Il Pride di Milano, o meglio la settimana che lo ha preceduto e nel corso della quale sono stati organizzati vari eventi, è stata quest’anno teatro di prese di posizione e contestazioni tutte interne all’universo Lgbt. Il nodo del contendere era la cosiddetta gestazione per altri, vera e propria bandiera per l’associazione Famiglie Arcobaleno, sostenuta attivamente da molte altre associazioni Lgbt e non, Uaar compresa, ma avversata da Arcilesbica, che nell’ambito della Pride Week ha organizzato la presentazione del libro di Daniela Danna “Fare un figlio per altri è giusto (FALSO!)”. Un bel problema; tutti uniti nella rivendicazione dell’orgoglio omosessuale ma addirittura contrapposti, non semplicemente divisi, su un tema specifico.
Occorre però analizzare le premesse prima di scendere nel dettaglio della questione e la domanda di partenza non può che essere una: la Gpa è una pratica il cui scopo è quello di soddisfare il desiderio delle coppie gay di formare una famiglia? A ben guardare si direbbe proprio di no. Le coppie gay sono solo una parte minoritaria dei potenziali fruitori, la stragrande maggioranza sono coppie eterosessuali che non possono avere figli e non possono, o non vogliono, ricorrere all’adozione. In molti paesi vi sono restrizioni per l’accesso alla Gpa alle coppie gay, così come ai single e perfino alle coppie che non abbiano già altri figli. Ma come spesso accade, quando si tratta di screditare qualcuno o qualcosa è forte la tentazione di ricorrere alla classica fallacia nota come “uomo di paglia”, puntando il dito solo su quegli aspetti che fa comodo evidenziare e tacendo sul resto. Come ha fatto Avvenire.
È lecito a questo punto chiedersi cosa c’entra la Gpa con le associazioni Lgbt. In realtà c’entra almeno per due ragioni. La prima è che comunque si tratta di una possibile soluzione al problema delle coppie gay di mettere su famiglia, sebbene non sia l’unica perché vi sarebbe anche la più semplice alternativa del riconoscimento delle adozioni, a cominciare da quella del configlio cassata in fase di approvazione della legge sulle unioni civili. La seconda è che il principio di autodeterminazione è inscritto nel Dna di queste associazioni, per questo si fa fatica a concepire l’idea di porre dei limiti a quello che una persona può fare del proprio corpo. Stiamo pur sempre parlando di persone da sempre stigmatizzate proprio per il loro modo di amare e di fare sesso, contrario alle disposizioni di un dio capriccioso che avrebbe fatto dono all’uomo del corpo che ha corredato di manuale con avvertimenti sul suo corretto uso, come fosse un bugiardino qualsiasi.
In un quadro simile non si capisce come si possa essere al fianco delle donne ammonendole al tempo stesso su quello che possono o non possono fare. Libere ma con riserva, libere di fare una cosa ma non altrettanto libere di farne un’altra, perché la prima denoterebbe una libertà vera, genuina, mentre la seconda sarebbe solo un suo squallido simulacro. Più o meno lo stesso ragionamento alla base dell’arbitraria dicotomia tra sana laicità e laicismo: dato un termine il cui significato letterale può essere in contrasto con i principi che si vogliono sostenere, se ne conia una variante in modo da poter adottare la nuova versione con accezione positiva e conferire a quella esistente un significato negativo. È ovvio che non esiste la libertà in assoluto di fare qualunque cosa, ma se restrizione dev’esserci questa non può essere basata su giudizi morali di parte o su un presunto rischio di deriva dannosa. Laddove si verifica l’illecito, laddove c’è effettivamente il danno nei confronti di terzi, allora si interviene. Un divieto preventivo è una cosa che non ha senso. Come se per prevenire le morti bianche si andasse a chiudere i cantieri edili.
Arcilesbica condivide la sua posizione anche con Se Non Ora Quando, altra sigla femminista che evidentemente ha solo in parte fatto proprio il famoso motto “l’utero è mio e lo gestisco io”, sbandierato dalle femministe che negli anni ‘70 si battevano per i loro diritti civili e riproduttivi. Nel caso in oggetto il motto diventa “l’utero è tuo ma ti dico io cosa farne”, il che sarà anche femminile nella sua specificità ma certo non è femminista nel senso di lottare con le donne per rivendicare la loro facoltà di autodeterminarsi. O forse è una sorta di ultrafemminismo, un comunitarismo al femminile simile a quelli dei gruppi religiosi dove all’autodeterminazione dell’individuo si sostituisce quella della comunità femminile di appartenenza. Che in questo caso è anche particolarmente esclusiva, visto che Arcilesbica non ammette maschi tra le sue tesserate. Si può comprendere la preoccupazione che il libero accesso alla Gpa possa determinare forme di sfruttamento, ma la soluzione non può essere un divieto assoluto. Deve essere una corretta regolamentazione. Il proibizionismo non fa altro che spingere le persone a cercare all’estero quello che non possono avere a casa, con conseguenze che a volte possono anche essere drammatiche.
