Come la pensiamo, noi, dovrebbe essere noto. La vita è nostra, ci appartiene. Anche se sappiamo che non è infinita, e anche se sappiamo che può purtroppo essere fin troppo breve. Siamo liberi di prolungarla fin quando è possibile oppure di interromperla, se pensiamo che la sua qualità si è irrimediabilmente degradata. Qualunque decisione prendiamo, le nostre sono le scelte responsabili di adulti autonomi, consapevoli e laici, perché l’esercizio della libertà di rinunciare alla nostra vita non lede alcuna altra libertà.
Come è ancora più noto, c’è chi la pensa diversamente. C’è chi, aspirando all’eternità, pensa che la vita non ci appartiene, perché “è un dono di Dio”. Pensa che non siamo nemmeno liberi di restituirglielo, quel dono, per cui tutti i ragionamenti fatti in precedenza non conterebbero nulla. È una convinzione legittima, almeno finché resta una convinzione personale. Il confronto potrebbe dunque terminare qui: la diversità di opinioni è chiaramente inconciliabile.
Nei Paesi Bassi, l’eutanasia è un diritto riconosciuto ormai dal 2002. E non è successo nessun cataclisma. Anche perché, secondo un recente studio, gli anziani olandesi si collocano al quarto posto al mondo per la qualità della vita: sì, esistono stati che sanno mettere al centro delle loro politiche i cittadini – tutti. Attualmente è in corso una discussione sulla possibilità di consentire l’accesso al suicidio assistito agli ultrasettantacinquenni che, sebbene non malati, ritengono che la propria vita abbia ormai poco da offrire. I dati raccolti hanno portato alla luce una realtà innegabile, anche per le istituzioni pubbliche, e la proposta rappresenta quindi una strada ragionevolmente percorribile, una volta accertato che la domanda è assolutamente libera, che non è il frutto di una depressione momentanea, e che il medico è disponibile a prestare l’assistenza richiesta.
Anche in questo caso, c’è chi la pensa diversamente. Per esempio, Assuntina Morresi: per cinque anni consulente del ministro della salute Beatrice Lorenzin, e ora presidente del Movimento per la vita. Il titolo del suo commento, pubblicato sul quotidiano dei vescovi Avvenire, per una volta è quasi asettico: Eutanasia più larga. Morte per «vita completata»: in Olanda un nuovo diritto? Anche l’assenza delle classiche argomentazioni no-choice è sorprendente – al punto di rendere l’articolo quasi condivisibile, se non fosse per l’implicito pregiudizio negativo che lo impregna dall’inizio alla fine. E se non fosse che quel diritto, a ben vedere, esiste già.
Il suicidio non è infatti più un reato, nei Paesi Bassi. Anche se lo è stato fino a non molto tempo fa. E lo è stato in tutta l’Europa “cristiana”. Chi si toglieva la vita non aveva diritto alla sepoltura nei cimiteri, perché tutti i cimiteri erano consacrati. I suoi beni potevano essere confiscati. I tentativi di suicidio potevano comportare una condanna a morte. Talvolta, i corpi di coloro che erano riusciti nell’intento erano prima trascinati per le strade, poi impiccati. Non erano affatto bizzarrie malate: l’esecuzione serviva da monito a tutti i sudditi di società enormemente oppressive. Oppressive con un’intensità di cui abbiamo perso la consapevolezza.
Il suicidio non è più sanzionato nemmeno in Italia. Dunque, vietare il suicidio, quando è assistito da un medico, significa soltanto infliggere ulteriori e inutili sofferenze (fisiche o mentali) a chi le rifiuta totalmente. Significa negare a esseri umani l’aiuto di cui hanno bisogno. Significa negare le loro scelte e spingerli a gesti disperati: come quelli dei registi Mario Monicelli e Carlo Lizzani, che si sono lanciati nel vuoto e sfracellati al suolo. Vien da pensare che sarebbe già un passo avanti se, all’interno dei gruppi che combattono l’autodeterminazione, si cercasse di conoscerle un po’ meglio, le nostre vite, prima di pensare di disporne. Ciò che più colpisce, nell’articolo di Morresi, è la quasi assoluta mancanza di calore umano nei confronti di persone in evidente difficoltà.
