Non tagliarti i capelli. Fermali con un pettine. Indossa certi pantaloni e un braccialetto di ferro. E porta con te un pugnale. Se sei un sikh, sono le cinque kappa (kesh, kangha, kachera, kara, kirpan) che devi praticare, i cinque precetti che il decimo guru della tua religione impose nel 1699 ai guerrieri del suo esercito, il Khalsa. Che per cinquant’anni governò un vero e proprio impero.
I devoti sikh cercano di adeguarsi anche all’estero. Così facendo, vanno però incontro agli inevitabili problemi di chi gira armato: la nostra Cassazione, con una sentenza resa nota l’altro ieri, ha condannato un loro seguace indiano. I sikh si difendono sostenendo che il kirpan, nonostante la sue origini belliche, sia inoffensivo.
Ma lo è quanto un pugnale con cui è stata intagliata una scritta d’amore. Qualunque arma è inoffensiva, finché non la si usa. E poiché ogni occasione può essere buona per usarla, ogni legislazione ne limita (tanto o poco non importa) la possibilità di averla, portarla, adoperarla.
Complice qualche passaggio molto discutibile, la sentenza è stata presentata come un invito agli immigrati a “conformarsi” ai nostri valori. Qualcuno ha sottinteso “cristiani”, qualcun altro “occidentali”, qualcun altro entrambi. A ben vedere, il valore a cui fa riferimento la sentenza è un valore illuminista: quello dell’eguaglianza.
Quello che è scritto nero su bianco nella Costituzione all’articolo 3 (“tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, senza distinzione”); quello che è ricordato in qualunque tribunale della Repubblica: “La legge è uguale per tutti”. E va rispettata. Da tutti. Nessun cittadino può girare impunemente con un arma e non c’è alcun motivo per fare eccezioni in nome della religione, qualunque religione. La sentenza ha fatto notizia soltanto perché l’eguaglianza, da noi, è ben poco praticata. È utile cercare di rimediare.
A cominciare dalla Cassazione stessa.
Raffaele Carcano
Esistono dei confini, per esempio geografici, per una religione? Ammettiamo che io sia un nativo di un villaggio della Papua Nuova Guinea e segua riti tradizionali secondo i quali, per esempio, devo girare nudo. Vado in visita in San Pietro e mi arrestano per oltraggio al pudore, come la mettiamo? E viceversa il shik che in patria gira senza il kirpan è peccatore? Altro che le lingue, ai nostri nipoti dobbiamo insegnare più religioni! Capito, voi ateacci!
Devo dirti che anche in India, specialmente nel Punjab dove c’è il piu grande numero di Siks, sempre più giovani hanno lasciato il kirpan e si fanno addiritura… tagliare i capelli e hanno rinunciato al turbante, cosa molto piu importante sul piano religioso che il kirpan . Le autorità religiose cominciano ad essere preoccupate…
In merito al Kirpan, posso confermarti che ho conosciuto tanti signori Singh ( praticamente tutti siks si chiamano Singh – che significa leone ) in vita mia, sia in Germania che in India – sopratutto in India naturalmente e posso dirti che ho visto nessuno che esibiva il Kirpan ( almeno che non sia tenuto nascosto…) .
Sono i rischi del principio d’interpretazione della norma giuridica. La Costituzione dice chiaramente che ognuno è libero di professare la propria fede purché questa non contrasti con il buon costume e con la legge. Sono quasi sicuro che nessuno griderà all’intolleranza per questa sentenza. però, se si parla di velo, è intolleranza.
Non è tanto questione di costituzione, esiste una legge che vieta di portare con sé armi atte ad offendere. Il pugnale sikh purtroppo è un’arma. Girare col velo non pone a rischio la sicurezza di nessuno, a meno che non si parli del velo integrale (ed integralista). Di fatto non c’entra neanche la religione, usando un pugnale di plastica, eventualmente impreziosito in foglia di metallo prezioso, otterebbero lo stesso effetto scenico e non sarebbero perseguibili.
Al limite è un rischio girare senza velo. Non credo che tra le donne importunate a Colonia ce ne fossero di velate! In questo senso è un arma di dissuasione.
@Francesco s
Invece è proprio questione di Costituzione. L’articolo 8 quello che enuncia la libertà dir eligione purché essa non contrasti con l’ordinamento. L’articolo 19 enuncia lo stesso, ma dispone che tale libertà non deve contrastare con il buon costume.
Articoli che sono disattesi quando si tratta di velo, anche integrale. Solo perché è simbolo di un’altra cultura.
http://www.niqab.it/italia/cosa-dice-la-legge/
Gmd, il buon costume fa riferimento a non girare nudi e credo lo applichino alle prostitute quando esercitano per strada. Dico c’è proprio una norma ad hoc che vieta di girare con armi da taglio. Sul velo integrale si applica o dovrebbe applicare una norma sul terrorismo che vieta di girare a volto coperto. Fidati il buon costume non c’entra.
