Il 18 febbraio è stata la data ufficiale di uscita in Italia del film Il caso Spotlight (Spotlight), diretto da Tom McCarthy. Proprio in Italia la pellicola era stata presentata, fuori concorso, in anteprima mondiale in occasione della 72a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, dove la giuria nominata dall’Uaar gli ha assegnato il Premio Brian 2015. Recentemente il film ha vinto il premio Bafta per la migliore sceneggiatura originale e risulta attualmente candidato a sei premi Oscar, tra cui quello per il miglior film.
Nonostante si tratti di un film storico, narrante vicende realmente accadute, allo stesso tempo risulta quanto mai attuale visti i continui aggiornamenti in tema di pedofilia ecclesiastica. “Spotlight” era il nome del team di giornalisti del Boston Globe che quindici anni fa, a Boston appunto, indagarono sulle dimensioni del fenomeno nella diocesi della città americana, partendo dalle denunce già presentate da alcune vittime nei confronti di singoli sacerdoti. Nel prosieguo dell’inchiesta emerse un quadro inquietante non tanto per il numero dei sacerdoti coinvolti (oltre 70), quanto per un aspetto che diventò poi centrale nell’inchiesta stessa e determinante per il suo successo: il ruolo dell’istituzione ecclesiastica.
Il giornale intuì che focalizzando l’attenzione sul reato individuale non si sarebbe andati molto lontano. Sarebbe pur sempre stata la notizia di un reato, o di più reati simili ma sempre con vittime e carnefici, con questi ultimi unici responsabili delle proprie azioni. Occorreva puntare in alto, perché un fenomeno di così grandi dimensioni non poteva essere ignoto ai piani superiori dei palazzi vescovili. In effetti così era. Anzi, era anche peggio, perché non solo la diocesi sapeva, e non solo tentava in tutti i modi di coprire i casi di abuso forte della sua influenza, peraltro riuscendoci egregiamente, ma venne fuori un vero e proprio sistema globale, sottoposto a direttive provenienti direttamente dal Vaticano, che garantiva sostanzialmente l’immunità ai sacerdoti coinvolti, di fatto incentivando gli abusi sui minori.
Quell’inchiesta ottenne il premio Pulitzer e da quel momento le tessere del domino cominciarono a cadere una dopo l’altra, investendo le istituzioni clericali di varie nazioni: Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Irlanda, e così via. Ovunque saltarono evidenze della politica messa in atto per decenni dal Vaticano che potremmo definire molto semplicemente “lavaggio casalingo delle tonache sporche”: i clerici coinvolti venivano sottratti alla giustizia e allo scandalo semplicemente trasferendoli, a volte in altre parrocchie, permettendogli di continuare a lavorare, altre volte in conventi e monasteri, o comunque lontano dal contatto con la gente. Come raccontato in un altra pellicola in uscita in questi giorni: Il club (El club), di Pablo Larraín, vincitore al Festival del Cinema di Berlino nel 2015 dell’Orso d’argento.
Naturalmente anche in Italia sono stati documentati numerosi casi, ma non c’è ancora una percezione del fenomeno per quello che è realmente, come invece c’è in altre nazioni. La tendenza è sempre quella di puntare artatamente l’obiettivo sull’individuo sostenendo che comunque il fenomeno non investe solo il clero e protestando che, anzi, è solo quando il reo è un sacerdote che la notizia suscita clamore. È vero che non sono solo i sacerdoti ad abusare dei minori, peraltro in tutte le categorie di persone che lavorano a contatto con i minori il fenomeno risulta ovviamente più marcato, ma il punto è un altro. Le associazioni degli educatori, così come quelle di tutte le altre categorie “a rischio”, non cercano di insabbiare i casi di pedofilia in cui sono coinvolti i loro associati, e non li trasferiscono altrove continuando a lasciarli in contatto con minori. Lo fa la Chiesa, che ha sempre sostenuto come un mantra l’esistenza di una “emergenza educativa” allo scopo di proporsi, e proporre quindi i suoi funzionari, nel ruolo di agenti morali, per cui non dovrebbe stupire che i preti siano più esposti di altri alla disapprovazione pubblica.