Massimo Maiurana
A me pare normale che ad arcilesbica si possano iscrivere solo donne.
Poi non ho capito se sono contrarie a quella anche a quella altruistica, modello canadese e svedese o a quella commerciale modello statunitense. In Italia credo che non verrà approvata né l’una né l’altra, quella commerciale poi la ritengo proprio innapprovabile per i prossime 1000 anni.
A parte il fatto che IO sono con chi reputa l’utero in affitto (o GPA tanto per allontanare sensi di colpa ricorrendo a queste ridicole edulcorazioni) un vero e proprio crimine verso l’umanità (femminile soprattutto) e a parte il fatto che l’utero in affitto altruistico è una favola che evidentemente fa piacere raccontarsi, ti chiedo, tra le tantissime domande che potrei porre: se poi la donna che presta il suo utero (poverissima nella stragrande maggioranza dei casi) muore, che si fa, come ci si sente? Indipendentemente da quanto scritto sul “capitolato” di quella gpa?
E’ già successo tra l’altro anche se non sta bene parlarne …..
http://27esimaora.corriere.it/articolo/laltruismo-i-dubbi-e-il-primo-decessoparlano-le-donne-che-affittano-lutero/?refresh_ce-cp
Engy la gravidanza altruistica è una possibilità come per chi dona organi e tessuti, quelli che si possono donare da vivi, un rene ad esempio. La possibilità di morire è un rischio cosciente del donatore. Il mondo è vario ed esistono persone altruiste e persone egoiste.
“La possibilità di morire è un rischio cosciente del donatore”.
Beh, intanto è la “donatrice”; secondo, la libera scelta e l’autodeterminazione e dunque la consapevolezza di cui parli di questa donatrice – nella stragrande maggioranza dei casi costretta da povertà assoluta – sono concetti assolutamente vuoti e ribadirli come fai tu, anche con un certo cinismo, mi fa rabbrividire.
Ma ribadisco un concetto, uno solo, visto che insisti su altruismo (contrapposto a egoismo, pazzesco davvero): se è così e se tu, come penso, auspichi il famoso mondo migliore dove non esista l’egoismo ad esempio, allora invito anche te a consigliare sorelle, amiche, colleghe a offrirsi per tale pratica, in nome di un altissimo evidentemente concetto di solidarietà nei confronti di chi sostiene il “diritto” ad avere figli.
Engy
Come è perentoria!
….a parte il fatto che l’utero in affitto altruistico è una favola che evidentemente fa piacere raccontarsi…. E’ in grado di dimostrare questa affermazione?
Non ritiene possibile l’altruismo per esempio tra due sorelle o tra madre e figlia? Anche in questi casi è un crimine contro l’umanità ? E quando si donano i reni ci sono sempre interessi dietro e meschinità, non altruismo? Se il donatore del rene poi muore o nel rene donato si forma un tumore nel ricevente? Meglio proibire le donazioni di un rene…….
Sa cosa significhi la regolamentazione? Per esempio nel caso da lei citato il rischio si riduce limitando il numero di gravidanze: penso che ogni medico ragionevole sconsiglierebbe ad una donna di fare 8 gravidanze perchè i rischi aumentano. In tal caso la legge è stata fatta male. Ogni attività umana ha dei rischi e va regolamentata, compito del legislatore è il ridurli e regolamentare gli eventuali risultati negativi.
Roberto V,
l’altruismo tra madre e figlia o tra sorelle di sicuro mi interroga ma lo reputo disumano, nel senso che, rimanendo presenti nella vita del bambino le donatrici, secondo me le sofferenze sarebbero inenarrabili.
Sul paragone donazione-rene/donazione-bambino però mi arrendo …
Roberto V,
a proposito della favola dell’altruismo, basta documentarsi.
Comunque:
https://ilmanifesto.it/maternita-surrogata-uno-scambio-ineguale/
“L’ultima frontiera è quella della cannibalizzazione del corpo e dei suoi organi che, da «beni personalissimi», «la cui integrità è tutt’uno con la salvaguardia della persona e della sua dignità» (L. Ferrajoli), vengono degradati a beni patrimoniali, merce di scambio sul mercato capitalistico”.
Engy
Come al solito non riesce proprio a rispondere a precise domande e parla di altro, mischiando le carte e facendo minestroni.