@Francesco s
Chiaramente, è l’art. 8 quello a cui fare riferimento in questo caso. Ciò che intendo dire è che c’è una legge di rango primario che specifica che una religione non può contrastare con l’ordinamento, ma non se ne tiene conto quando si parla di velo.
Eppure su il manifesto di oggi, Luciana Castellina aveva qualcosa da ridire sulla sentenza. Cosa avesse da ridire in effetti non l’ho capito e mi piacerebbe che qualcuno me lo spiegasse…ma la suddetta è quella che segue Tsipras nonostante il tradimento di questi al popolo greco che a me pare cosa gravissima ed imperdonabile.
Classica “comunista da salotto” come dimostra il botox che ha in viso, può fare la fine di Bertinotti.
Quello di Luciana Castellina è un’insalata russa, un piatto a volte piacevole purchè non se ne faccia una scorpacciata.
“Non è possibile suonare le trombe per salutare l’avvento della globalizzazione e poi coltivare le ossessioni securitarie di chi vorrebbe blindare le proprie comunità nel terrore che possano essere dissolte; bisogna prendere atto che il transculturale – che era proprio alle società prenazionali greche ebraiche ottomane, non è più il passato ma il nostro futuro. “
Nell’insalata russa della Castellina c’è almeno un ingrediente che stona: gli ottomani non erano una società prenazionale, erano una dinastia, quella dei Turchi, che spazzò via quella dei bizantini che stavano in Anatolia: sparì il greco e arrivò l’islam. Se si considera il passato di questa regione, si prende atto che con certe culture il trasnazionale non esiste proprio, e si ha piuttosto ragione a storcere il naso.
Come avevo scritto sopra, i segni esteriori religiosi sikh tendono a sparire fra le nuove generazioni in India . Quello di sopra è l’ ennesimo caso di identitarismo culturale/religioso di persone emigrate che vogliono testimoniare delle loro differenze . Idem per il velo islamico . Molte donne che lo portano qui non lo portavano nel loro paese…
Cari amici, vi ringrazio per le precisazioni. Mi avete ricuorato.
Va bene l’età e il grado di istruzione; ma se non capisco, non è proprio che non ci arrivo!
La parola “Cultura” nella lingua italiana da luogo ad un grave equivoco,perche evoca l’immagine di biblioteche,scuole,universita,conoscenza ,tutte cose senza dubbio assolutamente rispettabili.
Ma c’e’ un altro significato del tutto separato dal primo,quello di insieme di regole,valori,tradizioni antiche e recenti,scritte o implicite che regola la vita di comunita piu’ o meno grandi.
E questo genere di culture,con relativi “fatti culturali” derivati,non godono del diritto di rispetto
“automatico” e indiscutibile a priori.
Infatti ,se ci riflettete un attimo,nazismo,fascismo,comunismo stalinista erano innegabilmente culture a tutti gli effetti,cosi come lo e’ l’islam integralista e lo sono pure mafia e camorra.
Sarebbe interessante sapere l’opinione della Castellina su numerosi fatti culturali associati a culture attuali ,ad esempio la pedofilia che l’Islam legalizza,almeno in certe zone :ricordate le “spose bambine” citate spesso dai media ?
In alcune zone del terzo mondo e’considerata normale,almeno di fatto,anche la pederastia.
In certe aree,sia pure limitate e’ praticata ancora oggi l’antropofagia.
Chissa se la Castellina riconoscerebbe a eventuali immigrati provenienti da tali zone il diritto di praticare i loro gusti gastronomici?
In fondo,accanto alle macellerie Halal islamiche e Kosher ebraiche,perche non ammettere anche macellerie specifiche per tali clienti ?
Ci sarebbe qualche problemino sulla provenienza della carne,ovviamente,ma quando mai dei veri progressisti considerano insolubile un problema ?
Voi cosa suggerireste ?
Segnalo un articolo di Massimo Fini, apparso sul Fatto quotidiano del 18/5, dove se ne fa una questione di rispetto di leggi vigenti e non una questione di libertà culturale o di valori.
Io l’ho letto poco fa sul sito http://www.comedonchiosciotte.it dove viene riportato.
La sentenza afferma l’ovvio, cioè che la legge è (o dovrebbe essere) uguale per tutti.
Nessun privilegio ed è così che le religioni andrebbero trattate: purtroppo non ci sono abituate.
Ma se i sikh fossero una potente ed aggressiva lobby religiosa in Italia, la Cassazione si sarebbe comportata nello stesso modo?
Ormai è pratica diffusa che col pretesto della libertà di religione e la tolleranza religiosa si pretendono privilegi per le religioni, che purtroppo in diversi casi vengono concessi. Non a caso le critiche vengono fatte interpretando in modo pretestuoso le leggi sulla libertà di religione e la tolleranza religiosa, vedi la recente sentenza sui testimoni di Geova.