L’ateismo che non osa pronunciare il proprio nome

Understanding Unbelief è un rapporto realizzato da ricercatori dell’Università del Kent e finanziato dalla Templeton Foundation – fondazione nota per aver spesso finanziato progetti che sostengono una visione religiosa del mondo – allo scopo di fornire un quadro per quanto possibile esplicativo e rappresentativo del variegato mondo dell’incredulità. L’indagine è stata condotta su campioni di non credenti da sei diversi Paesi: Brasile, Cina, Danimarca, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. La cosa curiosa è che questo studio è stato presentato nientemeno che in Vaticano, nella Pontificia Università Gregoriana, nel corso di una conferenza dal titolo Cultures of Unbelief (letteralmente: Culture dell’incredulità) svoltasi a partire da giovedì 28 maggio scorso. Come dire che l’ateismo viene studiato più nelle università vaticane, o all’estero grazie anche a reti internazionali e interdisciplinari sorte negli ultimi tempi come Nsrn, che in quelle italiane.

La ricerca chiarisce già in premessa le principali conclusioni dello studio, a partire da quella secondo cui tra i cittadini di ognuno dei sei Paesi ci sono sensibili differenze nel modo di interpretare l’ateismo e l’agnosticismo, o una combinazione dei due, e che addirittura molti non credenti si identificano nella cultura religiosa dominante del proprio Paese. In pratica il 28% dei non credenti danesi si riconosce nella definizione di cristiano, mentre l’8% di quelli giapponesi si qualifica come buddista, nonostante abbiano affermato di non essere credenti. Va detto che il campione è stato suddiviso in atei e agnostici sulla base delle risposte a una domanda preliminare: chi ha dichiarato di non credere in Dio è stato classificato come ateo, chi ha dichiarato di non poter affermare con certezza l’esistenza di Dio è stato classificato come agnostico, chi infine ha dichiarato di credere in Dio solo sotto certi aspetti, o di credere in uno spirito superiore non meglio definito, non è stato qualificato come non credente.

È venuto fuori che la maggior parte di chi dichiara di non credere in nessun Dio non si riconosce nemmeno nella definizione di ateo, preferendo identificarsi piuttosto in altre definizioni. Nella fattispecie, a qualificarsi come atei sono in maggioranza gli statunitensi rispetto agli atei delle altre cinque Nazioni, ma pur sempre minoranza interna rappresentando il 39% degli atei americani, e diventano addirittura il 19% in Danimarca. In pratica meno di un ateo danese su cinque definisce se stesso ateo, mentre il 36% di essi preferisce più genericamente qualificarsi come non religioso. Va ancora peggio agli agnostici giapponesi: appena il 2% di essi si identifica come agnostico, il 34% preferisce definirsi non religioso mentre la definizione preferita dagli agnostici cinesi è, paradossalmente, quella di ateo. Non c’è che dire, effettivamente il significato di queste definizioni cambia parecchio da Paese a Paese.

Viene anche sfatata la percezione comune secondo cui atei e agnostici sarebbero tendenzialmente più dogmatici, più intransigenti rispetto alle loro convinzioni, rispetto alla popolazione generale, e anche quella secondo cui per un non credente il mondo sarebbe assolutamente privo di significato. L’incidenza di entrambe queste affermazioni è del tutto assimilabile a quella del resto della popolazione. Chissà se Oltretevere, dove queste statistiche sono state discusse, saranno rimasti sorpresi o meno. Lo stesso discorso vale anche per quanto riguarda i valori etici e il rispetto per l’uomo e per la natura, così come per tutta una serie di valori che vengono percepiti allo stesso modo da religiosi e non, come la famiglia e la libertà.

Molti atei e agnostici, sebbene non credano nell’esistenza di divinità, ritengono tuttavia plausibile l’esistenza di fenomeni, o perfino entità, soprannaturali. Quasi un ateo brasiliano su tre ritiene che vi sia comunque una vita dopo la morte terrena, il 35% circa degli atei cinesi crede nell’astrologia, un quarto degli atei danesi pensano che esistono persone dotate di poteri mistici, quattro agnostici britannici su dieci ritengono che esistono forze soprannaturali del bene e del male. Per contro, più di un ateo statunitense su tre non concorda con l’esistenza di fenomeni soprannaturali e la percentuale scende significativamente solo riguardo agli atei cinesi: appena l’8% di essi rigetta l’idea che possano esistere fenomeni soprannaturali. In generale gli agnostici sono molto più possibilisti degli atei da questo punto di vista, com’è lecito aspettarsi; la proporzione va da circa uno su tre (un agnostico naturalista contro più di due atei naturalisti) in Brasile fino a uno su dieci in Cina.

