I principi dell’Umanismo moderno nella Dichiarazione di Amsterdam

Che i termini ateismo e agnosticismo abbiano una connotazione negativa, almeno nell’immaginario comune, è innegabile (per una dotta ma agile introduzione si legga il primo capitolo de La visione laica del mondo, interamente dedicato al problema).

Tra le contestazioni, che si ripresentano in continuazione, le classiche sono basate su quel prefisso a-, un’alfa privativa che contemporaneamente, sostengono i critici, postula l’esistenza di quel che nega e rivela la posizione come puramente destruens, non propositiva, se non arida — mancante una alternativa costruttiva.

Anche molti non credenti sposano, almeno in parte, queste critiche (e così sembra fare anche il dizionario), sicché sono nate alternative, tra cui ad esempio i brights.

Ma a livello internazionale le associazioni omologhe all’UAAR hanno nel tempo abbracciato una diversa definizione, che è al tempo stesso indipendente da ogni riferimento al divino, e fortemente connotata da un punto di vista costruttivo e propositivo. È lo humanism, che purtroppo in Italia non si sa mai come tradurre: “umanesimo” (termine che ha usato l’UAAR nelle pubblicazioni di Nessun Dogma) finisce per confondersi con una lunga tradizione storica e letteraria; “umanismo” è termine desueto.

In ogni caso, l’International Humanist and Ethical Union, che riunisce più di cento associazioni di non credenti (tra le quali l’UAAR) in più di quaranta paesi in tutto il mondo, ha appena tradotto in italiano, col nostro aiuto, la Dichiarazione di Amsterdam, che contiene una definizione condivisa dello humanism.

La riportiamo qui, a dimostrazione che non bisogna essere credenti per avere una visione del mondo positiva, un’etica, un impegno sociale.

Massimo Redaelli
Responsabile Relazioni internazionali UAAR

 

Dichiarazione di Amsterdam 2002

L’Umanismo è il risultato di una lunga tradizione di libero pensiero che ha ispirato molti tra i più grandi pensatori e artisti di tutto il mondo e che è all’origine della scienza stessa.

I principi fondamentali del moderno Umanismo sono i seguenti:

  1. L’Umanismo è una posizione etica. Afferma il valore, la dignità e l’autonomia dell’individuo così come il diritto di ogni essere umano alla più grande libertà possibile, compatibilmente con i diritti degli altri. Gli umanisti hanno il dovere di interessarsi a tutta l’umanità, incluse le future generazioni. Gli umanisti credono che la moralità sia parte intrinseca della natura umana, basata sulla comprensione reciproca e sull’interesse per gli altri, senza alcun bisogno di sanzioni esterne.
  2. L’Umanismo è razionale. Cerca di usare la scienza in maniera creativa e non distruttiva. Gli umanisti credono che le soluzioni per i problemi del mondo si trovino nell’azione e nel pensiero umani piuttosto che nell’intervento divino. L’Umanismo promuove l’applicazione del metodo scientifico e della libera ricerca ai problemi legati al benessere umano. Ma al tempo stesso gli umanisti sostengono che l’uso della scienza e della tecnologia debba essere bilanciato dai valori umani. La scienza ci dà i mezzi, ma spetta ai valori umani indicare i fini.
  3. L’Umanismo supporta la democrazia e i diritti umani. Esso mira al massimo sviluppo di ogni essere umano, sostenendo la democrazia e lo sviluppo umano come questioni di diritto. I principi della democrazia e i diritti umani possono essere applicati a molti tipi di relazioni umane e non si limitano ai soli metodi di governo.
  4. L’Umanismo sostiene che la libertà personale debba essere combinata con la responsabilità sociale. Esso si avventura nell’impresa di costruire un mondo di persone libere e responsabili nei confronti della società, e riconosce la nostra dipendenza e la nostra responsabilità nei confronti della natura. L’Umanismo non ha dogmi e non impone nessun credo ai suoi aderenti. Per questo motivo esso si impegna in una educazione libera da ogni indottrinamento.
  5. L’Umanismo è una risposta alla diffusa domanda di un’alternativa al dogmatismo religioso. Le più grandi religioni mondiali pretendono di essere basate su rivelazioni immutabili nel tempo. Tra di esse, molte tentano di imporre la loro visione del mondo a tutta l’umanità. L’Umanismo riconosce invece che una conoscenza affidabile del mondo e di noi stessi si ottiene attraverso un processo continuo di osservazione, valutazione e revisione.
  6. L’Umanismo valorizza la creatività artistica e l’immaginazione, riconoscendo il potere trasformativo dell’arte. Afferma l’importanza della letteratura, della musica e delle arti visive e performative ai fini dello sviluppo e della realizzazione personali.
  7. L’Umanismo è una posizione di vita che aspira alla massima realizzazione possibile attraverso l’esercizio di un vivere etico e creativo. Esso offre una maniera etica e razionale per affrontare le sfide del nostro tempo. L’Umanismo può essere un modo di vivere per chiunque, ovunque.

