Il difficile viaggio dal disprezzo di Dio all’ateismo

«C’è Auschwitz, quindi non c’è Dio», diceva Primo Levi nell’intervista rilasciata a Ferdinando Camon che sarebbe poi stata pubblicata da Guanda. Questa frase così semplice, ma al tempo stesso così densa di significato, così dirompente, era la parte finale della risposta di Levi alla domanda con cui Camon gli aveva chiesto «Cioè Auschwitz è la prova della non esistenza di Dio?», e che è stata poi riformulata e adottata quale sottotitolo del libro. Ho detto era perché poi nella versione definitiva lo stesso Levi si premurò di completare il ragionamento aggiungendo altre due frasi: «Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo».

Levi aveva ricevuto una educazione religiosa, il che è abbastanza tipico per l’epoca e per la comunità di appartenenza, ma come egli stesso afferma, di quell’educazione non è rimasta la benché minima traccia dopo l’esperienza della deportazione nel campo di sterminio di Auschwitz. Quindi è lecito dire che Levi era diventato ateo? Se ci si ferma alla frase di apertura di questo articolo, così netta, si direbbe di sì. Di fatto lui non ammette terze opzioni, non vede come si possa concepire l’esistenza di un dio buono e al tempo stesso degli orrori dell’olocausto. Cosa che ad esempio Elie Wiesel, altro ebreo sopravvissuto ad Auschwitz, riusciva invece in qualche modo ad accettare identificando paradossalmente l’orrore stesso, l’immane sofferenza, con Dio. C’è però poi quell’aggiunta voluta da Levi a posteriori, quelle ulteriori due frasi che sembrano un mea culpa, quasi a lasciare aperto uno spiraglio all’ipotesi che sì, forse un modo per rendere compatibili le due cose c’è, esiste. Ma non sono riuscito a trovarlo, dunque me ne assumo la responsabilità.

Non deve essere facile rinnegare convincimenti così profondamente radicati e mai messi in discussione prima. Non si può approdare a un punto di vista ateistico così, di punto in bianco, sulla base di una singola, seppur devastante, esperienza. Rimane sempre qualche strascico, qualche eco dal profondo. Anche se potrebbe sembrare un paradosso, per arrivarci serve intraprendere un percorso privo di condizionamenti dettati dall’onda emotiva. E naturalmente occorre un’elaborazione che richiede del tempo. Del resto lo stesso vale nel senso opposto, procedendo dalla non credenza a una fede qualsiasi a seguito di circostanze ed emozioni che possono essere determinanti sul momento, ma che invece sul lungo periodo potrebbero svanire. Come ad esempio avviene nelle conversioni in punto di morte, che guarda caso sono sempre verso la fede professata dalle persone vicine.

Un’esperienza per certi versi simile a quella di Levi è riportata dalle cronache dei giorni scorsi: Iolanda Deda era una bambina padovana, morta all’età di dieci anni a causa di un tumore alla testa manifestatosi appena undici mesi prima. Undici mesi passati tra radioterapia, sofferenze, momentanee riprese e brusche ricadute. Undici mesi d’inferno per la mamma, Nike, che dopo aver vissuto un’esperienza così terribile ha adesso dichiarato di non volere un funerale. «Io non credo più» è la ragione che adduce per la rinuncia. Una ragione che però non può essere ritenuta plausibile, non così a caldo.

Alla perdita di una persona cara si cerca sempre di farsi letteralmente una ragione, a volte cercando anche di identificare dei responsabili, o pseudo tali, che possono essere ad esempio persone coinvolte nell’eventuale incidente, possono essere dei medici, possono essere delle casualità. Può essere anche il dio in cui si crede, ma non è per questo professione di ateismo. È rabbia. Rabbia verso quel dio in cui si crede ma che non è stato capace, nonostante sia supposto onnipotente, di risparmiare una bambina innocente. Rabbia comprensibile, perché come dice la signora Nike: «Non auguro a nessuna mamma di vedere la propria bambina gridare dai dolori lancinanti». Che però dice poi anche di aver giustificato la morte agli altri due suoi figli raccontando loro che Iolanda è diventata un angelo, e aggiungendo infine: «Metà del mio cuore rimarrà sempre lassù con Iolanda».

