Quando nel lontano 1923 il generale Mustafa Kemal Ataturk depose il sultano Maometto VI diventando il primo presidente della Turchia, diede vita ad una serie di riforme in senso laico per la modernizzazione e l’occidentalizzazione del paese. Sebbene Ataturk non abolì mai l’Islam come religione di stato, questa rivoluzione ideologica passata alla storia contemporanea sotto il nome di “kemalismo” si fondò principalmente su valori repubblicani, nazionalisti e laicisti. Fu una rivoluzione basata su cambiamenti secolari a favore dello stato di diritto, della sovranità popolare, del riscatto dei ceti popolari, dell’emancipazione delle donne e del progresso scientifico. Tali cambiamenti, non possiamo non ricordarlo (e deprecarlo), furono imposti da un regime a partito unico. Non sorprende dunque più di tanto che Ataturk abbia affidato la garanzia della stabilità del paese e la Costituzione laica e repubblicana alle forze armate.
Negli ultimi anni la Turchia è decisamente cambiata e l’islamizzazione del paese, con conseguente ripercussione in senso restrittivo dei diritti e delle libertà più comuni del popolo turco e delle sue minoranze etnico e religiose, è un fatto pienamente assodato. Attraverso il connubio tra il presidente Recep Tayyip Erdogan e i gruppi islamisti più conservatori e tradizionalisti, da tempo nel paese è in atto una vera e propria deriva autoritaria in senso religioso oltre che politico. Il sostegno di esponenti di spicco islamici al presidente Erdogan si è reso particolarmente evidente quando lo scorso luglio, nel bel mezzo di un tentativo di golpe, furono proprio i muezzin a chiamare e incitare i cittadini lealisti a raccogliersi in piazza.
Dopo undici anni al potere come primo ministro e tre da presidente, questo mancato e maldestro golpe nell’estate dello scorso anno è tornato estremamente utile a Erdogan per rafforzare il suo potere, ma al contempo ne ha mostrato il vero volto. Nell’ultimo anno infatti, le intimidazioni nei confronti dei partiti di opposizione, le carcerazioni pretestuose di giornalisti critici e la sostanziale rimozione da ogni settore pubblico di dissidenti sospettati anche solo vagamente di essere vicini all’ex imam Fetullah Gulen, accusato di essere l’organizzatore ideologico del fallito putsch turco, ha spianato la strada verso il vero obiettivo di Erdogan: la riforma della Costituzione turca in senso presidenziale.
Lo scorso 16 aprile si è finalmente tenuto l’ambito referendum per le riforme costituzionali turche da lui proposte. Seppur con un minimo scarto di voti — 48% circa i “no” alle riforme sostenuti dalle forze politiche repubblicane e socialdemocratiche e 51% circa i “sì” sostenuti dalle forze conservatrici e filo religiose — il gongolante Erdogan esce vincitore della consultazione. Da ora potrà rimanere in carica fino al 2034 (dal 2003), e arrogarsi il potere esecutivo, legislativo e perfino quello giudiziario. In buona sostanza la Turchia si appresta così a diventare una autocrazia in pieno stile mediorientale.
Da rilevare il voto decisivo delle comunità turche residenti all’estero e al netto del clima che si respira in un paese già da tempo spaccato in due, immancabili le accuse di brogli da parte delle forze di opposizione. Pesante invece il giudizio degli osservatori internazionali sulle procedure di voto. L’Osce parla apertamente di “assenza di imparzialità, condizioni di disparità e violazioni che contravvengono agli obblighi internazionali sulla libertà del voto”. Immediata la replica a queste accuse da parte del fresco superpresidente turco. Con il suo consueto vittimismo Erdogan ha contrattaccato millantando un’aggressione delle “nazioni potenti del mondo con una mentalità da crociati”. Il presidente sempre più sultano, forte del risultato, ha già proposto una futura nuova consultazione referendaria per la reintroduzione della pena di morte e per la revoca definitiva della richiesta di entrare nell’Ue.
Tanta prolungata arroganza, tanto pugno di ferro verso la critica interna, tanto potere accentrato su una sola figura e soprattutto tanto sostegno da parte di conservatori religiosi islamisti, aprono a scenari inquietanti per questo paese così politicamente diviso e perfino così frammentato in diverse etnie e religioni diverse. Preoccupante il futuro della Turchia pluralista e nero quello della Turchia laica. La rivoluzione laicista di Kemal Ataturk è solo un lontano ricordo nella Turchia di oggi, che sembra avere inserito inesorabilmente una pericolosissima retromarcia.
Paul Manoni
Per quanto ne posso sapere io, analisi corretta. E solita inevitabile, conclusione, altrettanto corretta: colpa dell’islam.
