso intendo che non si ragiona per istinto, lo si fa solo quando non se ne può fare a meno. Oltretutto si può ragionare con diversi gradi di correttezza. L’uso del ragionamento logico, quello più preciso, deve essere in qualche modo appreso: si tratta in sostanza di utilizzare regole formali. Tanto che esistono elenchi di ben note fallacie, tesi ad evidenziare gli errori di ragionamento più comunemente riscontrati.
Il libro di Thomson (introduzione a parte) sembra interessante. Salvo che condivido abbastanza le parole di Bruno Gualerzi trovo comunque che il risultato di studi approfonditi sul cervello sarà in linea con un immortale (si può dire, vero, anche se è irrazionale? 🙂 ) testo di Ibsen
“Non sei imperatore; tu sei una cipolla. Adesso ti sbuccio, mio caro Peer! Non ti giova piangere e implorare. (Prende una cipolla e la sbuccia, un velo per volta) Ecco tolta la prima lacera pelle; è il naufrago alla deriva sopra un rottame. Ecco quella del passeggero, fine e sottile… però ha un tantino sapore di Peer Gynt. Più dentro c’è l’lo del cercatore d’oro; il succo è sparito, se c’è stato mai. Quest’altra buccia ruvida con la punta dura è il cacciatore di pellicce della baia di Hudson. Questa poi sembra una corona… tante grazie! La buttiamo via senza altri commenti. Ecco qui lo studioso di storia antica, breve ma solido. E qui il Profeta, fresco e succoso. Puzza di menzogna, come sta scritto, da far lagrimare gli occhi di un onest’uomo. Questo velo che si ripiega mollemente è il signore che viveva nella gioia e nel piacere. Il successivo sembra malato e ha macchie nere… il nero può indicare tanto il negro quanto il prete. (Strappa parecchi veli in una volta) Che quantità prodigiosa di pellicole! Non apparirà finalmente il nocciolo? Niente affatto, perdio! Fino al centro, non son che strati e strati… solo sempre più piccoli… La natura è faceta! (Butta via il resto della cipolla) Oh diavolo, non almanacchiamo! Chi va in giro soprappensiero rischia d’inciampare.”
(Ibsen, Peer Gynt, rielaborazione trovata in rete)
Bello.
E direi che la metafora spiega molto bene perché si crede alle religioni. 😉
Sbucci, sbucci alla ricerca del nocciolo ma non c’è.
“Chi va in giro soprappensiero rischia d’inciampare”
Che poi, appunto, è quanto dice anche il libro di Thomson.
@Stefano
“Che poi, appunto, è quanto dice anche il libro di Thomson.” ah, l’hai già letto, quindi?
No la metafora non spiega perché crediamo alle religioni (d’altronde che mi fai la battuta ci sta, che abbia senso boh).
La metafora è che a esplorare come funziona il cervello, esplori come funziona il cervello, sempre più in profondità. Ma il contenuto della tua ricerca è esattamente l’oggetto della tua ricerca, il contenuto del cervello, non è altro.
Quindi ricerca affascinante, quanto alle conclusioni che se ne potranno trarre, è bene stare attenti a non fare salti logici. Che è un rischio molto forte quando si mescolano le discipline.
@ Umm
intervento 18 Dic 2015 8:11
@ Umm
“Quindi ricerca affascinante, quanto alle conclusioni che se ne potranno trarre, è bene stare attenti a non fare salti logici. Che è un rischio molto forte quando si mescolano le discipline.”
Direi di più. I contenuti del cervello sono valutati in relazione a nozioni (male, bene, gioia, dolore, attrazione, repulsione ecc) che come tali… senza per questo parlare di idee innate in quanto esse stesse trovano origine nell’attività cerebrale… sono state acquisite e caricate di valori culturali (ad esempio etici) e come tali utilizzati, che non vengono ‘trovati’ in seguito ad una ricerca, ma preesistono alla ricerca e vengono ‘applicati’ alla stessa. Insomma, circolo vizioso.
Per quanto mi riguarda – come già detto – le conoscenze rese possibili dalle neuroscienze hanno valore inestimabile se utilizzate in chiave terapeutica.
@ bruno gualerzi
Che i valori preesistano alla ricerca e vengano utilizzati nella ricerca non implica che la ricerca non abbia senso. Il metodo scientifico serve appunto ad eliminare l’influenza di valori nella ricerca. Una ricerca è invalidata se qualcuno dimostra che è “guidata” da valori che ne inficiano il risultato.
Riporto un mio intervento recente, che mi pare pertinente:
@Bruno Gualerzi
Pienamente d’accordo con te. Semplificando molto e buttandola in filosofia del quarto anno delle superiori: Hume diceva grosso modo che bisogna essere scettici di fronte al concetto di causa, perché la realtà ci permette solo di enumerare una serie di fatti che sono successivi ad altri in tutte le nostre osservazioni, ma non di inferire oltre, Kant rispondeva grosso modo: no, il concetto di causa è una categoria che sta comunque nella nostra testa.
Scartabellando nel cervello con analisi approfondite e scartandolo come una cipolla, a meno di non trovare la Pineale di Cartesio, sono convinto che non si trova Kant (cioè qualcosa) ma Hume (cioè il nulla).
In tal senso lo scetticismo radicale è l’unico approccio scientifico e razionalista corretto, per lo meno se si usa una nozione di razionalità molto scientista che si trova qui dentro.
Molti pensano di evitare l’empasse fermandosi a un ragionamento razionale ma non scettico radicale, io penso che questo è un frenare sul ghiaccio fingendo di essere su un pavimento di Palladiana. Di fatto una illusione al pari di quello che dal punto di vista di Stefano è il mio amico immaginario.
