Catania. Lo scorso 16 ottobre una donna di 32 anni incinta di due gemelli è morta. I parenti accusano il medico di turno di non essere intervenuto in tempo in nome della sua obiezione di coscienza in materia di aborto — detto per inciso, in quell’ospedale tutti i medici sono obiettori. La notizia sta rimbalzando ovunque, tra dichiarazioni, smentite e indagini in corso. Noi non riteniamo opportuno in questa sede entrare nello specifico tecnico‑legale dell’accaduto. Non solo perché, in nome di un prudente garantismo, confidiamo nell’operato della magistratura — l’inchiesta è aperta. Ma anche e soprattutto perché non siamo inclini allo sciacallaggio mediatico e al giornalismo sensazionalistico, sempre più in voga in simili occasioni. Del resto, il ministro Lorenzin ci ha rassicurato che in questo caso “l’obiezione di coscienza non c’entra”.
A prescindere dalla verità di questa affermazione, vogliamo soffermarci qui sul vero nocciolo della questione — la legittimità dell’obiezione di coscienza in uno Stato laico — visto che, a ragione o a torto, il fatale episodio di Catania ne ha riaperto il dibattito. E vogliamo farlo nel modo più ragionevole e telegrafico possibile, senza cedere alla rabbia o al risentimento, perché sulla questione dobbiamo vederci chiaro, anche a costo di risultare troppo tranchant.
L’obiezione di coscienza in materia di aborto poteva avere un senso nel 1978: oggi invece non ha più ragione di esistere. Quando fu approvata la legge 194 era infatti giusto prevedere in maniera transitoria la possibilità dell’obiezione per tutti quei medici che avevano scelto la specializzazione in ginecologia prima che l’impianto giuridico cambiasse. Oggi quell’articolo va cancellato o rivisto, senza se e senza ma.
In un contesto giuridico ideale e più ragionevole del nostro, uno studente di Medicina che scegliesse di specializzarsi in Ginecologia dovrebbe sapere, sin dall’inizio, che nell’esercizio pubblico della sua professione rientra anche la possibilità di operare degli aborti. Nel caso in cui avesse dunque problemi di coscienza a operare in tal senso, non gli resterebbero che due alternative: lavorare in privato, dove gli aborti sono vietati, o cambiare specializzazione.
Il problema non è essere contro l’aborto per motivi etico-religiosi. Persone come Giuliano Ferrara e Mario Adinolfi hanno infatti tutto il diritto di rivendicare pubblicamente la loro posizione — diffido chiunque a pensare il contrario. Il punto è un altro: una volta palesata la loro posizione antiabortista, queste persone non dovrebbero né voler né poter accedere ad incarichi pubblici come ginecologi, pur rimanendo libere di praticare la medesima professione nel privato. Questo passaggio ci pare estremamente chiaro e lineare: dove si nasconde l’errore?
Vi è poi una questione marginale sulla quale non vogliamo tuttavia addentrarci, e cioè: quanti dei ginecologi negli ospedali pubblici sono antiabortisti per convinzione morale, e quanti invece lo sono soltanto per opportunismo carrierista? In quella bellissima provincia del Vaticano che è l’Italia, il paradosso è infatti manifesto: si ostacolano i medici che vorrebbero semplicemente svolgere in pieno la loro professione, favorendo al contrario le carriere di chi quel lavoro vuole farlo solo a metà. Onore allora a tutti gli uomini e a tutte le donne che non scendono a compromessi, malgrado i numerosi vantaggi lavorativi che potrebbero ottenere da una subitanea conversione sulla via di Damasco.
In conclusione, constatato che l’attuale strutturazione del sistema sanitario nazionale non permette una piena applicazione della legge 194, dobbiamo decidere come legiferare per modificare questa palese contraddizione. Da una parte, infatti, la 194 sancisce formalmente il diritto della donna all’aborto, entro certi limiti temporali e secondo una procedura medico-ospedaliera ben definita. Dall’altra, però, il rispetto effettivo di quello stesso diritto è sostanzialmente ostacolato sia da un paternalistico stigma sociale sull’aborto, sia da un perverso sistema sanitario in cui — i dati del ministero della Salute parlano chiaro — la percentuale dei medici obiettori negli ospedali pubblici può arrivare fino al 93%, come nel caso del Molise.