Sarebbe così semplice, in teoria, così rispettosamente e simmetricamente bello: noi che non decidiamo sulle loro vite, loro che non decidono sulle nostre. Ma la chiesa cattolica, anche nel terzo millennio, anche in un’epoca ritenuta (chissà perché) “rivoluzionaria”, continua imperterrita a voler dettare legge anche sulle vite degli altri. Il nostro parlamento è stato chiamato dalla Corte costituzionale a pronunciarsi sul fine-vita entro il prossimo 24 settembre. Non sarà facile ottenere il riconoscimento della libertà di scelta. Ed è per questo che, una volta di più, dovremo mobilitarci. Una volta di più i diritti non ci cadranno dal cielo.
Raffaele Carcano
L’ idea dell’ accesso incondizionato al suicidio assistito agli ultrasettantacinquenni che, in piena coscienza, ne facessero richiesta, mi piace.
Anche agli ,ultrasettantaseienni se proprio vogliano allungare il limite.
Tranquilli, se si torna a votare avremo membri del movimento per la vita direttamente al governo.
Questa è una buona notizia. Certo non per chi vive in Italia ma.. insomma,per il sottoscritto si via 😉 .
Sicuramente è un altro piccolo progresso.
Dico piccolo perchè penso che ci sono situazioni, in assenza di malattie terminali, in cui si potrebbe comunque desiderare una exitlife, per gli stessi motivi esposti nell’articolo, anche prima dei settantacinque anni.
Secondo me se uno è maggiorenne ed in pieno possesso delle sue facoltà e ha deciso di farla finita con un atto estremo dovrebbe avere la possibilità di rivolgersi ad un centro che lo aiuti ad uscire senza sperimentare una morte dolorosa.
Poi, se vogliamo, è anche probabile che proprio rivolgendosi ad un centro possa essere in qualche modo “aiutato*” a rivedere la sua decisione.
Magari proprio nel momento in cui comincia a parlarne con qualcuno potrebbe riconsiderare la sua idea.
Paradossalmente sapere che comunque c’è una via di uscita non dolorosa a portata di mano per mettere fine ad una sofferenza quotidiana può in alcuni casi rendere più sopportabile il continuare a vivere.
Non scordiamoci che l’istinto di sopravvivenza è il più forte di tutti gli istinti pertanto se e quando si arriva a prendere una decisone così importante e si riesce a portarla avanti fino all’ultimo allora vuol dire che è davvero inutile negare questa possibilità che avverrebbe comunque con altri e più cruenti mezzi.
*per “aiutato” non intendo qualcosa tipo il trovare obiettori di coscienza che cercano in ogni modo di farti riconsiderare l’idea e che comunque ti negano il loro sostegno. Aiutato è proprio il fatto che già l’atto di recarsi in un centro, parlare con qualcuno per spiegare i motivi, firmare degli atti burocratici e via dicendo può aiutare a riconsiderare l’idea nel caso che in fondo la stessa non sia davvero sedimentata da molto tempo.
Non ho capito se per voi “adulti” significa in realtà “anziani” o è da intendersi letteralmente, cioè a partire dai 18 anni?
Con “per voi” intendi gli stesori dell’articolo, o i partecipanti al blog?
Ciao Engy
Non ho mai capito perché persone competenti –o pretese tali-, abbiano deciso che l’uomo sia da considerare maturo a 18 anni !
Lo sviluppo del cervello in termini di dimensioni e volume termina all’età di 12 o 13 anni. In termini di connessioni, il suo sviluppo si estende fino a 25 anni. L’uomo, ovviamente esente da patologie mentali, è quindi cerebralmente maturo (escludendo certe eccezioni) all’età di 25 anni.