Senza contare il fatto che in Italia, oltre a valere le stesse direttive Vaticane che valgono nel resto del mondo riguardo al mantenimento della riservatezza sui casi di abusi, vige un particolare privilegio clericale introdotto con gli accordi di revisione concordataria del 1984. Tale privilegio è contenuto nel punto 2.b del protocollo addizionale che recita: “La Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici”. In pratica, da un lato lo Stato è tenuto a informare il superiore quando indaga su un ecclesiastico, e dall’altro quel superiore è tenuto a non informare lo Stato di ciò che sa in virtù delle regole interne della Chiesa.
Di tanto in tanto arrivano dichiarazioni di condanna da parte di vescovi e cardinali, quindi dall’istituzione a monte, che però poi non si traducono in nulla di concreto, lasciando di fatto il tempo che hanno trovato. Lo stesso Bergoglio, campione indiscusso delle dichiarazioni a forte impatto, annunciò due anni fa un deciso giro di vite con l’istituzione di un’apposita “Pontificia commissione per la tutela dei minori”, organo avente come scopo un servizio di consulenza per diocesi volto alla prevenzione degli abusi. Dalla descrizione si presenterebbe pure bene, fatto sta che di recente uno dei suoi componenti, Peter Saunders, che è anche stato vittima di abusi, è stato licenziato dopo aver criticato la politica protezionista del cardinale australiano Pell. Davvero uno strano modo di tutelare gli abusati, somiglia più all’ennesimo sistema per tutelare piuttosto gli abusatori.
A minare la credibilità della politica vaticana è arrivata pure la notizia di una guida a uso dei sacerdoti, redatta dal vescovo e psicoterapista francese Tony Anatrella, in cui risulta scritto che la denuncia di notizie di abuso alle autorità civili «non è necessariamente un dovere dei vescovi». Notizia sicuramente dirompente, tant’è che lo stesso Vaticano ha subito cercato di metterci una pezza attraverso la stessa pontificia commissione di cui sopra, dichiarando che al contrario il vescovo ha la «responsabilità morale ed etica di denunciare gli abusi […] alle autorità civili». Eppure non è solo Anatrella a dire questo genere di cose, prese di posizione simili arrivano di continuo. Ad esempio recentemente lo ha detto Paolo Romeo, ex arcivescovo di Palermo.
Ancora oggi vale il principio seguito dal team Spotlight: il singolo reato conta relativamente. Quasi tutti concordano nella condanna del pedofilo, sia esso un prete, un insegnante, un allenatore o altro, e hanno ragione a dire che comunque non va condannato in quanto prete ma in quanto pedofilo, come tutti gli altri. Bisogna piuttosto far prendere coscienza del fatto che nel caso dei sacerdoti c’è una specifica responsabilità dell’organizzazione alle loro spalle. È questo che bisogna fermare, il resto vien da sé. Come già fatto altrove, principalmente negli Usa dove il capitolo dei risarcimenti alle vittime è ormai diventato il principale nei bilanci diocesani, occorre accertare le responsabilità dell’ente parallelamente a quelle del reo. Forse in questo senso qualcosa si sta muovendo, come nell’attuale caso dei carmelitani di Pietrasanta (LU) che rischiano il processo insieme al loro confratello pedofilo. Magari bisognerebbe anche fare in fretta, giusto per evitare che il reato finisca prescritto e che la diocesi si faccia beffe della vittima, come quella napoletana di Sepe ha fatto con un’offerta di risarcimento ridicola: 250 euro.
Massimo Maiurana
Quindi, riassumendo:
quando un prete vuole imporre la legge religiosa su quella dello stato, lo può fare in quanto cittadino dello stato; quando vuole infrangere la legge dello stato con quella religiosa, lo può invece anche fare in quanto prete.
«… dichiarando che al contrario il vescovo ha la ”responsabilità morale ed etica di denunciare gli abusi […] alle autorità civili”…»
Chissà perché hanno sentito il bisogno di precisare ”morale ed etica”, usando una
banale tautologia, e non per esempio ”responsabilità civile e penale”?
Bisognerebbe in-cul-cargli nella zucca che ”a Cesare quel che è di Cesare”
non si riferisce solo al denaro ma anche al rispetto delle leggi dello Stato,
che gli piaccia o no, nelle sue funzioni è al di sopra della chiesa.
