Se lo Stato cede alle spinte multiculturaliste

È risaputo che nelle città spesso la popolazione di intere aree e quartieri tende a omogeneizzarsi su base sociale e culturale, e questo fenomeno viene alimentato in particolare anche dai flussi migratori. L’immigrato infatti preferisce naturalmente stare vicino a gente con cui condivide la stessa cultura, la stessa lingua e in generale qualunque fattore comune, e questo innesca un circolo vizioso che ha come risultato la progressiva sostituzione in quella determinata zona del tipo di popolazione. O in alcuni casi la formazione di vere e proprie baraccopoli ai margini delle grandi metropoli. A volte poi le stesse istituzioni alimentano questo fenomeno: non è raro che a una famiglia di immigrati venga consigliato di iscrivere il proprio figlio alla scuola di un altro quartiere perché c’è un maggior numero di utenti con le medesime origini.

Il ghetto, però, crescendo in dimen­sioni e popo­lazione riven­dica sempre maggiore autonomia su varie questioni, spesso con mezzi tutt’altro che pacifici, e questo pone seri problemi di ordine pubblico. La tentazione di cedere a tali autonomie per quieto vivere è forte, ma l’esperienza insegna anche che non è la soluzione adeguata. In Inghilterra il culto del multiculturalismo impera da tempo, con tutte le nefaste conseguenze. Adesso esperimenti in tal senso vengono condotti perfino nella laica Francia e il risultato non è affatto diverso, come dimostra l’episodio recentemente denunciato dal poeta algerino Kamel Bencheikh.

In sintesi: nelle banlieue parigine il clima è incandescente da tempo e i bus di linea ne subiscono le conseguenze, al punto che si è arrivati a farli scortare dai poliziotti. L’azienda di trasporti Ratp ha quindi pensato di arginare il fenomeno assumendo autisti islamici, partendo dal presupposto che il rispetto verso di essi avrebbe indirettamente protetto i mezzi. Il che è probabilmente vero, o almeno ha un senso. Ma la tentata soluzione a un problema ne ha fatto nascere uno nuovo: i mezzi pubblici vengono gestiti secondo le regole dell’islam, tanto che nel caso in questione a due donne non è stato consentito di salire sul mezzo solo perché indossavano una minigonna. Tra gli autisti pare ci siano veri e propri integralisti quando non addirittura terroristi, quale ad esempio era il kamikaze Samy Amimour.

È l’ennesima dimostrazione che in seno allo stesso Stato non possono esistere realtà distinte su base comunitaria, con specifiche autonomie, diritti e doveri, perché la base di queste comunità è spesso di tipo religioso, porta con sé tutta una struttura di valori morali dogmatici fondati su una presunta rivelazione, e laddove termina l’ambito religioso comincia in genere quello culturale che spesso ha un’impostazione non molto diversa. Aggiungiamo che questi gruppi sociali non hanno tutti lo stesso peso e in genere non transigono sui loro principi: ecco che la tensione è servita. I gruppi predominanti cercano di imporre le loro regole, spesso riuscendoci proprio per via dell’elevato peso politico, gli altri non lo accettano e possono reagire in modi impredicibili.

Lo Stato che ammette regole e privilegi differenziati al suo interno è uno Stato che abdica al suo ruolo di tutela dei diritti individuali e in generale dell’universalità dei diritti umani. Le uniche eccezioni plausibili sono quelle a protezione di minoranze, ad esempio quelle linguistiche, che evidentemente sono tutt’altra cosa. Direi proprio l’opposto, dal momento che chi in teoria beneficia del multiculturalismo comunitarista sono invece le comunità maggioritarie, mentre in pratica non ne beneficia nessuno per la semplice ragione che aumenta l’instabilità sociale.

L’unico Stato che tutela realmente tutti i suoi cittadini allo stesso modo è quello laico. Fortunatamente la Francia lo è e sull’episodio del bus si sono levate le voci sdegnate del presidente della Regione Île-de-France e della stessa azienda, la quale ha annunciato di aver già individuato l’autista responsabile. Ma il mondo non è la Francia e la stessa Francia ha le sue difficoltà. Quasi tutte le altre nazioni sono tutt’altro che laiche, occorre quindi lottare e ribadire costantemente il principio che senza laicità l’obbiettivo di un futuro di convivenza pacifica e prosperità non può essere raggiunto.

