Negli ultimi cinque anni otto Paesi hanno abolito le leggi sulla blasfemia: si tratta di Norvegia, Islanda, Malta, la regione dell’Alsazia-Mosella in Francia, Danimarca, Canada, Nuova Zelanda e Grecia (in Irlanda la questione è in divenire, a seguito di un referendum dell’anno scorso in cui si è stabilito di stralciare dalla Costituzione l’articolo che stabilisce che la blasfemia è un reato). Ciononostante sono ancora 69 gli Stati in cui la blasfemia è punita per legge, in 6 di questi con la pena di morte; e sono ancora almeno 18 i Paesi che puniscono l’apostasia, 12 dei quali con la pena di morte.
È questo il quadro che emerge dalla nuova edizione, diffusa oggi, del Rapporto sulla libertà di pensiero nel mondo, promosso dall’Humanists International (Hi, di cui l’Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti fa parte).
E c’è di più: se è vero che alcuni casi lasciano ben sperare, come quello della pakistana Asia Bibi, graziata dall’accusa di blasfemia e riparata in Canada, è altrettanto vero che in diversi Paesi sanzioni e azioni penali si stanno inasprendo. È il caso del Brunei e della Mauritania, che negli ultimi due anni hanno aumentato le pene per blasfemia e apostasia. Il nuovo codice penale del Brunei, approvato nel 2019, rende blasfemia e apostasia, così come adulterio e omosessualità, punibili con la morte. La Mauritania dal canto suo ha introdotto la condanna a morte obbligatoria per blasfemia e apostasia nell’aprile 2018. Entrambi i Paesi figurano tra gli ultimi dieci nella classifica globale in materia di libertà di pensiero nel mondo stilata dall’Humanists International (in compagnia di Arabia Saudita, Iran, Afghanistan, Maldive, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Malaysia, Sudan). L’Europa non sfugge del tutto alle critiche, anche se si tratta chiaramente di casi di ben diversa gravità. Si distinguono in particolare l’Italia (159° posto della classifica globale) e la Spagna (91°) per azioni penali contro artisti e manifestanti.
“Le leggi sulla blasfemia e sull’apostasia sono un’ingiustizia in sé – ha dichiarato Andrew Copson, presidente dell’Hi – ma forniscono anche falsa legittimità a coloro che commettono omicidi e atti di terrorismo in loro nome. Come dimostra il nostro rapporto, quando i governi intentano azioni sotto il cappello di tali leggi si aggravano soltanto i problemi dell’estremismo religioso. Abrogare queste leggi in base agli obblighi previsti dai trattati sui diritti umani di cui quasi tutti i Paesi sono firmatari deve essere una priorità. Non risolverà tutte le altre forme di discriminazione nei confronti di umanisti e altre minoranze religiose o di credo ma sarà un passo verso la delegittimazione dell’estremismo religioso che minaccia così tante società in tanta parte del mondo”.
“La sezione del Rapporto dedicata all’Italia – sottolinea Roberto Grendene, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti – delinea un nutrito elenco di criticità, da sempre denunciate dall’Uaar: dall’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, con insegnanti scelti dalla Chiesa ma pagati dallo Stato, al sistema dell’8 per mille; dal finanziamento pubblico alle scuole cattoliche alla straripante presenza della Chiesa cattolica nel palinsesto televisivo fino ai ministri di culto che vengono pagati per assistenza religiosa in ospedali, caserme, carceri, mentre tali strutture necessiterebbero di psicologi. Non dimentichiamoci poi che anche l’Italia è tra i paesi che puniscono la blasfemia (art. 724 codice penale) e che tutela il sacro in maniera particolare attraverso le fattispecie di vilipendio, tra cui l’ultima, aggiunta nel 2006, che è una fattispecie speciale di danneggiamento che prevede fino a due anni di carcere. E le discriminazioni ai danni dei non credenti – conclude Grendene – continuano anche da morti, visto che i comuni non garantiscono luoghi consoni per i funerali civili”.
Il Rapporto è interamente scaricabile al seguente link: https://fot.humanists.international/
Comunicato Stampa
Quando leggo quanti stati ancora puniscono la blasfemia mi scappa sempre una bestemmia.