In ambito sociologico si parla di discriminazione quando, partendo da una classificazione per identità omogenee, una certa categoria di persone viene stigmatizzata, trattata come inferiore o addirittura privata di alcuni diritti. In altre parole si viene discriminati quando si incontrano ostacoli o si hanno ricadute negative per via della propria identità. La prima identità che viene in mente è quella etnica, non a caso il cosiddetto “razzismo” è diventato col tempo quasi sinonimo di discriminazione sociale, ma com’è noto esistono identità basate sul genere, sulla religione, sulla cultura, sull’orientamento sessuale, sull’orientamento politico, sul ceto e così via. La domanda a questo punto è: si può affermare che tutte queste identità sono analoghe e che quindi è lecito definire intollerante o “qualcosofobo” chi le critica? La risposta è no; Paul Russel ha cercato di spiegare perché nel suo articolo The limits of tolerance.
Russel parte da una corretta distinzione tra due diverse tipologie di identità: quelle di genere ideologico, o caratterizzate da un sistema di valori, e quelle che invece sono per così dire congenite, nel senso che non possono in alcun modo derivare da scelte operate dall’individuo. In quest’ultimo caso l’avversione equivale certamente all’intolleranza perché non può essere ammissibile una critica, ad esempio, alle persone di colore piuttosto che alle donne per il semplice fatto che nessuno sceglie di nascere tale. Lo si nasce e basta, non c’è quindi nulla criticare ma solo da prendere atto. Al contrario, sebbene l’identità religiosa o politica sia naturalmente influenzata dal contesto educativo e sociale, alla base di queste c’è un sistema ideologico che si può scegliere di abbandonare e che, essendo facoltativo, deve poter essere oggetto di critica. Questo principio non viene praticamente mai messo in discussione quando si tratta di confrontarsi politicamente, a meno che non si sia in un regime dittatoriale, mentre viene sistematicamente, e indebitamente, disatteso quando l’argomento in discussione è di tipo religioso.
L’identità religiosa viene sovente assimilata alla stessa categoria di identità a cui appartengono l’etnia e il genere, dunque non ideologica, ma questo assunto è del tutto errato per una ragione molto semplice: negare il diritto di criticare una religione o una concezione del mondo diversa dalla propria rappresenta di per sé una forma di intolleranza. Come altrettanto lo è imporre una dottrina o una pratica perfino a qualcuno che aderisce alla propria stessa confessione, e sotto questo punto di vista nell’articolo in questione non si lesinano frecciate a quella che viene definita “nuova sinistra”, che in altre parole differirebbe dalla vecchia concezione di sinistra politica per aver sostituito al concetto di fraternità, riferito per definizione agli individui, un multiculturalismo su base religiosa/culturale pertinente al gruppo identitario che andrebbe tutelato a prescindere.
Gli stessi gruppi religiosi pronti ad affibbiare l’etichetta di intollerante a chiunque metta in discussione quello in cui credono non esitano poi, per convenienza, a operare all’inverso classificando come ideologiche altre identità allo scopo di poterle criticare, ammettendo così di fatto che le ideologie non solo possono ma devono essere passibili di critica. È il caso dell’orientamento sessuale, spesso indicato non come caratteristica genetica ma come scelta precisa, fino a coniare definizioni arbitrarie come “omosessualismo” o ideologie tout court come il “gender”. Un altro esempio è quello del sionismo, difeso spesso dalle critiche con l’argomentazione che i detrattori sarebbero nient’altro che degli antisemiti; in questo caso è l’identità ideologica a essere in qualche modo “deideologizzata” e spostata in un ambito differente.
Ovviamente, come sempre, non è possibile operare classificazioni rigide. L’intolleranza religiosa esiste, c’è poco da fare, e ricondurre tutto alla legittima facoltà di critica sarebbe parimenti sbagliato. Un conto è usare definizioni anche colorite e perfino esecrabili per ridicolizzare un’ideologia avversa, un’altra è minacciare una persona per via della sua diversa concezione del mondo. In entrambi i casi c’è un pregiudizio alla base, ma non tutti i pregiudizi hanno pari importanza. Anche tra categorie differenti, perché se è vero che un pregiudizio verso le donne è inammissibile, lo è altrettanto che un pregiudizio verso un determinato gruppo religioso, dai cristiani agli scientologisti, è allo stesso tempo lecito e a sua volta criticabile. Finché non travalica i limiti sfociando appunto nell’intolleranza.