Questo principio andrebbe in-cul-cato anche ai nostri politici.
Consiglio il film.
Un piccolo appunto al testo della news, i preti coinvolti alla pubblicazione dell’inchiesta erano 87 (che corrispondeva al 6% dei 1500 sacerdoti allora in forza nella diocesi di Boston).
Tornando a casa nostra e alla vittima con il risarcimento di 250 euro: la storia è già stata raccontata nel 2013 da Repubblica, don S. M. era docente di religione, nel frattempo la vittima scrive in vaticano, che risponde con la benedizione di Bellimbroglio, e si legge sul Fatto in data 29 gennaio che il prete è ancora insegnante??? Quanti don S. M. ci sono a Napoli che sono stati viceparroco fino al 2012 e “per molti anni animatore spirituale di un importante movimento ecclesiale”?
Sul corriere c’è tanto di nome e cognome, come mai il Fatto gli ha riservato l’anonimato?
http://www.corriere.it/le-inchieste/2016/01/31/rabbia-diego-abusato-un-prete-io-sto-male-lui-ancora-parroco/ab86b484-c844-11e5-9fb9-4bea8694431b.shtml
LA RABBIA NON SERVE L’UNICA COSA CHE SERVE, VIVA MAXIMILIEN ROBESPIERRE
La rabbia è comprensibile, ma deve attivare il cervello non le mani.
La cronologia: abuso inizia nel 1986, quando il prete è insegnante di religione di scuola media, la denuncia alle autorità nel 2010 (ma senza effetto per prescrizione), le segnalazioni in Curia da parte di vittima e medico a partire dal 2011, fino al 2012 è in parrocchia, poi nell’anno scol. 2012-13 il prete insegna religione in un istituto alberghiero del napoletano, e l’anno successivo nella scuola media Serao a Volla.
E’ sempre lo stesso schema, se un prete è trasferito troppo, gatta ci cova. I genitori potrebbero cominciare a pretendere il cv del prete, insieme al modulo di iscrizione a irc.
L’inchiesta di Spotlight partì proprio incrociando i dati dei trasferimenti presi dall’annuario della diocesi, che portò a una lista di 87 nominativi, che erano quelli per i quali la Chiesa aveva già patteggiato accordi extragiudiziali e segreti con le vittime.
Sandra
Mi sembra di non aver letto che il direttore del quotidiano baron non era cattolico!
Tiziana,
ho trovato un esauriente studio sull’inchiesta, sul globe, sui precedenti sul sito della Columbia university journalism school. Il giornale era di proprietà di protestanti, ma i redattori irlandesi cattolici. Gli articoli precedenti non avevano risparmiato critiche a Law, sia per la sua ambizione e amicizia con gw Bush, sia per la reazione alle proteste sul caso Porter (la maledizione di cui si parla anche nel film): era stato un rapporto a tratti conflittuale, da quasi 20 anni, e proprio in considerazione di questi attriti si era scelto di tenere un profilo un po’ basso. Fino all’arrivo di Baron e alla sua esperienza nell’accedere a documenti che a Boston non c’era.
“The paper and the cardinal” e “Baron a new face” in
http://ccnmtl.columbia.edu/projects/caseconsortium/casestudies/14/casestudy/www/layout/case_id_14.html
@Sandra
invece io ho trovato questo http://moked.it/blog/2016/02/25/jciak-luomo-che-accese-spotlight/
Tiziana,
non voglio togliere merito a Baron per aver lanciato l’inchiesta. E’ anche vero che indirizzò Spotlight sul caso Geoghan a partire da un paio di articoli del Boston Globe pubblicati qualche giorno prima della sua entrata al giornale, e che parla già chiaramente dell’omertà di Law. L’articolo di Eileen McNamara (già premio Pulitzer per commento), “A Familiar Pattern” del 22 luglio 2011) inizia così:
“Il cardinale non ha commenti su quanto confermato dal tribunale: gli venne riferito che Geoghan era un abusatore seriale dieci anni prima del suo arresto: ricevette una lettera che lo avvertiva su Geoghan nel 1984 e trasferì il prete in un’altra parrocchia, in cui secondo l’accusa violentò bambini per altri 8 anni.