Si tratta di un ragionamento che certo non è nuovo, tant’è che Diagora di Milo, primo a essere definito ateo nel mondo occidentale, pare si fosse convinto dell’inesistenza degli dei, o quantomeno della loro inadeguatezza a essere venerati, proprio per via della prevalenza del male. Esiste perfino una branca della teologia, la teodicea, che tenta di risolvere questo problema: giustificare la contemporanea esistenza di una divinità intrinsecamente buona e giusta e della presenza del male. Tuttavia le sue conclusioni finiscono non sorprendentemente per convincere solo chi è già convinto.

Qualcuno ha risolto il dilemma in modo molto semplice convincendosi che Dio non è affatto buono; è il misoteismo, una dottrina che vede Dio come una sorta di drogato dipendente dall’adorazione degli umani al punto da poter morire qualora ne venisse privato. Naturalmente la base sulla quale si fonda questa dottrina è proprio il rifiuto di qualunque forma di venerazione. Questo è già qualcosa di più vicino allo stato d’animo della signora Nike: non si nega l’esistenza di Dio, non c’è ateismo né conscio né inconscio, ma c’è una presa d’atto che la divinità, nella cui esistenza comunque si continua a credere, non può essere quella descritta da sacerdoti e teologi. Non può essere bene assoluto. Parafrasando Dostoevskij, la domanda alla quale si cerca di rispondere potrebbe essere: “se Dio esiste, perché il male è permesso”?

Massimo Maiurana

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45 commenti

bruno gualerzi

Il bell’articolo di Maiurana richiama inevitabilmente il problema della teodicea, cioè della giustizia divina. Detto alla buona, se il dio cristiano… un dio che ha sacrificato il figlio per redimere e salvare l’uomo… esiste, come conciliare il suo amore per l’uomo col male? Per colpa del peccato originale? Ecco, un argomento del genere ha intrigato fior di teologi, impegnati a salvare il dogma e nello stesso tempo a salvare una dimensione umana dove non sembra esserci alcuna giustificazione per delle sofferenze che riguardano tanti innocenti. A questo punto, a dispetto di tutti i contorcimenti teologici, c’è una sola risposta alla questione, dettata semplicemente dal buon senso: al netto di tutti i problemi esistenziali che giustamente Maiorana richiama, se si vuol giungere ad una conclusione, non esistono terze vie: un dio così disumano non esiste con i caratteri che la dottrina gli attribuisce… e se proprio lo si vuol ritenere esistente, non c’è che una scorciatoia: la fede. Una fede totale, assoluta, di fronte alla quale qualsiasi ragionamento non regge in modo altrettanto assoluto. Chi volesse ‘giustificare’ un dio così sordo, se è in buona fede (in senso letterale), deve lasciar perdere ogni afflato umano.

dissection

La terza via sarebbe che, ovviamente, essendo dio onnisciente, “sa” dell’esistenza del male e della sofferenza dell’umanità a cui -ci dicono… – vuole tanto bene, ma semplicemente SE NE FREGA. Sempre ammesso e non concesso che esista, naturalmente, in ogni caso non ne esce bene…

iguanarosa

Il dio cattivo e che vive per l’adorazione è più paradossale del dio buono. E’ un essere inutile per i suoi credenti. Tanto vale concludere che l’ateismo è l’unica possibilità plausibile e non nevrotica.

bruno gualerzi

Il tuo commento mi rimanda ad un pensiero di alcuni anni fa. Questo:
“Insigni teologi, considerati particolarmente profondi, parlano di un ‘Dio nascosto’, per dire che c’è, esiste, ma non come ci si potrebbe aspettare… cioè in sostanza, tirate le somme, non c’è proprio quando se ne avrebbe bisogno. Pur di farlo esistere in qualche modo ne esce l’immagine di un dio acquattato tra le pieghe della nostra psiche a spiare sadicamente gli affanni delle sue creature…. e mentre cerca oltre tutto di convincerle che è colpa loro.”

Franco Ajmar

Forse il mio è un punto di vista esageratamente semplificato, ma certe elucubrazioni mi ricordano definizioni volgari che preferisco evitare. Le precisazioni di Primo Levi, il pensiero di Elie Wiesel (che identifica l’orrore con Dio), la constatazione che arrivare a credere o non credere richiede del tempo, fino alla disperazione della mamma , per la quale Dio o è buono o non esiste, tutte queste considerazioni confermano che la figura di Dio è solo una costruzione della mente umana: cioè è il prodotto di un organo, analogo a fegato, milza, rene. La mente umana (è fatta così!) postula un essere perfetto (secondo i propri parametri umani di perfezione) , che deve avere le caratteristiche tipiche dell’individuo perfetto. Quelle fisiche variano a seconda delle religioni (per es. maschio, con un figlio maschio) ma quelle morali sono universali: bello, buono, giusto, mai cattivo. Questo Essere perfetto cambia col tempo: Giove, Marte, Venere! E’ spesso una creazione idealizzata ideata dal servo: il Padrone è buono, se lo preghiamo non ci bastona. Se ci bastona è colpa nostra.
Poi c’è la mia idea fissa: il cervello umano, che postula questo Essere, è solo (!?) l’evoluzione di un organo analogo presente nei nostri antenati ominini, o scimmieschi o prima ancora. Che anch’essi postulassero Dio, che li aveva creati o meno, non lo sapremo mai. Infine: se per qualcuno credere dà sollievo come ad altri un bicchiere di vino, ben venga! Ma non farei delle crociate per convincere gli infedeli a bere del vino!