Anzi, proprio la distinzione tra identità ideologiche e non ideologiche ci viene in aiuto quando si tratta di avere a che fare con piani diversi di intolleranza. Basti pensare alla facilità con cui si dà dell’islamofobo a chiunque contesti la dottrina musulmana anche quando questa è apertamente misogina. In questo caso abbiamo una identità ideologica perfettamente criticabile e perfino condannabile, checché ne dicano i destinatari, e un’altra non ideologica da tutelare il più possibile. Stessa cosa quando un cristiano lamenta discriminazioni perché gli si impedisce di discriminare a sua volta gli omosessuali; è vero esattamente il contrario, nel senso che proprio gli omosessuali vanno tutelati in quanto identità non ideologica, non i cristiani che portano una bandiera ideologica.
Massimo Maiurana
Ciccio primero: Esatto, se può esser antisionisti senza esser antisemiti…
Segretario: Ma il sionismo che cosa è?
Ciccio primero: Es el nazionalismo ebraico.
Segretario: Nazionalismo? Come quello italiano, spagnolo, francese e via dicendo?
Ciccio primero: Si.
Segretario: E allora perché non è anti italiano, anti spagnolo anti francese e così via’?
Ciccio primero: Che c’entra mica sono ebrei.
Segretario: Giusto Santità, mi sembra corretto…
Mi pare che non faccia molto ridere, perché il segretario dovrebbe chiedere perché allora non è anti-fascista, anti-franchista o anti-gollista (non me ne vogliano i francesi per l’accostamento, ma la battuta era sui nazionalismi).
NB. Sottolineo il verbo pare, perché è una mia opinione interpretativa e non ne ho la certezza.
Hai dimenticato anti comunista, ma in ogni caso hai fatto bene a dire mi pare, infatti ciò di cui parli sono movimenti politici che non hanno niente a che fare con il sionismo che è appunto la volontà di un popolo (quello ebreo) di avere una propria nazione e quindi rientra nella categoria dei nazionalismi.
Non ho citato l’anticomunismo, perché il comunismo non è una forma di nazionalismo, inoltre mancava la nazione di riferimento. Quelli citati da me sono tutti movimenti nazionalisti, basta aprire qualsiasi tomo di enciclopedia.
Il comunismo non avrà avuto (all’inizio) un identità nazionale ma poi l’avuta eccome ed ha avuto diverse opposizioni poi nazione per nazione *. Continuo a dirti che quelli citati da te sono tutti partiti nazionalisti di destra (E quelli di sinistra? **), io non parlo di partiti ma di movimenti ideologici, culturali, militarti e politici che hanno portato alla nascita di una nazione come lo è il sionismo, controlla nei tuoi tomi d’enciclopedia se è nato prima il sionismo o lo stato di Israele, comunque per evitare ot, torno alla mia affermazione iniziale: perché tra di tutti i nazionalismi viene criticato solo il sionismo anche volendo usare la versione più bufalara cioè quella del’estrema destra e dell’estrema sinistra? Considerando che anche gli altri nazionalismi ad iniziare da quello italiano non sono stati così esenti da critiche? Perché in realtà chi si dichiara antisionista è antisemita, queste sono le mie argomentazioni, già proposte in passato, sarebbe opportuno portare tu od altri delle contro argomentazioni, piuttosto che tergiversare o puntare i piedi come i bambini e dire che non è vero che chi è antisionista sia anche antisemita e basta.
*https://it.wikipedia.org/wiki/Anticomunismo
**https://it.wikipedia.org/wiki/Nazionalismo_di_sinistra
Alcune correzioni: “L’ha avuta non l’avuta”, “militari non militarti”
Frank tra i critici del sionismo c’è anche chi in realtà è antisemita – specie di estrema destra, ma molti sono solo critici verso determinate politiche dello stato di Israele: intellettuali laici, anche ebrei, attivisti delle ONG, pacifisti.
Non c’è bisogno di fornire contro argomentazioni a tesi tautologiche e logicamente fallaci come “perché in realtà chi si dichiara antisionista è antisemita perché non critica le storture degli altri”. Questa affermazione contiene le seguenti fallacie:
1. Enumeratio imperfecta
2. Petitio principii
3. Argomento fantoccio (da manuale)
4. Falsa dicotomia
5. benaltrismo
Insomma non sei in grado di contro argomentare alle mie affermazioni, non sei il primo e penso non sarai neanche l’ultimo e alla fine rimango convinto della mia opinione, perché io la cambierei la mia opinione se qualcuno mi spiegasse dove sbaglio a differenza d’altri.