Massimo Maiurana

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10 commenti

Michele Gaismayr

A mio parere il multiculturalismo deve potersi affermare:
1. Nel TOTALE RISPETTO delle NOSTRE LEGGI;
2. SENZA ONERI per lo STATO.
Ma sono un po’ pessimista. Immaginiamo se un giorno, che spero non venga mai, la legge “salva-tabernacoli” di Bersani venisse estesa a moschee, madrasse e quant’altro, rendendole esenti da tasse purché utilizzate “a fini non unicamente commerciali”…

bruno gualerzi

“L’unico Stato che tutela realmente tutti i suoi cittadini allo stesso modo è quello laico”
Assolutamente giusto il principio… ma a mio parere – in Italia soprattutto (caso speciale, ne riparlerò), ma anche in altri stati europei – i problemi provocati dall’immigrazione, qui puntualmente e giustamente denunciati, vengono affrontati e risolti non tanto laicamente, quanto autoritariamente, con politiche puramente repressive, non prendendo in considerazione per principio, anzi condannandola, la possibilità (per quanto mi riguarda la necessità, in quanto il fenomeno dell’immigrazione non può essere rimosso) dell’integrazione.
Caso esemplare l’Italia con la politica salviniana, non a caso (ciò che dovrebbe preoccupare UAAR) contrastata in primis dal Vaticano che diventa così sempre più punto di riferimento per chi considera questa politica – soprattutto proprio sull’immigrazione, ma non solo – puramente demagogica.
PS. Da tempo ritengo che l’attenzione e l’impegno di UAAR siano molto più orientati a denunciare, per giusto che sia, i problemi provocati dall’immigrazione che non quelli provocati dalla risposta che un pò ovunque viene data a questi problemi. Che di laico hanno molto poco, lasciando magari che se ne faccia carico, ovviamente secondo i suoi ‘valori’, proprio la chiesa.
PPSS. Devo dire, onestamente, che il mio è un punto di vista di sinistra (con riferimento non tanto ai partiti quanto alla cultura di sinistra) mentre UAAR, per scelta, non si schiera ideologicamente… ma ritengo che la difesa della laicità sia comunque una scelta fondamentalmente politica nel senso migliore del termine. E che sia – o dovrebbe essere – pur sempre nel dna della sinistra. E comunque non certo in una estrema destra sempre più diffusa.

RobertoV

“L’unico Stato che tutela realmente tutti i suoi cittadini allo stesso modo è quello laico”.
Purtroppo lo stato laico è attaccato su tutti i fronti nella questione migrazione.
Da un lato abbiamo le destre sovraniste che insistono sull’identitarismo cristiano riproposto con l’intimidazione e l’intolleranza ed il clericalismo, dall’altro una sinistra debole, incapace e con mancanza di idee ed argomentazioni che si appiattisce sulle posizioni della chiesa ed è disposta a fare concessioni alle religioni. A questo si contrappongono immigrati che in genere hanno un retroterra culturale poco o per niente laico.
Da qualsiasi parte le religioni vincono e la laicità perde.
Penso che la sinistra negli ultimi anni non riesca a produrre personaggi di un certo spessore politico e culturale, totalmente impreparati ad affrontare le problematiche attuali, per cui l’appiattirsi sulle posizioni della chiesa sulla questioni immigrati (che comunque sta curando i suoi interessi su più fronti come al solito) appare loro come la stampella più semplice. Va detto che in generale i nostri politici (e gli stessi cittadini) hanno in generale dimostrato una incapacità ad affrontare i problemi in profondità, per questo hanno così successo politici che propongono semplici slogan che sarebbero facilmente smontabili.
Riguardo all’integrazione oltre al problema culturale ed istintivo a cercare i propri simili c’è il grosso problema economico di bassi redditi e mancanza di lavoro (e ammortizzatori familiari) che spinge inevitabilmente gli immigrati ad aggregarsi ed isolarsi in zone economiche ghetto e degradate acuendo i problemi di integrazione e favorendo fanatismi e risentimenti sociali. Da un certo punto di vista l’avere in Italia una scarsa edilizia popolare ci riduce i problemi presenti in altre nazioni.

bruno gualerzi

Concordo nell’impostazione generale del tuo discorso, meno su certi punti specifici. Comunque qui volevo solo ribadire ciò che sostengo ormai da tempo, e cioè che… ad esempio per i problemi posti dall’immigrazione, ma più in generale per quelli posti dal multiculturalismo (dove credo anch’io che le religioni giochino un ruolo fondamentale)… sono visti da UAAR in modo sbilanciato, nel senso che non sono posti ALMENO SULLO STESSO PIANO i rischi per la laicità impliciti nell’impatto con altre culture con i rischi per la laicità posti dal tipo di risposta che sempre più spesso viene data a questi problemi (personalmente considero questi ultimi attualmente più pericolosi… ma capisco benissimo che qui, più che per il resto, si tratta di un parere personale).
(Colgo l’occasione per precisare un punto. La politica adottata da certi stati verso l’immigrazione più che dalla repressione – come ho scritto – è caratterizzata dalla chiusura. Verso l’esterno, perchè all’interno si può parlare proprio di repressione, quanto meno di certi valori democratici. O di clericofascismo vero e proprio.)