bruno gualerzi

Io ritengo, appunto, che ogni ateo, quale che siano i modi e i tempi del suo ateismo, non possa prescindere da una convinzione di fondo e trarne le dovute conseguenze, e cioè che “non è Dio che ha creato l’uomo, ma l’uomo che ha creato Dio”… va da sè – per usare il linguaggio biblico – ‘a propria immagine e somiglianza’. Le quali – come richiami – variano nel tempo a seconda delle circostanze storiche e culturali.

pendesini alessandro

Poi c’è la mia idea fissa: il cervello umano, che postula questo Essere, è solo (!?) l’evoluzione di un organo analogo presente nei nostri antenati ominini, o scimmieschi o prima ancora. Che anch’essi postulassero Dio, che li aveva creati o meno, non lo sapremo mai…..
Franco
Da seri studi accademici è stato accertato che l’idea, o concetto di dio NON è innato bensi acquisito!
Infatti è stato razionalmente dimostrato che non esistono strutture, reti o nuclei cerebrali che codificano (geneticamente inteso) il concetto di dio.

Frank

Sarà, ma io sono convinto che l’esistenza di un posto dove venivano sterminati gli ebrei per qualcuno potrebbe essere invece la prova della esistenza di Dio. 🙂

Frank

Ad esempio: per un ebreo Auschwitz sarebbe la prova che Dio non esiste per un cattolico si.

bruno gualerzi

La fede, di fronte alla sofferenza senza possibilità di riscatto, o la si perde o può costituire l’estrema ‘giustificazione’.

Gérard

Bruno Gualerzi
Di fronte alla sofferenza la si puo perdere e come . Ne sono testimone quando morì una mia zia, sorella della mia madre . Ebbe una vita difficile : tanto lavoro ( nacque prima della prima guerra mondiale in una zona dove gli abitanti hanno sempre dovuto fuggire davanti agli invasori – Lorena per intendersi ) esodo, asthma severissima e poi verso gli 55 anni fu colpita di una grave forma di cancro . Era molto credente e aveva sempre con se una medaglia della madonna . Ebbene le sofferenze erano tanto atroce che poco prima di morire, strappo con le sue ultime forze la medaglia e la buttto via dicendo ” Dopo la morte c’ è nulla, nulla, nulla !!! ” Furono le sue ultime parole …

RobertoV

L’idea che un dio debba essere necessariamente buono è un chiaro desiderio umano. Ma per quale ragione un essere superiore dovrebbe esserlo? Inoltre ciò che viene considerato buono dai suoi seguaci più osservanti, può non esserlo per altri. Per esempio anche nello stesso cristianesimo diverse cose che il dio cristiano richiede ed ha richiesto non possono essere considerate buone in generale, tanto è vero che si devono arrampicare sugli specchi per aggiornarlo.
Riguardo ad Auschwitz per un ebreo potrebbe essere un disconoscimento da parte di un dio rancoroso (tipico della bibbia) del suo popolo eletto, mentre per un cattolico da un lato la punizione dei deicidi, oppure dall’altro l’applicazione della “sofferenza che nobilita”, cioè li ha fatti soffrire perché li ama più degli altri e ne vuole la salvezza.
Visto che la teologia è la scienza delle scuse ci si può inventare qualsiasi scusa per cercare di salvare la fede.
Personalmente ho sempre pensato che la miglior dimostrazione della non esistenza di dio è guardare ai suoi rappresentanti e sostenitori. Chi sono e quanto è utile per loro l’invenzione di dio.

bruno gualerzi

Del resto il buon dio, per mettere alla prova le sue creature, ha creato perfino un istigatore al male; tra l’altro, per eternamente perdente che sia, pure suo personale antagonista: satana!

dissection

@Roberto V
Se posso permettermi di aggiungere qualcosa al tuo ragionamento, vorrei aggiungere che, nel caso dell’eventuale esistenza di un eventuale dio “buono” (a me vengono in mente altri aggettivi, ma vabbeh…), non solo ciò che è buono per i suoi seguaci può non esserlo per altri, non solo ha chiesto cose che genericamente non possono essere considerate buone, ma oltre a ciò, potremmo anche non essere in grado di capire, o comunque concordare, su ciò che l’entità stessa intende per “buono”, che sarebbe una causa ancora più profonda di equivoci & incomprensioni, con le conseguenze molto spesso letali che abbiamo visto nel corso dei secoli.