Mah, a me sembra che piuttosto tu ti stia arrampicando sugli specchi 😉
Il discorso è semplicissimo: in genere l’antisemitismo implica l’antisionismo ma la cosa non funziona anche al contrario. Così come l’essere nazista implica il razzismo ma non tutti i razzisti sono anche nazisti.
Frank, non c’è nulla da contro argomentare ad una affermazione tautologica di cui ho segnalato puntualmente le criticità.
Mauritius, anche tu fai solo delle supposizioni, a me quello che mi interessa e che ci sia qualcuno che mi dimostri razionalmente che si possa essere antisionisti senza essere antisemiti, fino ad ora nessuno me lo ha saputo spiegare.
Francesco S., allora spiegamelo tu perché si può essere antisionisti senza essere antisemiti.
Tu non vuoi qualcuno che te lo spieghi, tu hai già deciso che è come pensi tu e non cambieresti comunque idea a prescindere. Ci fosse stato un credente al tuo posto avrebbe chiesto di dimostrargli razionalmente che Dio non esiste; stessa cosa. Io non sono antisemita, non ho ragione per avercela con gli ebrei in quanto ebrei. Ho mille ragioni per avercela con una certa visione dell’ebraismo che rivendica territori in cui vivono persone che ebrei non sono, così come ce l’avrei se al posto degli ebrei ci fossero degli arabi a rivendicare territori che non gli appartengono, degli indiani a rivendicare territori che non gli appartengono, dei cinesi a rivendicare territori che non gli appartengono e così via. Ma tanto è inutile dirtelo.
Chi basa la propria critica su considerazioni di natura politica, storica e geografica e non etinica, razziale, discriminatoria. Bollare semplicisticamente come antisemitismo è un modo di limitare la libertà di espressione al pari di chi dà dell’islamofobo a chi critica l’Islam.
Mauritius, di conseguenza tu c’è l’hai con tutti quei popoli che hanno occupato territori che prima appartenevano ad altri, quindi sei anti tutti gli stati moderni (o quasi) visto che bene o male si sono formati in questo modo?
Credo anch’io Frank che tu non hai intenzione di cambiare idea.
Francesco S., non è vero se critico l’islam io lo so spiegare perché.
Frank, la conseguenza è solo nella tua testa. Chi c’era in Portogallo prima che arrivassero i portoghesi? E in Thailandia prima che arrivassero i tailandesi a conquistare il territorio e cacciare via gli altri a pedate? E prima che prendi ad esempio i coloni americani o i conquistadores spagnoli, quante di queste invasioni sono avvenute nel corso dell’ultimo secolo?
Mauritius.
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_moderna
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_Portogallo#Crisi_del_1580.2C_Unione_iberica_e_declino_dell.27impero
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Thailandia
https://it.wikipedia.org/wiki/Colonizzazione_europea_delle_Americhe
ti aggiungo:
https://it.wikipedia.org/wiki/Palestina
https://it.wikipedia.org/wiki/Israele#Storia
Leggiti cosa si intende per storia moderna, leggiti quante cose sono cambiate dall’inizio della storia moderna a oggi negli stati e nei continenti che hai menzionato (per tua scelta), allo stesso modo fai con Israele e Palestina, dopo che hai fatto ciò ti rinnovo la domanda: perché sei solo antisionista?
Frank
Neturei Karta !!!
Gérard, il fatto che in Israele venga consentita l’esistenza di un movimento simile è la dimostrazione che si tratti di un paese civile.