Ma a volte capita che le persone pretese « mature » manchino di maturità ben oltre i 18 o 25 anni di età….Infatti la maturità del nostro cervello non è innata, ma bensi epigeneticamente acquisita. E qui ci troviamo difronte a certi problemi paradossali : da certi studi accademici USA risulta infatti che la maggioranza della gente di diciotto anni e ben oltre abbia una maturità che non oltrepassa quella di un bambino « normale, non alienato » di 12 anni ! In Europa gli stessi studi danno un risultato migliore : arrivano a 14 anni….
Va inoltre notato che il 35% delle persone di 70 anni ha perso circa il 15% delle prestazioni cognitive (memoria e intelligenza fluida) che avevano a 30 anni….Quindi quando si parla di “maturità”, astrazione mentale o intelligenza, riferendosi all’età, è bene essere molto cauti……
Direi che deriva da una serie di compromessi. Anch’io sono d’accordo sul fatto che si possa parlare di maturità completa più attorno ai 25 anni, ma questo creerebbe parecchi problemi organizzativi alla società, come l’eliminare persone troppo anziane (ma qui con che criterio, visto che ci sono persone lucide anche a 90 anni). Se pensi che la tendenza attuale è di abbassare ulteriormente tale limite
Sarebbe però il caso di stabilire un limite minimo prima del quale non sia lecito manipolare la psiche dell’individuo. Quattordici anni mi sembra un limite congruo.
ciao Alessandro, vero! Io sono la prova vivente della necessità della cautela che consigli, visto che ad esempio il mio cervello, in termini di connessioni come dici tu, è ancora lontano da uno sviluppo completo!
🙂
Ma me questa storia di permettere l’accesso al suicidio assistito agli ultrasettantacinquenni che, sebbene non malati, ritengono che la propria vita abbia ormai poco da offrire mi ricorda il film “Soylent Green” il cui titolo è stato tradotto criminosamente in italiano in “2022: i sopravvissuti”.
Sorry: A me questa.
Piuttosto che sforzarsi per negare la libertà di gestire la propria vita, magari finendola col suicidio si dovrebbero potenziare le strutture dedicate a sostenere e superare un periodo critico per quanti (ne ho conosciuti diversi) hanno tentato il suicidio perché insoddisfatti o depressi. Il numero di suicidi nel mondo è sceso (!) da 1 milione a 800.000 nell’ultimo decennio. (Science, vol. 365,pag.725 del 23/8/2019). La Danimarca, che nel 1980 aveva un tasso di suicidi del 38 per 100.000 è scesa al 11.4 per 100.000 nel 2007. La prevenzione del suicidio in Danimarca si è basata su consulenza, terapia e sostegno alle persone con idee suicide. Ovviamente si tratta di una “patologia” che solo in alcuni casi può essere curata, fino a veder ritornare “sereni” quelli che avevano scelto un percorso così definitivo. Quindi sarebbe opportuno che il suicidio assistito fosse approvato da un valido consulente, che si è arreso all’evidenza contingente. Questo non toglie che la libera scelta per chi ha perso ogni speranza debba essere libera: ma lo sforzo deve essere indirizzato verso i casi “recuperabili”, non nei confronti di chi giustamente decide di farla finita. Infine, ipotizzare limiti di età mi sembra un po’ patetico.
Concordo in tutto, ma con una ulteriore considerazione… che può sembrare ‘letteraria’, o, se si preferisce, astrattamente filosofica, accademica, e che comunque è questa: la scelta del suicidio, che tu ritieni ‘debba’ essere libera, ritengo che’possa’ anche essere veramente libera a tutti gli effetti, cioè non necessariamente patologica. Al di là di vieti romanticismi, di un pessimismo di maniera, la scelta suicida può anche essere paradossalmente una scelta ‘razionale’ almeno nella misura in cui si sia giunti, ragionando, alla conclusione che la vita stessa è ‘patologica’. E in che senso tutto ciò può costituire un tassello da aggiungere agli altri che stanno alla base di una visione laica invece che religiosa della vita? Nel senso che non c’è proprio niente di sacro, da venerare come tabù, nella vita… anche se si è – sempre laicamente – pienamente consapevoli di quanto la vita di ognuno sia necessaria all’evoluzione della specie. Perchè anche nella natura non c’è niente di sacro…
E per togliere, per quanto possibile, l’impressione di una fuga nei cieli della (pseudo) filosofia, questa considerazione la si trova sempre verificabile riflettendo su quanto buon senso, quanta saggezza, infine quanta genuina umanità, ci sia in questa frase che capita spesso di sentire in luoghi non certo accademici: “la vita è una gran fregatura”!