E solita domanda: allora, in generale, cosa si va prospettando?
Personalmente concordo con quanto afferma Carcano nel post precedente (“Si va verso uno scontro di “civiltà” integraliste? Forse sì. Dati alla mano, probabilmente sì”), ma… ritenendo di poter escludere la risposta fatalista in merito allo ‘scontro di civiltà’… non ho ancora ben capito cosa ne pensa UAAR. Non tanto per avere – almeno per quanto mi riguarda – risposte concrete, operative, ma per sapere quanto meno se esiste nel merito una presa di posizione ‘ufficiale’ dell’organizzazione.
Mi sembra un po’ riduttivo il concludere “colpa dell’islam”, anche se ovviamente ne hanno di responsabilità. Erdogan è salito al potere nello stesso mese dello scoppio della 2° guerra del golfo del criminale Bush, dove il problema dell’islam non c’era. I fanatici c’erano anche prima, ma hanno potuto godere di percorsi agevolati grazie a scelte sconsiderate che hanno destabilizzato tutta un’area come vediamo anche con la Siria favorendo gli estremisti, cosa confermata anche dal rapporto britannico dell’anno scorso.
Pensa solo a quello che è successo in Brasile quest’anno con lo sciopero della polizia, i criminali si sono scatenati. Se togli i freni fai il gioco degli estremisti ed in situazioni di tensione inevitabilmente le posizioni moderate ne risentono.
Inoltre non è un grande successo se lo stato deve essere tutelato dalle forze armate, come successo anche in Egitto, che non sono di certo guidate da democratici. Però i criminali comprendono solo la logica della repressione.
«…si fondò principalmente su valori repubblicani, nazionalisti e laicisti. »
«Preoccupante il futuro della Turchia pluralista e nero quello della Turchia laica. La rivoluzione laicista di Kemal Ataturk … »
Sostituirei la parola «laicisti» con «laici», lasciando l’uso della parola «laicista» ai clericali che amano distinguere fra una laicità buona perché addomesticata e i laicisti cattivi che li vogliono sullo stesso piano degli altri cittadini e quindi senza privilegi speciali.
Invece non lo farei, perchè i clericali hanno falsificato il significato di questa parola che significa ” di tendenza laica ” . Della stessa maniera non ho paura di presentarmi come islamofobo che significa ” essere contrario all’ Islam ” e non ha nessuna conotazione razzista . Come si sa la parola è stata ragirata dagli islamisti per poter bloccare ogni critica all’ Islam ( Caroline Fourest ne ha benissimo ricordato la genesi di questa manipolazione nel suo libro ” La dérive obscurantiste” .
Non facciamo il gioco degli religiosi !
Forse il termine corretto (ma che non esiste) sarebbe ‘mislamismo’.
Cioè, odio per l’islamismo, sul calco di ‘misantropo’ o ‘misogino’.
Non userei mai per me stesso ‘islamofobo’ nel senso che indica paura per l’islam.
Emperor: miscredente!
Mauritius: bella lì, secondo me la tua considerazione non fa una piega, ma visto l’uso sfrenato e denigratorio che ne viene fatto da chi la pensa in determinati modi, mi sento comunque di appoggiare Gerard. Come dire, a voler rimuginarci sopra, la questione potrebbe essere spinosetta…
Nel caso di Ataturk penso che laicista sia giusto perché il processo di laicizzazione di quel paese è stato imposto, non è scaturito da un movimento d’opinione. Certo, tra una islamocrazia partuta dal basso e una laicità imposta dall’alto meglio sempre la seconda, ma diciamo che i mezzi non sono stati sufficientemente nobili da non meritarsi la definizione di laicista.
La laicita non è mai partita dal popolino spesso ignorante e bigotto… Vai a leggere su internet comme fu approvata la legge sulla separazione di stato e religione in Francia nel 1905 … !
Il gesuita non si fa difensore dei tanti insegnanti, giornalisti, intellettuali, laici in genere, perseguitati in Turchia? Per quel mi riguarda, offro la mia ospitalità a questo genere di “profughi”.
Visto che purtroppo le menti mediocri o gregarie esisteranno sempre e sempre si affideranno a un capo manipolatore, mi chiedo quali possano essere i mezzi per scongiurare la nascita dei regimi, oltre ovviamente all’eliminazione delle armi, allo smascheramento delle religioni e a un massiccio investimento nella cultura, specialmente quella psicologica, per tutte le età. Siamo in un momento molto critico, molti paesi si affidano a narcisisti incompetenti (da noi dura da più di vent’anni), e il motivo non è sicuramente solo religioso.