Geoghan, ora spretato, affronterà il processo a settembre per la violenza su decine di bambini, ma al cardinale Law sarà consentito di continuare a giocare a nascondino indefinitamente? Ci sarà mai qualcuno che chiederà al capo dell’arcidiocesi di Boston spiegazioni su come preti, vescovi e arcivescovi superiori di Keoghan non abbiano mai affrontato, o mai sospettato, gli abusi di bambini di cui è accusato in 5 parrocchie per 28 anni?
Il caso Geoghan, come quello Porter e Reardon, segue uno schema fin troppo familiare. Gli uomini che violentano bambini possono finire per essere processati, ma la potente istituzione che protetto i pedofili e nascosto i loro crimini non è mai considerata responsabile pubblicamente.
Ci sono accordi, certo, assegni per le vittime in cambio di silenzio. Stime di questi accordi a livello nazionale si aggirano sul miliardo di dollari.
Per anni, la Chiesa cattolica ha sostenuto di essere all’oscuro tanto quanto il resto della società sulla diffusione degli abusi. Ma nel 1985, lo stesso anno in cui Law trasferì Geoghan, la Conferenza nazionale dei vescovi venne informata sull’estensione della pedofilia nel clero.”
(tra l’altro l’85 è anche l’anno in cui viene nominato cardinale)
L’altro articolo della McNamara è del 29 luglio (“Passing the Buck”):
“E’ colpa della vittima di stupro. E’ colpa dell’avvocato della vittima di stupro. E’ colpa dello psichiatra. E’ colpa della stampa anti-cattolica. Quello che è uno dei peggiori casi di reati sessuali nella storia dell’arcidiocesi di Boston sicuramente non è, è che sia colpa del cardinale Law. Almeno è quanto Law e i suoi avvocati vorrebbero farci credere.
Se il fedele sospetta la Chiesa cattolica di complicità con molestatori seriali di bambini, si accusa l’avvocato delle vittime per fornire titoli di giornali a spese del cardinale, si accusano i media di attaccare la Chiesa.
Sfortunatamente per Law, il gioco di scaricare la colpa altrove giocato dal suo avvocato Rogers la settimana scorsa, non fa che rafforzare il caso contro il cardinale. Law è accusato in una causa civile condotta da 25 vittime che erano bambini quando Geoghan li violentò nelle parrocchie dove Law lo aveva trasferito tra il 1985 e il 1993.
Sul Pilot, giornale dell’arcidiocesi, Rogers che Mitchell Garabedian “non ha mai citato che ogni trasferimento di Keoghan, successive alla prima segnalazione di abuso sessuale, era soggetto a una valutazione medica indipendente che ne confermava la sicurezza.
Quale “prima” segnalazione? Quella che Law ricevette nel settembre 1984 sulla violenza su 7 bambini? O quelle che i superiori di Keoghan ricevettero da genitori che risalgono, secondo documenti del tribunale, al 1973, o quello che risalgono a un’altra decade prima?
Quale “valutazione medica indipendente?” il giudice James McHugh ha sigillato tutti i documenti nella causa civile, compresi quelli medici. Ma un terapeuta che ha lavorato in un centro di terapia per preti pedofili, ha dichiarato che Keoghan fu ricoverato più di una volta, e in più di una struttura. Nonostante la dichiarazione di Law sul Pilot che la Chiesa “sta imparando a proposito dell’abuso sessuale sui minori”, la Chiesa ha fatto uso di svariati centri psichiatrici per preti pedofili per almeno 30 anni.
Allora cosa? O la Chiesa era all’oscuro del tipo di abuso sessuale di cui Geoghan è accusato, oppure sapeva abbastanza da mandare i suoi preti a centri di trattamento nel tentativo di curare la loro pedofilia. Se è vera la seconda ipotesi, perché Law non scelse la prudenza e assegnò Keoghan a compiti diversi dal lavoro in parrocchia che lo metteva in contatto quotidiano con bambini? E perché non informare il suo gregge sulla sua supervisione di Keoghan dopo averlo mandato in parrocchia a lavorare? Come avrebbero potuto esserci almeno altre 25 vittime se il cardinale e i suo agenti fossero stati attenti nell’impegno di proteggere bambini da predatori sessuali?”