“La vita è come la scala di un pollaio: corta, in salita e piena di m….” (cit.)
…..“la vita è una gran fregatura”…..
Probabilmente, ma non per tutti ! ….”Carpe diem” puo’ o potrebbe avere un significato ?
NB : I cervelli umani progrediscono perché non riescono a rimanere insensibili al loro destino, al grande dispiacere che provano nella visione del loro inevitabile futuro e dei loro limiti cognitivi….. Inventano perché la macchina soffre…..
L’uomo impara a rispondere alle sue domande e ne scopre ben altre
Poiché è « sapiens », non può essere « demens », dicono…
@ pendesini
…..“la vita è una gran fregatura”…..
Probabilmente, ma non per tutti ! ….
Voglio solo chiarire un punto: non ritengo ovviamente che la vita sia una ‘fregatura per tutti’… ma che – e qui naturalmente ci sarebbero da riprendere questioni sulle quali non troveremo mai un accordo – la scelta di suicidarsi sulla base di questa considerazione possa essere del tutto razionale e non necessariamente patologica.
La chiesa ritiene quest’epoca “rivoluzionaria” perché, nonostante tutto, continua a fare sempre più fatica a continuare imperterrita a voler dettar legge anche sulle vite degli altri, e ciò le sembra ingiusto & inusitato, dopo sedici secoli di potere più o meno assoluto e un secolo e mezzo di potere “larvato”, a parole disprezzato quanto in realtà cercato & sognato. Ecco ciò che la chiesa ritiene rivoluzionario: che, nonostante tutto, ci sia sempre più gente che si permette bellamente di dissentire ai suoi assurdi diktat.
Di fatto è in atto una rivoluzione “dolce” e “lenta”, una rivoluzione democratica. Nei paesi civili è finita l’epoca della religione di stato, cioè l’epoca in cui religione e stato si identificavano per controllare i cittadini, in cui la religione (quella riconosciuta dallo stato) poteva controllare e reprimere i cittadini, poteva terrorizzarli e sfruttarli. Oggi nonostante ancora tutti i privilegi ed il potere che conserva i cittadini incominciano ad essere liberi di scegliere democraticamente e la chiesa non ha più quegli strumenti coercitivi del passato e non può neanche fare leva sulle paure (tipo dell’inferno), al massimo sulla superstizione. A parole dichiarano di apprezzare il fatto di essere passati all’epoca della libertà di scelta, che adesso i fedeli che restano sono più convinti e motivati, ma di fatto rimpiangono il passato e non apprezzano tale situazione, come quella di non poter più nascondere i loro traffici e segreti, di non essere più al di sopra della legge. E continuano a pretendere di essere il riferimento di una presunta etica universale, superiore a quella “umana” a cui anche i cittadini liberi dovrebbero piegarsi. Ma le “presunte” argomentazioni logiche e razionali a sostegno non funzionano, possono convincere solo qualche fedele.
“…….Epicuri de grege porcum”. La filosofia può aiutare. Se per alcuni la vita è una sequenza di reazioni biochimiche che ai nostri sensi risultano piacevoli o invece dolorose, quando queste ultime prevalgono significativamente, perché continuare?
Spesso la vita è come quei film che, all’inizio del secondo tempo, ci si rende conto che è una vaccata… però si resta lì fino alla fine sperando nel colpo di scena finale. 😎
Oddio Diocleziano,
mi fai venire in mente un (bellissimo peraltro in questo caso, non una vaccata) film francese che ho visto taaanti anni fa: “Ci sarà la neva a Natale”? Di una tristezza senza scampo, da suicidio appunto ….!