L’unico modo per uscirne è usare una concezione più sofisticata della razionalità di questa che io definisco sempre come ottocentesca, perché mi ricorda i laboratori in legno scuro, gli animali impagliati e i beaker di vetro soffiato 🙂
@Stefano
Non avevo letto il tuo commento. Bravo che l’hai letto. Io ahimé non l’ho letto, quindi non possiamo discutere dei suoi contenuti nel dettaglio. Peccato 🙁
@Stefano
Sono contento che ti autociti con orgoglio. Dimentichi sempre che l’epistemologia e la scienza è in molti casi anche un fatto anche sociale e quindi epistemologico. A volte sembra che tu abbia letto solo Popper 🙁 – NB non sto dicendo che hai letto solo Popper, che comunque è un grande, ho detto solo “sembra che…” 🙂
@ Umm
Nessuno nega che sia un fatto sociale. Aggiungi ora il fatto sociale ai bias e rileggi…
Del resto, a differenza delle religioni, non esiste la fisica giapponese e quella brasiliana.
E anche su discipline meno “hard” della fisica, tipo la psicologia – quella empiricamente validata – si ripropone esattamente la medesima considerazione.
Quanto alla fantomatica razionalità evoluta, che dovrebbe superare la presunta razionalità ottocentesca, ormai obsoleta, siamo tutti in trepida attesa: cos’é? Quali i suoi pregi e quali i risultati ottenuti. Perché senza quelli va chiamata col suo nome: pseudorazionalità.
E allora, una buona volta, ci vuoi dire quali siano le caratteristiche della razionalità evoluta?
@ Umm
Toh, e io che credevo che l’unica cosa incausata fossero le pretese divinità. Pare esse siano invece in buona compagnia….
Dunque visto che il comportamento è incausato, è casuale. E le sue regolarità sono un’altra casualità. Veramente un’ottima teoria del comportamento umano e animale….
@ Umm
già che ci sei, spiega pure che vuoi dire con la seconda parte dell’affermazione che ho citato, cioè “un fatto anche sociale e quindi (?) epistemologico”.
Treccani:
@Ste
(brevemente, poi però lasciamo spazio anche a Bruno Gualerzi se vuol dire qualcosa, non monopolizziamo il dibattito 🙂 )
“When I cast my eye on the known qualities of objects, I immediately discover that the relation of cause and effect depends not in the least on them. When I consider their relations, I can find none but those of contiguity and succession; which I have already regarded as imperfect and unsatisfactory.”
David Hume – A Treatise of Human Nature, 1739
“In a sense that I am unable to explicate further, the proponents of competing paradigms practice their trades in different worlds. One contains constrained bodies that fall slowly, the other pendulums that repeat their motions again and again. In one, solutions are compounds, in the other mixtures. One is embedded in a flat, the other in a curved, matrix of space. Practicing in different worlds, the two groups of scientists see different things when they look from the same point in the same direction. Again, that is not to say that they can see anything they please. Both are looking at the world, and what they look at has not changed. But in some areas they see different things, and they see them in different relations one to the other. That is why a law that cannot even be demonstrated to one group of scientists may occasionally seem intuitively obvious to another.”
Thomas Kuhn- The Structure of Scientific Revolutions, 1962
@ Stefano tm
Scusa, ma continuo a non capire. Se utilizzi nella ricerca un dato come ad esempio la ‘gioia’ senza prima aver definito cosa si intende per gioia… non la gioia in sè, ovviamente, ma proprio cosa ‘si intende per’ in base ad un’esperienza magari socialmente condivisa…
ciò che non credo sia ottenibile con metodo sperimentale trattandosi di uno stato d’animo, di un emozione che , appunto, può essere condivisa con altri, trovare consonanza in altri, ma inevitabilmente condizionata da circostanze storiche, da una specifica temperie culturale, e tutt’al più passibile di analisi psicologica …
e poi usare la ‘gioia’ come dato oggettivo la cui ‘datità’ la vuoi riscontrare nell’attività di una qualche parte del cervello (scusa il linguaggio approssimativo), perchè in questo caso credo proprio che – come dici tu – la ricerca “venga invalidata perchè guidata da valori che ne inficiano il risultato”.
Non vedo cosa le neuroscienze possano ‘correggere’ di un dato costituzionalmente relativizzabile in quanto storicizzabile. Si limitino a indagare e a descrivere l’anatomia e la fisiologia del cervello…certamente anche in relazione agli stati d’animo… ma non pretendano di definire in questo modo scientificamente cosa si debba intendere, nel caso in questione, per ‘gioia’.
@ bruno gualerzi
bruno, esistono studi sulle emozioni che definiscono le costituenti di ciascuna. Non posso ora mettermi a spiegare tutto. Ma è anche buffo immaginare che qualcuno possa fare un’indagine su un’emozione senza sapere che studia…
Se ti interessa posso indirizzarti, in italiano, agli studi di Cristiano Castelfranchi.
Una ricerca su internet può farti trovare qualche titolo.
Detto questo, a parte il loro contenuto, variabile, le emozioni hanno una struttura relativamente fissa, consistente in una certa attivazione fisologica, un insieme di scopi coinvolti, certe caratteristiche cognitive ed espressive e un insieme di tendenze comportamentali.
Come dicevo, varia il contenuto all’interno di un’emozione – ho paura di(…) – ma non il resto. Posso aver paura dei gatti o di essere investito ma la configurazione dell’emozione (attivazione fisologica, compromissione di scopi ritenuti importanti, attivazione comportementale tesa ad evitare la loro compromissione) è riconoscibilmente consueta: non scambiamo solitamente, difatti, la paura di un gatto con un’espressione di estasi.
Chui studia le emozioni, quindi, pone il soggetto (o lo indaga) in una situazione che implichi l’attivazione di quella costellazione fisologica, cognitiva e comportamentale che costituisce l’emozione oggetto di studio.