Un mondo di increduli ai quali, quindi, alcune definizioni sembrano andare strette, e che comunque hanno una visione dell’incredulità a tratti sorprendente. È chiaro che possono esserci diverse ragioni per preferire una definizione, o un’etichetta se così vogliamo dire, rispetto a un’altra, e sarebbe interessante conoscerle tutte, ma non si può non pensare che almeno in parte possa esserci un rifiuto di definizioni comunemente percepite con accezione negativa. Oppure di una classificazione ritenuta troppo drastica, netta e magari non del tutto aderente a un presunto dualismo tra atei da una parte e agnostici dall’altra. Perché poi, nella pratica, tra un insieme e l’altro ci sono tutta una serie di sfumature intermedie nelle quali molte persone potrebbero identificarsi meglio. Un’altra ragione potrebbe invece risiedere nel rifiuto più o meno inconscio di collocarsi all’opposto rispetto ai credenti, e quindi nel rigetto di una contrapposizione tra le due parti dovuta alla convinzione che potrebbero esserci più argomenti e interessi accomunanti che dividenti.

Anche nell’inchiesta commissionata di recente dall’Uaar e realizzata dalla Doxa ci sono dati interessanti in questo senso. A un complessivo 15,3% degli italiani che si dichiara ateo o agnostico, e quindi certamente non credente, si affiancano anche un 10,1% di soggetti che si definiscono credenti, ma si dichiarano anche non aderenti o comunque facenti riferimento ad alcuna religione esistente, e un 2,7% di persone che rifiuta proprio di essere classificata come credente o non credente. Il che può sembrare anche controintuitivo, perché si presume che non possa esserci una terza via tra il credere e il non credere, ma indubbiamente esiste e ce ne sarà pure una spiegazione. Probabilmente si tratta di almeno una parte di quelli che il sociologo Franco Garelli, in una sua inchiesta sulla religiosità italiana, definiva credenti a intermittenza, e che insieme a tutte le altre tipologie di scettici su Dio arriverebbe a rappresentare ben il 54,2% della popolazione.

Questo sesto di popolazione composto da non affiliati sono quelli che nel mondo anglosassone vengono definiti “nones”, un insieme che interseca sia l’area dei non credenti che quella dei credenti e che risulta ancora più variegato del già pluralissimo insieme dei non credenti, come dimostrato da numerose ricerche. Secondo un’inchiesta condotta dal Pew Forum il 19% di essi vede perfino con preoccupazione la crescita dei non credenti, mentre il 24% la giudica positivamente e il resto le è indifferente. Di fatto tutti insieme i non credenti, i non definibili e i non religiosi rappresentano secondo il sondaggio Uaar quasi un terzo dell’intera popolazione italiana; una bella fetta, pari circa a quella dei credenti cattolici praticanti e all’altra dei credenti cattolici non praticanti. Una fetta che probabilmente meriterebbe più attenzione e certamente potrebbe convergere su interessi comuni.

Perché poi le possibili strade per qualunque organizzazione di scettici, che in genere rivendicano istanze laiche, sono due: cercare di mantenere un corpo sociale in un certo senso integro, fatto di atei e agnostici che rivendicano un’accezione positiva delle rispettive definizioni e che tra le altre cose lottano anche per questo; cercare di avere una base sociale più ampia e plurale, comprendente anche chi non ritiene importante fissare delle definizioni standard e al tempo stesso focalizzata su obbiettivi comuni. In realtà il discorso potrebbe diventare più complesso se si analizza anche il problema rappresentato da quelle persone che interpretano l’ateismo in senso letterale, cioè quale antagonista del teismo ma non del deismo o del panteismo, e che magari credono in altri fenomeni ed entità soprannaturali, ma probabilmente queste non sarebbero di interesse di nessuna delle due categorie suddette. Alla fine quindi tutto va ricondotto all’individuazione dell’obbiettivo: viene prima l’orgoglio ateo esclusivo, oppure le rivendicazioni laiche inclusive, o anche in questo caso si può individuare una via di mezzo?