Frank

La miglior dimostrazione della non esistenza di dio è la mancanza di prove della sua esistenza. 🙂

RobertoV

Frank
Certo per quello che io e te consideriamo delle vere prove, cioè scientifiche e razionali.
Ma un fedele ti risponderebbe che di “prove” della sua esistenza ne esistono tantissime. D’altronde c’è gente convinta che 2 miliardi di fedeli o la sopravvivenza della chiesa cattolica per 2000 anni nonostante tutto siano la dimostrazione della sua esistenza.
Mi ricordo anni fa di un frate che mi disse dopo aver scoperto che ero ateo: “Ma come si fa a non credere in dio, è dappertutto” ….
Peggio della Stasi ……

Frank

Vero, ma ho notato che anche tra gli atei c’è qualcuno che non capisce questo concetto in fondo così semplice.

Diocleziano

*… Anche se potrebbe sembrare un paradosso, per arrivarci (alla non-credenza) serve intraprendere un percorso privo di condizionamenti dettati dall’onda emotiva…*

Più che dall’onda emotiva, è necessario liberarsi dal condizionamento subìto fin dall’infanzia. È fondamentale. Tutto il resto sono questioni di lana caprina: se l’origine di tutto è dio è evidente che anche tutti i “difetti di fabbricazione” siano riconducibili a lui. Possiamo pensare che dio, come un astuto produttore di gadget digitali, abbia introdotto l’obsolescenza programmata? Un dio esistente non l’avrebbe mai fatto, un dio inesistente, sì. Perché risponde perfettamente agli interessi di chi lo manovra: un dio che crea dipendenza, che occorre pregare e temere per restare nelle sue grazie. Eccolo lì il dio in mutande dei cattolici… un fanfarone nascosto dietro a una tenda.

Alle origini, bisogna risalire alle origini, cioè al condizionamento iniziale.

Antonio Marcaccio

Siamo (quasi) tutti atei. Nessuno riconosce quel dio che cammina insieme a noi da Gerusalemme a Emmaus. Forse aveva difficoltà a credere anche Maria che lo aveva concepito.

Gérard

… nonostante che avesse avuto la visita personale dell’ arcangelo Gabriele che non era mica un vicino di casa oppure un rabbino…

pendesini alessandro

Gli studi del team di Jacqueline Borg Karolinska di Stoccolma University hanno dimostrato che la religiosità, cioé la tendenza a vedere il mondo come abitato dal divino, dipenderebbe dai livelli di serotonina, un neurotrasmettitore già noto per essere in grado di generare stati simili a quelli prodotti da alcune droghe psicotrope: cambiamenti nella percezione sensoriale, allucinazioni, sensazione di fusione con il mondo, decorporazione (uscita, puramente illusoria, del nostro corpo) ecc… Ossia le sensazioni che i mistici risentono durante i loro stati estatici. Tuttavia, la serotonina non è una “molecola della fede”. Se la fede in dio può essere promossa con l’azione di una molecola, come la serotonina, non può in alcun modo essere ridotta alla sua azione esclusiva. Inoltre, uno studio tedesco del 2002 suggerisce che altri neurotrasmettitori, inclusi gli oppioidi (noti per svolgere un ruolo importante nella sensazione di dolore) possano essere coinvolti nella cognizione religiosa.
Per concludere, lo “spirituale” ha più che probabilmente un’origine puramente chimica, quindi materialistica ; la mente o « spirito » dipende indiscutibilmente dalla materia cerebrale altamente organizzata (neurosinaptica) senza della quale la coscienza non puo’ esistere.
Il dualismo cerebrale, caro a Cartesio, è definitivamente morto !