@ bruno gualerzi
Le costituenti delle emozioni sopra elencate, in particolare quella espressiva, sono socialmente condivise: le emozioni hanno anche uno scopo sociale, non solo nell’uomo, anche negli animali sociali. Ma lo hanno non in virtù di una convenzione ma piuttosto del loro riconoscimento . L’emozione viene riconosciuta nei suoi costituenti da un certo gruppo sociale, non è il gruppo che costruisce, inventa, concorda, cosa sia un’emozione. Al massimo la convenzione sociale può decidere quale debba essere la modulazione della sua espressione ritenuta in qualche modo “accettabile” in un gruppo.
@ bruno gualerzi
Con questo intendo dire che se il ricercatore, quale sia l’oggetto della sua ricerca, pianeti od emozioni, è condizionato da desideri, emozioni, inclinazioni personali o sociali, di un particolare gruppo, filosofia, religione, che in qualche modo pesano sul risultato della sua ricerca, il fatto che altri evidenzi tali fattori distorsivi e quindi ridimensionino o correggano il risultato è garanzia del fatto che nell’impresa collettiva di ricerca della conoscenza, si riduca complessivamente il peso di fattori distorsivi nell’accertamento di come stanno le cose. Gli altri sono una garanzia che i risultati non siano inficiati da mie (nostre) inclinazioni idiosincratiche.
Ho riportato un mio intervento prededente che mi pare spieghi bene quel che intendo.
Al contrario, Umm, pare rivendicare una presunta razionalità evoluta, che anziché minimizzare l’influenza di tali elementi distorsivi li includa come costituenti: visto che la razionalità “ottocentesca” non conferma, piuttosto mette in crisi le sue credenze, inventiamone una che sia addomesticabile, chiudendo un occhio sulle ormai desuete verifiche e invalidazioni.
sopra: il fatto che altri evidenzino
Bruno Gualerzi citando sopra Kierkegaard e Leopardi ha centrato meglio di me il punto che intendevo.
@ Stefano tm
“Siccome funzioniamo in un certo modo che può rendere proni a prendere granchi se ci poniamo l’obiettivo di sapere in modo attendibile, condiviso e condivisibile come stanno le cose (non di decidere quale gusto di gelato scegliere, quale auto comprare, quale donna o uomo sposare) occorre utilizzare un metodo che contrasti in ogni modo le possibili fonti di errore, con regole condivise che mettano in evidenza che una mia affermazione è influenzata da fattori che vanno al di là dei dati che tutti abbiamo a disposizione, quindi, essendo idiosincratica o ad hoc va scartata”
Della tua estesa replica come sempre argomentata in modo approfondito con riferimenti a pezze d’appoggio pertinenti per sostenere coerentemente le tue convinzioni, prendo in esame questo passaggio che ritengo centrale nel tuo modo di affrontare le questioni che riguardano la scienza. E che non condivido.
Non condivido perchè non riesco a capire come tu faccia a distinguere con sicurezza ciò che è frutto di errore perchè condizionato da ‘idiosincrasie’, da ciò ciò che invece sarebbe attendibile in quanto condiviso e condivisibile perchè si rifà ad un metodo… condiviso e condivisibile. A me sembra si tratti di un circolo vizioso.
In ogni caso, come e dove trovare, o definire, regole in grado di evidenziare gli errori di valutazione perchè si tratterebbe di regole condivise? Da chi e in base a che cosa? Ad una sorta di senso comune, o buon senso… che a me starebbe anche bene, ma che non credo possa definirsi scientifico nel senso di scienza sperimentale. Quali sarebbero ‘i dati che tutti abbiamo a disposizione’? In base a quale riscontro?
Perchè – immagino tu sostenga – non sono razionalmente confutabili in quanto condivisibili a lume di ragione… ma a questo punto capisci che – almeno per quanto mi riguarda – entra in questione un uso della ragione che ritengo puramente strumentale (qui in senso negativo), cioè autoreferenziale proprio per quanto riguarda ‘lo stato delle cose’. Frutto, appunto, di un sostanziale circolo vizioso: le cose stanno come stanno… perchè ho stabilito come debbono stare. Secondo una logica puramente formale che può servire per comparare dati omogenei, quantificabili: questo credo esiga il metodo sperimentale, ed è così che ha dato e può dare frutti straordinari… ma non può pretendere di definire scientificamente qual è veramente ‘lo stato delle cose’.
PS: Tu capisci come a me, e presumo anche a te, piacerebbe procedere ancora in questi confronti… ma non vorrei andare troppo OT. Non mancheranno sicuramente le occasioni.
@ Umm
Sotto faccio un esempio sulle religioni. Differenti “paradigmi” se vuoi: leggi cosa ho scritto.
Nella scienza, di fatto, i diversi paradigmi non sono incommensurabili, tanto che quelli in competizione non si moltiplicano, ma si sostituiscono , se non nel breve nel medio lungo periodo. Questo sarebbe impossibile se essi fossero veramente inconfrontabili. Quelli in competizione in un dato settore disciplinare hanno un’obiettivo comune: in linea di principio debbono convergere verso, tenere in conto, utilizzare, conoscenze provenienti da altri campi del sapere. Se fossero tutti, di fatto, incommensurabili sarebbero per ciò stesso praticamente inutilizzabili in quanto non confrontabili o compatibili con gli altri, quindi indecidibili.
Le conoscenze acquisite in un campo, con i metodi tipici di quello, con la parte di realtà osservata da quello (In a sense that I am unable to explicate further, the proponents of competing paradigms practice their trades in different worlds) , sottostanno comunque ai metaprincipi tipici del metodo : devono essere falsificabili, devono spiegare meglio delle alternative, devono essere produttivi di nuove conoscenze devono poter essere potenzialmente inferibili da conoscenze di campi disciplinari limitrofi, devono consentire previsioni sufficientemente attendibili.
E con buona pace di Hume (che peraltro apprezzo molto) tutti fanno pesante uso di inferenze sulla base di regolarità osservate. Non saranno assolute (gli assoluti li lasciamo ad altri) ma hanno, quello si, una percentuale di probabilità loro connessa, a volte prossima a 1. Ho sempre scritto conoscenze attendibili, non assolutamente certe.