Le alternative per risolvere questo paradosso giuridico sono due:
- eliminare dal testo della 194 l’articolo 9 che permette e regola l’obiezione di coscienza, di modo che gli stessi ginecologi obiettori, se antiabortisti per convinzione e non per mera opportunità, rifiutino da soli di intraprendere la carriera negli ospedali pubblici;
- legiferare in modo da invertire le percentuali obiettori-non obiettori negli ospedali, stabilendo ad esempio delle soglie minime di medici non obiettori nei reparti di ginecologia, come già fatto in piccolo dall’ospedale San Camillo di Roma. Due medici non obiettori per ogni obiettore potrebbe essere un giusto trade-off. È così folle esprimersi in questa maniera?
Qualora, da buoni italiani, non volessimo agire in tal senso, non ci resterebbe che continuare a sguazzare nella nostra paludosa ipocrisia e nel nostro italianissimo lassismo, lo stesso che, stando alle parole dei parenti, avrebbe ucciso la giovane trentaduenne di Catania davanti ai loro occhi e a quelli di un intero reparto di ginecologia, a prescindere dalla pertinenza della questione obiezione‑non obiezione. Noi non siamo più disposti ad accettare tutto ciò. Non lo siamo per una questione di umanità, di coerenza e di efficienza. Ma soprattutto per una questione di principio — in questo caso vera e non soltanto di opportunità. Questo principio ha un nome. Si chiama laicità.
Giovanni Gaetani
UAAR Giovani
“Si ostacolano i medici che vorrebbero semplicemente svolgere in pieno la loro professione, favorendo al contrario le carriere di chi quel lavoro vuole farlo solo a metà”.
Bene: questo passaggio, che mi sembra cruciale nell’economia di tutto l’articolo, descrive perfettamente, e nient’altro, ciò che si è già detto a più riprese, sia da parte mia che di altri; e cioè che simili comportamenti in simili contesti sono il frutto di 17/18 secoli di imposizione di mentalità cattolica, che hanno pervertito la sanità etica & la coerenza intellettuale di tutto un popolo. Se detto popolo cresce tramandando & perpetuando il concetto che a tutto c’è perdono & rimedio, basta chiederlo sappiamo a chi con l’intermediazione sappiamo di chi, i risultati non possono essere molto diversi da questi.
….. i dati del ministero della Salute parlano chiaro — la percentuale dei medici obiettori negli ospedali pubblici può arrivare fino al 93%, come nel caso del Molise…..Dice l’articolo !
PAZZESCO ! Quando leggo certe cose che succedono nel Bel Paese, mi vergono di essere d’origine italiana : certe persone -più opportuniste che convinte- mi fanno letteralmente SCHIFO !
Pfff, un’opinione di buon senso? Buona fortuna!
Scherzi a parte, condivido e sottoscrivo. Purtroppo mi immagino già le barricate in piazza a provare a rimuovere l’obiezione di coscienza per i medici e ginecologi nel pubblico impiego. Com’è estranea la logica alla mente umana…
La natura perversa della chiesa ormai è ben nota, ma ci vorrebbe ben più del ‘rasoio di Hanlon’ per definire la pochezza di certi politici nel proseguire su una strada che procura infiniti danni, e solo per tutelare il presunto candore delle coscienze di certi furbastri.
Beh, io sì. Scusate la mia testardaggine, ma per me il fatto grave resta quello di una possibile morte evitabile. Non si tratta di una donna investita da un camion, non si tratta di una donna avvelenata da Amanita Falloide, non si tratta di una donna con arresto cardiaco: si tratta di una donna incinta. E io vorrei proprio che mi dimostrassero che non esistevano possibilità di salvezza e che hanno seguito perfettamente le procedure, senza infrazioni di sorta.
Oltre che testardo, sono anche pignolo: e lo ritengo un fatto positivo, quando c’è di mezzo una vita umana stroncata.
D’accordo con te. Il problema è il ritardo della diagnosi. Quanto era possibile diagnosticare la setticemia, con le conseguenze del caso? Con i cinque sintomi forniti dal padre ho usato un software, che si chiama sympton checker di un programma chiamato Isabel, e la prima nella lista delle diagnosi comuni è la setticemia! La prima. Di fronte a tanta incompetenza e arroganza… ci si porterà registratore e applicazione. E poi voglio vedere come risponderanno siamo nelle mani del signore. Che ci stiano loro, quando si dovranno cercare un altro lavoro.
