Alla ricerca della ricerca perduta

Nel suo essere nostalgica, nella sua celebrazione di qualcosa che è stato e che forse si ritiene non essere più, se non in tutto almeno in parte, la scritta che campeggia in cima al mussoliniano Palazzo della Civiltà Italiana (più comunemente detto “Colosseo quadrato”) è anche drammaticamente attuale: un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori. Di navigatori, almeno nel senso in cui li intendeva l’ideatore della frase, non ne esistono ovviamente più; di tutte le categorie che vanno dai poeti ai pensatori qualcosa ancora la si trova; ma quelli di cui veramente c’è di che preoccuparsi sono gli scienziati e i trasmigratori. Principalmente perché i trasmigratori di oggi sono proprio loro, i nostri ricercatori, vittime di una politica incapace di vedere oltre un palmo dal proprio naso.

L’ennesimo appello rivolto alle istituzioni italiane affinché cambino drasticamente rotta, incrementando gli investimenti nella ricerca, arriva da un gruppo di 69 scienziati italiani il cui capofila è Giorgio Parisi, fisico della Sapienza di Roma. In realtà l’appello è più una sorta di denuncia, non rivolta direttamente all’Italia ma rivolta all’Europa perché spinga i governi nazionali a mantenere un livello minimo di finanziamenti pari al 3% del Pil, contro l’attuale 1% impegnato dall’Italia. La lettera sottoscritta dai 69 scienziati è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature ed è in seguito diventata una petizione su Change.org, che al momento in cui scrivo è a poca distanza dal traguardo di 60 mila firme.



Le cifre fornite da Parisi non lasciano alcuno spazio a interpretazioni fantasiose: ben 15 mila ricercatori sono stati costretti a lasciare il loro Paese, e quindi i loro affetti, per poter continuare a svolgere quel lavoro per cui hanno studiato e in cui credono fino al punto da essere disposti a scommetterci il proprio futuro. Non solo loro: anche le nazioni che li hanno accolti hanno scommesso sul loro futuro, ma soprattutto hanno visto in loro il proprio futuro. Nazioni lungimiranti come ad esempio la Francia, che investe circa un miliardo di euro l’anno in progetti di ricerca di interesse nazionale. Dieci volte più dell’Italia che si ferma a 92 milioni. Per loro, gli scienziati italiani, il minimo sindacale dovrebbe essere di almeno 300 milioni l’anno, che sarebbe comunque un terzo di quello che investono i cugini d’oltralpe. Di recente anche il noto divulgatore scientifico Piero Angela ha sostenuto la petizione con un contributo video in cui descrive la ricerca di base con una metafora: «è una macchina con dei bravi piloti ma senza benzina».

Anche la senatrice Elena Cattaneo, intervistata da Il Foglio, ricorre a una metafora automobilistica per descrivere la situazione riguardo alla ricerca sugli Ogm, in particolare per via dell’attuale divieto di svolgere sperimentazione in campo aperto per cui lei stessa aveva presentato un ordine del giorno in Senato: «è come far costruire nuove macchine alla Ferrari ma impedire all’azienda di provarle su pista». Naturalmente anche le lamentele di Cattaneo sono per la strategia sulla ricerca in generale, non solo per quella sugli Ogm, messa da parte da una classe politica che ha come unità di tempo massima quella che va da una tornata elettorale alla successiva. Ma Cattaneo va anche oltre, puntando il dito sulla schizofrenia delle istituzioni che si chiudono a riccio quando si tratta di aprire i cordoni della borsa a favore delle Università, e allo stesso tempo si rifiutano di tenere conto dei pareri scientifici quando si tratta di gestire pratiche al limite dell’esoterismo, come l’agricoltura biodinamica per cui il ministro Martina ha addirittura proposto dei corsi universitari, o perfino truffaldine come nel caso Stamina.

Non va meglio quando ad avere a che fare con la scienza non è la politica ma la magistratura. Anzi, per certi versi va pure peggio, perché è chiaro che un magistrato non può avere una formazione scientifica, ma mentre in Italia il magistrato ha comunque autonomia nella scelta dei consulenti d’ufficio, all’estero si seguono delle procedure standard ben definite che limitano il rischio di sentenze assurde. Non si può arrivare al paradosso per cui un magistrato possa ritenere legittima la sperimentazione di pratiche senza alcun fondamento scientifico a carico dello Stato, non è una cosa che un Paese sedicente progredito del terzo millennio può permettersi. E quando dico “permettersi” parlo proprio di tutti i costi, sociali ed economici.