Spazio a Bruno? Certo! Ci mancherebbe…
Ognuno ha i suoi tempi di intervento.
@ bruno gualerzi
Alcuni principi di “senso comune” scientifico li ho elencati, seppure molto parzialmente, nell’intervento delle 20.58 in risposta a Umm.
E non si tratta di circoli viziosi che si autogiustificano: funzionano. Stai scrivendo sul web, per dirne una, in virtù di quei principi. E, a differenza di altre presunte conoscenze, quando non funzionano si buttano via, anche se a volte lentamente perché ci siamo affezionati. C’è invece chi non butta via niente perché è talmente affezionato che non riesce a capire se una cosa è da buttare o no. Quello si che è un circolo vizioso. E se pretende di usare la ragione senza poter mai decidere se è da buttare o no semplicemente non la sta usando, sta solo desiderando fortemente qualcosa.
“C’è invece chi non butta via niente perché è talmente affezionato che non riesce a capire se una cosa è da buttare o no. Quello si che è un circolo vizioso. E se pretende di usare la ragione senza poter mai decidere se è da buttare o no semplicemente non la sta usando, sta solo desiderando fortemente qualcosa”
Non intendevo più intervenire… ma se ti riferisci a me, come credo, posso replicare molto brevemente. Non ho nessuna intenzione di buttare via un mio modo di concepire la razionalità – di cui ho ripetutamente parlato anche con te – che naturalmente ritengo legittimo proprio razionalmente, altrimenti non mi ci sarei affezionato… e la butterei via 🙂 . E non butto via ciò che ne deduco cercando di usarla coerentemente. Ciò che immagino fai anche tu usandola per come la usi, cioè per come la intendi.
Considerazione banale, lo so… ma mi sono affezionato anche alle banalità. 🙂
@ bruno gualerzi
NO, non mi riferivo a te.
Mi riferivo ad ideologie (incluse le religiose) che non contemplano la possibilità di errore, anche se pretenderebbero di usare la ragione.
Crediamo? “Speak for yourself” come dicono negli USA.
Sul sito del libro di Thomson c’è il video di un conferenza di American Atheist, mi sembra un’ottima presentazione di come le neuroscienze stiano esplorando i meccanismi cognitivi anche in senso evolutivo arrivando anche alle religioni e al loro impatto sociale e psicologico.
whywebelieveingods.com/?page_id=2
Eccellente video, grazie.
Il libro “Credere alle cazzate” di Law allarga il discorso all’astrologia, Nostradamus, cartomanti, ecc.
Certo, cazzate sì, ma mica tutte, e io “ho visto le menti migliori della nostra generazione” di skeptics “distrutte dalla pazzia, affamate, nude, isteriche, trascinarsi” in arrampicate di specchi in affannosa ricerca di risposte ridicole a fenomeni come cerchi nel grano, caso Zanfretta, risposta di Arrecibo.
Io Giacobbo lo prenderei a pedate, ma poi passerei ad Angela e a tutto il Cicap.
Perchè miei cari razionalisti, voi siete ideologi e come tale dogmatici e fanatici della scienza e quando la vostra convinzione si scontra con la realtà… beh, tanto peggio per la realtà.
@ LaR
Collezione di parole in libera uscita…
Treccani:
Dogma: Principio fondamentale, verità universale e indiscutibile o affermata come tale
Ideologia: il complesso di credenze, opinioni, rappresentazioni, valori che orientano un determinato gruppo sociale; anche, ogni dottrina non scientifica che proceda con la sola documentazione intellettuale e senza soverchie esigenze di puntuali riscontri materiali, sostenuta per lo più da atteggiamenti emotivi e fideistici.
La scienza (e il cicap che usa la testa) sono volti a dimostrare e/o falsificare affermazioni su stato si cose. L’esatto contrario di dogma e ideologia.
Al contrario, per i principi su esposti, la tua affermazione è esattamente dogmatica e ideologica. Non puoi dimostrare le tue affermazioni? Sono pretese, quindi dogmi.
Basta solo tu dimostri a tutti strumenti epistemologici alternativi a ragione e scienza che giungano a conoscenze affidabili. Non puoi? Sei una collezione ideologica di dogmi.
E con questo, per l’ennesima volta, si dimostra che la spocchia argomentativa di LaR se la fa sotto ad ogni passo.
“Quando io uso una parola” disse Humpty Dumpty in tono alquanto
sprezzante “questa significa esattamente quello che decido io, né più né
meno”.
Lewis Carroll, LaR nel Paese delle Meraviglie
Cita un caso in cui il Cicap abbia palesemente torto. Sarebbe una buona occasione, per me, per rivedere i miei punti di vista. Purché non sia solo una tua opinione.
@ Diocleziano
Ma neanche. Il fatto che un’indagine del CICAP (o scientifica) abbia portato a risultati errati significa che ne va fatta una migliore.
Questi pellegrini epistemologici pretenderebbero di validare le loro strambe “teorie” sul divano, senza muovere un dito: se tu non dimostri il contrario allora vale la mia teroria X. E perché non la Y o la Z? Con ciò dimostrando, in modo scientifico, che le loro “teorie”, non discriminando il vero dal falso, quindi sono buone a niente. Solo a pretendere.
Dopo aver dimostrato come si formano i cerchi sul grano, questi, per tenersi il loro giocattolo, sono buoni a dire che altri cerchi si sono formati in modo diverso, naturalmente senza portare un solo elemento a sostegno delle proprie affermazioni e tacciando di dogmatici e ideologici coloro che si sono sporcati la mani. Questi si chiamano capricci.
@LaR
“Perchè miei cari razionalisti, voi siete ideologi e come tale dogmatici e fanatici della scienza e quando la vostra convinzione si scontra con la realtà… beh, tanto peggio per la realtà.”