Non era ancora fredda, la donna, che già avevano cambiato la secolare regola che, secondo loro, prevede di lasciar morire la madre per salvare il figlio.
Sua Banalità ieri si è svegliato di buon umore e ha deciso che ci si può anche far cremare; però sempre sotto la loro supervisione.
Regole eterne cambiate dall’oggi al domani; e nessuno che rilevi il tragicomico di queste infingarde mosche cocchiere.
Ma no, Emperor, secondo me non cambierà nulla, vedrai che troveranno il modo di far intendere che si tratta solo di una dispensa speciale che si applica unicamente in questo caso. Una volta esaurito lo scandalo, ovviamente, cioè tra una settimana…
Scusa Pozzo,
tu sei in grado di controbattere nel merito a queste ricostruzioni?
Io personalmente no, perciò mi astengo dai processi sommari.
A meno che tu voglia dare per assodato/acquisito una volta per tutte, che ogni volta che muore una donna incinta, muoiono i suoi figli nella pancia, ogni volta insomma che succede una disgrazia in Reparti di Ostetricia-Ginecologia, è sempre colpa di un obiettore.
@Sandra,
e a te, dato che mi pare tu sappia anche molto di medicina ostetrica, se ti sta a cuore davvero questa vicenda, consiglio una forma di protesta efficace ed eclatante davanti a quell’Ospedale: io lo farei, avendo le competenze e i titoli per farlo.
Al momento mi attengo alle dichiarazioni, che saranno rese più approfondite tra un mese, degli ispettori. Mi attengo perchè sono incompetente, non ero presente, non conosco i medici ginecologi di quell’ospedale e soprattutto quello incriminato. Al momento anche i colleghi pare abbiano testimoniato in sua discolpa, chissà come è andata davvero, io là non c’ero e personalmente non condanno un ginecologo per il solo fatto di essere obiettore, anche se fossi nella posizione dell’articolo in merito all’obiezione.
Il razionalismo, questo semisconosciuto quando vogliamo portare l’acqua al nostro mulino!
Engy,
davvero credi alla sincerità dei ‘colleghi’?
Allo stato attuale delle informazioni do più credito alle dichiarazioni dei familiari; che valore hanno le dichiarazioni del dirigente che, subito dopo il fatto, assicurava che l’obiettore spergiurava di aver fatto tutto il possibile? Non è una prova, è solo una frase riportata, lui ne sa quanto noi al momento. Nel paese dei funzionari in mutande sarebbe bene non credere a nessuno sulla parola. Aspettiamo il giudizio davanti ai giudici. I ‘colleghi’ lo hanno già assolto, è più grave questo o le nostre illazioni?
Ma più che altro, voler vederci chiaro, significa fare processi sommari?
Per quanto non apprezzi il tuo solito modo polemico di esprimerti, ti devo dar ragione e d’altro canto è ciò che dice l’autore del post, prudenza ed attesa delle indagini. Detto questo, i ginecologi obiettori negli ospedali pubblici non ci dovrebbero proprio essere e se questo obiettivo è impossibile che almeno si ponga un numero minimo garantito di non obiettori, con assunzioni ad hoc e trasferimenti se necessario. Non è neanche accettabile che una donna del Molise, della Sicilia o della Puglia, ad esempio, abbia di fatto meno diritti a causa dell’obiezione selvaggia.
I genitori e il marito c’erano. I colleghi no (e quindi di che parlano?). E neppure il medico c’era, al mattino.
La ricostruzione è fatta a partire dalla cartella clinica. Dove quello che ha detto il medico alla famiglia non c’è. Sulla cartella clinica viene scritto quello che viene fatto, non quello che avrebbe potuto essere fatto se ci fosse stato qualcuno in grado di capire e di agire di conseguenza.
Il documento della ricostruzione (w w w .salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=salastampa&p=comunicatistampa&id=4813)
termina con “PRIME RACCOMANDAZIONI E PROPOSTE DI MIGLIORAMENTO” in cinque punti, mica male. Come dire l’obiezione in fondo non è il problema più grave. Ma il problema dell’obiezione è che costituisce un criterio nel facilitare l’assunzione – e scoraggia invece chi non lo è, 12 obiettori su 12 in forza con quella che fa aborti come jolly del giovedì è abbastanza eloquente. Cosa avrebbe fatto la dottoressa non obiettrice di fronte a una donna con tutti i sintomi della setticemia in corso?