Se la McNamara era irlandese a giudicare dal nome, e quindi cattolica, non le aveva certo mandate a dire su Law! C’è tutto: ma soprattutto che grazie a una sentenza del gennaio 2001 Law potesse finalmente essere chiamato in procedimenti giudiziari per pedofilia ecclesiastica in veste di accusato. Quello che ci voleva era la decisione di un capo di dedicare risorse e persone al caso, e questo va sicuramente ascritto a Baron.
In realtà la prima a parlare estensivamente di Law sembra essere un’altra giornalista sul Phoenix, con l’articolo “Cardinal Peccato” del marzo 2001, Kristen Lombardi. Nel suo articolo, in cui racconta come il giudice della superiore court con la sentenza dia l’avvio alla possibilità di denunciare Law, cita un avvocato che dice “denunciare Law è come denunciare il papa”.
E in effetti è proprio per aver protetto il papa che Law viene a sua volta protetto dal papa!
Non volevo dare meriti ma solo segnalare.
Io peso solo dire il mio disgusto per aver vissuto con Las a capo di santa Maria maggiore ben custodito da sa Giovanni Paolo secondo.
Quanto alla articolo segnalato il sito moked mette in rilievo tutte le personalità ebraiche che fanno qualcosa di rilievo. In questi giorni sappiamo tutto di Saunders o sander
Tiziana,
tranquilla, avevo capito.
Quanto al disgusto dalle ultime mie letture trattengo che nel 1985 i vescovi americani erano seriamente preoccupati dalla possibilità che le decine di processi in svolgimento all’epoca potessero verosimilmente diventare centinaia, con un danno economico e di immagine notevole (il benessere dei bambini nel documento riservato è marginale, as usual), tanto che parte tutta una serie di consultazioni all’interno della Cei americana fino al vaticano che riceve il “manuale”. Poi tutto si ferma. Inspiegabilmente, dato il fermento che l’aveva preceduto. L’unica possibilità è che l’alt sia venuto dal papa, e quindi quando Law viene chiamato a rispondere, prima che possa dire di aver semplicemente obbedito al contrordine venuto da Wojtyla, ovviamente batte cassa, e pretende quello che un volpone come lui aveva probabilmente preventivato: un piano di protezione in Vaticano. Il maggior colpevole però deve essere stato il polacco, non c’è altra spiegazione, e i suoi successori non vedono di meglio di credere al papa miracoloso, e lo fanno santo.
Miracoloso oddio… neologismo per neologismo, direi mir-inc-uloso.
@Sandra
McNamara non è un cognome di origini irlandesi, è scozzese. Il prefisso irlandese tipico è O’, come ad esempio O’Malley.
Mauritius,
mac è figlio in gaelico, sia scozzese che irlandese.
https://en.wikipedia.org/wiki/Irish_personal_naming_system
e mcnamara è proprio irlandese: https://en.wikipedia.org/wiki/MacNamara
Temo che il film sia visibile solo in circuiti marginali, come già avvenne per Agorà. Io abito in una grande città del Nord e non l’ho trovato nè tra i film attualmente in corso di programmazione nè tra quelli di imminente programmazione. Potenza della CCAR.
Nel mulstisala berlusconiano della mia zona, c’è. E c’è anche The Danish girl.
Io ho visto il film a Venezia ma ora che e uscito lo rivedrò volentieri.
L,ho da subito accomunato al film di Amos Gitai sull,omicidio di Rabin (anche questo uscirà a giorni). Due film importanti perché parlano di indagini e trasparenza giornalistica che e del tutto assente in Italia, asservita com’è.
C,è solo da sperare che anche movimenti di opinione non siano preda, o SK consegnino, ai diversi poteri, ad esempio i partiti.
Anche da me c’è The danish girl, però tieni presente che trattare tematiche “scabrose” va meno controcorrente che denunciare le malefatte della Chiesa.
@G.B.
Vero, è magari in un momento come questo, caratterizzato dalla discussione sule unioni civili, non mandarlo sarebbe stato un errore. Comunque non, le sale di proiezione decidono autonomamente. Anche se non posso escludere pressioni varie.