Il nostro compito principale è di far comprendere agli esseri umani, nel modo più semplice possibile, ciò che l’Umanismo può significare per loro e che cosa significhi impegnarsi per esso. Adoperando la libera ricerca, il potere della scienza e la creatività nel perseguimento della pace e al servizio della compassione, siamo fiduciosi di disporre dei mezzi necessari per risolvere i problemi con i quali siamo tutti chiamati a confrontarci. Invitiamo chiunque condivida questa convinzione ad unirsi a noi in questo tentativo.

Il Congresso IHEU del 2002

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38 commenti

bruno gualerzi

La questione mi ha sempre interessato , e ne ho trattato più volte su questo blog e in altra sede. Cercherò di esprimermi sinteticamente, chiedendo scusa a chi l’avesse già da me sentita.
Va da sè che tutte le definizioni di umanesimo qui riportate sono assolutamente condivisibili… ma sono veramente in grado di sostituire il termine ateismo? Non tanto agnosticismo, ma proprio ateismo? In altre parole, l’umanesimo come qui definito riflette ovviamente tutti quei caratteri che dovrebbero essere propri dell’ateismo… ma l’ateismo – a mio parere – esprime anche qualcosa di più. E non mi riferisco tanto all’umanesimo storico che, non solo in Italia, parla di una centralità dell’uomo dovuta pur sempre al privilegio conferitogli o dalla divinità o dalla natura, ma di un umanesimo che indica tutto ciò che potrebbe definire il laicismo … il quale a sua volta, pur avendo tutti i caratteri propri anche dell’ateismo, di per sè non è necessariamente ateo. Per me a-teo, proprio con riferimento all’alfa privativa, comporta il rifiuto di ‘teo’, che simboleggia tutto ciò che si rifà a qualche forma di fideismo.
Ma questo, più volte espresso, può essere il frutto di una visione personale poco condivisa, mentre c’è un altro aspetto che è proprio dell’ateismo e non necessariamente dell’umanesimo: cioè l’impatto costituito sia dalla storia che dalla accezione più corrente di ateismo. In altre parole, per la percezione comune, mentre umanesimo può avere un significato tutto sommato ‘neutro’, ateismo evoca subito una dimensione conflittuale con le religioni che è propria di una sua storia fatta di disprezzo e persecuzione (si pensi solo, per restare nell’attualità, al mondo islamico), spesso invece rimossa dagli stessi atei.
Per entrare ancor più nel merito, e proprio per rifarsi all’attualità: quella connotazione anticlericale che – a mio modo di vedfere – dovrebbe fare tutt’uno con l’ateismo, spesso è invece posta in secondo piano, quando non criticata, da tanti non credenti. Con il ‘rivoluzionario’ Francesco poi questa tendenza … parlo da ateo anticlericale… sta diventando maggioritaria.

Engy

Bruno Gualerzi,
tu dici che “Va da sè che tutte le definizioni di umanesimo qui riportate sono assolutamente condivisibili… ma sono veramente in grado di sostituire il termine ateismo? Non tanto agnosticismo, ma proprio ateismo”?
Allora, intanto ammetto di non aver capito molto di quello che hai scritto, ma ti chiedo, in nome di quella pazienza che di sicuro hai avuto quando insegnavi, perchè mai le definizioni di “umanesimo” dovrebbero sostituire e non comprendere invece (anche) il termine “ateismo” (proprio “ateismo”)?

bruno gualerzi

@ Engy
Il fatto è proprio che umanesimo comprende tante cose, tutte condivisibili come tali, per cui però il termine ateismo si perde in mezzo a tanti altri. E siccome personalmente ritengo l’ateismo non una scelta puramente ideologica ma esistenziale (ho anche scritto un libriccino dal titolo “ateismo o barbarie’ e il mio sito è raggiungibile cliccando http://www.ateismodaripensare.it), tu capisci che il termine umanesimo lo ritengo troppo generico per rappresentare ‘anche’ l’ateismo come si deve. Ripeto, per come lo intendo e lo vivo io, cioè estensibile anche al di là del fatto religioso in sè. Di ciò ho scritto e argomentato chissà quante volte anche su questo blog, per adesso però ti devi accontentare di questo semplice accenno. Poi ci sono anche altre ragioni, meno personali, portate per ‘difendere’ il termine ateismo, per le quali ti rimando a quanto scritto sopra.
Non ti chiedo ovviamente di condividere, però spero di essere stato abbastanza chiaro.