Ha riportato semplicemente sue opinioni sull’altruismo tra madre e figlia e sorelle (“lo reputo disumano”, “secondo me le sofferenze sarebbero inenarrabili”, perchè?). Poi riporta affermazioni della Lorenzin che definirei “politiche” e soprattutto limitate, nel senso di non esaustive per l’argomento visto che riguardano i rapporti tra ricchi e poveri, problema che c’è anche nelle adozioni e nelle donazioni di organi.
Sul paragone donazione-rene/donazione-bambino si arrende, come chissà quale eresia sia, però riporta un’articolo a sostegno delle sue tesi del manifesto estraendo solo una frasetta pro-domo sua. Quell’articolo lo ha letto e soprattutto capito? Perchè dice cose un po’ diverse sull’altruismo. Distingue tra altruismo per famigliari stretti e per esterni ed è critico su quello per esterni. Ed anche li si fa il paragone donazione rene e donazione bambino ritenendo più pesante il primo.
Su certe critiche posso anche discutere ed essere in parte d’accordo sulla mercificazione del corpo: non a caso io continuo a parlare di regolamentazione. Anche l’altruismo va regolamentato, come ogni cosa. E non è cinismo prevedere anche la morte in attività umane. Ripeto: il caso da lei citato è un caso limite. Se una donna può fare otto figli, di cui 5 come madre surrogata, è la legge che è deficitaria e va rivista. Non lo faceva di certo per altruismo.
Engy, se mi parli di donne povere e sfruttate, che è vero ci sono, vuol dire che non hai capito nulla di ciò che ho scritto, o peggio fai finta di non aver capito. Come già ho detto ad altri prima di te anche su questo blog, condizione per dialogare con me è comprendere, o almeno tentare di farlo, ciò che sostengo. Chiedere è lecito ma rispondere è cortesia: cortesia impone però di far domande o asserzioni pertinenti al discorso dell’interlocutore.
A me non sembra tanto normale che escludano gli uomini, suona discriminatorio. Arcigay non mi ha chiesto se ero omosessuale quando ho fatto la tessera (e infatti non lo sono). L’Uaar non chiede una dichiarazione di ateismo. Solo le donne possono dare il loro sostegno alle lesbiche? E le donne eterosessuali?
Non vedrei nulla di male se Uaar richiedesse una dichiarazione di ateismo per iscriversi, ma l’uaar non si rivolge solo agli atei. Ad un’associazione venatoria in genere si iscrivono cacciatori ad esempio. Ad una associazione di lesbiche si iscrivono lesbiche. Evidentemente arcigay vuole rivolgersi a più sostenitori possibili. Non esiste il diritto ad iscriversi a qualsiasi associazione di privati cittadini.
In realtà se l’Uaar volesse discriminare tra le richieste di tesseramento dovrebbe rinunciare ad essere una APS, perché le APS devono obbligatoriamente essere democratiche e non discriminatorie. Per la cronaca Arcilesbica non è una APS, Arcigay invece lo è.
EDIT: l’obbligo è sancito dall’art. 2 comma 3 della legge 383/2000
Grazie moderazione, ecco spiegato. Preferisco la scelta inclusivista di uaar e arcigay, ma è legittima anche quella di arcilesbica, che evidentemente preferisce fare come le amazzoni.
A Parigi, un festival di feministe nere ha fatto scalpore perchè parte del programma era vietato alle donne bianche .
Comunque la posizione dell’associazione arcilesbica era nota e anche quella di molte femministe, come anche quella di molta sinistra di impostazione marxista.
Sempre a Francesco s:
Il ministro Lorenzin ha efficacemente espresso questo concetto: “«L’utero in affitto è un commercio, una pratica antica con mezzi nuovi. Il giorno in cui vedrò una donna ricca, bianca, occidentale fare da portatrice in utero per una donna povera, indiana, sterile, allora mi ricrederò e ammetterò che può essere solidaristico».
Tu hai dei dati significativi (e dettagliati) riguardo la GPA altruistica?
Non ho capito se tu saresti favorevole a una Gpa altruistica. Perché da quello che scrivi si direbbe che non saresti comunque favorevole, e allora a che serve chiedere dati che non possono nemmeno esserci, visto che non mi risultano paesi che ammettono quell’unica forma di Gpa? Se invece sei favorevole a quella altruistica e contraria a quella commerciale, perché chiedi con forza che la si vieti del tutto (nascondendo evidentemente la polvere sotto il tappeto, vedi l’ultima frase dell’articolo) e non invece una legalizzazione di quella altruistica? Tanto se come dici te non esiste quella altruistica il risultato sarebbe comunque che non ci sarebbero mai portatrici in Italia, no?
Basta informarsi in Canada, Svezia e in Regno unito (qui è molto simile ad una adozione post parto) è ammessa la Gpa non commerciale.
