Scontri di genere in salsa ebraica

Si sa, il rapporto tra le donne e le religioni è sempre stato di amore e odio. Il principio delle pari opportunità tra i generi è troppo giovane per poter essere fatto proprio da culti che affondano le loro radici in un passato remoto, in società che sembra quasi riduttivo definite “patriarcali”, perché semplicemente non era solo questione di chi comanda ma proprio di distanza tra chi comanda, cioè l’uomo, e la donna, collocata a un livello che sta sotto l’uomo e sopra le specie non umane. Ciononostante le donne sono spesso le prime a lottare per la conservazione di questa gerarchia fortemente verticale, legittimando di fatto la loro stessa sottomissione. Ma le cose sono fortunatamente in graduale miglioramento, almeno in Occidente.

Proprio dal mondo occidentale trae linfa il movimento che rivendica il diritto per le donne ebraiche di praticare il culto alla pari degli uomini. O meglio, il diritto di poter almeno pregare al Muro del pianto, luogo sacro per gli ebrei ma monopolizzato dagli ortodossi, ovviamente maschi, che non ammettono deroghe sulla subalternità femminile. La questione sembrava essere stata risolta all’inizio del 2016, quando il governo di Netanyahu approvò l’istituzione di una zona mista affiancata alle due gestite dagli ultraortodossi.

In realtà quella zona non fu mai creata, tant’è che dopo un anno intervenne perfino la Corte Suprema israeliana per chiedere conto al governo dei ritardi nella sua attuazione. Ma il governo si trovava tra l’incudine e il martello; l’incudine era la destra interna che lo aveva votato e che premeva per mantenere lo status quo, il martello erano invece i movimenti riformati esteri, soprattutto statunitensi, che garantiscono a Israele soldi e appoggi politici e che pretendono maggiori aperture. Alla fine Netanyahu ha scelto l’incudine, rimangiandosi le promesse. Tuttavia il movimento “Women of the Wall” ha continuato ad andare periodicamente al Muro del pianto per pregare e attirarsi le ire degli ultraortodossi. Di tanto in tanto si è arrivati anche a scontri diretti, come nel maggio del 2013 e nel novembre del 2016.

Quest’anno si è avuta la concomitanza di più ricorrenze: il trentennale di Wotw, il primo giorno del mese ebraico in cui tradizionalmente le donne si riuniscono e la Giornata internazionale della donna. Così l’8 marzo scorso le donne di Wotw sono andate al Muro del pianto per pregare. Ma non è andata bene. Scontri tra uomini ultraortodossi e sostenitori di Wotw da una parte, e ovviamente scontri anche tra donne di Wotw e ultraortodosse, che pare siano state accuratamente fomentate dai loro maestri spirituali.

È triste vedere donne che si scagliano contro donne proprio nella giornata in cui tutto il mondo rivendica i loro diritti. È triste vedere donne che lottano per la perpetuazione di un sistema religioso maschiocentrico che le ritiene di rango inferiore. Ed è difficile comprendere le ragioni che portano molte donne a essere addirittura colonna portante di quel sistema religioso. Un femminismo su base religiosa, fondato su una reinterpretazione della dottrina di riferimento che finisce spesso per essere considerata eretica, non può che essere solo parziale, monco, dal momento che più o meno tutte le religioni operano una distinzione netta tra le prerogative dei generi. Almeno oggi e su questo pianeta. Poi si potrà anche sperare in un futuro diverso, ma da qui a ritenerlo possibile ce ne corre.

Massimo Maiurana

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6 commenti

bruno gualerzi

Concordo in linea di massima con questo articolo che comunque trovo ottimo… con un punto che, a mio parere, merita di essere approfondito. Riguarda il ‘femminismo su base religiosa’. La contraddizione che – come giustamente qui si rileva, o comunque si sottintende – è implicita in questa posizione, costituisce un passaggio obbligato per giungere poi ad una effettiva emancipazione, oppure, al contrario, finisce per ostacolarla? Fermo restando che in ogni caso sono solo da ammirare queste donne coraggiose che lottano contro credenze e pratiche secolari, spesso rischiando anche la vita… rimane però sempre una dimensione religiosa che prima o poi, sia pure in forme ‘aggiornate’, richiede si debba pagare dazio.
E’, più in generale, il problema della parità che intriga da sempre il femminismo, e che così si può sintetizzare: quale parità? Una rivendicazione di diritti per tanti aspetti ancora pur sempre dovuti a ‘esigenze maschili’, oppure, ovviamente sotto altri aspetti, puntare ad una alternativa vera e propria? Questione che quando in ballo c’è la religione, mostra ancor più tutta la sua urgenza.

Maurizio

Donne ultraortodosse che lottano per perpetuare la loro permanenza in un rango inferiore? Vuoi vedere che hanno ragione…

Franco Ajmar

Dal punto di vista ateo, mi sembra un problema surreale. Non sono un esperto in materia, ma mi sembra che molte religioni abbiano origine e seguito perché, in tempi remoti, qualcuno ha lasciato scritto che Dio gli ha fatto sapere come sono andate le cose fin dall’inizio, e come devono essere regolate in seguito. Chi comanda e chi obbedisce. E siccome gliele ha dette Dio sono vere: prendere o lasciare. Se uno ci crede, ne derivano delle conseguenze che non si possono aggiornare secondo i tempi. E’ la fede, bellezza! Ovviamente chi dubita dell’attendibilità delle fonti e non crede, segue l’evoluzione della società umana e si aggiorna. Chi crede nelle favole ne deve sopportare anche le incongruenze.

laverdure

@Ajmar
Non si e’ detto forse che la piu’ grande prova di fede e’ “credere in qualcosa SAPENDO che NON
e’ vero ?”
Credere semplicemente senza prove e’ gia molto meno impegnativo.

dissection

NON è vero ma ci credo. Concordo in tutto, puntualizzerei forse solo che a certi livelli il credente, o meglio, “fedele” (il quale termine ha secondo me un altro significato, ma non importa) è ben conscio della portata della sua incongruenza. Di quanto inganni sé stesso, a volte sì, altre no. Quale delle due sia la più patologica, nel mio piccolo, non so stabilirlo.

laverdure

@dissection
Potremmo chiamarla una forma di schizofrenia conscia,o “pensiero doppio”come lo chiamava Orwell pensando al comunismo che altro non era che una religione camuffata,come tutte le ideologie del resto.
E fortunatamente c’e’ anche un lato positivo in questo,che permette ad un gran numero di “fedeli” di seguire il buon senso anziche i dogmi in tante situazioni,grandi e piccole,
senza essere presi da frustrazioni e rimorsi.

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