Engy

ora ho capito Bruno, sei stato chiaro, forse lo eri stato anche prima … è che dovevo entrare in un certo ordine di idee ….
Quindi capisco il tuo “cruccio” di vedere una scelta importante ed esistenziale perdersi, in maniera quasi indifferenziata, in un mare di tante altre cose diverse.
Non mi pongo il problema di condividere essenzialmente perchè non sono dentro la tua testa e la tua sensibilità … a volte non sono dentro neanche alle mie 🙂

RobertoV

“…quella connotazione anticlericale che – a mio modo di vedere – dovrebbe fare tutt’uno con l’ateismo, spesso è invece posta in secondo piano, quando non criticata, da tanti non credenti. Con il ‘rivoluzionario’ Francesco poi questa tendenza … parlo da ateo anticlericale… sta diventando maggioritaria.”
Questo succede, però, in contrasto con la definizione di umanismo sopra riportata, cioè questi non credenti non si riconoscono in tutti i punti della dichiarazione.
Infatti una delle condizioni dell’umanismo è la democrazia ed i diritti umani: come lo stesso papa ha affermato la chiesa cattolica non è democratica e mai lo sarà. Inoltre si ritiene superiore allo stato democratico e ritiene di poter violare le sue regole se non le condivide. Ed anche sulla questione diritti umani e delle donne la chiesa cattolica non li ha mai ratificati e riconosce solo le sue regole. Non parliamo per l’islam.
Le religioni in questione non considerano la libertà individuale, ma una libertà diretta dall’alto ed anche sulla razionalità le religioni non sono razionali nonostante le loro affermazioni, ma usano solo a pezzetti la razionalità.
Quindi anche chi si definisce legato all’umanismo dovrebbe essere inevitabilmente anticlericale (almeno nei confronti di certe religioni di potere), mentre non lo è l’ateismo perchè il fatto di non credere ad un dio, non significa non venerare poteri terreni: gli atei devoti non sono devoti a dio, ma al potere delle religioni, al loro essere instrumentum regni.

bruno gualerzi

@ Roberto V
Il tuo discorso potrebbe anche essere in qualche modo rovesciato nel senso che l’umanesimo (o umanismo comunque lo si voglia chiamare) è certamente democratico come la laicità, ma non necessariamente ateo … e in quanto all’anticlericalismo tieni presente che, al di là delle precisazioni che giustamente richiami, ad esempio un laico come sicuramente era Berlinguer propose di abbandonare, da parte della sinistra, l’anticlericalismo, non più ‘al passo coi tempi’. In quanto all’ateismo vale comunque per me (ognuno naturalmente è ateo come ritiene sia meglio esserlo per sè) ciò che ho sempre sostenuto, cioè che il concetto di ‘teo’ , quindi la sua negazione, vada esteso a qualsiasi forma di fideismo, espressamente religioso o ideologico che sia. Questa a mio parere è la sua vera ‘modernità’.
In ogni caso, impostata in questo modo, si tratta di una questione più che altro nominalistica, mentre a me premeva soprattutto porre in evidenza il fatto che sostituire ‘ateo’ con ‘umanista’ (di questo qui si stratta) rischia di far perdere ciò che ateo ha sempre significato – come dicevo sopra – sia storicamente che come senso comune. Immagina uno scambio come questo:
– Tu, sei ateo?
– No, sono umanista.
– Quindi non sei ateo?
– No, lo sono in modo più pieno, più moderno.
Pensi che questa risposta risulterebbe più convincente, più coinvolgente, del richiamo al ‘vecchio’ ateismo? Anche perchè ‘ateo’ dovrebbe già comprendere in sè tutti quei caratteri che lo rendono ‘moderno’.

bruno gualerzi

Precisazione. Per ‘senso comune’ intendo proprio quell”immaginario comune’ che – contrariamente a quanto qui si sostiene – secondo me non dà alcuna connotazione negativa al termine ateo. Se mai questo lo fa l’analisi ‘dotta’.

bruno gualerzi

Chiedo scusa. Ulteriore precisazione (spero l’ultima). Ho equivocato l’espressione ‘immaginario comune’ così come viene richiamato dal testo. Io mi riferivo agli atei, mentre giustamente la ‘connotazione negativa’ è propria dei non-atei.

RobertoV

Gualerzi
Riguardo all’anticlericalismo non al passo coi tempi non pensi che Berlinguer non l’avrebbe fatto se la chiesa cattolica non avesse in Italia quel potere che ha e non avesse mirato al compromesso storico con la DC? Mi pare che già Gramsci avesse detto qualcosa a riguardo.
L’essere di sinistra non implicava essere ateo, così come essere anticlericali non significa essere atei: mi stupisco certe volte di affermazioni pesantemente anticlericali di persone cattoliche (ovviamente il papa ne è sempre escluso).
Io seguo il sito dei Freidenker austriaci che hanno una lunga tradizione (esistono dal 1887 ed avevano raggiunto i quasi 100 mila iscritti negli anni ’30 prima di essere perseguitati dagli austrofascisti alleati della chiesa cattolica e Hitler poi) e vedo che usano un po’ tutte le due definizioni: umanismo (o umanesimo) e ateismo e sicuramente sono anticlericali. La chiesa e le principali religioni non sono mica diventate delle associazioni di persone tutte dedite allo spirito come vorrebbero far credere, quindi l’anticlericalismo è sempre attuale.
I termini si modificano nel tempo ed i significati che le persone danno ai termini possono essere differenti, basta vedere anche sul termine laicità o democrazia. Tu dai una certa definizione di ateo e dovresti ogni volta ripetere tutta la tua definizione per chiarire cosa intendi, quindi non basta la semplice parola. Dubito che nell’immaginario collettivo sia possibile far diventare la tua definizione di ateo quella valida per tutti e depurarla delle attribuzioni negative.

