Appello alla Corte Costituzionale perché riconosca il diritto al suicidio assistito

Al convegno in corso oggi alla sala Isma del Senato della Repubblica, organizzato da Uaar e Consulta di Bioetica, è stato lanciato il seguente appello alla Corte Costituzionale affinché riconosca la fondatezza costituzionale del diritto al suicidio medicalmente assistito nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale. I firmatari, che si sono idealmente costituiti come amici curiae, sono una pluralità di esperti (filosofi, medici, giuristi), di attivisti e di rappresentanti di associazioni impegnate per il diritto all’autodeterminazione nel fine vita.

APPELLO ALLA CORTE COSTITUZIONALE
perché riconosca il diritto al suicidio medicalmente assistito

I sottoscritti firmatari di quest’appello condividono l’urgenza che in Italia sia modificato il divieto assoluto di aiuto al suicidio posto dall’art. 580 c.p., perché oggi esso non risponde più ai valori personalissimi di libertà e di autonomia costitutivi della dignità della persona, costituzionalmente tutelata.
Presentando quest’appello al Convegno “Per il diritto al suicidio medicalmente assistito: un’urgenza non più rimandabile” (Roma, 9 settembre 2019), i sottoscritti si rivolgono alla Corte Costituzionale in vista dell’udienza fissata per il 24 settembre 2019, costituendosi idealmente come amici curiae che riepilogano le principali ragioni a sostegno del suicidio medicalmente assistito e della parziale illegittimità dell’art. 580 c.p.

  1. L’enorme sviluppo delle tecniche mediche degli ultimi decenni ha reso obsolete parte delle modalità di tutela della vita umana apprestate prima dell’avvento della rivoluzione biomedica oggi in corso. In particolare, il suicidio medicalmente assistito si differenzia sostanzialmente dalle forme più tradizionali di questa azione, nelle quali il suicida fa tutto da solo e in segreto, tenendo celati i propositi e le modalità di esecuzione. Nelle nuove condizioni, il proposito di porre fine alla propria vita è dichiarato pubblicamente, e quest’aspetto cambia radicalmente la situazione, perché consente un approfondimento della richiesta, una valutazione delle ragioni che la sostengono, e anche una eventuale rimozione delle difficoltà contingenti (sociali, psicologiche etc.) che potrebbero averla generata. La nozione di “aiuto” deve essere ripensata alla luce delle attuali capacità mediche, perché nel nostro contesto l’assistenza si pone come collaborazione a una richiesta pubblicamente controllabile che è avanzata dall’interessato per realizzare il proprio progetto esistenziale. Non basta, pertanto, né l’appello alla generica “tutela della vita”, né tantomeno la sottolineatura dello stato di “fragilità” delle persone prossime alla morte, per mantenere intatto l’attuale divieto previsto dall’art. 580 c.p.
  2. I valori etici che la pratica del suicidio medicalmente assistito si propone di tutelare sono la libertà e l’autodeterminazione, ossia i valori costituitivi della sfera personalissima di ciascuno, che riceve la massima protezione nella tradizione costituzionale liberale e democratica. La persona ha diritto al rispetto delle proprie decisioni autonome, e questo vale soprattutto alla fine della vita quando si completa il progetto esistenziale: le persone vogliono morire in coerenza con il proprio modo di vita, che non è lo stesso per ognuno di noi. Alcuni rifiutano l’idea stessa di morte, e lottano contro la morte in ogni modo, sopportando qualsiasi intervento; altri, invece, la accettano e non fanno nulla né per allontanarla né per anticiparla; altri ancora, infine, vogliono fermarsi quando vedono che il continuare la vita porta a sfigurare se stessi. Non è solo il dolore il fattore principale che può portare alla richiesta di aiuto finale, ma a strutturare la decisione è il senso della propria dignità, che si avverte essere minacciata o violata quando il processo del morire è sottratto al nostro controllo e alla nostra libertà. Posizione questa sostenuta anche dalla maggioranza dei componenti del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) nel Parere apposito del 18 luglio 2019, Riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito.
  3. Non vale l’obiezione che è impossibile accertare la volontà dell’interessato prossimo alla morte, perché in realtà ci sono metodi per farlo. La legge 219/2017 li stabilisce anche “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi” (art. 4, 1) regolando le disposizioni anticipate e le modalità per la raccolta delle stesse. Come ci sono forme attraverso cui è possibile accertare il consenso informato di chi vuole rifiutare le cure salvavita e accetta la morte lasciando che la natura faccia il proprio corso, così è possibile accertare l’autenticità della richiesta di chi chiede assistenza medicalizzata al suicidio.
  4. Non solo il rispetto per le scelte autonome dell’interessato sostiene la liceità del suicidio medicalmente assistito, ma vi sono anche ragioni di tipo solidaristico che portano in quella direzione. Infatti, l’assistenza offerta a chi si trova in una situazione di profonda sofferenza può essere dettata da benevolenza. È certamente crudele lasciare immutato l’attuale divieto imposto dall’art. 580 c.p. che in pochi anni ha portato oltre 600 italiani a recarsi in Svizzera, lontano dai propri affetti, pur di cessare le sofferenze di un’esistenza ormai giunta alla conclusione. Il fenomeno del “turismo per suicidio” (suicide tourism) è in crescita, e sollecita sia problemi di giustizia sociale dal momento che la pratica è accessibile solo agli abbienti, sia aperture alla “mortemvolontaria”, nozione che include l’eutanasia attiva volontaria ossia la pratica in cui l’atto finale è compiuto da terzi su richiesta dell’interessato.
  5. Le professioni sanitarie sono dedite al servizio alla persona e alla salute intesa come stato di benessere psicofisico. Molti medici già condividono le nuove esigenze circa la fine della vita e sono disponibili a prestare l’assistenza richiesta al suicidio: pratica che consente di tutelare la salute-benessere. L’auspicio è che presto cambino le regole deontologiche, e che esse ammettano anche il suicidio medicalmente assistito, consentendo ciò che già è accaduto con il consenso informato, il rispetto della privacy, la contraccezione, l’aborto, e altre pratiche un tempo vietate.
  6. Le cure palliative sono un ausilio importantissimo per alleviare le sofferenze, ma non sempre rappresentano la strada percorribile per garantire il rispetto del proprio piano di vita, né devono diventare un palliativo esse stesse a un problema più grande, che persiste e che a volte può essere risolto solamente con la morte volontaria.