In ambito internazionale sembra sia stata preferita la seconda via, anche per il fatto che a trainare le federazioni Humanists International e European Humanist Federation sono in particolare le realtà continentali di lunga tradizione più laica che atea. Proprio quelle che hanno poi affrontato la questione anche dal punto di vista linguistico; non a caso i nomi di entrambe le federazioni recano all’interno l’aggettivo “humanist”, che in italiano fa ancora molta fatica ad affermarsi e non solo o non sempre per via della pretestuosa confusione tra umanismo e umanesimo. In ambito italiano l’Uaar, la maggiore delle organizzazioni scettiche, al momento si trova in una via di mezzo ma più tendente alla prima via, se non altro per via dell’acronimo già selettivo. Sarebbe interessante avere a disposizione i risultati di un’indagine come quella condotta dall’Università del Kent ma condotta tra i non credenti italiani, in modo da poter capire quanti sono gli atei e gli agnostici nostrani non sedicenti tali e regolarsi di conseguenza. Purtroppo al momento non sembra esserci nulla di simile e non si possono dunque che fare ipotesi partendo da un presupposto verosimile: non sappiamo quanti sono, ma è ragionevolmente sicuro che ci sono e probabilmente sono in percentuale significativa.

Massimo Maiurana

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19 commenti

Diocleziano

Discussione succosissima, ma molto complessa!
Innanzitutto la classificazione tra ‘veri atei’ e ‘veri credenti’: è praticamente impossibile effettuarla semplicemente chiedendo all’interessato da quale parte si pone; discutendo sul sito dei nostri cuginetti avevo esposto l’opinione che nello spettro totale della popolazione a un estremo ci sia un 15% di atei consapevoli e, all’altro estremo, un 15% di credenti acculturati (religiosamente). In mezzo vi è l’umanità dolente di quelli che sono convinti di essere credenti, ma in realtà indistinguibili da atei inconsapevoli. Con mia sorpresa ne convenivano anche ‘loro’.

(Questa discussione dovrebbe continuare anche dopo le vacanze 😆 )

Manlio Padovan

Ho l’impressione che l’idealismo , supportato dalla ferocia (controriforma, inquisizione, plagio fin dalla più tenera età, scuola, ecc.) agisca talmente in profondità da annullare anche negli elementi più forti il senso della realtà. Per essere ateo, ateo e basta, occorre un buona dose di buona volontà per istruirsi, per analizzare la realtà, per farsi sentire, ecc.. Altrimenti si finisce come quel mio conoscente, non proprio uno stupido, che arriva ad essere, con evidente paraculaggine, un agnostico credente.
Sto rileggendo di Ermanno Rea “La fabbrica dell’obbedienza” che riguarda proprio noi italiani che possiamo vantarci di possedere il più stupido romanzo al mondo tra i più noti sul quale ancora oggi viene formata la nostra gioventù. E per rendersi conto della sua immensa stupidità, basterà informarsi di cosa c’è in giro alla stessa epoca in Europa, in primis in Francia ed in Italia e sapere che all’epoca di don Alessandro c’era in Italia Vittorio Imbriani, ma dio stramaledica la sua punteggiatura, che scriveva di suggestioni che sarebbero state proprie del secolo seguente…altro che il seicento manzoniano! Libro, quello di Ermanno Rea, che consiglio vivamente a chi non l’avesse letto. Un libro di cui mai, mai, ho sentito parlare o visto notizie sui giornali.

Diocleziano

…E quanti conoscono la verità su chi ha ‘lavato in Arno’ il famigerato romanzo? 😆

Manlio Padovan

Basterebbe dire che eletto senatore del regno, mai fece una sola seduta in parlamento e i soldi se li faceva mandare a casa. Più cattolico di così.
Solo Massimo Cacciari, i cattolici qui lo chiamano il filosofo addirittura, in una esposizione ai ragazzi del liceo locale ebbe la spudoratezza di presentare anni fa il “realismo del Manzoni” o giù di lì. Ma Massimo Cacciari è quello che “se hai l’idea possiedi la cosa” ed infatti più che in squole di preti non è riuscito ad insegnare. Povera gioventù!

Diocleziano

Leggo che si dichiara superstizioso e si diletta di fare i tarocchi…
Alla faccia della filo-sofia! 😛

Manlio Padovan

Scusate:… in Europa in primis in Francia e in Germania…

Frank

Quanto siete atei? Per scoprirlo rispondete a questa domanda: è più facile che esista un politico italiano intelligente o Dio?