Dicono che non c’entra l’obiezione di coscienza. Non c’entrerebbe perché non era una ivg, e perché nella cartella non c’è e le testimonianze raccolte dai relatori sono quelle del personale. Però c’entra se c’è un medico che la tira in ballo, medico che all’inizio non c’è e quando arriva non capisce, nemmeno se nella cartella era scritto “diagnosi di minaccia d’aborto in gravida gemellare”. E questo ha detto siamo nelle mani del signore. Pensi che i genitori se lo siano sognato? O pensi che dato che nella cartella non c’è, non sia stata pronunciata e quindi la relazione della task force riporti tutti i fatti?
Sai, tutti i nodi vengono al pettine, diceva Sciascia, quando c’è il pettine.
Non ci siamo capiti: non mi interessa più di tanto controbattere, mi interessa capire se questa morte fosse evitabile o inevitabile. Allo stesso modo per il quale, se cade un aeroplano, mi interessa capire se il pilota o qualcun altro ha sbagliato qualcosa e la tragedia fosse evitabile. Possibile che non esistesse alcuna possibilità di salvarla?
Se per ipotesi, solo per pura ipotesi, la volontà di salvarla fosse stata fiacca o inesistente, allora la cosa si spiegherebbe facilmente. E, in genere, le spiegazioni semplici sono più verosimili.
Il tutto, nota bene, a prescindere da obiezioni, da coscienze, e da problematiche connesse.
@E.n.g.y
Chi sta facendo processi sommari. certo che bisogna aspettare l’esito delle indagini, ma vista la fermezza del marito, il dubbio sorge spontaneo. E se io fossi il dirigente di una struttura ospedaliere dove i medici ginecologi sono tutti obiettori, non sarei certo contento se uno di loro, in un eccesso di zelo e di ignoranza delle leggi, commettesse uno sbaglio simile. Lo stesso dicasi dei colleghi. Visto che ogni tanto parli di parrocchie…
Ecco una risposta alla ricostruzione della task force ministeriale, fornita da una ginecologa:
ht tp://ilmanifesto.info/valentina-a-cui-non-e-restato-che-morire-di-parto/
Pur non volendo fare processi sul blog, mi chiedo che interesse potrebbe avere la famiglia di questa ragazza a inventarsi una storia simile. Forse io non sarei stata molto razionale col medico in quella situazione (che razza di sadico lascia urlare dal dolore una donna per ore?) e credo che in questi casi andrebbe chiamata subito la polizia, non dopo che la donna è morta.
Possiamo ragionare allo stesso modo per l’obiezione al servizio militare come a quella per l’aborto.
Nel primo caso i casi sono due :
1)ammettiamo che lo stato ha il diritto (perlomeno in determinate situazioni) di imporre ai cittadini di andare ad ammazzare e farsi ammazzare,e in tal caso non si vede perche un aderente a religioni,sette ecc,oppure un autore di saggi filosofici di non violenza debba meritare un trattamento di favore rispetto a chi chiaramente tiene unicamente alla pelle :le stesse sanzioni,galera e connessi vanno applicate comunque,e un obiettore merita rispetto solo se le accetta,altrimenti merita pienamente l’etichetta di opportunista.
2)Lo stato non ha tale diritto, e allora solo i volontari devono andare ad ammazzare e farsi ammazzare (per la bella faccia di tutti gli altri !).
Analogamente o un medico ha il diritto di rifiutare le proprie prestazioni tutte le volte che
“gli tira”(licenza poetica)per un motivo personale qualsiasi, anche se e’ evidente che cio provochera disagi e danni al paziente,oppure ha il dovere di rispettare gli obblighi di una professione che nessuno gli ha imposto,pena l’immediata espulsione dall’ordine.
Ma ovviamente questo e’ qualunquismo,vero ?
qui non si tratta di fare processi, ma di dire chiaro e forte che non è possibile che una donna muoia di aborto tra dolori atroci nell’anno di grazia 2016. sicuramente è un caso di mala sanità, come minimo, e il fatto che in ospedale ci siano 12 obiettori di coscienza su 12, la dice lunga su quanta comprensione e compassione ci può essere in posti come quello per la vita delle donne. che vergogna!