bruno gualerzi

@ Roberto V
“Tu dai una certa definizione di ateo e dovresti ogni volta ripetere tutta la tua definizione per chiarire cosa intendi, quindi non basta la semplice parola. Dubito che nell’immaginario collettivo sia possibile far diventare la tua definizione di ateo quella valida per tutti e depurarla delle attribuzioni negative”

La mia definizione di ateo… è mia, e non ho alcuna pretesa che sia valida per tutti (anzi ripeto continuamente che non è condivisa quasi da nessuno), per il semplice motivo che ritengo ognuno sia ateo in base ad un percorso intellettuale, emotivo, in sostanza esistenziale che – per quanto ovviamente sia condizionato dal contesto storico, culturale e sociale nel quale è inserito – resta pur sempre determinato da un vissuto non trasferibile. Ciò – almeno per quanto mi riguarda – comporta che, trattando di ateismo, per dialogare, comunicare, confrontare esperienze (per esempio discutendone in questo blog) lo debba ribadire. Non per convincere, ripeto, ma per confrontarmi. Se ho dato altra impressione sarà evidentemente perchè mi sono espresso male.
In quanto al fatto che le definizioni si modificano nel tempo… è una giusta considerazione… ma io vivo in questo tempo, in questa società, in questo contesto culturale ed è qui che posso esprimermi e comunicare e confrontarmi, non vedendo altro modo per partecipare al confronto delle idee. Poi certo, la storia, gli eventi, procedono ovviamente ben al di là delle mie convinzioni (come di quelle di chiunque), ma non per questo debbo rinunciarvi… purchè naturalmente sia disposto a mia volta a riconsiderarle. Ora come ora sono giunto a queste convinzioni… per le quali comunque – riprendendo un aforisma di Bertrand Russell – “non sono disposto a dare la morte per difenderle, in quanto potrebbero assere sbagliate”. L’importane è che le argomenti, naturalmente secondo le mie capacità.

In quanto a Berlinguer, direi che, per rifarsi a un precedente storico probante, si debba anche tener con del famoso (e famigerato) art. 7 della costituzione, sostenuto da Togliatti.

RobertoV

Più chiaro in sintesi?
Ateo umanista anticlericale (anche se per quanto detto l’anticlericale dovrebbe essere una naturale conseguenza).
Io mi riferivo, comunque, al problema del rapporto con l’esterno: purtroppo non sempre c’è la possibilità di spiegare tutto nel dettaglio come si può fare qui e, purtroppo certi termini possono suscitare reazioni differenti nell’interlocutore. Pensa al classico associare ateo a Stalin o Mussolini, mentre stranamente non si associa mai alla parola credente Pinochet, Franco, inquisitore, terrorista e tanti altri.
In effetti un unico termine non definisce in modo esaustivo: personalmente mi piace il termine tedesco Freidenker, libero pensatore, ma anche questo è incompleto senza altre aggiunte. Però, al di là della scelta dei termini, l’importante è ciò che si intende con quei termini e la dichiarazione di amsterdam la condivido.

bruno gualerzi

@ Roberto V
“In effetti un unico termine non definisce in modo esaustivo (…)”

Certamente… ma è proprio per questo che non è possibile esprimere un giudizio valido (valido nel senso di coerente) se non si fa riferimento a cosa si intende col termine usato. Per esempio, nel caso da te richiamato… se si parte dal presupposto, come io propongo, che tutte le situazioni dove a prevalere – accettata o imposta che sia – è una forma di fideismo ecco che tutti i regimi totalitari, rossi, bianchi o neri che siano, non possono definirsi atei, anche nel caso che si autodefiniscono tali (per esempio lo stalinismo). Si tratta di una forzatura, un espediente di comodo per non definire ateo un regime totalitario perchè così squalificherebbe l’ateismo? Quasi sicuramente sarà così per molti atei, e con buone ragioni, basate su una apprezzabilissima, e sofferta, onestà intellettuale (mi è capitato… in questo caso non solo a me… quando sostenevo che tutto, nel regime staliniano, richiamava di fatto uno stato teocratico)… ma mi ritenevo ugualmente onesto in quanto coerente con un dichiarato, e argomentato, concetto di ateismo.
Non vedo altro modo per non essere prigionieri di un relativismo che, in questo caso (non parlo del relativismo condannato dei teologi, al quale oppongono il dogma), rischia di togliere forza evocativa ad ogni nozione o concetto.
(Anche a me piace molto il termine ‘libero pensiero’, così come ‘anarchia non violenta’, ma proprio perchè li considero sinonimo di ateismo).

Sandra.