Se ti fossi dato la briga di scorrere anche solo superficialmente lo scambio di opinioni fatte appena più sopra, forse ti saresti risparmiato questa ‘cazzata’. Certo il fanatismo è da condannare quale che sia il campo in cui si esercita… ma discutere sul ruolo che può o debba avere la scienza nella comprensione della cosiddetta realtà (che tu evidentemente conosci meglio di chiunque altro visto che sai quando la si rispetta o quando la si manipola) confrontando opinioni diverse…
bé, se tu questo lo ritieni fanatismo, non saprei dire chi sia il vero fanatico.
Come sempre mentre cercavo di elaborare in modo comprensibile il mio intervento, sono usciti altri commenti sulla stessa questione che ovviamente non avevo letto. Mentre non posso che concordare con questi ‘precedenti’, spero solo di aver replicato all’amico LaR da un altro punto di vista ugualmente utile.
Tu almeno hai capito qualcosa: non ho letto i commenti
Ettecredo, pesanti come mattoni; ritentate: sarete più fortunati.
Prendete esempio da me che porto il sorriso e la gioia nelle nelle vostre tristi elucubrazioni.
Ho citato casi interessanti: nessuno si è azzardato nel dare anche solo un parere: just a lot of bullshit.
Il cicap ha liquidato Zanfretta come un poveretto e i cerchi nel grano li fa l’Anonima Burloni Mondiale, Arecibo compresa (caxxo, ne hanno di perditempo in tutto il globo eh…).
E non dimentichiamoci del wonderful Ciscop USA (da cui “er cicap de noantri” s’è ispirato). Mo sentite questa: nun c’ho la fonte, numme va de cercarla, ve la dovete da trovà da voi.
I medici Leir & Sims avevano estratto un microchip di origine non terrestre dall’alluce di una donna. La donna in regressione ipnotica aveva raccontato un episodio di adduction aliana.
L’origine non terrestre era riconosciuta dallo stesso Ciscop (stabilita dalla percentuale isotopica del materiale differente da quella terrestre)
Spiegazione del Ciscop (pubblicata sulla loro rivista ufficiale):
“Gli alieni non c’entrano nulla: evidentemente la signora scendendo dal letto ha pestato un micrometeorite che si trovava sul tappeto di casa sua.”
Verstanden Sie?
LaR, il problema non è cosa ne pensa il cicap di questi fenomeni, che comunque resta un parere più autorevole del tuo, il problema è: se questi fenomeni sono veramente di natura straordinaria perché non gliene frega niente a nessuno? Gumblotto? Ma un minimo di buon senso no vero?
@ LaR
La tua “leggerezza” (chiamiamola così) è essenziale perché tu possa tenerti le caz.zate cui credi. Riguardo agli impianti extraterrestri:
Ora, cosa è più probabile:
a) che si trattasse di oggetti comuni e che per questo i due tipi abbiano rifiutato di farli analizzare
b) o oggetti alieni (il che presuppone che si sia provato che esistano gli alieni, che siano venuti qui con tutte le difficoltà del caso, che abbiano impiantato aggeggi nei piedi di qualcuno e se ne siano andati dopo l’importantissima missione, senza che alcun radar abbia rilevato un accidente, ovviamente perché i suddetti alieni hanno una strumentazione che li nasconde, altrimenti non potrebbero mettere aggeggi nei piedi, intelligenze sopraffine!) che noi poveri scettici ci rifiutiamo ottusamente di riconoscere tali? Da bravo…
Detto questo, si dà il caso che io sia abbonato a Skeptical Inquirer: ti dispiace dirmi in quale numero e a quale pagina si trovi la dichiarazione: “L’origine non terrestre era riconosciuta dallo stesso Ciscop (stabilita dalla percentuale isotopica del materiale differente da quella terrestre)
Spiegazione del Ciscop (pubblicata sulla loro rivista ufficiale):
“Gli alieni non c’entrano nulla: evidentemente la signora scendendo dal letto ha pestato un micrometeorite che si trovava sul tappeto di casa sua.”?
PS Joe Nickell è membro del Ciscop, ora CSI.
Gli alieni di Zanfretta, perché mai dovrebbero essere di aspetto umanoide, anche se rettiliani e brutti come un accidente? Mi vuoi dire che sul pianeta di provenienza si è avuto un processo evolutivo della vita che ha dato luogo, guarda quando si dice il caso, ad esseri intelligenti che hanno comunque un aspetto umanoide?
Ed è più probabile che si sia verificato tale processo evolutivo o che Zanfretta in virtù delle fandonie raccontate, senza verifica, possa e debba essere liquidato come inattendibile?
@LaR
Insomma, tu credi a crop circles, abductions e compagnia bella e ti arrabbi leggendo spiegazioni frutto di metodo che mettono in crisi le “spiegazioni” di chi ha deciso di crederci. Chi sarebbe il fanatico?
@LaR
Credevi anche ai fuochi di Canneto di Caronia? No, chiedo perché il CICAP è stato l’unico, in mezzo a tanti esperti – protezione civile compresa – a parlare di fiamme causate intenzionalmente. E di fatti si è scoperto che il dolo a fini di truffa, era la causa, guarda un po…
Leider, das ist falsches Deutsch: entweder muϐ man “Verstanden?” oder “Verstehen Sie?” sagen.
@ LaR
Ad una affermazione fornita senza prove si può contrapporre il suo diniego senza prove.
O il giochino vale solo per chi spara caz.zate?
@ LaR
A chi piace giocare con le parole per mancanza di migliori argomenti, che altrimenti renderebbe immediatamente disponibili, sfugge che applicare erroneamente concetti come ideologia e dogma alla controparte, per contrapporli ai propri, significa denigrare quegli strumenti epistemologici, anche quando li usa lui. Ma purtroppo per lui, una volta messo tutto nel calderone delle ideologie e dei dogmi, con il tentativo di cercare di squalificare le affermazioni altrui (e non le proprie?), non si accorge, che, anche fossero, certi dogmi e ideologie sarebbero meglio di altri: funzionano, a differenza di quelli che non possono che pretendere.
