Su ogni ristrutturazione, costruzione, variazione edilizia paghiamo al nostro comune gli oneri di urbanizzazione. È una imposta destinata al patrimonio pubblico, per opere quali asili nido, scuole, impianti sportivi, aree verdi, strutture culturali e sanitarie. Con un’unica eccezione: può essere destinata anche a “chiese e altri edifici religiosi”. È la tassa di religione comunale, in gergo tecnico sono gli oneri di urbanizzazione secondaria per edilizia di culto, che costa circa 100 milioni di euro l’anno ai contribuenti italiani.
I comuni potrebbero evitare di versarla nelle casse delle Curie, dei Testimoni di Geova e di altre confessioni religiose. Dovrebbero semplicemente deliberare il suo azzeramento, come fece il comune di Civitella in Val di Chiana (AR), che uscì anche vittorioso dal ricorso al TAR intentato dalla Diocesi. Ma non lo fanno, continuando con clericale disinvoltura a versare fondi per edificare chiese.
Una svolta laica potrebbe arrivare da un provvidenziale emendamento al decreto fiscale presentato dagli onorevoli Mara Mucci e Ivan Catalano (Gruppo Misto). Semplice, addirittura banale per una democrazia liberale, ma incredibilmente necessario per un paese come l’Italia che devolve 6 miliardi l’anno alla Chiesa: chiede di sopprimere le parole «chiese ed altri edifici religiosi» dalle destinazioni previste per gli oneri di urbanizzazione secondaria del Testo Unico dell’Edilizia.
L’Uaar è da anni impegnata nella Campagna Oneri, con lettere ai sindaci, inchieste, petizioni ed anche con un esposto alla Corte dei Conti. Ma non vede l’ora di fermarsi. Basta un’ultimo sforzo: l’approvazione di un emendamento che interrompa il finanziamento comunale all’edilizia di culto, per convogliare le già poche risorse verso asili nido, scuole, aree verdi, impianti sportivi, strutture culturali e sanitarie di proprietà pubblica.
Roberto Grendene
aripeto:
“…approfondendo l’argomento, oggi mi sono dovuto convincere che la soluzione di tutti i problemi -anche di quelli che riteniamo più spiccatamente economici e tecnici- della convivenza civile, è funzione del modo in cui si riesce a risolvere il problema della libertà di coscienza, cioè del modo in cui vengono regolati i rapporti fra lo Stato e la Chiesa” (E. Rossi “Il manganello e l’aspersorio”).
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