Ma no, lei vuole che noi ci informiamo e poi le portiamo i dati, che puntualmente contesterà 😉
Dal canto suo lei sa solo riportare link a opinioni altrui cercando di far valere l’ad autorictatem, ma a volte quegli stessi link dicono perfino cose diverse dalle sue come ha detto RobertoV più sopra.
“Nel caso in oggetto il motto diventa “l’utero è tuo ma ti dico io cosa farne”, il che sarà anche femminile nella sua specificità ma certo non è femminista nel senso di lottare con le donne per rivendicare la loro facoltà di autodeterminarsi”.
Ma sai di cosa parli Maiurana??
Cioè, tu puoi essere legittimamente favorevole all’utero in affitto (anche di tua moglie o della tua compagna o di tua sorella immagino…) ma non puoi dire queste bestialità: “l’utero è tuo ma ti dico io cosa farne” e’ esattamente lo sfruttamento cui le coppie benestanti sottopongono le donne che si prestano, dal momento che tali coppie benestanti acquisiscono, tramite contratto, il diritto di proprietà sui corpi delle donne e dei neonati!
Scempio totale!
Ma ripeto anche a te: sensibilizza alla gpa le donne che conosci!
Il problem solving prevede che il problema lo si affronta quando c’è, non lo si va a cercare. Quindi uno si pone il problema della GPA quando altre strade sono precluse, esattamente come uno in genere si pone il problema delle adozioni se non riesce ad avere figli. Il suo discorso è la solita fallacia logica che ripete, come dire che bisogna sensibilizzare le coppie all’adozione anche se riescono ad avere figli. Ed essere contrari per se non implica che lo si debba essere per gli altri. La GPA riguarda un numero limitato di persone, dell’ordine di qualche centinaio all’anno in Italia. Anche negli USA così tanto commerciali, mi pare che siano circa 4000 all’anno, contro 4 milioni di bambini nati in modo naturale, e questo dopo decenni di esistenza di tale pratica. Regolamentando opportunamente per limitare gli abusi tale numero si ridurrebbe.
Stai delirando vero? Hai misurato la febbre?
Credo che sia abbastanza altina: forse al limite del ricovero urgente.
Ti rendi conto di cosa hai scritto vero?
“Cioè, tu puoi essere legittimamente favorevole all’utero in affitto (anche di tua moglie o della tua compagna o di tua sorella immagino…) ma non puoi dire queste bestialità: “l’utero è tuo ma ti dico io cosa farne”.
Forse dovresti tornare a leggere i periodi, sopra e sotto la frase riportata, senza decontestualizzare. Forza provaci ma prima prendi una bella pasticca di tachipirina 1000, fai dei profondi respiri, assumi una posizione rilassata e poi rileggi con calma.
Naturalmente il mio intervento di sopra era per la tenera Engy….
@E.n.g.y
Una donna che sceglie di affittare l’utero lo fa consapevolmente. Sceglie, per l’appunto. Una che non può farlo a causa della ristrettezza mentale degli altri, non può scegliere, c’è una sottile quanto consistente differenza. Tu l’avevi capito il senso della frase, vero?
Perché dovremmo sensibilizzare le donne che conosciamo? Cioè, tu credi, nel terremoto di pensieri che sconquassa la tua mente, che vogliamo fral diventare pratica comune? Secondo quale salto logico? Si tratta di una scelta sulla quale nessuno che non sia coinvolto ha voce in capitolo, e ti sfugge anche questo.
Non riesco a leggere l’articolo, ma se il problema è la donazione degli organi, il discorso non cambia. Se sono beni personalissimi e decido di donarli, non è affare di nessuno. Ma molto meglio blaterare di integrità, piuttosto che prendere in considerazione la possibilità di essere utili, anche da morti, a chi ne ha bisogno.
Cosa causerebbe sofferenze nel bambino? Il fatto di sapere di essere nato da un’altra madre? Perché? perché la presenza della suddetta madre dovrebbe essere un problema e non potrebbe essere, invece, un valore aggiunto? Ci hai mai pensato o hai valutato il problema sempre e solo in un’ottica?
@E.n.g.y
Ah, ripassa il concetto di crimine contro l’umanità. Che applicarlo a questo tema è solo inutile teatralità volta a indurre disgusto. Un ricorso all’emozione al contrario.
È quel che succede a frequentare un sito di integralisti arrampicavetri che per trovare una raison d’etre sanno solo parlarsi addosso che integralisti sono gli altri e loro sono gli unici giusti & pieni di ammmore & riconoscimento verso l’altro (solo quello che gli piace, però, che il loro amico immaginario se no si offende e manda terremoti & alluvioni & siccità…)
E antivaccinisti e antiabortisti ecc… 😉