@LaR
Non essere così sicuro. Angela potrebbe prendere a pedate te.
La tua pochezza è disgustosa. Non so, si cosa hai paura? Che si scoprano novità che possono fare cadere il TUO apparato ideologico? Perché per me questo è il dogmatismo.
….Perchè miei cari razionalisti, voi siete ideologi e come tale dogmatici e fanatici della scienza e quando la vostra convinzione si scontra con la realtà… beh, tanto peggio per la realtà….
@LaR
Scusi la mia ignoranza, fanatismo e dogmatismo scientifico…Lei parla di Realtà, ma inter nos, avrebbe la gentilezza di spiegarmi cos’é la Realtà, o cosa intende per Realtà ? Grazie per la risposta
Hai ragione.
Infatti, la realtà è che il Sole gira intorno alla Terra, e non il contrario come affermava Galileo.
Tanto peggio per il Sole. E tanto meglio per la Terra, che ovviamente ha 6000 anni come dice la bibbia.
PS: il libro migliore per capire i meccanismi evolutivi e cognitivi che ci portano alla propensione a credere, più che “credere alle cazzate” (che spiega le cazzate stesse e non tanto perchè ci crediamo) è “Homo credens” di Schermer. Oppure quello di Pievani-Girotto-Vallortigara “Nati per credere”.
La scienza funziona per try & error. Il che significa che può sbagliare nel cercare una risposta, ma che non si ferma alla risposta, ma dall’analisi dell’errore impara e migliora.
Come è successo l’anno scorso con le presunte misure delle onde gravitazionali. Le presunte misure non hanno retto le verifiche successive.
Non inventa risposte e poi si inventa scuse per mantenerle perchè le scuse non reggono alle analisi successive.
@ LaR
“Tu almeno hai capito qualcosa: non ho letto i commenti
Ettecredo, pesanti come mattoni; ritentate: sarete più fortunati.”
Ecco la logica che ti contraddistingue: non hai letto i commenti… ma li trovi pesanti come mattoni. Non hai idea di come siano pesanti le tue spiritosaggini… che purtroppo ho letto.
Ti prego vivamente di non ritentare.
È apprezzabile la sua tenacia nel leggere i commenti di LaR. Io dopo le scempiaggini ultraliberiste che neanche negli States i repubblicani sostengono più, ho smesso di leggerlo.
@LaR
Il fatto che tu decida di credere a qualcosa non implica che altri non possano analozzarla con metodo. Se le risposte non ti piacciono il problema è tuo.
Sono tanto assuefatti a giustificare tutto con la fede che la fede stessa è diventata la prova inconfutabile delle loro ubbie.
Sì, però vorrei vederli saltare giù dal balcone del settimo piano, forti della fede che il loro dio li protegge….
@ Giorgio Pozzo
O spostare montagne e maneggiare serpenti velenosi o più semplicemente contare sul fatto che il Padre veste gigli e dà da mangiare a passeri, gratuitamente. Ma improvvisamente le parole diventano metafore.
Se la fede fosse un sistema di conoscenza valido – se anche il suo oggetto fosse evanescente e di difficile comprensione – si dovrebbe assistere ad una convergenza delle diverse fedi, man mano che i nuclei comuni derivanti dalla corretta comprensione diventano evidenti. Al contrario le fedi divergono , si moltiplicano.
Solo del cristianesimo si hanno circa 45,000 varianti. Insomma, è palese che non azzeccano assolutamente niente e allo stesso tempo vengono vendute come strumento superiore di conoscenza, contrapponendosi all’obsoleto strumento della ragione: sono il “pacco” per eccellenza.
Una prova di fede da fare (specie per i devoti della madonna di meggiugorie e di padre pio) sarebbe la seguente:
——
P01) Con una mannaia ti moZZi il dito mignolo solo la prima falange.
P02) Preghi con fede sincera e devota dio, la madonna, padre pio, allah la divinita` barbuta del profeta barbitto con fede sincera.
03) Se costoro esistono veramente fare ricrescere la falange di un dito mignolo e` poca cosa.
——
.
.
firmato: Mago Sumadart Son (colui che ha i mignoli intatti nel caso dovesse servirsi inflitrarsi nella yakuza dando prova di grande onore e coraggio)
@ Mago
Fare una cosa del genere per loro vuol dire mettere alla prova dio, attività riprovevole , consentita soltanto a dio, nei confronti degli uomini.
Per cosa, poi, visto che lui è onnisciente….
mi ricordi (gmd85) quelle femministe liberaliste (tipo fikasicula, un nome una garanzia ….) che, quando si apprestano a parlare di un tema nei loro blog, spendono 3/4 dello spazio, non per fornire argomentazioni originali e pensate in proprio, ma per sparlare delle femministe bigotte e moraliste.
Papa ufficiale: Nessun dog… ma solo cats.
Segretario: Ma solo “cats” veramente.
Potremmo solamente immaginare come verrebbe interpretato l’Universo ed il comportamento umano se la scienza non esistesse ? Siamo veramente sicuri che tramite il nostro ragionamento logico/filosofico, escludendo la scienza, avremmo potuto risolvere certi problemi utilizzati per indurre in errore la gente tipo il dualismo cerebrale, lo spirito o anima, i miracoli… per citare solo quelli ? P.S. Senza la Scienza faremmo un balzo indietro e ci troveremmo sicuramente nel paleolitico superiore o, nei migliori dei casi, nel neolitico. Mi immagino inoltre cosa succederebbe se tutte le applicazioni scientifiche/technologiche acquisite venissero a mancare alla nostra specie, sarebbe senzaltro una vera ecatombe, forse l’apocalisse !