Pasquale

Gentili,
Mi pare da tanto tempo che la questione si ponga solo nella misura in cui i bipedi hanno posto sé medesimi al centro del mondo e degli interessi dell’inventore del mondo, a sua volta inventato. Per i gattti e i colibrì non risulta che si ponga la questione. In sintesi i bipedi si sono inventati, prima ancora che gli dèi, un rapporto con costoro che li vede, i bipedi, privilegiati interlocutori. Leva di mezzo questa fantasia, che tu creda o non creda è una fantasia, ed ecco che bontà o non bontà, la fede o il suo contrario nell’esistenza stessa degli dèi decade da sé. In altre parole il quesito paradossalmente si pone solo per chi ha una fede. Per gli altri vale abbastanza la soluzione del Budda Sakyanumi che non negava né affermava sapendo che non v’era risposta. Per tutto questo ragionamento un ateo dovrebbe stare attento a non mettersi da qualche parte del ragionamento stesso. Cordialmente

dissection

Se mi sbaglio perdonami, e fammi capire perché, ma: questo commento, nei principi e nelle conclusioni, ha tutta l’aria di andare nella direzione che “anche l’ateismo è una religione”. Ebbene, noi non ci caschiamo: non si fa parte dell’ateismo o professione di ateismo, qualunque cosa ciò significhi: semplicemente, si è atei, e ogni altro tentativo di incasellamento o riduzione ad un parteggiamento piuttosto di un altro non può essere visto che come strumentale. Cordialmente.

Gérard

Dissection

Aggiungerei questo al tuo commento : l’ ateismo non è una religionr o una ideologia in se stessa . La lettera A di ateismo è una A privativa . L’ ateismo corrisponde soltanto all’ assenza di credenza in Dio e come tale non determina in nessun modo un programma morale o politico . Il marxismo -leninismo, lo stalinismo oppure il maoismo sono ideologie atee ma non è di certo il fatto di essere atee che le rende pericoloso . Quello che le rende pericolose è in realta sono gli elementi che hanno d’ altronde in comune con molte ideologie religiose : propongono un escatologia, un certo manicheismo e la divisione del mondo fra ” loro ” e ” noi ” senza dimenticare la ” santificazione ” dell’ uomo salvatore ( Lenin, Mao, Stalin etc ) .

Diocleziano

Infatti, un ateo ortodosso non si pone di qua o di là di nulla: semplicemente nega un significato ad affermazioni infondate. Che poi si indulga a discutere sulle dogmatiche inconsistenze dei credenti vabbe’, consideriamole un allenamento dialettico.

dissection

@Gerard
Yeah, vai così fratello.
@Emperor
Penso che il continuo tentativo/sforzo (concetto forse reso meglio dall’inglese “endeavour”) da parte dei credenti (anche tiepidi) di incasellare gli atei dal punto di vista religioso esprima in realtà la loro incapacità, o ritrosia, nel voler capire o rassegnarsi al fatto che ci sia chi riesce benissimo, al netto delle solite nefaste ingerenze, a vivere senza ciò che costoro ritengono indispensabile o irrinunciabile o, ancora peggio, “doveroso” (quale miglior indizio della nocività dell’indottrinamento). È chiaro che, da una parte, ciò continuerà ad essere fonte di discordia tra le parti, o perlomeno di incomprensioni, dall’altra, continuerà a non portare da nessuna parte nella dialettica cui accennavi, che pure ci deve essere, e che tale difficoltà è ascrivibile di volta in volta alla parte in gioco più restía a cambiare posizione.

ateo64

Ciò che è davvero difficile credere è come sia possibile che un essere che si reputa il vertice della scala evolutiva (ovviamente sbagliando) e creatura dotata di somma intellgenza riesca a credere a una burlata pazzesca come un dio di tipo religioso. Sono passati migliaia di anni e milioni, miliardi, di persone raggruppate in gruppi e / o popoli hanno creduto e vissuto secondo i dettami di una qualche credenza in seno al loro gruppo. Religioni e dii o dei, che dir si voglia, di cui si è persa traccia e memoria e noi siamo qui a parlare di che? Di chi? Di quale dio? Dell’ultimo? O degli ultimi due più quotati: quello cristiano e quello musulmano? Chè è questo dio?
Fra diecimila anni tutti questi discorsi e dogmi saranno stati spazzati via e forse sostituiti da altri o, sia mai, da nessuno (La relione egizia è durata millenni e sembrava eterna ed immutabile…).
E’ cosi evidente che questo dio è solo un orpello o, al più, un utile bastone da passeggio che una volta morti possiamo buttare via: tanto non ci servirà più!
Davvero non capisco cosa sperano, cosa ci vedono le persone nel credere in questo o qualsiasi altro dio: la vita eterna? Ma davvero è questo che vogliono? Ma davvero la gente crede in questa cosa così infantile? A qual scopo poi se comunque devi prima morire? Ed una volta che sei morto che te ne importa se poi ritornerai in vita?
Ed in ogni caso è così evidente che questo anelito alla vita eterna postuma la morte è così ubiquo nella popolazione bipede che tutte le strade sono state battute nel tentativo di raggiungere questo sacro Graal che è davvero stupido, ancora oggi, perseverare a seguire i dettami di una qualunque religione per ottenere questo premio: perchè vuol dire scommettere su una percetuale minima di possibilità di vincere considerate le molteplici regole e varianti religiose fino ad oggi inventate. Basti pensare che se oggi potesse ritornare in vita un cattolico di qualche generazione fa non salverebbe nemmeno le poche monache di clausura che ancora oggi esistono, dalle pene dell’inferno.
Come si possa basare la propria vita su schemi così banali e così chiusi andando contro qualsiasi evidenza ragionevole e sensata per me questo è davvero il mistero, non dio.