Manlio Padovan

Certamente un politico italiano intelligente e penso a Giulio Cesare per quanto ne afferma, se non ricordo male, Concetto Marchesi nella sua Storia della letteratura latina.

Frank

Risultati test:

– Se avete risposto che è più facile che esista un politico italiano intelligente che Dio, significa che di fronte ad un ipotesi inverosimile, un politico italiano intelligente, preferite continuare a credere che Dio non esista di conseguenza siete atei integralisti.

– Se avete risposto che è più facile che esista Dio, significa che di fronte all’ipotesi inverosimile di un politico italiano intelligente preferite rinunciare al vostro ateismo, di conseguenza siete atei moderati.

– Se avete risposto che non credete a nessuna delle due ipotesi, allora avete basato la vostra opinione su fatti concreti infatti non esiste nessuna prova dell’esistenza ne di un politico italiano intelligente ne di Dio, di conseguenza siete atei razionali.

🙂

mafalda

Poche idee ma confuse, pare di capire da questa inchiesta. Come si da a ritenersi non credente e cristiano allo stesso tempo? La non credenza è un mondo così variegato e in divenire, sarebbero molto più interessanti altri tipi di inchieste che riguardino come i credenti e i non credenti vedono i rappresentanti delle religioni: utili e perciò degni di stipendio o di 8xmille? Il prete è insomma una figura ancora necessaria?

Diocleziano

Scempiaggini come quella di ritenere l’ateismo una religione e per di più dogmatica (!) era la norma sul sito dei cuginetti. Non penso che sia possibile avere una visione chiara del credo popolare chiedendolo agli interessati; bisognerebbe formulare le domande in maniera indiretta e analizzare le risposte. Gli atei inconsapevoli sono generalmente dei credenti disattenti ma ancora condizionati, che visti da un’altra prospettiva sono credenti immaginari; in un film di spionaggio sarebbero definiti ‘credenti dormienti’. Solo atei consapevoli e acculturati possono dare una definizione di sé stessi su questo argomento. I cattolici acculturati difficilmente si rendono conto dell’imprinting artificiale che li motiva.

Penso che sia molto sottovalutato il danno perpetrato ostinatamente dalla città del Male nel condizionare i bambini: sono danni permanenti per puro interesse di potere ed economico.

pendesini alessandro

« …..La cosa curiosa è che questo studio è stato presentato nientemeno che in Vaticano, nella Pontificia Università Gregoriana, nel corso di una conferenza dal titolo Cultures of Unbelief (letteralmente: Culture dell’incredulità)….. »
-La prima motivazione degli scienziati non è tanto accumulare conoscenze per puro piacere di conoscere, ma piuttosto mettere in discussione collettivamente le nostre certezze –cosi come auto-illusioni- per confutarle, per falsificarle secondo l’espressione di Karl Popper, al fine di delimitare le zone dove inizia l’ignoranza.
-All’inizio del ventunesimo secolo, gli scienziati si rendono conto che stanno misurando con sempre maggiore precisione il grado della loro ignoranza. L’uomo non può risolvere la sfida della faccia nascosta dell’Universo senza trasformare profondamente il suo modo di pensare il mondo ma anche, soprattutto, cercare di capire se stesso quindi i meccanismi innati e acquisiti che determinano i nostri comportamenti.
L’unica cosa davvero infinita, (diceva Einstein) è la nostra ignoranza.
Altro che « cultura dell’incredibilità »…..

« ….per un non credente il mondo sarebbe assolutamente privo di significato….. »
Che il mondo possa non avere nessun significato per un ateo, resta comunque molto discutibile ! Se cosi fosse il tasso di suicidi nel mondo andrebbe, più che probabilmente, ben oltre dei circa 8 suicidi al giorno (dati UE)….

« ….Molti atei e agnostici, sebbene non credano nell’esistenza di divinità, ritengono tuttavia plausibile l’esistenza di fenomeni, o perfino entità, soprannaturali…. »
Qusta frase sembra palesemente un ossimoro. Che poi esistano fenomeni attualmente –e forse anche eternamente inspiegabili, non ci sono dubbi. Va notato che il nostro cervello non è « Istruzionista », ma « Opportunista » ; non ha evoluto per poter definire la Verità o Realtà, ma per evitare di essere divorati da temibili predatori…..