Molti sono coloro che confondono allegramente il progresso scientifico con un preteso progresso cognitivo cerebrale, ma, a mio umile avviso e non solamente, si sbagliano intelligentemente !
Mi sia concesso ripetere che NON è il nostro cervello che ha evoluto dal paleolitico superiore in poi, poiché è pressoché stabile da circa 40.000 anni, ma la Scienza ! Con questo intendo dire che non siamo più « intelligenti » dei nostri antenati, abbiamo solo trovato –progressivamente- soluzioni empiriche a molti problemi esistenziali.
P.S. :Non ho la pretesa di affermare che l’uomo è a priori inconoscibile, ma che, nella misura in cui può essere conosciuto, le è e sara con mezzi scientifici.
Certamente un ruolo fondamentale lo ha la memoria superiore e la possibilità di scrivere, altrimenti hai voglia a ricordare tutto per progredire. Da notare che molte invenzioni importanti non sono avvenute quando ne era possibile tecnicamente la realizzazione.
“Senza la Scienza faremmo un balzo indietro e ci troveremmo sicuramente nel paleolitico superiore o, nei migliori dei casi, nel neolitico.”
Non voglio rinfocolare qui la polemica sulla scienza, sul suo statuto (per la quale – per stare sul sicuro cito me stesso 🙂 – rimandando ad un mio articolo su un numero de L’ATEO 3/204 che trattava il tema ‘Scientismo e Spirito scientifico)… premetto solo che non sono per niente d’accordo con l’amico pendesini, e non certo da adesso. Qui vorrei solo spendere due parola sul concetto di progresso.
Quali parametri si usano per definire il progresso? Pendesini usa la scienza, personalmente invece ne preferisco un altro: prendo come parametro un comportamento degli uomini, dei rapporti fra di loro, che spesso si è ‘risolto’ ricorrendo alla VIOLENZA. E considero la violenza esercitata dall’uomo sull’uomo uno dei ‘mali’ del mondo umano, ciò che impedisce – parlo ovviamente da ateo – di vivere l’unica esistenza di cui ogni singolo uomo dispone in modo più precario di quanto già la renda la condizione umana. Ebbene, da questo punto di vista, non credo che si siano fatti molti progressi dal neolitico ad oggi! Non sto qui a esemplificare più di tanto… ma sfido chiunque a sostenere che al presente – per non parlare del passato anche prossimo – la violenza, fisica e psicologica, non sia un elemento che caratterizza più di tutti i rapporti fra gli uomini. Per colpa di chi? Un’idea ce l’avrei, ma – ripeto – qui intendo solo accennare a questo ‘mito’ (per tante ragioni temo di doverlo definire tale) del progresso. L’obiezione ricorrente… che mi è stata rivolta anche in questo post… è la seguente: se non ci fosse stata la scienza, come potresti, ad esempio, utilizzare il computer e comunicare e confrontare le tue opinioni con i tuoi simili?… e indubbiamente il computer è il prodotto della scienza, come un’infinità di altri che permettono di risolvere efficacemente tanti problemi umani Rispondo con un esempio ispirato da questo appena riportato, e riprendendo indirettamente quanto postato da VHMT. Seguivo in tv (altro mezzo reso possibile dalla scienza applicata) un documentario sull’India, in particolare su una una di quelle città in tumultuoso sviluppo che caratterizzano quella parte del modo. In breve: al centro, per pochi rispetto ala resto della popolazione, tutto un fiorire di grattacieli e di servizi i più all’avanguardia che si conoscano… in periferia, la maggior parte della popolazione che viveva (e vive) in bidonville abitando (si fa per dire) in tuguri che… ecco sì, non avevano molto da invidiare alle caverne del passato più remoto della cosiddetta civiltà. Ebbene in queste diciamo abitazioni spesso consistenti in un unico vano per un’intera famiglia, ad occupare tanta parte di questo vano c’era un televisore di quelli tecnologicamente più avanzati, non saprei dire come capitato lì. Esempio estremo, certamente… ma non poi tanto se si guarda alle altre bidonville che si trovano alla periferia delle grandi megalopoli. Colpa della scienza? No, naturalmente… ma dire che la scienza COME TALE ha reso possibile un progresso mancando il quale ci troveremmo ancora al neolitico… se si usa quel parametro per giudicare il progresso cui accennavo (il tasso di violenza ancora esistente nel modo)… direi proprio, che non si possa veramente parlare di progresso. Se mai di sviluppo, ma non certamente di progresso. Allora la scienza? O serve veramente agli uomini.. e questo non credo che LA SCIENZA COME TALE sia in grado di garantirlo… o diventa – quanto meno – un’arma a doppio taglio.
PS. Ed è proprio su questo pseudo progresso che le religioni possono esercitare la loro influenza… e denigrare la scienza. Lo si vuole legittimare?
Correzione. In un certo passaggio, invece di ‘più precario’, intendevo – in quel contesto – dire ‘meno precario’.
…. Allora la scienza? O serve veramente agli uomini.. e questo non credo che LA SCIENZA COME TALE sia in grado di garantirlo… o diventa – quanto meno – un’arma a doppio taglio……
@Caro Bruno :
Vorrei innanzitutto ripetere che non ho nessuna pretesa ne di avere ragione (ragione di che ?) e ancora meno di convincere chiunque sia ! E’ tuo diritto di non condividere cio’ che scrivo, di contestarlo magari con argomenti un po’ diversi da quelli che utilizzi certe volte….
Quindi veniamo al sodo : se ritieni che la scienza come tale non sia in grado di garantire che serve spesse volte l’umanità, ti suggerisco di vivere come uno o due secoli fa quando antidolorifici, analgesici, antipiretici e antibiotici non esistevano…. e soprattutto non utilizzare alcun prodotto derivato da scoperte scientifiche !… Invece di prendere antidolorifici e / o antibiotici in caso di necessità, ad esempio contro un eventuale Staphylococcus aureus ! o l’anestetico in caso di un intervento chirurgico, leggere eventualmente durante l’operazione per distrarti dal male risentito, un trattato filosofico che parla di gioia e benessere umano…..
