Critica e propaganda: storie di diritti e limitazioni (auto)imposte

Non è possibile tutelare la libertà di una persona di esercitare i suoi diritti in senso assoluto, occorre sempre metterli in relazione a diritti e interessi altrui, sia individuali che collettivi, tant’è che si parla comunemente di limiti invalicabili: la tua libertà finisce dove comincia la sua. Questo principio è talmente logico e condiviso da non costituire di per sé oggetto di contesa. Il problema vero infatti, il nodo del contendere, non sta nel principio ma nell’individuazione di quei limiti, quei paletti che ognuno cerca inevitabilmente di allontanare da sé. Spesso dalla comunità etnico/religiosa a cui appartiene. E qui son dolori.

Un editoriale pubblicato recentemente su Charlie Hebdo, rivista che certamente di libertà d’espressione, e quindi di critica, ne sa qualcosa, ha sollevato un acceso dibattito sulla sempre più diffusa tendenza a privi­legiare il rispetto verso comuni ideali religiosi contro le critiche che a essi vengono mossi. Il meccanismo descritto è tanto semplice quanto efficace: si fa leva sulla propaganda, che a sua volta fa leva sugli ideali propri delle democrazie evolute sul piano del contrasto alla discriminazione, per costruire due categorie perfette e complementari; da un lato abbiamo una comunità fondata su principi che di democratico non hanno assolutamente nulla, ma che viene comunque dipinta come meritevole di un livello di rispetto che arriva alla vera e propria intoccabilità, dall’altro abbiamo la categoria opposta di chi cerca di criticare quella comunità ma finisce per trovarsi invece egli stesso sommerso da critiche per aver osato rivolgersi agli intoccabili.

Inutile dire che lo stesso Charlie Hebdo ha incarnato nell’occasione quest’ultimo stereotipo, anche perché le sue critiche partivano dagli attentati terroristici di matrice islamista, fino ai più recenti attacchi di Bruxelles, per individuare una correlazione tra queste tragedie e la facilità con cui si cuciono etichette di islamofobia addosso a chi semplicemente critica l’islam. Su un articolo pubblicato da il Post si trovano riferimenti a diverse prese di posizione contro l’editoriale, che in pratica convergono tutte più o meno sullo stesso assunto: la rivista ha detto che tutti i musulmani sono terroristi. Ma ha veramente detto questo? Sicuramente non lo ha fatto in modo esplicito e probabilmente non lo ha fatto nemmeno implicitamente. Sembra la solita storia del dito che indica la luna, perché è vero che a una veloce lettura si può anche trarre la conclusione che il giornale satirico ce l’abbia col panettiere barbuto che non serve panini al prosciutto, ma cercando di scorgere quello che viene indicato dal dito si capisce che quella è solo una premessa.

islamofobia

Il succo del ragionamento è un altro e critica forse più noi stessi e il nostro sistema di comunicazione, la nostra scala di valori, piuttosto che il mondo islamico. Il titolo lo dice chiaramente: “Come siamo finiti fin qui?”. Il soggetto è “noi”, non “loro”, perché di fatto siamo noi ad aver costruito qui un sistema basato su caste religiose, siamo noi ad aver riconosciuto loro la facoltà di poter discriminare in barba ai diritti umani — perché evidentemente le comunità prevalgono sugli individui — e adesso siamo sempre noi a morderci clamorosamente la lingua per non rischiare che qualcuno ci dia dell’islamofobo. È questo che gli editorialisti denunciano ed è più o meno la stessa cosa che Charb scrisse nel suo manifesto postumo. Definendo loro islamofobi non si fa altro che confermare le loro teorie.

Perfino Tehmina Kazi, responsabile media per l’associazione British Muslims for Secular Democracy, che come dice il nome rappresenta musulmani che credono nella laicità, ha commentato positivamente l’editoriale e ha criticato le prese di posizione di chi li accusa di bigottismo. Per Kazi il panettiere che si rifiuta di vendere carne di maiale non fa in principio nulla di sbagliato, così come non lo fa nemmeno il ristorante vegetariano dietro l’angolo, ma aggiunge: “Charlie Hebdo ci dice che nel momento in cui le persone cambiano le proprie abitudini per paura, aprono la strada alle pretese di chi vuole limitare i diritti altrui”. Purtroppo però la maggior parte dei musulmani non la vedono allo stesso modo.

