L’Ordine degli Avvocati di Ancona, istituzione pubblica soggetta come ogni altro ordine professionale a vigilanza da parte del Ministero della Giustizia, quest’anno ha organizzato uno scambio di auguri di buon Natale attraverso la celebrazione di una messa. Una funzione religiosa pubblicizzata perfino attraverso il loro portale istituzionale.
Come spesso accade per un irrefrenabile desiderio di lustro e visibilità in ambienti importanti, a officiare il rito di culto non sarà il semplice parroco reggente della “chiesa accanto” ma nientemeno che l’arcivescovo di Ancona e Osimo mons. Angelo Spina, già noto alle cronache per la sua avversità al riconoscimento dei diritti civili delle coppie gay sulla scia della fantomatica e quanto mai inconsistente “ideologia gender”.
In aggiunta a tutto ciò, come se non bastasse, la messa natalizia in questione verrà celebrata in una delle aule giudiziarie del Palazzo di Giustizia di Ancona. Proprio così. Un rito religioso che verrà officiato alle ore 9 di una giornata lavorativa, in una delle aule del Tribunale di Ancona dove normalmente si tengono le udienze. Come se il sistema giudiziario italiano, vista la sua proverbiale “rapidità”, potesse permettersi di utilizzare le proprie aule per celebrare riti decisamente estranei a quelli processuali. Come se il personale delle cancellerie, gli avvocati o i magistrati del tribunale avessero la pressante necessità di una messa per scambiarsi eventuali auguri di buon Natale, o come se a distanza di 50 metri dall’ingresso di questo Palazzo di Giustizia non ci fosse già una chiesa, la parrocchia dei SS Cosma e Damiano, abbondantemente in grado di ospitare tutti.
Viene spontaneo chiedersi come possa essere stata concepita la richiesta di una messa in un’aula giudiziaria, ma soprattutto con quale criterio possa essere stata autorizzata una funzione religiosa in un Tribunale della Repubblica, a questo punto laica solo in teoria, in pieno orario di lavoro. Perché un particolare non di poco conto da rilevare è che l’invito a partecipare è stato promosso all’interno dello stesso Palazzo di Giustizia ed esteso a tutti, non certo ai soli membri dell’Ordine degli Avvocati. Dunque viene altrettanto spontaneo chiedersi come verrà regolato l’orario di lavoro per i tanti dipendenti del tribunale che raccoglieranno questo invito.
Godranno di eventuali ore di permesso, oppure parteciperanno alla messa anziché occuparsi di quanto di loro competenza, ovvero amministrare la giustizia? E per i dipendenti che non prenderanno parte alla funzione religiosa, magari perché disinteressati, non credenti o credenti in un’altra confessione religiosa? Quale uguaglianza e parità di trattamento del lavoratore riserverebbe loro l’amministrazione? La situazione sembra piuttosto articolata e complessa, oltre che ovviamente al limite del grottesco, non solo per la scelta di un luogo inidoneo ma anche per un momento indiscutibilmente inopportuno.
Mentre tentiamo di riprenderci dallo sgomento per queste scelte del tutto prive di buonsenso in seno alle istituzioni, e mentre come ogni anno puntuali impazzano istanze identitariste e clericali per l’imposizione di presepi in luoghi pubblici, riteniamo anche noi sia giunto il momento di fare gli auguri a tutti i cittadini. Pare infatti che ce ne sia tanto bisogno. Specialmente per via del bassissimo livello di laicità che si è capaci di raggiungere in questo Paese.
Enrico Manni
Palazzo di giustizia.
Prete: La messa è finita andate in pace.
Fedele: Ma che fa lei resta?
Prete: Ho un processo per pedofilia.
Fedele: Ecco perché non ha celebrato la messa nella chiesa vicina.
Prete: Mi veniva più comodo.
Fedele: Quei malpensanti dell’Uaar…
«… Specialmente per via del bassissimo livello di laicità che si è capaci di raggiungere in questo Paese… »
In questo caso anche per il bassissimo livello della professionalità.
.
Come nel caso delle chiese ‘profanate’, sarebbe opportuno anche in questo caso risanare l’ambiente con un ‘rito immediato e abbreviato’ di purificazione… 😆
Sicuramente ci sara un fremito (istintivo)di commozione tra tutti i presenti quando l’officiante pronuncera le parole:
“Prendete e mangiate!”