Massimo Maiurana

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11 commenti

Giorgio Pozzo

Nel vocabolario popolano-populista dell’italiota medio, la parola “futuro”, come molte altre, purtroppo, copre un intervallo limitatissimo e possiede una semantica ridottissima. Per l’italiota popolan-medio, il cosiddetto “futuro” arriva fino alla successiva partita di campionato, o addirittura solo ai tempi supplementari o ai rigori, quando ci sono.
Investire nella ricerca richiede una pianificazione a lungo termine, con l’aggravante che qui i parametri in gioco sono molteplici.
Troppi.
Essendo il numero di tali parametri quasi certamente confrontabile con il numero di neuroni attivi a suo tempo inseriti da un dio complice nel teschio dell’italiota stesso, ne risulta inevitabilmente che “investire”, “ricerca”, “pianificazione” e “lungo termine” siano questioni che, invece di avere significato strategico, la cui unità di misura minima dovrebbe essere il lustro o il decennio, non possono andare al di là della settimana prossima. Perfino quello che è stato capo degli italioti per una ventina d’anni, dunque definibile Italiota Massimo, da bravo finanziere, antitetico di imprenditore, non riusciva ad essere interessato ad investimenti senza ritorno monetario con scadenza settimanale, o al massimo mensile.
Insomma, il nostro italiota non riesce a vedere, o si rifiuta di farlo, al di là del proprio naso. Tutto quello che, come la ricerca, gli costa soldi spesi per mesi o anni, senza ritorni pressochè immediati, va cassato.

Sumadarto Sono

@giorgio_pozzo:
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Continua cosi` !!!
Semmai per altri impegni dovessi abbandonare il posto di rettore all`istituto di italiottologia penso che tale istituto lo guideresti meglio di me 🙂 !!!
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firmato: Mago Sumadarto Sono (grande studioso di italiottologia)

RobertoV

Anche quelle poche volte che si sono avventurati nel fare dei programmi a lungo termine, non li hanno mai rispettati e realizzati, e certe volte è stato un bene, visto come erano stati fatti (penso al piano energetico con 20 mila MW di centrali nucleari poi diventate a carbone).
Altri programmi invece non li hanno mai messi sulla carta, ma li hanno poi progressivamente realizzati, vedi lo smantellamento industriale (industria chimica e petrolchimica, elettronica, ecc.) e la riduzione della ricerca o della scuola, il tutto per fare cassa. Tagli e soldi attuali, tangenti, con meno soldi in futuro.
Sulla ricerca sempre grandi parole, ma nessuno ci crede, nemmeno gli industriali, figuriamoci i politici dove dominano i laureati in legge e scienze politiche. Hanno altre priorità e “competenze”.

Sumadarto Sono

Gli italioti che votano tali politici pero’ ci credono sempre che…questa e’ la volta buona.

firestarter

@ RobertoV
Come qualcun altro ha suggerito, purtroppo gli italioti che votano certi politici ci credono sempre che questa sia la volta buona. Non ci resta che sperare che gli italioti votino finalmente altri politici, quelli per intenderci che rispettano la scienza e la ricerca dando della vecchia puttana a Rita Levi Montalcini, ribattezzando Veronesi “Cancronesi”, e promuovendo interrogazioni parlamentari su I Scii Kimici.

Tiziana

Io mi rendo conto di dire e scrivere sempre le stesse cose, ma essendo nata dal lato “giusto” mi chiedo come sia possibile un Paese che nega il più importante dei diritti che e quello alla informazione corretta. Mio padre che sta arrivando ai 100 passa a casa molto tempo, e siccome non può leggere passa come tanti vecchi il tempo con la TV. Siccome ha conservato lucidità e allegria mi dice che hanno appena fatto un servizio dove gli garantiscono altri cento se si fa devoto di. Una certa Madonna. Ma del resto vediamo anche partiti nuovi che sono contro OGM e preferiscono i dischi volanti, ministre della salute che si battono come leoni contro la maternità surrogata ecc ecc

Frank

«è come far costruire nuove macchine alla Ferrari ma impedire all’azienda di provarle su pista»

Marchionne: Ecco dove abbiamo sempre sbagliato.
Lapo: Snifffffff….
Marchionne: No, no, non quel tipo di pista.

Frank

«è una macchina con dei bravi piloti ma senza benzina»

Marchionne: Lapo lo hai fatto il pieno come ti avevo detto?
Lapo: Hic hic hic.
Marchionne: Mmmmmh…. che mi abbia frainteso anche questa volta?

firestarter

Il fatto che molti se ne vadano dipende in primo luogo dal sistema malato della assegnazione dei posti all’universita’. Chiunque ci sia passato sa bene come funzionano i concorsi, in cui escono titoli fotocopia della tesi di laurea del candidato/a da piazzare.

Se uno e’ decentemente bravo ed ha la fortuna di potere fare una esperienza all’estero spesso non torna, anche perche’ tornando la prospettiva e’ quella di fare il servo a qualche barone per un periodo sufficientemente lungo da essere ritenuto degno di piazzamento. Invece in molti altri posti il modo in cui si assumono quelli nuovi e’ molto trasparente. Normalmente non si assumono persone che abbiano conseguito il dottorato nello stesso dipartimento, questo per evitare la formazione di gruppi di potere strutturati ad albero genealogico accademico dei seniors.

Francesco S.

Si vede che hai studiato in italia. Infatti di quelli che conosco io che sono rimasti in Italia e non sono raccomandati, stanno facendo gli schiavetti. Uno in particolare scocciato della cosa si è buttato nel settore privato, è riuscito a rimanere in Italia, ma ricerca non la fa più. 😉

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