I musulmani appartengono a una comunità religiosa nella quale esistono forme di condizionamento che portano a ritenere donne, atei e gay come soggetti detentori di minori diritti. Anche altre dottrine religiose, tra cui quelle cristiane, prevedono regole simili e sono potenzialmente in grado di generare forti tensioni sociali, ma operando in contesti più secolarizzati la loro azione risulta mitigata. Nel mondo islamico questa sorta di filtro fra la teoria dottrinale e la pratica sociale è molto più blando, come ha confermato un’indagine del Pew Forum qualche anno fa.

Paradossalmente poi, in occidente lo stesso condizionamento sociale viene attuato grazie a regole democratiche che, in nome di un malinteso diritto di espressione religiosa, consentono loro di farlo, col risultato di preparare un terreno di coltura che favorisce l’attecchimento di estremismi. Un quarto dei musulmani britannici, secondo un sondaggio condotto da ICM, si dice favorevole all’introduzione della sharia, la metà di loro non accetterebbe un insegnante omosessuale per i propri figli e, nonostante tutto, l’80% di loro continua a ritenersi britannico. Le politiche multiculturaliste si sono rivelate fallimentari, piuttosto che incoraggiare la vera integrazione hanno generato dei ghetti, ma si fatica a prenderne atto. Perfino molti di quei musulmani che non frequentano le frange più radicali esitano a condannare gli atti di terrorismo, perché comunque il senso del martirio in nome e a difesa di valori della comunità di appartenenza ha la sua presa su un’ampia fetta del mondo islamico.

Del resto anche la nostra democrazia ha concepito il principio di separazione tra Stato e Chiesa non in senso orizzontale, come entità distinte sullo stesso piano, ma in senso verticale con la prima funzionale all’occorrenza alla seconda, mai viceversa. Noi sappiamo benissimo cosa significa poter contare su una solida propaganda per affermare il potere di una casta, e garantire a essa privilegi che spaziano su qualunque campo e su ogni aspetto della vita di tutti i giorni, dalla culla alla tomba passando per scuola, sanità, diritto di famiglia e quant’altro. La casta che ci portiamo dietro da millenni non incita al martirio, ma riesce tuttora a convincere la maggior parte della gente di essere rivoluzionaria pur mantenendo pressoché intatte le sue regole anacronistiche, avvalendosi di questo riconoscimento per pretendere sempre più potere e denaro. Con un’attenta strategia propagandistica si può ottenere qualunque cosa, dipende solo da cosa si vuole.

Noi europei abbiamo avuto uno Stato teocratico a fare il bello e il cattivo tempo, non siamo ancora riusciti a sbarazzarcene e adesso ci troviamo a dover fare i conti con altre culture che pretendono lo stesso trattamento di favore. Difficile poter dire loro di no quando agli altri si dice sempre di sì, per poterlo fare occorre ripensare l’intero sistema e il concetto stesso di laicità, mantenendolo alla larga da qualunque aggettivo che possa alterarne il senso. Di tanto in tanto arrivano segnali confortanti da questo punto di vista, come ad esempio il caso della cattolica Polonia dove qualcuno è riuscito a mandare letteralmente a quel paese il prete che ha cercato di sconfinare in ambiti che non riguardano il suo ruolo, nel caso in questione il diritto all’aborto. Segnali confortanti di insofferenza popolare, sebbene il governo polacco abbia promesso di continuare sulla via del clericalismo. Altre volte arrivano segnali opposti, come nel caso dell’Air France che prima ha chiesto ai dipendenti di adeguarsi ai costumi dei paesi islamici e poi ha ripiegato su una sorta di obiezione di coscienza. E allora forse qualcosa non sta andando per il verso giusto.

Massimo Maiurana

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27 commenti

Diocleziano

Fino all’ultimo dopoguerra era ancora presente l’omicidio d’onore, che poi era

quasi sempre un ‘femminicidio’, e pare che venisse trattato ancora con una certa

indulgenza. Chiaramente un relitto del passato che, finalmente, fu eliminato.

