Religione e cerimonie pubbliche, un malcostume istituzionale

Quando un’autorità civile organizza una cerimonia deve incastrare nel giusto ordine di precedenza le cariche pubbliche che vi parteciperanno. Anche se non molto pubblica come carica, il vescovo è inserito nella prima categoria per quanto riguarda le cerimonie territoriali, ma la sua posizione può anche essere elevata in ragione di “consolidate tradizioni locali”. Se nella diocesi c’è un cardinale, però, egli “prende il primo posto nella prima categoria”, sia nelle cerimonie territoriali che in quelle nazionali. È tutto previsto dal Dpcm del 16 aprile 2008, contenente le disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra cariche pubbliche.

Siamo di fronte a un ennesimo lascito clericale del regime fascista, che col Trattato lateranense del 1929 attribuiva ai cardinali “gli onori dovuti ai principi del sangue” (art. 21): detto in parole povere, venivano subito dopo il re. A ottant’anni di distanza, decaduta la monarchia, superato il Ventennio, in regime democratico e (presunto) laico, il succitato Dpcm lascia all’autorità religiosa l’invariato privilegio della prima posizione nelle cerimonie. Per quanto riguarda quelle nazionali dice in pratica che il cardinale viene prima dei presidenti delle due Camere, del presidente del Consiglio dei ministri, del presidente della Corte costituzionale. Ha almeno la decenza di specificare che la conquista della prima posizione non comporta assumere la presidenza della cerimonia, che rimane al presidente della Repubblica. Decenza infranta in maniera clamorosa almeno una volta, quando nel 2010, alla cerimonia nazionale del XX Settembre, parlò solo il cardinale Bertone, mentre il presidente della Repubblica Napolitano fece da spettatore.

bertonenapolitano

Queste premesse spiegano perché, nel nostro paese, ogni cerimonia pubblica, dall’inaugurazione di una scuola all’apertura al traffico di un cavalcavia, vede in prima fila l’autorità ecclesiastica. Un privilegio d’altri (brutti) tempi, come detto. Ma accade di più, e stavolta senza che sia scritto da nessuna parte. Accade che il sindaco, il governatore regionale o altra autorità pubblica che presiede la cerimonia ceda palcoscenico e microfono al ministro di culto, il quale potrà richiamare alla preghiera o fare una predica, e regolarmente impartirà una benedizione alla proprietà pubblica, quasi che non possa essere utilizzata senza benestare e ammonimenti religiosi.

Raramente è il vescovo a trovare inopportuna una benedizione inaugurale. È capitato di recente per una sede di partito, con l’esito tragicomico che un ex-ministro dell’istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd), si è infuriato e ha effettuato lui stesso la benedizione. Non era una cerimonia pubblica, d’accordo, ma è pur sempre ai partiti che la Costituzione assegna il ruolo di concorrere a determinare la politica nazionale.

Altrettanto raramente sono le autorità civili a considerare inopportune prediche e benedizioni durante cerimonie pubbliche. L’ha fatto sabato scorso l’assessore al sociale e alla cultura Mattia Zucchini (Sinistra italiana – Liberi e uguali), abbandonando la cerimonia di presentazione del nuovo mezzo per i servizi sociali del comune di San Giorgio di Piano (BO). Come da diffuso malcostume istituzionale, infatti, la cerimonia pubblica è stata interrotta e il parroco ha impartito la benedizione, quasi che senza di essa il mezzo non potesse essere messo a disposizione della comunità. “Nonostante questo sia uno Stato Laico si è ritenuto di confondere ancora una volta la sfera pubblica con quella privata”, ha dichiarato, precisando che la benedizione “è stata disposta a mia insaputa e contro la mia volontà dal Sindaco”. All’assessore Zucchini, che è anche socio Uaar, va la stima per il senso dello Stato e la difesa della laicità delle istituzioni che ha dimostrato. Piccoli ma coraggiosi gesti laici come questo possono cambiare in meglio una società ancora condizionata dal clericalismo.

Roberto Grendene

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5 commenti

Frank

Dialogo della foto.

Bertone. L’avete aperta la breccia? E mò ce piamo tutto.
Napolitano: Ecco da dove deriva il nome…

Diocleziano

Ieri Il Giornale ha pubblicato in prima pagina e come titolo di testa la straordinaria notizia che il cul-to di meggiugorie è stato approvato!… con una stampa simile ci possiamo meravigliare che nel pubblico ci siano invadenze?

RobertoV

ll Dpcm del 16 aprile 2008 è palesemente in conflitto con la laicità, con la tolleranza e libertà di religione perchè assegna ad una religione una esclusiva funzione pubblica, classica di uno stato confessionale, con una religione di stato.
Visto che ufficialmente dal 1984 la religione cattolica non è più religione di stato non si capisce perchè la religione cattolica debba ancora svolgere funzioni pubbliche dello stato. E’ curioso come invochino la libertà di religione e tolleranza religiosa ogni volta che serve a difendere i privilegi e le ingerenze della chiesa cattolica, ma non quando si tratta delle funzioni pubbliche della chiesa cattolica. Cardinali e vescovi non sono più ufficialmente funzionari dello stato italiano e, quindi, non possono essere paragonati a rappresentanti dello stato italiano e non possono svolgere funzioni in nome dello stato italiano. La messa e la benedizione sono una violenza fatta verso gli altri, perchè di fatto sottomettono tutti, anche chi è di un’altra religione o di nessuna alla chiesa cattolica. Ed uno stato che per legittimare le sue azioni ha bisogno dell’intervento di rappresentanti del clero cattolico continua a comportarsi come uno stato con religione di stato e ad identificarsi con la religione cattolica, come fatto in passato da re e principi. Certo uno stato che festeggia i fascisti Patti Lateranensi non da speranza.
Nella migliore delle ipotesi si dimostra uno stato superstizioso che ha bisogno dell’intervento dei maghi per evitare di incorrere nelle ire del dio o ingraziarsi la divinità: visti i risultati forse sarebbe meglio cambiare i maghi …..
La cosa assurda è che chi si comporta correttamente facendo notare la scorrettezza di tali comportamenti viene visto come il fanatico ed intollerante, il diverso che non si attiene alla tradizione.

MicheleDL

Colgo l’occasione per chiedere all’UAAR se é possibile convincere l’Anpi a non inserire la messa al termine o durante il corteo del 25 aprile. Vorrei ricordare che la gran parte dei partigiani antifascisti erano socialisti, comunisti e anarchici, quindi prevalentemente atei e anticlericali. Inoltre va ricordato che furono gli ebrei e non i cattolici ad essere perseguitati dal fascismo, se proprio la vogliamo buttare in religione. Mentre per le gerarchie cattoliche Mussolini era l’uomo della divina provvidenza. Per tutti questi motivi e per altri ancora che soci e simpatizzanti sapranno trovare, non possiamo chiedere alla presidenza dell’Anpi che in tutti i paesi, proprio per onorare la memoria dei partigiani non cattolici, sia vietata la messa nelle cerimonie ufficiali?

Moderazione

L’anpi è un’associazione privata, l’Uaar normalmente si rivolge alle istituzioni e comunque i suggerimenti all’Uaar non vanno inviati qui ma via mail 🙂

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