Diocleziano

Forse la risposta è disarmante: la gente è stupida.

Non è solo una battuta, io penso che realmente la media dell’umanità sia sotto al livello di intelligenza necessario per darsi un bagaglio etico soddisfacente, ecco che allora la religione, kit a basso livello di comprensione, risolve le esigenze spirituali (qualsiasi cosa voglia dire ‘spirituale’) del popolo. Gli effetti speciali: resurrezioni, assunzioni in cielo, transustanziazioni ecc., proprio perché incomprensibili, rafforzano la fede, li fa sentire parte di qualcosa di eccezionale.

dissection

Emperor
Rafforzano la fede, che di per sé è qualcosa di insensato, perché è l’unica cosa che possono fare, insensati come sono… 🙂

Francesco S.

L’uomo è consapevole del suo essere mortale, non è stupidità ma paura. È normale aver paura, la fede è per alcuni, forse parecchi un utile consolazione. Il problema è la struttura che si crea sopra che porta a cose non solo irrazionali ma a volte dannose, si veda al fanatismo religioso.

bruno gualerzi

Non credo si possa ridurre il fenomeno religioso a ‘stupidità’. Immagino che tutti, abbiamo avuto a che fare con atei ‘stupidi’… e non solo in situazioni particolari, che ovviamente riguardano tutti noi, ma proprio in fatto di interpretazione dell’esistenza, del rapporto coi propri simili, delle scelte morali e politiche, e, diciamo pure non esenti da forme di fanatismo ecc…. e per converso, credo che tutti abbiamo avuto a che fare con credenti per niente stupidi, e sempre per questioni fondamentali, non occasionali.
Ciò non toglie, ovviamente, che, ritenendomi ateo, veda nei credenti persone che, per quanto abbiano a disposizione un patrimonio di conoscenze di alto livello, non ne abbiano tratto le conseguenze che – a mio modo di vedere – avrebbero potuto e dovuto trarre. In questo comportandosi irrazionalmente.
Altro discorso, anche’esso però fondamentale, riguarda la speculazione che determinate istituzioni storiche hanno fatto approfittando di questa che comunque – a mio modo di vedere – rimane un’esigenza derivata dalla condizione (non natura) umana… e per per la quale mi riconosco, per ridurre all’osso la questione, in un pensiero come questo: “Gli uomini si sono sempre chiesti che ne sarà di ognuno di noi dopo la nostra morte: è la consapevolezza della morte che cozza con la fisiologica esigenza di evitarla. Le religioni su questo hanno sempre vissuto e prosperato.”

bruno gualerzi

Mi è partito il post prima che lo rivedessi… ma, ripetizioni inutili a parte, e per quel che possa valere, credo sia abbastanza chiari ciò che intendevo.

Gérard

Condivido quanto scritto da Francesco S….
Non si tratta di stupidità ma molti non vedono altre soluzioni di salvezza che questa speranza nell’ aldilà ! Quando giovane di 16/17 anni sentivo ” credenti ” che parlavano del dopo la morte, non ho sentito grande convinzione nell’ esistenza reale di questo paradiso . Quando ne parlavano aggiungevano alla fine un ” speriamo !” con un grande sospirio e alzavano le spalle come fosse una resignazione a questa incertezza… un po come un naufragato si attacca con tutte le sue forze ad un pezzo di legno gallegiante per non affondare nell’ oceano .