A me umanismo o umanesimo sembra generico, e non necessariamente esclusivo dei credenti. Se la parola ateo ha una connotazione negativa, non è che girandoci intorno si promuova chiarezza, e l’ambiguità è spesso tecnica delle religioni. Forse si potrebbero combinare, in ateo umanista, così da distinguerlo da ateo devoto 🙂

dissection

Ottima idea. Vorrei anche aggiungere, in commento anche a Bruno, che nella definizione di ateo anticlericale, e relativa connotazione negativa, nell’opinione comune è più negativo anticlericale, soprattutto ora che si fa sentire l’effetto delle banalità del banale; e alla dichiarazione di ateismo, a meno che non si tratti di fondamentalisti, al più si notano delle alzate di spalle, o di sopracciglia, come quasi a dire “cavoli tuoi”. È quando poni l’accento su “anticlericale”, che partono critiche, osservazioni, rimbrotti, quando va bene. Quando va male, rimproveri, discussioni violente, urlate, minacce, ostracismi assortiti, perlomeno nell’ambiente in cui mi muovo io. E in Italia. Nei paesi estremisti, non ne parliamo neppure. E far capire che in realtà l’uman(es)i(s)mo è una valida alternativa per tutti, ma proprio tutti, è solo tempo perso.

Giorgio Pozzo

Provo a spiegare in termini “matematico-logici”:
Esistono umanisti che sono atei, ma anche umanisti che non sono atei, e anche atei che non sono umanisti.
Esistono umanisti che sono credenti, ma anche umanisti che non sono credenti, e anche credenti che non sono umanisti.
A parole, sembra un pasticcio, ma è solo perchè non posso allegare una chiara figura tipo diagramma di Venn.

Diocleziano

A me la parola ‘umanista’ piace molto, ma l’associo quasi esclusivamente alla letteratura, all’arte e al pensiero degli eruditi del ‘400.
Che ‘ateo’ non piaccia molto è forse dovuto al fatto che finora è stato usato con timore? Quando ho cominciato a definirmi ateo, in famiglia fu quasi come se avessi rivelato di essere gay!… e da allora non voglio privarmi del piacere di sbatterlo in faccia agli ipocriti bacchettoni. È solo questione di abitudine. Se non ricordo male, proprio qui avevo letto che negli Stati Uniti la parola ‘ateo’ stava perdendo la sua impronta negativa. Quindi…

Sandra.

Non piace perché è sempre stato legato alla malvagità, o viceversa perché gli atei sono sempre stati “timidi”… mi sembra fosse Feynman che aveva esortato gli scienziati ad uscire da un certo isolamento sociale per comunicare di più, e per in particolare contrastare le “verità” delle religioni. In realtà la cattiveria è umanamente trasversale, e con il credere o meno c’entra poco. I valori etici che contano sono quelli che hanno a che fare con gli altri, e sì sono umanisti. Gli altri, quelli che hanno a che fare con il senso religioso e trascendentale, sono insondabili. E quindi il fatto di essere privo di sensibilità religiosa, di essere ateo, non implica l’assenza di spiritualità o di valori etici, non significa essere inumano. Forse ha a che fare con la teoria di uomo come materia+spirito, inteso come anima, per negando quest’ultima si immagina l’uomo ricadere nel materialismo più gretto.

Sandra.

Nella bibbia, nel libro della sapienza, gli atei – che pensano “il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore. Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere e lo spirito si dissiperà come aria leggera.” – sono chiamati empi, associati a ogni tipo di crudeltà nonché alle maledizioni del caso, perché negare dio voleva dire negare qualsiasi legge. Direi che la Storia ha insegnato diversamente. Vabbé che ormai i fatti alternativi sono tornati di moda…

Diocleziano

”… il fatto di essere privo di sensibilità religiosa, di essere ateo, non implica l’assenza di spiritualità o di valori etici, non significa essere inumano…”
Certamente, ed è qui che nasce l’equivoco. Spacciare valori acquisiti con l’evoluzione come peculiari della religione, o vantare il primato sulla famigerata ‘spiritualità’, specialmente dai cristiani.

RobertoV

Proprio oggi sul sito degli umanisti tedeschi leggevo di un’indagine in Germania che indicava come ben il 36 % della popolazione non si riconoscesse in una religione (di qualsiasi tipo, culti esoterici inclusi), ma solo lo 0.4 % (cioè poco più di 32 mila persone) si riconosceva in associazioni umaniste ed atee. Cioè umanisti ed atei in genere non sentono la necessità di associarsi o la temono (non bisogna dimenticare che oltre alla stigmatizzazione sono stati anche perseguitati e discriminati in tempi non così lontani. Pensa solo al danno che sono riuscite a causare alla coppia di Prato le parole di un semplice parroco).
Comportamento opposto in campo credenti e così si lascia spazio alle loro pretese, tanto è vero che a livello politico è nettamente più rappresentata la quota religiosa (per esempio nel SPD, partito che tradizionalmente dovrebbe contenere più non credenti del normale, l’86 % dei candidati è religioso, ma a livello di ministri lo sono tutti).
Così ci troviamo anche nella situazione che mentre un credente non si fa problemi a tirare in ballo la religione anche nei contesti più impensabili, dando per scontato che tutti condividano o debbano condividere (e stupendosi di eventuali reazioni), un ateo non lo fa in genere e se lo facesse verrebbe stigmatizzato.
Pensa solo a cosa succederebbe se un sindaco o politico italiano dicesse: io non vado dal papa, sono ateo.