Nel trentesimo anniversario della storica sentenza 203/1989, con cui la Corte Costituzionale ha riconosciuto la laicità come “supremo principio costituzionale”, i sottoscritti firmatari, esponenti di una pluralità di concezioni del mondo, per le ragioni brevemente sopra esposte, auspicano che la Corte Costituzionale dichiari l’illegittimità parziale dell’art. 580 c.p., riconoscendo la fondatezza costituzionale del diritto al suicidio medicalmente assistito nell’ambito del SSN: diritto derivante dal giusto rispetto dell’autonomia del cittadino e dai legami solidaristici che reggono il vincolo sociale.

Roma, 9 settembre 2019.

Maurizio Mori, Consulta di Bioetica Onlus, Presidente, Università di Torino;
Roberto Grendene, Uaar – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, Segretario nazionale;
Piergiorgio Donatelli, Consulta di Bioetica Onlus, Sapienza Università di Roma;
Mariella Immacolato, Consulta di Bioetica Onlus, Medico legale;
Adele Orioli, Uaar – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, giurista;
Carlo Flamigni, Consulta di Bioetica Onlus, Uaar – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti;
Mario Riccio, Consulta di Bioetica Onlus, medico rianimatore;
Patrizia Borsellino, Comitato per l’Etica di Fine Vita, Presidente, Università degli studi Milano-Bicocca;
Marinella Maucioni Piludu, Associazione Walter Piludu, Cagliari;
Emilio D’Orazio, Centro Studi Politeia, Milano, Direttore;
Alessandra Pisu, Associazione Walter Piludu, Presidente, Università di Cagliari;
Paolo Briziobello, LItaliaintesta, Presidente;
Lisa Canitano, Vita di Donna, Presidente;
Silvana Prosperi, Associazione Itinerari Laici;
Johannes Agtenberg, olandese, autore de volume Libertà di decidere. Il fine-vita volontario in Olanda, 2017;
Eugenio Lecaldano, Consulta di Bioetica Onlus, Centro Studi Politeia, emerito La Sapienza Università di Roma;
Laura Cattinari, Associazione Libera-Uscita, Presidente;
Cinzia Caporale, CNR; componente CNB;
Luca Savarino, Università Piemonte Orientale, componente CNB;
Luigi Manconi, A Buon Diritto, Presidente.

Archiviato in: Comunicati, UAAR

4 commenti

Franco Ajmar

Per quello che può contare, aggiungo, se possibile, la mia firma all’appello:
Franco Ajmar, già professore ordinario di genetica medica dell’Università di Genova

Diocleziano

Infatti in questi giorni ho visto titoli sui quotidiani che annunciavano le solite,
furtive mene dalla città del Male per bloccare la legge.

Spero che per i maldestri trafficoni finisca come di solito finisce
il maldestro Willy Coyote: spiaccicato in fondo a un burrone… 😛

Diocleziano

‘Avvenire’ di oggi esterna le loro speranze nell’appoggio di Conte, secondo il quale, a loro detta, l’eutanasia non è un diritto…

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