Paradossalmente oggi ci troviamo ad assorbire i relitti del passato di altre società.

Chi, in Inghilterra, pensasse di introdurre le leggi coraniche ripercorrerebbe

a ritroso secoli di civiltà che sono costati sangue e fatica.

dissection

@ Emperor: e, probabilmente, nemmeno gliene fregherebbe più di tanto, dei secoli di sangue eccetera.

Senjin

Veramente il delitto d’onore è stato eliminato dal nostro codice penale il 5 settembre 1981, stessa da nella quale viene eliminata la disgustosa legge che consentiva l’estinzione del reato di stupro nel caso il violentatore accettasse di sposare la vittima.
http://www.artapartofculture.net/2013/09/05/5-settembre-del-1981-abrogati-in-italia-delitto-donore-e-matrimonio-riparatore-ricordando-anche-franca-viola/

Socialmente parlando direi poi che il “delitto d’onore” non è stato affatto eliminato. Direi che i casi di mariti\mogli che uccidono o feriscono il coniuge perché traditi/lasciati si sprecano e, ancora oggi, si vede sui media e nella gente una atteggiamento che tende a giustificare il “povero\a tapino\a preda della disperazione da troppo amore” o “con la dignità infranta dal tradimento”.
Se vogliamo pensare di arginare le “violenze d’onore d’importazione” dobbiamo innanzitutto smetterla di giustificare e considerare “la passione”, “l’onorabilità sessuale” e simili come attenuanti alla responsabilità… semmai dovrebbero essere considerate aggravanti. .. a partire da una bella riforma del codice penale.

RobertoV

Infatti ci si dimentica troppo presto del come eravamo o del come siamo. Certe leggi sono scomparse da poco tempo (avevo apprezzato quanto riportato nella recente recensione del libro di Rodotà) e certi modi di pensare agiscono ancora sotto traccia. Se non fossimo legati all’Europa, le avremmo ancora?
Perchè cambi una certa mentalità non basta una legge.
Fino agli anni ’90 non esistevano in Italia leggi contro la pedofilia e non certo perchè questo problema non esisteva.
Recentemente avevo visto un’intervista a dei ragazzi napoletani (quindi “il nuovo”) che sostenevano che le donne non dovrebbero lavorare. Così diversi da certi immigrati?
In quanti hanno giustificato lo sceicco Berlusconi col suo “harem”?

Andrea

Le persone laiche dovrebbero iniziare a muoversi compatte sul terreno politico per difendere gli interessi della libertà di espressione e combattere il dominio della superstizione nella vita pubblica.

Laverdure

“Questo principio è talmente logico e condiviso da non costituire di per sé oggetto di contesa”.
Come no !
Allo stesso modo in cui nessuno si sognerebbe mai di contestare il principio di
“agire per il bene”.
Resta solo da definire il piccolo dettaglio di COSA sia il bene, ma questo appunto e’ un dettaglio cosi trascurabile che la maggioranza appunto lo trascura completamente.
Chi scende troppo in particolari di lana caprina indebolisce l’azione,no ?

Diocleziano

Sì, infatti, più gli ideali sono alti e più si perde di vista la strada.

m

Per me, già mettersi il velo, è un condizionamento accettato supinamente, checchè ne dicano le donne che lo indossano…

Francesco S.

Leggendo l’editoriale, non tutte le critiche sono totalmente infondate. Effettivamente in vari passaggi dice che il panettiere sotto casa e la donna velata al mercato sono contigui ai terroristi, hanno un ruolo diverso funzionale allo stesso scopo. Questa parte per me non è condivisibile e leggermente xenofoba. Non credo sia un problema marginale dell’editoriale come cerca di minimizzare Maiurana.

stefano

il problema principale con i religiosi, islamici in particolare e anche i cattolici, consiste nel fatto che riconoscono solo come proprio il diritto di stabilire cosa sia la libertà mentre tutto il resto che sta oltre il loro malsano concetto di quest’ultima è corrotto, inaccettabile e punibile con la morte.

