Prove di talebanismo emergente in Pontoglistan

A un primo sguardo nulla sembrerebbe accomunare alcuni amministratori dei Comuni del bresciano e gli islamisti talebani o del califfato di al-Baghdadi. Di certo non condividono la tendenza a relegare le donne in una condizione che potrebbe essere definita come una sorta di “specie umana ma non troppo”, propria di una certa interpretazione radicale dell’islam su cui si basa la sharia. Altrettanto certamente, a differenza dei fondamentalisti mediorientali, gli amministratori di quei Comuni lombardi non combattono le tradizioni diverse dalla loro con le armi e con la violenza. Però le combattono. Ed è a questo punto che le due categorie si ritrovano ad avere qualcosa in comune, nei fini anche se non nei metodi, in modo anche abbastanza paradossale visto che non sembra vi sia mai stata molta simpatia reciproca.

Combattono le tradizioni altrui con l’imposizione della propria, che chiaramente è quella cristiana cattolica. Lo fanno principalmente operando una marcatura del territorio attraverso il crocifisso, come richiesto ad esempio recentemente da un consigliere leghista di minoranza di Desenzano del Garda. Talvolta all’identitarismo cristiano viene perfino associata l’ideologia politica; chi non ricorda la scuola in franchising leghista di Adro, dove i crocifissi vennero addirittura fissati saldamente alle pareti? Inutile commentare poi l’iniziativa dell’allora sindaco di Coccaglio, sempre leghista, di effettuare controlli nelle case degli extracomunitari proprio in occasione delle festività natalizie. Perfino il parroco di Pontoglio ci mise del suo, vietando ai frequentatori del suo oratorio di parlare in lingue diverse dall’italiano.

Oggi proprio Pontoglio si ritrova al centro dell’attenzione per via dell’apposizione di alcuni cartelli alle strade d’ingresso del paese, ufficialmente deliberata dalla Giunta comunale, stavolta non leghista ma di centrodestra, e resa nota da un comunicato del sindaco Seghezzi pubblicato anche sulla pagina Facebook del Comune. Tali cartelli recitano, aggettivi in maiuscolo compresi: «Paese a cultura Occidentale e di profonda tradizione Cristiana. Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene». Secondo il comunicato tale atto sarebbe un “invito a rispettare la cultura e le tradizioni locali”. Definizione alquanto discutibile, perché in realtà un simile messaggio non suona affatto come un invito bensì come un monito, del tipo di quello che Dante mise all’ingresso degli inferi nella sua Divina Commedia.

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Ma analizziamo il messaggio nelle sue parti. Di “cultura Occidentale”, dice Seghezzi, e qui casca il primo asino. La cultura occidentale non si fonda per nulla sull’altolà. Si fonda sui quei valori che il movimento illuminista riuscì a far prevalere sull’oscurantismo religioso medievale, quindi ragione al di sopra della superstizione, e che nei secoli hanno portato all’affermazione di diritti umani universali, che come tali prevalgono sui presunti diritti delle comunità di qualunque tipo. La cultura occidentale non è qualcosa da contrapporre ad altre culture allo stesso livello; al contrario, è qualcosa che riconosce tutte le culture come meritevoli di rispetto all’interno di un sistema che rispetta innanzitutto l’individuo, al quale le stesse culture sono tenute prima di ogni altra cosa.

“Profonda tradizione Cristiana”: un paese non è un’ente monolitico e omogeneo, è per definizione la sommatoria di tante individualità che nel caso di Pontoglio sarebbero circa settemila. Siamo proprio sicuri che tutti gli abitanti di Pontoglio siano di tradizione cristiana, e per di più profonda? Ragionevolmente si direbbe di no, per il semplice motivo che nell’Italia intera convivono tante tradizioni e tante culture, compresa una percentuale di non credenti tra un sesto e un quinto del totale, oltre a svariate culture di minoranza. Dire che un paese è cristiano, basandosi sul dato che la maggioranza dei suoi abitanti lo è, è come dire che quel paese è di tradizione centrodestrista per il semplice motivo che una lista di centrodestra ha vinto le ultime elezioni.

“Rispettare la cultura”, continua Seghezzi. In realtà non si rispettano le culture in senso generale, si rispettano le persone che a una data cultura appartengono e fintanto che la pratica della loro cultura meriti rispetto. Anche il neonazismo è una cultura, ma ciò non significa che il neonazista debba essere rispettato qualunque cosa faccia o dica. Lo si rispetta in quanto individuo e gli si riconoscono i diritti che vengono riconosciuti a tutte le persone, partendo tuttavia dal presupposto che pari passo ai diritti procedono i doveri e che il diritto primario di ogni individuo è quello di non essere prevaricata dai diritti altrui.

Ma soprattutto, e qui veniamo alla fine del messaggio, un paese non può dissuadere gli stranieri dall’entrare se non rispettano le sue tradizioni. Anche perché, se tanto mi dà tanto, i pontogliesi contrari alle tradizioni locali dovrebbero essere tutti messi alla porta. Questo è talebanismo allo stato puro, praticato tanto dai fondamentalisti islamici nei paesi arabi quanto dagli analoghi fondamentalisti cristiani in alcuni paesi statunitensi, e pressoché in tutta Europa fino ad alcuni secoli fa. Secoli di cui probabilmente Seghezzi e la sua Giunta hanno grande nostalgia, visto che hanno di fatto introdotto una forma di talebanismo nell’occidente moderno. Un paese può invece benissimo ammonire chiunque, visitatore o indigeno, al rispetto delle proprie leggi. Non tradizioni e non cultura, ma leggi giuste e uguali per tutti gli individui di qualunque cultura.

Il comunicato ufficiale chiude così: «Il rispetto altrui, è per noi, la prima vera forma di civiltà e libertà». A parte l’uso arbitrario delle virgole, per cui potremmo contestare al sindaco la mancanza di rispetto per la lingua italiana, Seghezzi non si rende conto che in base a questo principio lui stesso, nel momento in cui ha posto le sue stravaganti condizioni per l’ingresso tra le virtuali mura di Pontoglio, ha mancato di rispetto per gli altri e non può dunque ergersi a paladino della libertà. Ma fortunatamente gli uomini e le donne di Seghezzi non rappresentano tutti i pontogliesi ma unicamente essi stessi e la loro pochezza culturale, come evidenziato dal sindaco della vicina Cividate al Piano (BG) che ha derubricato l’iniziativa al capitolo “buffonate” aggiungendo: «Siamo in un Paese libero e democratico, che accoglie anche le differenze. Stiamo pensando a come procedere».

Massimo Maiurana

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