A fronte degli appelli alla tradizione vien fatto di chiedere che cosa essa sia veramente, quanto dovrebbe essere antica e fedele a se stessa, se resti tale anche quando sia stata imposta con la forza o inventata di sana pianta, se vada accolta per inerzia perché prevalente o se ammetta qualche criterio di scelta, magari il rispetto della verità e di altri valori. Simili domande sarebbero tuttavia piuttosto oziose se qualcuno non ritenesse di dover onorare le tradizioni, specialmente le meno neutre, anche nei contesti pubblici pretendendo deferenza da tutti, e se le tradizioni non fossero spesso ammantate di religione con la perentorietà e permalosità che a questa in genere si accompagnano.
Nel periodo che va dal solstizio d’inverno al capodanno e poi ancora, col tema dell’epifania, ai primi giorni del nuovo anno, ci sarebbero innumerevoli pretesti per celebrare le tradizioni più varie. La ricorrenza centrale è il Natale, che richiama l’antico dies natalis Solis invicti, ma che oggi è soprattutto un’occasione per rivedere amici e parenti, per festeggiare e scambiarsi doni. In questa forma il Natale si è ormai diffuso in giro per il mondo, in Europa come in America, in India come in Malesia, in Cina come in Giappone, e in numerosi paesi africani. Ad alcuni tuttavia un tale successo non va a genio.
Il Natale sarebbe anzitutto una festività religiosa cristiana e sarebbe doveroso passarlo tra statuine devozionali, preghiere solenni e profonde meditazioni. Così, ancora una volta, sulle vecchie si sono innestate anche nuove tradizioni, come quella nostrana di allestire ogni fine anno delle piccole crociate contro le scuole che non accettano canti natalizi, presepi e altri fronzoli religiosi. Il fatto che qualche dirigente scolastico senta il dovere di giustificarsi con la volontà di non offendere gli alunni provenienti da famiglie di tradizioni non cristiane offre l’occasione ai più esagitati per esibire a loro volta sdegno devoto e per chiedere l’imposizione dei propri simboli tradizionali, in una versione provinciale dello scontro di civiltà. Da parte degli istituti sarebbe più motivato il semplice appello al principio di laicità della scuola pubblica. Da parte dei sedicenti tutori delle tradizioni spirituali sarebbe invece meglio risparmiare il gran parlare di identità, ideali, valori, radici e culture per occasioni più degne che non qualche casa delle bambole in versione cattolica.
Un paio d’anni fa, interpellato su una di queste vicende, Cacciari dichiarò “ridicolo, indecente, indegno” tutto il caso: un “teatrino inutile di chiacchiere inutili fatte da personaggi inutili… i politici. È che la gente ha proprio tempo da perdere… Ecco cosa è diventata l’Italia: un coacervo di vanità e vacuità… Coi problemi che ci sono in Italia, nel mondo. La nostra è una nazione che va a rotoli. C’è il terrorismo. Feroci attacchi. L’Isis. La Siria. E noi di cosa stiamo a parlare? Di canti di Natale a scuola, alle elementari. Ecco il rincoglionimento: è esattamente questo… È l’ignoranza che domina. La solidissima base di ignoranza che domina su tutto, su tutti, in tutto… La scuola è libertà. Ci si va per imparare la letteratura, la matematica. Non per fare le festine”.
Sentito qualche mese fa a proposito delle ultime cronache prenatalizie Cacciari cambia bersaglio: “Il Natale dei panettoni, il Natale delle pubblicità, il Natale dei soldi. Il Natale oggi è una festina… Sono i cristiani i primi ad aver abolito il Natale… L’insegnante di religione non trasmette più la forza di questa storia, ma se la cava con una spruzzata di educazione civica e il prete, spesso e volentieri, declama prediche, comode comode e rassicuranti, che sono un invito all’ateismo… Io vedo nei musei le scolaresche che sostano davanti ai quadri con soggetto religioso… non sanno nulla… [Laici e cattolici] non riflettono, perché non fanno memoria di questa storia così sconvolgente… Dio che viene sulla terra attraverso Cristo. Vertiginoso”. Natale infine arriva a rendere un po’ più pacato persino Cacciari, nella più meditata intervista rilasciata a Mirenzi: “Basta sapere che la nascita di Cristo non ha niente a che vedere con quello che vediamo intorno a noi. Il Natale è diventato un festa per bambini e adulti un po’ scemi. Non c’è da levare alti lai contro il consumismo. C’è solo da riflettere, meditando con sobrietà e disincanto”. I bambini e gli adulti un po’ scemi apprezzeranno che anche l’alta riflessione filosofica è finalmente riuscita a capire il Natale.
Insomma il Cacciari ragionevole e pragmatico dell’altr’anno stavolta lascia spazio al tragico Cacciari trombone, anche perché questo ha appena pubblicato una strenna pensosa della Madonna e deve pur farsi un po’ di pubblicità prendendosela con la concorrenza. Torna sì la polemica contro le “festine”, ma stavolta anche se organizzate senza dar fastidio a nessuno e anche, anzi soprattutto, se prive di tratti religiosi. Torna pure la scuola, non più per la letteratura e la matematica, quanto per le arti figurative, giacché a queste guarda il suo volumetto natalizio. Cacciari lamenta che sarebbe vano aspettarsi un chiarimento sui soggetti religiosi da parte degli insegnanti di religione, impegnati piuttosto nella propaganda buonista.