Diocleziano

Una radicalizzazione delle loro posizioni, specialmente per i cattolici, è da mettere in conto da quando si sono accorti che vengono marginalizzati. Il problema è anche capire come usano o useranno la montagna di soldi che hanno accumulato.

claudio p

E cosa farà mai la chiesa cattolica con cui tutti i soldi che ha accumulato, un esercito di guardie svizzere per conquistare il mondo ? Mi pare che con le fantasie da complottisti si arrivi più a trame buone per un Urania o per i 5 stelle. Secondo me con tutti quei soldi ci fanno le solite cose … qualche attico per i cardinali e il resto li depositano nei paradisi fiscali.

Diocleziano

Anche, ma probabilmente ‘convincono’ qualche politico su cosa è meglio (per loro) fare o non fare. E i politici sono tanti.

claudio p

Chi scrive l’articolo mette bene in evidenza la differenza tra una religione secolarizzata come il cattolicesimo e una come l’Islam che non ha filtro fra la teoria dottrinale e la pratica sociale.

L’azione deleteria che può continuare a svolgere il cattolicesimo è limitata e continuerà a diminuire man mano che diminuiranno i cattolici (cosa che già succede in tutti paesi occidentali), le conseguenze invece dell’arrivo di grandi masse di mussulmani a cui dovremo dare (giustamente) diritto di voto invece sono imprevedibili … oppure prevedibili.

Ci sono 9 teocrazie Islamiche al mondo e una sola cattolica: il vaticano.

RobertoV

Una religione organizzata non ha bisogno di far riferimento al numero di fedeli per ottenere potere politico ed economico. Già oggi in Europa la religione cattolica ha perso molti fedeli, ma la multinazionale non ha perso potere politico ed economico, perchè quel potere non è basato sul principio democratico dei partiti, ma delle multinazionali. Il suo fatturato è aumentato (basta vedere il semplice esempio dell’otto per mille), il suo patrimonio immobiliare, le sue attività economiche, le banche, continuano ad esserci potenti partiti popolari in grado di condizionare la politica europea e non sono in discussione i concordati ed i suoi privilegi. Guarda CL che ha solo 300 mila sostenitori eppure riesce a dare ministri e condizionare i vari governi, tessere lucrose e potenti reti economiche (tipo qui in Lombardia, il centro industriale e commerciale d’Italia). Non a caso la confcommercio organizza il giubileo dell’impresa cattolica. I soldi servono a creare potere e mantenerlo.
E vale la regola che il nemico del mio nemico è mio amico: non a caso essendo la secolarizzazione e la laicizzazione nemici della chiesa cattolica cerca alleanze con l’islam che ha gli stessi obiettivi. Non a caso sono così favorevoli all’immigrazione (ovviamente di un certo tipo) perchè hanno intravisto la possibilità di indebolire le democrazie ed ottenere maggiori poteri. La chiesa si muove sempre solo per il proprio interesse di potere (guarda anche la chiesa ortodossa russa). La chiesa cattolica non è assolutamente secolarizzata (non a caso ha orgogliosamente riaffermato che non è democratica e mai lo sarà), ma solo imbrigliata nella democrazia e sa benissimo che le religioni, soprattutto certe religioni, non reggono le critiche.

Sandra

claudio,
il cattolicesimo non sta diminuendo in Africa, anzi.

Maurizio

L’Islam? Un’altra religione di ignoranti, come dimostra l’assurda citazione del cartello che nella foto una musulmuna orgogliosamente espone. “Il profeta è il salvatore dell’umanità”, avrebbe detto George Bernard Shaw.
In realtà Shaw del finì l’Islam una religione ferocemente intollerante, che mandava in paradiso chi spediva l’infedele all’inferno. Quella frase è un beato falso, neanche troppo difficile da scoprire per chi sa un po’ di letteratura. A differenza di quelle donne della foto, appunto…

dissection

@ Maurizio: quelle donne della foto: cornute, mazziate & contente & anche convinte. Se a loro va bene così; resta da capire quanto se ne rendano conto.

