Castità e micetti: se la ricerca trae conclusioni che lasciano perplessi

Nella ricerca in generale si possono distinguere almeno due fasi: la prima è la fase esplorativa di raccolta di dati, la seconda è quella dell’analisi dei dati raccolti allo scopo di arrivare alle conclusioni. I dati grezzi dovrebbero essere idealmente oggettivi, ma molto dipende dal modo in cui vengono raccolti. Ad esempio, in un’indagine conoscitiva basata su interviste è fondamentale quello che si chiede e il modo in cui lo si chiede, per cui anche se alla fine la risposta fornita dall’intervistato è quella che è ed è un dato oggettivo, essa risente comunque della domanda di partenza che potrebbe essere formulata in modo da ottenere dati quanto più vicini a quelli che, più o meno consciamente, si desidera ottenere. Naturalmente, se il ricercatore è determinante già nell’acquisizione dei dati, figuriamoci quanto possa poi esserlo nella fase di analisi degli stessi dati. La capacità del ricercatore di ridurre e tendenzialmente eliminare la sua soggettività è quindi uno dei fattori che determinano la qualità della ricerca e la professionalità del ricercatore.

A volte ci sono casi in cui i risultati restituiti da alcune ricerche fanno per così dire storcere il naso, nel senso che la loro scarsa verosimiglianza induce nel lettore il sospetto che forse la ricerca non è stata condotta in modo ineccepibile. Questo non vuol dire che la ricerca sia sbagliata, potrebbe anche essere correttissima; vuol dire solo che il suo risultato è talmente sorprendente o inverosimile da non riuscire a vincere lo scetticismo del lettore.

Un esempio recente è la notizia secondo cui ci sarebbe un calo dell’attività sessuale nelle città visitate dal papa. Il titolo scelto per l’articolo, originalmente pubblicato dal Times, contribuisce poi ancora di più ad alzare la diffidenza del lettore verso l’attendibilità della ricerca britannica: “Gli italiani fanno voto di castità quando il papa visita la loro città”. Magari dall’esterno dell’Italia si potrebbe pensare che effettivamente la religiosità degli italiani sia talmente radicata da risentire anche solo inconsciamente dell’influenza del pontefice; noi che ci viviamo dentro, invece, non possiamo non avere qualche riserva in merito.

I dati raccolti in questo caso dicono che a partire dal terzo mese dopo la visita del papa, e per un periodo che arriva fino a 14 mesi dopo, negli ospedali italiani si registra una diminuzione delle interruzioni di gravidanza tra il 10% e il 20%, mentre per contro non si registra alcun aumento delle nascite. Sulla base di ciò i ricercatori hanno concluso che le ragioni potrebbero essere due: o il papa induce a una maggiore attenzione per gravidanze indesiderate, e quindi a usare più contraccettivi, oppure il papa influisce negativamente sul desiderio sessuale. Neanche a dirlo, la seconda ipotesi è quella più accreditata, non solo perché la chiesa osteggia la contraccezione, ma anche perché è sostenuta da un ulteriore dato: pare infatti che per tre mesi dopo la visita papale in quella città le donne frequentino maggiormente la messa, mentre tra gli uomini non si rileva nessuna variazione a riguardo.

Ancora più controversi sono i risultati di uno studio condotto nientemeno che dall’Università dell’Oklahoma, secondo cui ci sono proporzionalmente più gatti nelle case degli atei che in quelle dei credenti. La differenza è di circa il 40% in più. Il che non è di per sé un dato controverso, lo è però sicuramente l’interpretazione che di questo dato ne danno i ricercatori secondo i quali, come recita anche in questo caso il titolo giornalistico, gli atei “cercano nei mici quello che chiederebbero a un dio” (similarmente il Times riporta: “Gli atei ripongono la loro fede nei gatti ‘deificati’”). In sostanza per i ricercatori ciò sarebbe dovuto al fatto che i gatti chiedono sì affetto, ma alle loro condizioni, quando e come più aggrada loro, e questo fa crescere nei loro padroni il desiderio di coccolarli più o meno come un religioso desidera pregare il suo dio. Eppure di spiegazioni alternative ne vengono in mente diverse, come il fatto che tradizionalmente i gatti vengono dipinti come esseri simil-demoniaci, mentre i cani rispecchiano maggiormente quel fideismo proprio di un religioso, oppure la maggiore prolificità dei credenti che sottrae loro tempo e risorse per gli animali domestici, ma il sospetto che queste possano essere spiegazioni altrettanto valide non sembra aver minimamente sfiorato gli studiosi.