mafalda

Non credo sia stupidità, e neanche tutta questa paura dell’aldilà. Penso sia una forma di condizionamento che sugli umani ha molta efficacia perché gioca sul senso di appartenenza a un gruppo. Per moltissimi umani la solitudine, il fatto di essere esclusi, soprattutto dal cerchio familiare, fa paura. Se domani le TV dessero la notizia che la popolazione italiana è in maggioranza atea o agnostica, la gente sarebbe disposta a cambiare idea senza particolari traumi (a parte i fanatici, ovvio), magari affermando “Ehhh, ma io lo sapevo, che non esiste!” Un po’ come i bambini che rinunciano a Babbo Natale.

bruno gualerzi

Quando parlo di consapevolezza mi riferisco ad una facoltà di cui l’evoluzione ha dotato la specie umana della quale, a quanto se ne sa, non sono dotati gli altri esseri viventi (tra parentesi: ciò non comporta alcuna superiorità dell’uomo, solo una differenza), per cui POTENZIALMENTE l’uomo ‘sa’ che il suo destino come ESSERE VIVENTE è la morte. Il che non significa che si debba vivere solo pensando alla morte, ma è un fatto, ad esempio, che, per quanto possiamo conoscere delle cosiddette civiltà primitive, una qualche rituale per esorcizzarla… senza per questo riferirsi necessariamente ad una qualche forma di trascendenza… la troviamo sempre. Per dritto o per traverso troviamo sempre, sia pure, come in tante religioni, non solo primitive, l’animismo, cioè il riferirsi a ‘presenze’ nella natura che solo particolari individui sanno riconoscere ed evocare, passando attraverso specifici rituali, cioè il riferimento a dimensioni che’ vanno oltre’ la condizione umana (quella per cui tutti nasciamo e poi moriamo). Poi la morte si può temere o non temere, ma questo non significa che di per sè non sia temibile.. e in quanto al fatto che la morte serve alla specie per confermarsi come tale ed evolvere… personalmente, da ateo che considera questa vita l’unica di cui disponiamo, non mi consola più di tanto.

pendesini alessandro

Come si possa basare la propria vita su schemi così banali e così chiusi andando contro qualsiasi evidenza ragionevole e sensata per me questo è davvero il mistero, non dio……
Ateo 64
La risposta è semplice :
quando il cervello “soffre” inventa cose fantasmatiche per tranquillizzarlo !

Più seriamente direi che la paura irrazionale, o angoscia della morte è, in grand parte, dovuta all’ignoranza…..
La morte dobbiamo/dovremmo accettarla come una necessità; guai se non esistesse ! In tal caso sarebbe necessario inventarla….e questo nell’interesse della biosfera, uomo incluso.

mafalda

“La morte dobbiamo/dovremmo accettarla come una necessità; guai se non esistesse ! In tal caso sarebbe necessario inventarla….e questo nell’interesse della biosfera, uomo incluso.”
Vero, ma io trovo la morte lo stesso angosciante, soprattutto se accompagnata da una lunga malattia. Mi consolo pensando che siamo parte di un sistema che funziona così, ma preferirei vivere per sempre o almeno molto di più rispetto alla media dei nostri giorni.
Come mai Dio non ci ha fatti immortali e senza malattie? Perché lo abbiamo fatto molto irritare, secondo la Bibbia… Il suo disegno intelligente non prevede immortalità e benessere anche se sarebbe la cosa più logica e meno faticosa, basti pensare la quantità di malattie vecchie e nuove che si è dovuto inventare per punire gli uomini e metterli alla prova.

pendesini alessandro

……Mi ricordo anni fa di un frate che mi disse dopo aver scoperto che ero ateo: “Ma come si fa a non credere in dio, è dappertutto” ….
Peggio della Stasi ……
Roberto V
Ho a diversi momenti della mia vita affrontato gente che pretendeva, a volte con insistenza paranoica, dimostrarmi tramite una elaborata retorica lessicale, l’esistenza di dio….
Alla fine della loro arringa chiedevo loro gentilmente di rispondere al seguente dilemma (attribuito a Leibniz):
1 ° -Se Dio esiste, allora gli attributi di Dio sono coerenti con l’esistenza del male.
2° -Gli attributi di Dio non sono compatibili con l’esistenza del male.
3° -Di conseguenza, Dio non esiste e non può esistere.
Gli attributi fondamentali sono l’infinita bontà, onnipotenza e onniscienza. Il Dio tradizionale dei grandi monoteismi è sensato possedere questi tre attributi, questo pero’ solleva problemi logici che i teologi non riescono a trovare una soluzione soddisfacente o razionale gia da secoli.
“Dio non è responsabile del male. Il male è affare del diavolo “. Il Dio giudaico-cristiano-islamico dovrebbe essere più forte del diavolo, è dunque lui che porta l’intera responsabilità del male.
Ti garantisco che nessuno ha finora potuto rispondere a queste pertinenti domande; inclusi i nostri detrattori più accaniti, particolarmente quelli del sito UCC…
Per cui quando qualcuno mi prende per i fondelli e finge di non capire il significato semantico di razionalità, esco discretamente “l’asse dalla manica” ed insisto per avere una risposta degna di una persona colta o pretesa tale. Conclusione : certi -non temendo il ridicolo- che hanno risposto si sono “rotti i denti” e ridicolizzati nel citare esempi puerili e/o assurdi. Gli altri, un tantino più furbi, non hanno risposto e cercato di annegare i pesci nell’acqua…..