RobertoV

Gualerzi
Anch’io ritengo che la risposta al problema dell’immigrazione sia più preoccupante dell’immigrazione stessa, perché tale problema, pur grave, è stato ingigantito ad arte e fatto diventare il problema principale. Così alla fine con lo spauracchio dell’imigrazione consegnamo l’Europa al clericofascismo.
Proprio in questi giorni sto leggendo “Orbanismo” della filosofa ungherese ebrea Heller. Ecco ciò che dice sul tiranno in un intervista: “Viktor Orban utilizza l’ideologia dell’odio basata sul concetto di identità etnica di cui ho parlato un attimo fa, per far credere agli ungheresi di essere i migliori e di essere fantastici, ma di essere anche molto incompresi: non ci hanno mai capiti e adesso vogliono che accogliamo nel nostro paese un milione di migranti, distruggeranno la nostra cultura, rovineranno il nostro stile di vita e ci saranno stupri di massa delle nostre donne, io vi difenderò, io eviterò che ci sia un intervento di questo tipo. Anche e soprattutto contro Soros, il perfido personaggio che ha organizzato lo spostamento di milioni di migranti verso l’Europa e in particolare verso l’Ungheria.”
Questo tipo di ideologia che rappresenta Viktor Orban e lo tiene e rafforza nel potere è ormai condiviso da vari partiti di estrema destra (e non solo) europei e ci fa vedere la deriva verso cui rischiamo di andare.
La cosa interessante è che Orban ha insistito ossessivamente sul pericolo immigrati in Ungheria nonostante l’Ungheria abbia pochi immigrati, mentre contribuisce ad un numero elevato di emigranti ungheresi, esattamente come la sua alleata Polonia ed i paesi del gruppo di Visegrad. Ed ha modificato la costituzione col riferimento a dio, al re, all’identità cristiana, ha idolatrato Horthy e ripristinato il concetto di religioni ammesse, riducendo la libertà di stampa e di opinione. Non a caso la Heller parla di rifeudalizzazione e ritorno ai nazionalismi del 1914.
E a lui guardano non solo i paesi di Visegrad, ma anche la sovranista FPÖ austriaca (al governo in Austria), Salvini e Bannon. E già da alcuni popolari si parla di alleanze con l’estrema destra.

dissection

Provocazione: inviterei tutti, ovviamente nel pieno rispetto di ciò che tutti vogliono fare, a lasciar perdere l’ipocrita & modaiolo eufemismo “sovranista” e, nell’ottica di dire pane al pane e vino al vino, ritornare al caro vecchio nonché molto più incisivo & realistico “neofascista”. Che dite, si può fare, o non si tratta di un vero sinonimo?

dissection

E sempre alla faccia, beninteso, del politicamente corretto a tutti i costi.

RobertoV

Secondo me il termine sovranista corrisponde più a nazionalista, anche se è vero che i vari nazionalismi del passato hanno poi portato ai vari fascismi e che le simpatie dei nazionalisti per i vari neofascismi sono notevoli.

Gérard

Ho letto e riletto diverse volte questo testo e devo dire che il suo redattore ha benissimo capito la situazione venuta a crearsi in molti paesi europei, e conoscendo per forza molto meglio quella francese confermo che tutto è esatto . Roberto V, che leggo volontieri e dal quale condivido spesso i suoi argomentazioni sbaglia questa volta nella valutazione dell’ immigrazione . Condivido il fatto che “è stato ingigantito ad arte e fatto diventare il problema principale” però non si deve dimenticare che senza una vera politica di integrazione ed impegno onde integrare e assimilare i nuovi arrivati portera un giorno l’ Italia in una situazione forse più grave, visto la mancanza di vera laicita, di quella attuale francese . Per più di un secolo, la Francia ha integrato, assimilato milioni di emigrati venuti da tutti i paesi e religioni e sono diventati francesi a tutti effetti . Le cose hanno cominciato a guastarsi quando si è rinunciato ad assimilare le popolazioni . Emigrare e andare vivere per sempre in un paese straniero è una cosa grave : significa che i figli non avranno piu la stessa storia degli genitori . I loro antenati saranno Michelangelo, Mazzini, Cavour, Mussolini ma non più Abd El Kader, Ibn Arabi, Omar Khayyam etc Se ci stabiliamo in un altro paese e che si vuole tenire , anche per le generazioni future i stessi valori, lingua, costumi etc non si emigra : si colonizza .

RobertoV

C’è una differenza notevole tra Francia ed Italia: l’Italia è un paese di transito, mentre la Francia un paese di destinazione. L’Italia è poco attraente, sia per la cronica mancanza di lavoro, sia per lo scarso sistema assistenziale, sia per la sua cronica disorganizzazione. Non a caso l’Italia è storicamente un paese di emigranti.

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