stefano

il problema rimane, che se ne rendano conto o meno, ci vanno di mezzo quelli che pensano (la minoranza) mentre questi idioti gonnelluti aumentano sempre di più…

Antome

Stefano, diciamo che ci sono diversi aspetti.
Dall’immigrazione, un tempo lenta, che consentiva una diluizione delle comunità, ad una massiva come quella attuale, che ovviamente con una fusione a freddo, non può che destabilizzare, se non si cambia rotta, non dico quindi che l’integrazione non sia possibile, ma non di certo con anni di politiche che dal multiculturalismo e dalla promozione del confronto sono passati al “polisegregazionismo” politicamente corrotto delle comunità isolate e gli imam sono potuti tornare a radicalizzare musulmani che si stavano laicizzando ed integrando. Pure in Francia fino agli anni 80-90 di donne col velo ne vedevi poche, così pure in Turchia e in Indonesia.
Questo oltre al fatto che questa politica delle piccole concessioni era ed è tutt’altro che laica. La religione ha sempre avuto la precedenza sull’individuo quanto a tutele, per dirne una la possibilità di sottrarsi al codice vestiario – estetico, imposto dalle compagnie, se i motivi per opporvicisi è di tipo religioso.
Fino all’assurdo che una compagnia può in teoria imporre ad un uomo di tagliarsi i capelli, fare regole che impongono stereotipi di genere, ma se il tale è un ortodosso, Sikh, ebreo ortodosso coi cernecki o grande capo Estiqaatsi, può portare anche il barbone e i riccioli lunghi.
Ovviamente io propendo per l’idea che qualunque motivazione sia valida entro certi limiti, ma decisamente quella religiosa non può avere la precedenza.
Oppure mi invento una mia religione personale? No, non puoi perchè sembra, ebbene sì, che ci sia uno statuto, un numero di fedeli necessario per la rappresentanza e lo status di religione, con i relativi privilegi di protezione sociale!

mafalda

Una donna orgogliosa del velo che inneggia alla libertà di pensiero è un ossimoro.

dissection

E con il cartello con la scritta di Shaw fa un doppio ossimoro…

Frank

“The prophet is the saviour of the humanity”

Cherubino: Gli è bastato contenersi.
Er Profeta: A Cherubì, ma vedi d’annà….

Gérard

L’ Islamofobia è niente di meno che la libertà di criticare l’ Islam è che certi musulmani vogliono fare condannare assimilandolo al razzismo, chiudendo cosi il becco a chi vuol esprimere un pensiero critico verso questo totalitarismo religioso .
Io, mi sono sempre considerato islamofobo e mai razzista ..Vivo assieme ad una famiglia araba di cultura musulmana la quale è ugualmente islamofoba in quanto essa considera la religione musulmana un cancro che ha ridotto il popolo arabo nello stato dove si trova oggi e che poi minaccia l’ intera pianeta .
In che modo dunque possiamo essere considerati razzisti ? Razzisti di noi stessi ??
Charlie Hebdo è forse il giornale critico il piu lucido in merito al pericolo religioso che ci minaccia tutti . Non si tratta soltanto di vignette ma sopratutto di editoriali su quali meditare .
Ci sono attualmente in Francia, e non solo, associazioni che vorebbero che l’Islamofobia ossia la critica dell’ Islam venga punita come un delitto !!!

Gérard

Poche settimane dopo i tragici avenimenti di gennaio 2015 con l’ uccisione di tanti disegnatori e collaboratori di ” Charlie ” sono iniziate le vergognose prese di distanze del giornalino e delle vittime : ” Je suis Charlie mais… ” .
Pure il Vernacoliere si è sentito il dovere di scrivere ” Sono Charlie però… ”
Ecco quello che avevo notato sul numero di febbraio 2015 di questo giornalino .
” Per la verità, il Vernacoliere non fa proprio come Charlie Hebdo . Noi se abbiamo da dire che le religioni sono l” oppio dei popoli, non ne dileggiamo i simboli ad offesa dei credenti … ”
Cioè ” Je suis Charlie ” ma non troppo …
Ma è anche vero che in Italia vigge, a differenza della Francia, il delitto di blasfemia … !

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