Gmd le pressioni non solo non si possono escludere ma penso di poter dire che molto probabilmente qualcuno da qualche parte ha detto/fatto qualcosa, ti ricordi ad esempio il casino che hanno fatto quando è uscito “Stigmate”? Per il resto non saprei cosa altro commentare se non per dire cose già dette ridette e stradette. Mi si conceda di notare, però, anche se solo a margine, che i tanto bravo onesti e intelligenti cattos & simpatizzanti vari in thread come questi si guardano sempre molto bene anche solo dal metterci il naso, figuriamoci “argomentare” (leggi rompere gli zebedei) come fanno in qualsiasi altra occasione.
@dissection
Mi sembra di ricordare qualcosa.
La moralità di certi cattolici è a senso unico. E il feticismo nei confronti della tonaca è così radicato, che preferiscono voltare la faccia. E non per porgere l’altra guancia.
Il tg3, pochi giorni fa, è riuscito a presentare il film senza utilizzare mai le parole “preti” (o sinonimo) e “chiesa cattolica”; incredibile!!
Ergaster
Sono appassionata alla fiction las & order. Moltissime puntate ruotano intorno al caso di Boston, ma non solo. La pedofilia del clero ha una sezione nutrita con una caratterizzazione legata ad un agente cattolico, addirittura sospettato di essere poco affidabile dai colleghi. Vedo queste serie su crime, ma anche su giallo e top crime che sono in chiaro. Magari quando arriveranno in Rai li purgheranno.
Quelli sono protetti da una falsa morale che vige nel nostro Paese e non solo. Il fatto è che hanno sempre ancora molto potere….. Spero si capisca.
Segretario: Ha visto che c’è Michael keaton nel cast? Il protagonista di Birdman.
Papa ufficiale: Che film estrano es sto Birdman…
Segretario: Perché?
Papa ufficiale: Se entitula “uomo uccello” ma finisce alla “c*zzo de cane”.
Segretario: Santità ma insomma!!!
Scommetto che “i soliti noti” useranno questo film come pretesto per dire: “Ecco vedete, questa campagna contro la Santa Chiesa è tutto un business, ora c’hanno fatto pure il film per incassare soldi!”
Segretario: Santità, che ne pensa del film “Il caso Spotlight”.
Papa ufficiale: Che es “anticlericaloso”.
Segretario: Ma per favore!
Non sarebbe il caso di inserire nella pagina wiki, nella sezione dei premi, l’assegnazione del Premio Brian durante la Mostra del cinema di Venezia?
Vedo adesso che non c’è neanche nel paragrafo ‘Premio Brian’ della pagina wiki di Uaar.
(Più sopra ovviamente mi riferisco al film)
terribile la punizione vaticana dell’ arcivescovone Law , l’insabbiatore , esiliato in un’oscura tetra cattedrale romana…
“La prima, esplosiva puntata dell’inchiesta uscì nel gennaio del 2002, nel dicembre dello stesso anno il cardinale lasciava gli Stati Uniti per stabilirsi presso la basilica romana di Santa Maria Maggiore. Un trasferimento che, nelle didascalie finali del film, viene assimilato a una beffarda promozione e che invece, nella sostanza, segnò l’uscita di scena di un porporato che fino a quel momento aveva goduto della massima stima sia dei fedeli sia delle gerarchie vaticane.
… Non si dice nulla, per esempio, della sorte di padre John Geoghan, il sacerdote dai cui crimini l’inchiesta prese avvio. Per la cronaca, fu ucciso in carcere da un compagno di cella nell’agosto del 2003.” (Avvenire febbraio 2016 su Spotlight)
“Minore ironia sul trasferimento del cardinale Law a Roma, colpito dalle accuse ben note, e l’informazione che uno dei più diabolici predatori, John Geoghan, sia stato strangolato in carcere nell’agosto del 2003, avrebbero dato il credito finale a un film del quale la Chiesa non dovrebbe aver paura, come oggi non ha.” (Radio Vaticana, sett. 2015 su Spotlight)
Nel 1985 venne scritto un rapporto confidenziale (citato nel film) in cui la pedofilia era descritta come non curabile: la proposta di presentarlo alla conferenza episcopale americana – gli autori avevano pronosticato risarcimenti milionari – aveva visto Law come sostenitore, ma all’ultimo si ritirò, e il rapporto rimase ignorato. Sapendo quello che sapeva, continuò a spostare preti.