Diocleziano

Chissà perché gli italiani trovano normale votare un politico che si spaccia per credente, ma mai, che io sappia, viene scelto un amministratore di condominio solo perché credente. C’è molto da fare nella rieducazione della società italiana, purtroppo solo il tempo gioca a nostro favore: le occasioni per intervenire direttamente sono molto ridotte e ultimamente mi pare che si siano ancor più ridotte; evidentemente hanno capito che è meglio evitare il confronto. Solo il tempo, appunto, lavora per noi in quanto la religione ha bisogno di ‘credenti’ e oggi è sempre più difficile derogare alla realtà.

John

Interessante tanto l’articolo quanto la discussione che ne è emersa.
Ho provato a fare un esperimento, che spero possa nel mio piccolo esservi utile, cioé a leggere la definizione di Umanismo, e vedere se io, come credente, posso trovare aspetti che mi permettano di auto-escludermi da quella definizione. Sarebbe una sorta di “prova del nove ” che permetterebbe a voi, atei (scusate se semplifico un po’ con le etichette) di fare vostro quel terminie, precisando che non avrei motivi per vedere ciò con cattivo occhio.
Le frasi che potrebbero in teorie “escludermi” sono:
“Gli umanisti credono che le soluzioni per i problemi del mondo si trovino nell’azione e nel pensiero umani piuttosto che nell’intervento divino”
Ma è proprio così? Io, pur credendo in Dio, non credo in un Dio che interviene sulle regole della fisica e le travolge, e neanche in un Dio che alteri il libero arbitrio. Non mi interessa parlarvi del mio credere, che reputo qualcosa che attiene solo alla sfera del personale, ma comunque la mia visione della divinità ha a che fare solo con la sfera, diciamo, dell’esistenziale, non certo del materiale. Quindi, direi proprio che mi sento di sottoscrivere quella frase.
Invece l’altra frase frase attinente alla religiosità “L’Umanismo non ha dogmi e non impone nessun credo ai suoi aderenti” è indubbio che mi trova favorevole. Penso che siano i dogmi siano un errore di una (larga?) parte dei credenti, ma che il dogmatismo non possa connotare il credente. Si può ovviamente credere in Dio nel proprio intimo e rifiutare qualunque dogma (e tanto più qualunque indottrinamento).
Quindi mi sento di sottoscrivere i punti nella loro totalità. Mi domando se per voi il fatto che un credente aderisca a quella definizione sia un elemento che deve condurre a precisarla ulteriormente, o se invece accettiate l’idea che non sia necessariamente chiusa alle espressioni di ateismo e agnosticismo.

Giorgio Pozzo

Mi domando se per voi il fatto che un credente aderisca a quella definizione sia un elemento che deve condurre a precisarla ulteriormente, o se invece accettiate l’idea che non sia necessariamente chiusa alle espressioni di ateismo e agnosticismo

Per me, la seconda, decisamente e inequivocabilmente.
Tant’è vero che, come dicevo più sopra, esistono umanisti credenti e umanisti atei (tu ed io).
Credente e ateo sono mutualmente escludentesi a vicenda, ma esistono categorie che li accomunano.
In altre parole, ne discende il corollario che “umanista” non può assolutamente essere considerato sinonimo di ateo.

RobertoV

Storicamente hanno fatto parte dei gruppi umanisti anche cristiani, ma stiamo parlando di cristiani non appartenenti a confessioni cristiane precise. Difficile che un cattolico possa esserlo perchè entra inevitabilmente in conflitto con diversi principi: non si può dire sono a favore della democrazia finchè conviene alla mia religione, finchè le concede privilegi, sono per la libertà finchè conviene alla mia religione che non è democratica, sono a favore dei diritti delle donne, però, nella mia religione solo gli uomini possono decidere e comandare, e così via.

Sandra.

In teoria non credo si possa escludere un credente dall’umanesimo. Il punto che secondo me potrebbe dividere il campo è quello della libertà personale, e la prima cosa che mi viene in mente è il fine vita. Per me come non credente la mia vita appartiene a me, e finirà con me, non credo in un dio a cui rendere conto di come ho vissuto né di come ho eventualmente voluto morire, se ne avrò la possibilità. In questo però un credente si pone diversamente, perché la vita continua e non la si può interrompere quando si decide che se ne è avuto abbastanza, perché crede nell’anima immortale. Un 51% di credenti adogmatici quindi potrebbe impedire al 49% di atei di disporre della propria libertà. E in questo caso i credenti possono ancora dirsi umanisti?

Sandra.

Scusa Giorgio, ma mi sembra l’eccezione che conferma la regola. Politicamente le posizioni della Welby sono quelle dei radicali, sostenitori della legge sull’aborto, in chiaro contrasto con tutto l’idea di vita come dono divino, e pertanto indisponibile, dei cattolici.