Frank, dal momento che hai deliberatamente ignorato l’ultima parte del mio commento non vedo motivi per rispondere alla tua domanda, non stiamo più dialogando (se mai abbiamo cercato di farlo)
Mauritius, non capisco a cosa ti riferisci, io ti ho messo un link sulla storia moderna per capire il periodo di cui stiamo trattando e poi i link degli stati di cui stiamo parlando, per farti capire le cose che sono successe in quei paesi il quel periodo e come sia ridicolo essere antisionisti visto che ne sono successe di conte e di crude anche negli stati che ti sei scelto tu. Conta solo quello che è successo nell’ultimo secolo per te? Allora limitati a leggere cosa è successo negli stati da te elencati dal 1900 in poi e vedi che anche li sono successe tante cose. Contano solo le invasioni per te? Bene sappi che i sionisti non hanno invaso mai nessuno stato, alla fine della prima guerra mondiale la Palestina mandataria parte dell’ex impero ottomano era sotto il controllo del Regno Unito che favorì l’immigrazione ebrea (a parte solo nel periodo della seconda guerra mondiale) che causò l’aumento della popolazione ebrea che dopo la prima guerra mondiale era all’incirca il 10 per cento della popolazione totale, gli ebrei per quanto perseguitati non hanno mai totalmente abbandonato la loro terra anche se per ovvi motivi si erano ridotti notevolmente di numero, a Gerusalemme la comunità ebraica è sempre stata maggiore di quella musulmana e cristiana). Ti interessano solo le invasioni del secolo scorso? Sappi che ci sono state in quelle zone ma le hanno fatte i musulmani arabi nei confronti del neo stato di Israele ma sono sempre stati sconfitti, a questo punto non dovresti essere anti palestinese?
Ottimo articolo, concordo in pieno.
Solo il mio discorso soggettivo contiene valore, in quanto in un certo modo tutto ciò che mi sfugge, o che ignoro, non esiste semplicemente ai miei occhi !
E questo è, sovente, la causa di molti problemi tuttaltro che insignificanti sia di antagonismo sociale che d’intolleranza, o viceversa…..
Domanda: quand’è che la dottrina islamica non è apertamente misogina?
Domanda: in che senso si inquadra l’affermazione per cui sovente l’identità religiosa viene assimilata alla stessa categoria di identità a cui appartengono etnia e genere? Con un meccanismo del tipo italiano = cattolico e giapponese = shintoista?
Dal mio punto di vista la frase corretta doveva essere “anche se questa è apertamente misogina.” Islam è misogina quasi in ogni affermazione sulle donne, con pochi eccezioni apparentemente accettabili quando lode particolari ruoli della donna come: la madre, la sorella, la vergine illibata, la moglie obediente ect, ect, sono proprio queste affermazioni che gli apologeti del islam usano per arrivare fino ad affermazioni pittoresche del tipo “Maometto il prima femminista del mondo”!
Grazie della risposta, bardhi: vorrei solo dire che le affermazioni da te esemplificate, più che pittoresche, mi sembrano grottesche.
Una questione di vocabolario: nel secondo paragrafo l’articolo dice “…alle persone di colore piuttosto che alle donne…”.
Noto che da alcuni anni tende a diffondersi un uso erroneo della locuzione “piuttosto che”, in contesti nei quali si dovrebbe invece dire “oppure”; il significato di “piuttosto che” è tutto altro da quello di “oppure”.
Per esempio, “…alle persone di colore piuttosto che alle donne…” significa in realtà “…alle persone di colore in misura maggiore che alle donne…” o “…alle persone di colore più spesso che alle donne…”:
http://www.treccani.it/vocabolario/piuttosto_(Sinonimi-e-Contrari)
Nel uso comune alcuni l’appellativi come “razzismo”, “maschilismo”, “fascista” sono talmente abusati e usati a sproposito da avere perso significato, questi appellativi vengono usati come “argomento” per attaccare e zittire chiunque esprime la sua posizione in contrasto con l’idea del politico preferito, l’opinione generale su un determinato fenomeno, una moda del momento. L’ esempio lampante è stato esclusione di Richard Dawkins da un discorso all’università di Berkeley reo di aver fatto “discorsi abusivi” sull’islam!
Mi rispecchio quasi totalmente nel metro di giudizio esposto.
A dire il vero lo considero qualcosa che dovrebbe essere innato in una specie che si fa chiamare Homo Sapiens.
Purtroppo crescendo ho dovuto constatare che la maggior parte della gente tende a confondere la categoria di ciò che si è secondo natura, e pertanto immutabile ed imprescindibile dalla nostra volontà, da ciò che si è perchè, in qualche modo, lo si vuole o comunque non ci si preoccupa di interrogarsi per eventualmente cambiare.
Nel genere di quelle cose che “sono” per natura anche per me ci sono, o ci sono state, cose difficili da “accettare” perchè in qualche modo mi danno un disagio interiore però mai ho ritenuto questo mio fastidio giustificato e giustificabile e sopratutto mai ho avallato tesi “contro” rendendomi ben conto che il mio è, o era, un disagio personale e come tale assurdo quanto può essere assurdo prendersela con una persona perchè ha gli occhi azzurri!