Moderazione

Spariscono i doppioni perché li ho appena eliminati, ho sbloccato solo il primo che era stato trattenuto dal filtro automatico.

ateo64

Riflessioni sparse:
a) se uno decide in punto ed in bianco, per via di un quache episodio negativo capitatogli direttamente o indirettamente, di non credere in dio questa altro non è che una ripicca ed una dimostrazione che in fondo ci crede ancora solo che pensa, quasi inconsciamente, di fargli un dispetto non credendo più in lui. Insomma mi pare un po come l’atteggiamento che sia ha quando si decide di non rivolgere più la parola ad una persona considerandola “morta”.
Solo un credente può pensare di risolvere così la faccenda di non credere in dio.
b) continuo nonostante tutto a non capire come una religione ti possa confortare di fronte al fatto che devi comunque affrontare la morte, forse anche una dura e dolorosa malattia, e quindi accettare di essere distrutto. Anche se poi in effetti dipende da come si intende questo aldilà. Perchè alcuni pensano che subito appena trapassati ci si ritrova a vagare leggeri nel cielo come aquiloni. In questo caso via ci può pure stare… ma altri credono invece che si muore punto! Poi ci sarà una resurrezione in tempi e modi da stabilire… e qui davvero non capisco che conforto ci possa essere.
c) in ogni caso rimane il fatto che è inconcepibile abbracciare un tipo di religione ed osservarne i suoi dettami nella speranza di ottenere questa vita altrove e dopo. Proprio perchè oggi siamo consapevoli che ne sono esistete ne esistono e ne esisteranno tante che promettono tutte la stessa cosa ma con percorsi diversi per ottenerla… e dunque? Se uno poco poco ci credesse davvero al fatto che per ottenere questo “premio” ha da fare qualcosa per compiacere a questo dio… bè io non dormirei sonni tranquilli perchè non saprei dove buttarmi: ossia a chi dar retta!

ateo64

d) Aggiungo l’ultima: perchè mai una scimmia ad un certo punto dovrebbe meritare un aldilà? A quale punto dell’evoluzione questa cosa si dovrebbe essere verificata? L’evoluzione è un continuum da noi fino all’inizio della vita: dove si dovrebbe mettere il punto di inizio per questa cosa? Quale madre-padre di scimmia o protoscimmia non ha l’anima immortale che ad un certo punto si è trovata ad avere il figlio? E se, come dovrebbe essere secondo logica dei credenti, tutti gli esseri viventi hanno anima ed essendo questa immortale il trapasso da una forma materiale ad una forma “spirituale” di vita appartiene a tutti i viventi e dunque se che tale processo è naturale a cosa servono le religioni ed i loro precetti, tra l’altro diversi e spesso in disaccordo fra le diverse religioni? Ammesso e non concesso che esista un aldilà va da se che esso è per tutti indipendentemente dalle azioni che si compiono aldiqua dato che per milioni di anni anche i nostri più vicini antenati, coscienti di sè dunque, non avevano alcuna idea dei futuri precetti religiosi. Quindi come si viene qui dal chissà dove “buoni” e “cattivi” cosi si andrà aldilà indipendentemente dal meritarselo o meno. Vuol dire che anche lì ci troveremo gli stessi figli di buona donna che si trovano qui e con loro si dovrà vivere come si vive qui. Morale della favola: ognuno viva e si goda la sua vita senza tante menate perchè se c’è o non c’è un domani ciò non dipende da noi.

Franco Ajmar

per Ateo
E nell’altro mono incontreremo un buon devisoniano che da 287 mila anni vede la luce e basta! non vedo l’ora!

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