John

Secondo me nel ragionamento di Sandra è presente un’inferenza arbitraria .
Sandra dice
“Per me come non credente la mia vita appartiene a me, e finirà con me, non credo in un dio a cui rendere conto di come ho vissuto né di come ho eventualmente voluto morire, se ne avrò la possibilità. In questo però un credente si pone diversamente, perché la vita continua e non la si può interrompere quando si decide “
Ma così dà per scontato che il credente crede deve credere in certe cose e non in altre, quando invece ciò non è stabilito da nessuno: il range dei possibili modi di essere credente è un continuum in cui tutte le posizioni sono possibili (e p. es. la dottrina cattolica si pone in un segmento molto ristretto di tale retta).
Un credente, fra i tanti modi d’essere possibili e immaginabili, può per esempio credere in un Dio che dà la vita agli uomini ed è tanto più lieto quanto più ciascun individuo la gestisce con padronanza ed è così maturo da definire il momento in cui porle fine… (un po’ come dire “ti faccio un regalo, non decido nulla in merito al suo destiono, e più sarai responsabile nel gestirlo autonomamente, più sarò soddisfatto). In quell’ottica il caso dell’eutanasia non solo è ammesso ma è eticamente connotato in modo positivo, pur all’interno di un sistema di idee che contempla l’esistenza di Dio.
Chi accetta questa visione di Dio non può non essere definito “credente” (probabilmente non “cattolico”, ma questo è un discorso ora irrilevante: qui parliamo di “credenti”), eppure non corrisponde definizione di “credente” che prima Sandra ha tracciato, che è decisamente restrittiva e comprende solo un sottoinsieme dell’intero insieme dei “credenti” che in questo Pianeta possono esistere.
Siete d’accordo?

Francesco S.

A me la parola “umanista” pare porre l’accento sull’Uomo appunto. Dovrebbe indicare chi dà priorità all’aspetto umano. Da ciò non mi paiono esclusi credenti razionalisti e atei. Ma non tutti gli atei e credenti rientrerebbero in tale definizione. Non vi rientrerebbero i credenti legati al misticismo e gli atei che legati a filosofie antispeciste radicali. Sì perché uno che si definisca umanista dà necessariamente priorità alle esigenze delle persone.

dissection

Francesco S: mi puoi spiegare in cosa, per piacere, i credenti potrebbero essere razionalisti? In tutto, tranne quando si parla di religione? Perché tutto può essere fatto passare per il vaglio del razionalismo, ma la credenza può, anzi per certuni deve, essere esentata? Per il resto, condivido in pieno il tuo commento, solo ti chiedo di illuminarmi, a modo tuo e per quanto riguarda te, su tale aspetto, sono anni che mi ci arrovello e sarei curioso di sentire il tuo parere. Thx.

Francesco S.

Non reputo irrazionale chi crede in qualche essere superiore, soprattutto se si tratta di un sentimento personale che non ha pretese di fare affermazioni fattuali. L’irrazionalità è un modo di sostenere le proprie idee.

Diocleziano

Dissection
Pare che nessuno si renda conto che non vi sia nulla di razionale nella credenza, in quanto nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di un condizionamento imposto.

Francesco S.
Se l’irrazionalità è un modo per sostenere le proprie idee potrebbe darsi per un artista astratto o surrealista, un poeta; dubito che sia comune tra gli individui della bassa o medio-alta società. Applicata alla religione poi è un ossimoro: la religione non lascia spazio a nessuna interpretazione, è immutabile e fissata dalle ‘scritture’ ab eterno… si fa per dire.

Stefano Marullo

Viene da dire di cosa stiamo parlando? Come nel racconto kafkiano del Messia che arriva il giorno dopo il Giudizio Universale, il termine Umanismo è nella riflessione filosofica contemporanea ampiamente superato, perché non esiste più l’umano-l’uomo ma solo i suoi sintomi. Siamo stati traghettati da un Postumanismo, che pure aveva qualche suggestione valoriale, ad un Transumanismo anodino e ibrido che rischia di prendere il posto delle vecchie religioni

bruno gualerzi

@ Stefano Marullo
L’Umanesimo, nella misura in cui richiama la nozione di Umanità, è solo uno dei tanti espedienti per collocare l’individuo (parafrasando Occam, non esiste l’Umanità ma solo i singoli uomini) nell’alveo materno di un’Umanità, appunto, che lo dovrebbe porre al riparo di fronte alla precarietà della condizione umana, ma che lo annulla proprio come individuo. Come è proprio di ogni istituzione che, creata per porsi al servizio dell’uomo, di fatto pone poi l’uomo al suo servizio. E l’Umanità è solo l’istituzione creata per essere posta al servizio di tutti gli uomini… ma “fare il bene dell’umanità” spesso ha significato solo sacrificare uomini concreti per il bene di una pura astrazione. Per citare Ockam, di un ‘ente inutile’. E, visto da questa prospettiva, l’Umanesimo non è altro che una religione. Non solo da oggi.
Un saluto.