Dovrei rivederlo ora che ci penso …..
Volevo segnalare un refuso nella frase del pallone della foto:
“Eutanasia legale. Per vivere liberi, fino alla fine.”
La frase corretta è:
“Eutanasia legale. Per vivere liberi, almeno alla fine.”
Grande Frank!
🙂
Direi che deriva da una serie di compromessi. Anch’io sono d’accordo sul fatto che si possa parlare di maturità completa più attorno ai 25 anni, ma questo creerebbe parecchi problemi organizzativi alla società, come l’eliminare persone troppo anziane (ma qui con che criterio, visto che ci sono persone lucide anche a 90 anni). Se pensi che la tendenza attuale è di abbassare ulteriormente tale limite….
RobertoV
Ma chi è quel pazzo che parla di « eliminare persone anziane », che non soffrono più di tanto e continuano a gioire della vita anche se non proprio sempre « lucide » ?
-La scienza deve contemporaneamente cercare di prolungare la vita fino al suo limite “normale”, senza nessuno accanimento terapeutico, ed aiutare gli individui a svilupparlo affinché possa corrispondere a “un istinto di morte” naturale.
L’evoluzione e l’immortalità sono due concetti incompatibili. Se gli organismi devono migliorare e rinnovarsi nel tempo, la morte è un fenomeno tanto necessario quanto la riproduzione. Guai se non esistesse…..In altre parole, se l’immortalità non esiste, non è per necessità biologica, ma solo perché, essendo biologicamente inutile, non è stata selezionata dall’evoluzione.
Anche il suicida trova il modo di eliminarsi (o assistito dall’eutanasia) per « piacere » poiché la soppressione di un dolore insopportabile –e, sopprattutto, irreversibile- con la morte equivale ad un piacere ! A questi livelli l’istinto di vita si sgretola, perde la sua efficacità.
-E, come diceva Arthur Schopenhauer, « esigere l’immortalità dell’individuo, equivale a perpetuare un errore all’infinito »….
L’immortalità non esiste non perché biologicamente inutile ma perché fisicamente impossibile, in violazione dei principi della termodinamica.
-L’uomo condivide la morte con tutti gli esseri viventi superiori, animali o piante. Solo i microrganismi unicellulari, come i batteri, possono evitarla. Quando le condizioni sono favorevoli, la cellula che li compone si divide in due cellule identiche che, a loro volta, daranno due celle identiche, ecc…..
È una forma molto concreta di perpetuazione (quasi) eterna della vita, o di “vita eterna” che in questo caso non ha nulla di mitico. Ma con l‘apparizione dei metazoi, le cose cambiano, la morte diventa obbligatoria…..
Inutile, l’immortalità è già condannata. Anzi doppiamente condannata, se il suo abbandono procura, inoltre, anche un beneficio. Esiste un punto oltre il quale l’estensione della vita non è più redditizia, in termini evolutivi.
Va inoltre notato che esistono cellule immortali, cioé che possono essere divise quasi indefinitamente in coltura !… Queste non sono cellule normali, che seguono la legge di Hayflick, ma cellule trasformate da un virus, una sostanza chimica cancerogena o dall’esposizione alle radiazioni ultraviolette. Le modificazioni genetiche apportate da queste cellule possono consistere in una semplice mutazione puntuale, ovvero un singolo errore su uno dei tre miliardi di nucleotidi nel genoma umano. Questa semplice mutazione, se trasportata da un gene fondamentale nel controllo della divisione cellulare, può essere –lei sola- responsabile dell’ immortalizzazione.
Ho scritto male, ho utilizzato in modo improprio il termine eliminare riguardo alle persone anziane: intendevo non considerarle più mature visto il decadimento fisico. Mi riferivo al discorso sulla maturità ed alla definizione del range.
Va detto che c’è stato veramente qualche politico che ha proposto di non pagare più le cure alle persone anziane oltre una certa età.