Grazie a questo mio modus operandi nel tempo mi sono trovato spesso a stare dalla parte delle nuove rivendicazioni dei diritti civili senza fare alcuno sforzo. Semplicemente ero già dentro. Questa semplice distinzione fra ciò che un uomo è a prescindere dalla sua volontà e che non potrà mai cambiare (essere nero bianco o di qualsiasi altra sfumatura di colore, essere nato in un posto piuttosto che in un altro, essere uomo donna o gay, essere alto o basso e via dicendo) e ciò che un uomo è divenuto in base alle sue idee e/o alla sua formazione culturale e/o sociale è qualcosa che dovrebbe essere insegnato ai bambini nelle scuole elementari e medie.
Capito questo davvero mi pare difficile che un bambino, crescendo, possa manifestare comportamenti “razzisti”. Quello che si deve capire è che si può essere anche “intolleranti”, “intransigenti” sulle idee di una persona non sulla persona in se.
@ ateo 64. Capito davvero questo mi sembra poi difficile eccetera: il problema è, esperienza nonché ricordo mio personale, che già da bambini “avanzati” (8/10 anni), subentrano degli schemi di pensiero che cominciano a riflettere condizionamenti culturali, familiari e quant’altro. Esempio: facevo la quarta elementare, e la maestra cominciava a spiegare i primi rudimenti di educazione civica (che poi tali sono rimasti senza più approfondire nulla, per “mancanza di tempo”); e mentre accennava a diritti umani, parità di opportunità per tutti, uguaglianza eccetera, si sentivano già i mugugni di disapprovazione in fondo alla classe, per non parlare di ciò che venne fuori durante l’intervallo. A mio modo di vedere, certe distinzioni sono dunque sì necessarie, come quelle di cui parli, ma assolutamente non sufficienti. Prima, deve rendersi conto di ciò la società intera, anche se so che è la cosa più difficile, ma trovo ancor più difficile che una società adulta possa trasmettere alle proprie generazioni successive dei concetti & dei valori che essa stessa per prima non è stata in grado/ non ha voluto capire, right?
Bè si alla fine però confermi che quei bambini avevano già avuto input differenti nelle famiglie… sigh. Però penso che se nelle scuole primarie venga portato avanti seriamente un discorso di cui l’argomento dell’articolo molti di quei bambini, con l’avanzare dell’età e del ragionamento logico/razionale potrebbero dissociarsi dall’ambiente culturale della famiglia riconoscendolo per quello che è: un ambiente retrogrado e chiuso.
Certo il mondo perfetto non lo avremo mai… ma è bene puntare ad avere una maggioranza di persone che ragiona con la testa piuttosto che con la pancia (per non dire altro…) 😉 .
Avevano già avuto input nelle famiglie e che la maestra non è stata in grado di sovvertire; d’altronde si parla di fine anni settanta e la maestra era pur sempre cattolica. Senza contare che, all’epoca, (e forse anche ora) quando tornavamo a casa a raccontare cosa avevamo imparato a scuola, su certi argomenti certi genitori si permettevano di dire che la maestra aveva detto fregnacce, che non dovevano ascoltare certi discorsi, e via di questo passo. Sentiti io con le mie orecchie. E questo è esattamente ciò che intendevo con distinzioni necessarie ma non sufficienti (quelle della maestra), ma soprattutto poco efficaci, per tutta una serie di fattori, cultura, epoca ecc.
Per l’altro tuo commento delle 17:00 quoto da principio a fine.
Aggiungo che parallelamente a portare avanti un discorso come quello di cui si parla nell’articolo sarebbe bene portare avanti anche un altro tipo di discorso: ossia rispettare le idee, i modi di vivere, le scelte di vita di chiunque, per quanto esse possano contrastare con le nostre vedute, se queste rimangono al livello di scelte individuali e personali.
Per esempio: oggi si è capito che essere gay non è una scelta culturale, come ancora molti ferventi cattolici continuano ad affermare, ma una caratteristica dell’individuo. MA, anche se così non fosse, se si adottasse il critero di cui sopra e che personalmente tendo ad usare, quale sarebbe il problema? Quando ero adolescente non mi era molto chiaro se la cosa fosse una scelta culturale o genetica (a dire il vero forse la coaìsa non era nemmeno del tutto stata chiarita) ma ricordo che nonostante la mia personale avversione e disagio per un tipo di rapporto non etero rifutavo l’atteggiamento canzonatorio dei miei compagni nei confronti di quelle che all’epoca erano definite checche… Per quanto mi riguardava era una loro personale scelta . Io personalmente cosa ci rimettevo?