Stefano Marullo

Bruno provo a ridirla in modo più netto: Umanesimo Moderno è un formidabile ossimoro. Siamo fuori tempo massimo. L’Umanesimo è destinato all’archeologia e alle petizioni di principio. Si sono insediate le nuove Divinità. La nostra unica speranza è che siano clementi.

bruno gualerzi

“Tra le contestazioni, che si ripresentano in continuazione, le classiche sono basate su quel prefisso a-, un’alfa privativa che contemporaneamente, sostengono i critici, postula l’esistenza di quel che nega e rivela la posizione come puramente destruens, non propositiva, se non arida — mancante una alternativa costruttiva.”

E’ questo uno dei cavalli di battaglia, non solo dei credenti, ma anche di molti atei. Alcuni di questi ultimi, facendo propria certa ironia classica dei credenti, imputano agli atei (in questo caso a se stessi), il fatto che “si nega sì l’esistenza di dio… ma poi non si fa altro che parlare di dio”. Non è per caso – dicono furbescamente i custodi della fede – che ne sentano la mancanza?
Ora, non mi nascondo (opinione personale) che a volte molti non credenti nel dio, o dei, delle religioni tradizionali di fatto sposano poi ideologie, o comunque tradizioni, che spesso altro non sono che un surrogato del dio che hanno ripudiato, per cui il fideismo, cacciato dalla porta, è fatto rientrare dalla finestra…
ma parlare di a-teismo, cioè usare il prefisso ‘a’ come negazione di dio, di ciò che rappresenta, sta a significare sì la negazione di qualcosa, ma nel senso che ci si vuol liberare finalmente di qualcosa, si vuol conquistare una libertà che un credente, nonostante tutti i presunti ‘liberi arbitri’ tirati in ballo, non potrà mai veramente vivere. Perciò non si tratta tanto di sostenere da parte atea una posizione solo ‘destruens’, ma di creare le condizioni, i presupposti indispensabili, per potere poi accedere, nei limiti di una condizione umana non rimossa, a scelte propositive non condizionate dal vincolo alienante costituito dalla fuga nella trascendenza. E il parlare continuamente di dio è dovuto al fatto che questa conquista di libertà è continuamente minacciata da una sua presenza soffocante in un mondo dove il pensiero dominante, quello in grado di orientare molte scelte collettive, è pur sempre il pensiero magico-religioso. Per cui non bisogna mai abbassare la guardia.

RobertoV

Uno può negare dio, ma non può negare l’esistenza delle religioni e dei suoi rappresentanti in terra che continuano a parlare di dio. E visto che storicamente le religioni hanno dominato (e continuano a dominare) politicamente ed economicamente come instrumentum regni, la cultura in cui viviamo è permeata dall’idea di dio che viene veicolata e propagandata. Diventa quindi inevitabile per un ateo doversi confrontare con l’idea di dio perchè gli altri continuano a parlarne e non si fanno problemi ad infilarlo dappertutto (e ad infilarsi dappertutto). Per esempio nel post sui Patti Lateranensi c’è l’incredibile lettera di Alfano sui progetti unitari Vaticano-Italia, con asservimento dell’Italia al rappresentante di dio in terra.

Franco Ajmar

Secondo me, l’ateo rifiuta di considerare esistente, reale, concreta, quella che è solo una costruzione del cervello, un’astrazione. Equivale a non credere che esista il Capitano Nemo, considerandolo solo frutto della fantasia di Verne, e non si preoccupa se ciò implica di esser chiamato Anemo, (o anemico, in senso spregiativo) né svicola preferendo il termine Anemostico. D’altra parte, per l’esistenza di Satana, recentemente confermata anche da Papa Francesco, valgono le stesse osservazioni: ma se dico di essere asatanico nessuno si scompone, mentre l’agnostico non deve neppure cambiare nome. Tutt’al più si definisce satagnostico. Il fatto che questa costruzione mentale (l’esistenza del soprannaturale) sia piuttosto primitiva, ancestrale, diffusa, quasi infantile non le fornisce concretezza. Siccome vedo una casa e so che qualcuno costruisce le case, se vedo la luna che è molto più grande, con la mia fantasia postulo qualcuno, molto grande, che debba averla creata. Ma se soltanto cerco di adoperare lo stesso cervello per estendere il concetto di spazio e cerco di rendere concreto il concetto di infinito, non riesco ad andare oltre una sfera molto grande, al di là della quale però, per la mia mente, lo spazio deve continuare, altrimenti che infinito è? Il cervello costruisce astrazioni amplificando stimoli concreti. Stesso discorso per il tempo. Nel migliore dei casi si arriva al big bang. E prima? Qualche cervello non ce la fa, e postula l’eterno. Diamoci una calmata, il cervello umano è solo un organo di derivazione animale, che ha sviluppato tanta fantasia, ma ha i suoi limiti. Naturalmente qualcuno approfitta di questa “dote” per costruirsi e conservare la propria dote, anche se non si sposa. Che poi qualche ateo senta il bisogno di dichiarare che lui è un umanista pieno di virtù e per principio non parcheggia in doppia fila, buon per lui! Secondo me è una caratteristica personale ed è improprio collegarla all’ateismo.E non esiste un umanesimo “moderno”, d’annata!

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