Sembra quasi dimenticare che la singolare materia cui allude è facoltativa e confessionale, ed è impartita da docenti formati, selezionati e autorizzati dalla curia (ma pagati dallo Stato) proprio per svolgere simili forme di velato proselitismo e non certo per apportare reali contenuti culturali. Se costoro parlassero davvero con chiarezza delle credenze tipicamente cristiane, susciterebbero il dubbio e rischierebbero di esporre tanti giovani sedicenti cattolici alla consapevolezza di non esserlo mai stati veramente. In realtà i soggetti delle opere d’arte, anche quelli religiosi, restano specifico argomento storico artistico, per cui se nonostante tutto gli studenti sanno qualcosa sulla trasfigurazione o sull’assunzione, sull’immacolata concezione o sull’incarnazione, lo devono perlopiù ai buoni docenti di storia dell’arte.
Per ragioni analoghe anche nel caso delle prediche dei sacerdoti è difficile valutare quali potrebbero essere le strategie più efficaci per combattere il progressivo calo del numero dei cattolici e la diffusione dell’ateismo. Intanto però perché mai Cacciari si preoccupa tanto di offrire siffatti improbabili suggerimenti, visto che “il filosofo non può accettare la lezione cristiana… Il filosofo non può credere”? I cattolici per lui sono forse un po’ una vecchia tribù in via di estinzione che è meglio, per il bene di tutti, tenere nella sua riserva di credenze incontaminate dalla riflessione critica? E i meno cattolici perché non dovrebbero intanto accontentarsi delle loro piccole feste a base di panettone, lasciando libero Cacciari di rimemorare vertiginosamente quel che preferisce? In fondo la nostra nazione continua pur sempre ad andare a rotoli e, con tutti gli altri problemi che ci sono in Italia e nel mondo, noi di cosa stiamo a parlare?
Confidiamo che Cacciari ci darà la risposta a fine anno, in occasione della ormai tradizionale intervista natalizia.
Andrea Atzeni
Mel Brooks aveva ragione:
https://www.youtube.com/watch?v=-u3scFXpzW4#t=1m1s
Un dubbio che si potrebbe esporre nella prossima intervista a Massimo Cacciari è il seguente: l’ Homo sapiens è passato in Israele circa 180.000 anni fa (1). Quali furono le innominabili malefatte di quel popolo che fecero decidere Dio (“che viene sulla terra attraverso Cristo. Vertiginoso” come dice Cacciari) a mandare suo figlio 178.000 anni dopo a predicare e morire proprio in quei luoghi? C’era il peggio della peggiore umanità, proprio lì e in quegli anni? Poi più niente? Per esempio, ai tempi di Hitler non ha più mandato nessuno. Perché?
(1) ) Science, vol.359, 456 del 26/1/2018)
Per i tempi di Hitler, dio si è adeguato a ciò che dissero & fecero i suoi rappresentanti in terra, temo (su tutti Pio XII).
Ma ai tempi di Pilato, erano proprio così marci? Il peggio del peggio da quando esiste l’uomo?
Ma magari usassero gli idranti per l’educazione civica, che se ne sente la mancanza. Altro che spruzzi.
Quanto a Cacciari, mi sembra indeciso come Scalfari.
Fino a solo 34 anni fa la religione cattolica era religione di stato, cioè religione che per secoli è stata imposta ai sudditi, sia con la forza che con la propaganda. E’, quindi, sempre scorretto parlare di tradizioni da preservare quando queste tradizioni si sono sviluppate in un’epoca antidemocratica e di imposizione, dove le persone non avevano scelta e dove venivano anche controllate se svolgevano correttamente i loro compiti religiosi. E’ sconcertante che qualcuno che si ritiene democratico ritenga doveroso preservare e che non si debba mettere in discussione queste tradizioni.
Se poi si va a vedere come queste tradizioni sono nate si scopre che in realtà non vanno poi così tanto indietro nel tempo e che hanno continuato ad evolversi, dimostrando quindi che le tradizioni non sono qualcosa di statico e solo un antidemocratico può pensare di congelarle. Inoltre non sono neanche unitarie in Italia visto che il classico scambio di doni avviene con date differenti da una regione o provincia cattolica all’altra (Santa Lucia, San Nicola, vigilia, il 25, epifania)
Per esempio il presepe e l’albero di natale sono tradizioni che non hanno fatto parte del cristianesimo per secoli, anzi oltre un millennio e la loro diffusione data all’ottocento ed al novecento. L’albero di natale è più una tradizione nordica e pagana che solo dal 1983 c’è in Vaticano, sdoganata da un papa nordico. I presepi nel ‘700 si trovavano nelle chiese, non in luoghi pubblici. Anche i canti di natale più famosi datano all’ottocento o addirittura al novecento. Jingle Bells per esempio era stato scritto per il ringraziamento nel 1857 e solo più tardi è diventato un canto di Natale. Non si capisce quindi perchè in uno stato democratico e libero, dove ci dovrebbe essere tolleranza religiosa e libertà di religione e dalla religione ci si debba uniformare a livello pubblico solo ed esclusivamente ad una versione cattolica immutabile decisa da alcuni.
Cacciari si inserisce nel classico filone italiano dei cortigiani, devoti al potere.
Il povero Cacciari è ormai ridotto a un misto tra il confuso Scalfari e l’iroso Sgarbi.