E’ chiaro che a me personalmente che ci sia gente che crede nelle cose più assurde, o che si sente bene se prega la domenica, o se porta il cilicio non mi può dar fastidio.
Quel che da fastidio è quando, come putroppo succede, questa gente pretende di impostare la società e le regole civili di tutti, e dunque anche le mie, secondo i loro parametri e secondo le loro credenze. Perquesto quando parlo con queste persone di certi temi posso diventare anche molto “aggressivo” verbalmente ed intollerante nei loro confronti ma solo a livello di idee e di certi temi. La persona in sè è, o può essere, altra cosa.
Colui che non accetta una critica premesso sia pertinente, razionale, di una certa entità ad esempio su tematiche scientifiche o sociali scottanti, deve –o dovrebbe- essere EDUCATAMENTE criticato, indipendentemente della sua etnia, credenza o colore della pelle….Ma anche lodato in caso contrario
Sempre tenendo conto che, ripeto, la libertà di alcuni finisce dove inizia quella degli altri, certi dicono. La difficoltà consiste nel sapere chi deve decidere dove tracciare la linea di demarcazione, e la pertinenza degli argomenti –a volte pretesi razionali e/o etici- di coloro che decidono….
P.S. La versione evolutiva della regola aurea non dovrebbe essere : « Fa’ agli altri quello che vorresti che gli altri facessero a tè (cooperazione condizionata), ma se gli altri non la fanno allora costringili anche a un costo personale (punizione altruistica) » ?
L’assurdità del sionismo è di pretendere non una nazione , ma uno Stato in Palestina senza che un solo motivo razionale lo giustifichi e non da ora. Inoltre la nazione ebraica è sparsa nel mondo e non si può considerare uno Stato ebraico il territorio che di quel popolo si vede abitato da una percentuale ridicola rispetto alla totalità degli ebrei. Il sionismo è un makedetto idealismo, maledetto come tutti gli idealismi che tanti lutti addussero agli uomini.
Purtroppo dalla tragedia dell’olocausto gli ebrei non hanno imparato niente, vista la violenza che hanno usato in seguito per prendersi un territorio che non era il loro. Rispetto gli ebrei, comprendo la sete di vendetta e il desiderio di stare insieme, ma il sionismo ha radici quante può averne il movimento per la padania indipendente.
Il sionismo prende le sue radici nella violenza alla quale gli ebrei furono sottoposti per secoli e secoli, in tutti paesi dove erano presenti…
Gerard
È quasi normale che il dolore di un popolo per quanto ha dovuto subire nei secoli si trasformi in qualcosa come Israele. Essere membri di uno stato riconosciuto, contare su uno degli eserciti più preparati, dialogare con gli altri stati alla pari… Israele ha permesso agli ebrei di non essere più trattati alla stregua di zingari e outsider, ma il prezzo da pagare è stato e sarà alto; le conseguenze delle colpe dei cristiani e dei nazisti sono ricadute anche su gente che non c’entrava niente con la persecuzione degli ebrei.
Sono convinto che se non ci fossero ne l’ ebraismo ne l’ islam di mezzo, il conflitto sarebbe risolto da tanto tempo con giustizia sia per il popolo ebreo che quello arabo
Non ne sono così convinto, il conflitto è solo parzialmente religioso.
Francesco A.
Nel movimento sionista c’ erano molti aderenti che volevano rifare lo stato ebraico in Argentina . Altri avevano pensato a una zona nell’ Africa, da qualche parte verso l’ attuale Kenya . Poi Staline aveva voluto creare una repubblica sovietica ebrea ( Birobistan se non mi sbaglio…) . Alla fine hanno vinto i religiosi per i quali Israel non poteva essere altrove che là, in Palestina …
Poi, voglio farti notare che per un musulmano, la presenza di uno stato non islamico nel cuore del mondo considerato Dar Al Islam è una vera spina nei piedi, pressochè inaccettabile per loro (Anche se sul piano economico è molto vantaggioso per i paesi vicini – C’è un commercio molto attivo fra Egitto e Israele ( dal quale non si parla mai…ovviamente ! )