« … viene prima l’orgoglio ateo esclusivo…. »
Ritengo che in certi determinati momenti, esistenzialmente difficili, essere ateo non è di nessun soccorso o aiuto. Quindi non vedo perché dovrei essere orgoglioso o gioire di sentirmi fondamentalmente ateo ! Non credo, ed è probabile che non potro’ mai credere, in un dio con attributi pretesi e osannati dalle religioni monoteiste, che considero puerili, insensati ; un dio, tutto sommato, sadico al quale mi è impossibile identificarmi.
Detto questo, e considerata la mia incommensurabile ignoranza (so quasi niente su quasi tutto !)…come potrei immaginare che possa esistere –o non esistere- una forma d’intelligenza e/o coscienza oltre quella umana molto più evoluta della nostra, nell’ incommensurabile Universo ?
Se qualcuno mi chiedesse di definire la Realtà, (che ovviamente esiste) cosa dovrei o potrei rispondergli ?

Il termine agnostico a me sembra ambiguo, difficile da definire. L’agnostico, a mio umile parere, potrebbe essere una persona a tendenza atea, insufficientemente colta in certe branche. Da notare che a livello scientifico universitario (USA, ma non solamente) i credenti e agnostici tendono verso zero.

P.S. – Voltaire disse : « se dio non esistesse bisognerebbe inventarlo » (angoisse humaine oblige !)… aggiungo : a patto che non sia utilizzato per strumentalizzare, quindi sfruttare e/o far soffrire gente di « buona volontà » !

pendesini alessandro

Errata Corrige
Quando scrivo nel mio commento ” ben oltre dei circa 8 suicidi al giorno” mi riferivo alla statistica relativa al Belgio, paese di circa 11,6 milioni d’abitanti. Sorry

Manlio Padovan

Mi piace riportare due affermazioni che mi trovano d’accordo e che trovo molto intelligenti:

-l’agnostico è un materialista che si vergogna
-grattate l’agnostico e troverete l’idealista

L’autore è il genio di Lenin.

Diocleziano

La costanza di un’abitudine è proporzionale alla sua assurdità – Marcel Proust

Questa ben si addice al perdurare del condizionamento religioso.

bardh

dipende cosa stai cercando di dimostrare, come poni le domande perche il “principio d’indeterminazione di Heisenberg” è sempre in agguato. Se stai indagando sulla “Culture dell’incredulità” non è poi cosi sorprendente che i non credenti danesi si riconoscono nella definizione di cristiano o quelli giapponesi che si qualificano come buddista, sia il cristianesimo che il buddismo hanno plasmato pure la cultura dei paesi di appartenenza e la gente trova difficile separarsi completamente dalla loro cultura di provenienza. P.e gli atei di provenienza dai paesi islamici si riconoscano piu con il termine ex-muslim che ateo come tanti atei indiani sono difensori della cultura hindu.
Forse tutto questo ha anche a che fare con il fatto che spesso il termine ateo è equiparato con anticlericale militante e molti atei o non credenti non sono necessariamente anche anticlericali, anzi spesso identificano la religione con i fedeli e per non andare contro i secondi diventano accondiscendenti della loro religione, in occidente questo succede in particolare con gli atei o non credenti nei confronti del dell’islam e dei musulmani.

iguanarosa

Quanto alla presentazione in strutture vaticane, non mi sorprende proprio. Dal punto di vista accademico e della ricerca hanno molti più fondi delle università pubbliche e possono permettersi di studiare e di presentare una vasta gamma di argomenti.
Ci sono molti spunti in questo post, ma mi ha colpito di più la visione atea dei brasiliani, piuttosto anticonformista. Sono talmente oltre che credono in qualche forma di paranormale.

Diocleziano

”… La cosa curiosa è che questo studio è stato presentato nientemeno che in Vaticano… ”

La cosa non deve meravigliare proprio per nulla: chi ha ‘interessi’ nel controllare l’andamento del mercato dei boccaloni? Per loro è questione di vita o di morte.
Puro marketing. Gli atei non campano con le loro convinzioni.

*Notizia di ieri: in Spagna i non credenti hanno superato i credenti.

Frank

“… i non credenti hanno superato i credenti”

Non ci credo. 🙂

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