Di non utilizzare il telefono, la televisione il PC, l’energia elettrica per diverse ragioni, ma le candele o lumi con grassi animali, evitare qualsiasi tipo di trasporto, treno, autobus, aereo, nave, bicicletta automobile ecc…E vivere non in case moderne ma in capanne o grotte…
« La più straordinaria scoperta sarebbe sterile se non fosse rivolta al miglioramento della vita e dell’umanità, in particolare di coloro che soffrono ! Dedicated to you….
Apprezzo molto, caro Pendesini, i tuoi interventi e la tua competenza scientifica, ed apprezzo anche il tuo coraggio, quando, come ho potuto vedere navigando su internet qua e la’, vai a scrivare i tuoi post in un sito ultracattolico, e non hai paura di affrontare quei po’ po’ di oscurantisti.
Sono daccordo con te, che la vita, sarebbe materialmente, disastrosa, per una parte dell’umanità, se venissero a mancare la scienza e la tecnologia.
Solo per una “parte” però, perchè un’altra “parte”, vive in una tale penuria che è come se fosse nel neolitico, per davvero.
Comunque, essendo io un convinto estinzionista (non ne ho fatto mistero), permettini di non ritenere cosa deprecabile un disastro che ponesse termine all’umanità “tutta intera”.
Naturalmente dovrebbe trattarsi di “tutto” il genere umano, non di “gran parte” di esso, perchè allora sarebbe peggio: coloro che rimarrebbero, avvertirebbero ogni dolore e la perdita dei loro cari, e, la mancanza delle strutture create dalla scienza e dalla tecnologia. In parole povere: se distruzione deve essere, che sia totale.
Scusami, Pendesini, ma io, coerentemente, con le mie idee, oltre a non credere in dio, non credo nemmeno nell’uomo, e per questo, non credo alla felicità dei viventi.
Io credo che la scienza nei prossimi 1000 anni porterà H. sapiens ad essere una specie interplanetaria a meno che non succeda una catastrofe. Per quanto ne sappiamo noi sapiens siamo gli unici essere intelligenti del nostro sistema solare, la nostra estinzione sarebbe un impoverimento della natura. Siamo materia inorganica che per una combinazione casuale di condizioni al contorno è diventata cosciente di sé e ora si interroga, comprende e conosce la natura e quind se stessa. Che peccato sarebbe se tutto questo scomparisse.
Dio e la religione sono stati solo i primi modi rudimentali con cui quelle materia cosciente si cercava di spiegare il mondo: ecco perché si “credeva alle cazzate” e qualcuno ci crede ancora. Ora però ci sono mezzi più adeguati per farlo, non possiamo estinguerci ora c’è ancora tanto da conoscere.
@ Francesco S.
“Per quanto ne sappiamo noi sapiens siamo gli unici essere intelligenti del nostro sistema solare, la nostra estinzione sarebbe un impoverimento della natura.”
A parte il fatto che anche il sistema solare è poco più di un granello, un puntolino insignificante, nel cosmo (o caos, che forse rende meglio l’idea proprio scientificamente… a meno di ricorrere all’ID)…pensi davvero che l’estinzione della specie uomo sia un ‘impoverimento’ della natura? Anche usando questo termine con riferimento all’evoluzione intesa come continuo ‘perfezionamento’ (e di cosa poi?) non credo che alla natura importi più di tanto di questa estinzione. Sempre che – come temi anche tu – l’umanità non si autoestingua, come è successo a tante altre specie, prima che vi provveda l’evoluzione stessa. Personalmente credo che l’intelligenza, prerogativa umana, andrebbe utilizzata soprattutto per non ‘aiutare’ troppo la natura e per vivere nel modo migliore possibile il tempo che l’umanità si trova a disposizione. Senza fughe troppo avveniristiche… pericolosamente analoghe alle promesse di un aldilà ‘felice’ di tante religioni.
La natura neanche si accorgerebbe della nostra scomparsa, ma per quanto ne sappiamo finora h. sapiens rappresenta l’unica forma a noi nota di intelligenza astratta in cui si è espressa la natura. Chissà un giorno sapremo di non essere unici in questo e potremmo estinguersi con serenità. Quanto alla civiltà interplanetaria era un modo di rispondere all’amico estinzioni sta che la soluzione al problema uomo e ambiente e suo impatto ammette anche altre soluzioni oltre l’estinzione, catastrofi permettendo. Per estinguersi ci vuole tempo nel frattempo potremmo essere altrove.
@ VHEMT : Ti ringrazio per la sensibilità che manifesti nei miei confronti.
La vita è una esperienza unica e irripetibile ; solamente per questo valerebbe la pena di viverla….
Coloro che negano non avere come motivo fondamentale la ricerca del piacere, sono degli incoscienti che sarebbero già scomparsi da moltissimo tempo dalla biosfera terrestre se dicessero il vero….
P.S. -Quello che posso modestamente suggerirti non è altro che approfondire il funzionamento del nostro encefalo, l’epicentro del nostro universo proiettivo. Potrai molto probabilmente ottenere risposte e visioni del mondo impensabili, cosi come, (sia pure approssimativamente) la vera natura umana ! Potrebbe metabolizzare il modo in cui la risenti e la descrivi….su questo non ho dubbi. Bien à vous
Cosa spinge le persone a credere o non credere in Dio, un mistero filosofico.
Una bella “gnoccolona” davanti ad una libreria viene notata da un cliente al suo interno che vedendola si rivolge al commesso.
Cliente: Vorrei comprare il libro della collana Nessun Dogma “Perché crediamo in Dio”.
Subito dopo la gnoccolona sale su una Ferrari guidata da un bel ragazzo.
Cliente: Lasci stare prendo l’altro nuovo libro della stessa collana “Dio probabilmente non esiste”.