Eppure secondo i giornali dei preti la chiusa del è ironica su Law, e insensibile sulla sorte di un criminale come Geoghan.
E si capisce perché Avvenire & C. continuino a difendere Law: il cardinale di Boston era coinvolto nel 1985 con gli autori del rapporto confidenziale, il “Manuale”, era disposto a realizzare una commissione ad hoc, ma dopo un iniziale coinvolgimento si chiama fuori.
(pagg. 7-8 di http://www.awrsipe.com/Doyle/pdf_files/Manual-History%20%2010-12-2010.pdf)
Cosa gli fece cambiare idea? Ma soprattutto chi avrebbe potuto intervenire su tanti cardinali e vescovi già coinvolti?? Forse un sant’uomo a Roma? Un superiore a cui non si poteva disobbedire e che diventa il massimo responsabile di altri anni di silenzi e di abusi? L’uomo che dovette accogliere Law quando esplose lo scandalo, e affidargli una basilica a Roma, insieme alla presenza in commissioni pontificie, tra cui quella sulla famiglia.
L’uomo che il rivoluzionario ha proclamato santo era forse quello che ha messo un freno a un’azione che i vescovi usa erano disposti a intraprendere e che avrebbe evitato tante altre vittime?
Non fu “una beffarda promozione”, cari signori di Avvenire, ma la giusta ricompensa per la complice obbedienza del cardinale Law a papa Wojtyla. La beffarda promozione semmai è quella di Bergoglio per Wojtyla.
Sandra
Comunque oggi a Roma c era il gruppo di australiani per sentire Pell e sono rimasti stupiti dell assenza dei media italici
Tiziana,
ma non deve essere lunedì la deposizione?
“Davvero in Italia non si parla di Ballarat?”
http://www.huffingtonpost.it/2016/02/24/pedofilia-ballarat-george-pell_n_9303916.html
A otto secoli di distanza, il nodo della giurisdizione distinta e dei privilegi ecclesiastici di fronte alla legge non appare risolto. Almeno in Italia: la storia di Thomas Beckett, in Inghilterra, non è più tanto attuale… e la stessa “cattolicissima” Irlanda ha saputo reagire allo scandalo pedofilia sacerdotale basandosi più sui fatti che sui desideri di non implicazione. Finché non si identificherà il punto chiave di tante storture e ingiustizie in questo paese, non ci sarà modo di vivere la contemporaneità senza schizofrenie. Quel che è peggio, è che l’attuale papolatria ha gettato un velo su una realtà che ha poche probabilità di essere stata sanata solo perché Bergoglio sa flirtare con la telecamera e twittare come un usignolo del XXI secolo al servizio di qualcosa di anteriore. Non va dimenticato, d’altra parte, che la lettera pastorale interna, incentrata sul Crimen Sollicitationis, è del precedente “papa buono”: Giovanni XXIII. Vuoi vedere che il compito dei “più buoni” è proprio quello di nascondere meglio le beghe dei “meno buoni”?
È risaputo che ogni volta che si viene fregati è perché ci si è fidati.
Ergo, i mascalzoni cercano soprattutto il consenso. E sorridono spesso…
Dialogo della foto.
Ruffalo: La vuoi smettere di atteggiarti? Tanto l’Oscar non lo vinci neanche quest’anno.
Keaton: Se lo vincessi sono sicuro che diventeresti verde dalla rabbia.
Ruffalo: Ha, ha, ha, intanto Hulk a Batman lo ammazzerebbe di legnate.
Keaton: Queste sono fesserie perchè Batman ha la Bat-cintura e non lo batte nessuno!
McAdams: La volete smettere di fare i bambini tutti e due?
Voce da fuori: Bambini? Ho sentito la parola bambini?
McAdams: Gesù, è tornato il cardinale a farci visita….
Ti sei superato! 🙂 🙂 🙂
🙂
Sempre in attesa di un commento (intelligente) da parte cattolica/credente…
dissection
Di queste cose non si parla, se non in confessione.
bellissimo film, dove si cerca semplicemente la verità, senza morbosità o astio (…) e la verità vien fuori incontrovertibilmente.
http://www.famigliacristiana.it/articolo/spotlight-l-inchiesta-che-denuncio-la-pedofilia-nel-clero-usa_3070621.aspx