Massimo Maiurana

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30 commenti

Arta

Ho letto che i gatti vengono associati alle donne atee, un po’ come ancora accade per le single, perché queste sarebbero libere di non avere figli. In realtà anche molte donne atee hanno figli, così come alcune donne credenti non ne hanno. Avere un gatto, comunque, permette meglio di conciliare gli impegni e la fatica nell’accudire bambini e animali (anche se durante la gravidanza sarebbe meglio stare alla larga dalla lettiera). Paradossalmente però la maggior parte dei bambini amano i cani, ma nel mio caso mia figlia avrà il permesso di averne uno solo quando potrà prendersene cura da sola. Sempre che la cosa vada bene alla gatta, con la quale si è ignorata per 7 anni prima di stringere un certo rapporto d’amicizia.
Comunque pur amando gli animali in genere guardo sempre con sospetto chi li umanizza, chi li vede come “figli” e ancor peggio chi li deifica. Sempre che ci sia un’utilità nella bizzarra ricerca proposta dall’articolo ( così come nella prima indagine sugli effetti del papa sulla gente) non credo proprio che chi decide di tenere con sé un gatto lo faccia per qualche motivo mistico o pseudoreligioso.

Engy

io sono infastidica dai cani dentro i carrelli del Conad: da tempo immemore ci fanno mettere gli inutili guanti di plastica per prelevare frutta e verdura, poi lasciano i cagnolini (che non di rado non sono poi così “ini”) liberi di ficcare il muso dappertutto, anche in mezzo ai salami appesi ….
🙁

Arta

Sarebbe come dar ragione ai credenti e ai bigotti sul fatto che ognuno di noi necessiti di una qualche divinità da dimostrare.

bruno gualerzi

“Sarebbe come dar ragione ai credenti e ai bigotti sul fatto che ognuno di noi necessiti di una qualche divinità da dimostrare.”
Un conto è pretendere di dimostrare questa ‘verità’ attraverso un procedimento pseudo scientifico come potrebbe essere uno studio condotto con tutti i crismi richiesti perchè una ricerca possa essere definita, appunto, scientificamente impostata… un conto è ritenere che qualcosa o qualcuno che costituisca una sorta di ‘divinità ‘, se non da dimostrare, da ‘onorare’ sia in qualche modo alla base di tanti atteggiamenti fideistici, sempre più o meno prossimi a forme di feticismo, anche in quanti si ritengono atei a tutti gli effetti. Perchè è più facile di quanto si creda, non rendersi conto di far rientrare dalla finestra quanto si è ritenuto di avere cacciato una volta per tutte dalla porta, cioè l’esigenza, rimossa, di una esigenza di trascendenza.
Il perchè di tutto ciò è ovviamente opinabile (personalmente un’opinione me la sono fatta), ma è difficile negare che spesso ciò possa far parte della vita di un ateo ben convinto del proprio ateismo, ritenuto in grado di far fronte a qualsiasi forma di fideismo, comunque si manifesti. Di essere immune da qualsiasi forma di superstizione che non sia solo un’innocente, facilmente controllabile, forma di scaramanzia.

Arta

Non potendo correggere l’errore ho specificato dopo che “dimostrare” era al posto di “idolatrare”

Diocleziano

Arta
Che loro necessitino di una divinità e di doverla dimostrare, ben oltre ogni ammissibile argomento, è fuori discussione.
Ma che gli atei sentano il bisogno di surrogare un qualche idoletto con un gatto è una grande bischerata.
E non ho mai creduto che ci sia tutto ‘sto gran afflato verso il trascendente, la spiritualità, anche se nessuno ammetterà mai di non sapere minimamente in cosa consistano. Ce l’hanno e basta! Come l’anima e l’angelo custode.

Concordo con l’ultimo paragrafo di Gualerzi (anche con il resto, eh!):
credo che dipenda molto dalla cultura più che dalla superstizione, p. es. tanti errori di valutazione, idee sbagliate sui numeri, le possibilità di riuscita nei giochi tipo lotto ecc. non avrebbero ragione di essere se la preparazione scolastica fosse più razionale. Ma si preferisce spendere per l’ora di religione.

mafalda

Quando si dice “soldi buttati dalla finestra”.
Comunque l’articolo mi dà l’occasione di esprimere tutto il mio amore per i miei meravigliosi felini, che fanno una vita da dio!

Diocleziano

La verità è che bigotti hanno meno gatti perché passano troppo tempo in chiesa e i loro gatti muoiono di fame o scappano di casa.

Il succo del discorso è che i bigotti preferiscono la compagnia di un amico immaginario, piuttosto che di un gatto reale.

In quanto all’anafrodiasicità di sua Banalità sposterei l’attenzione sulla città di Roma (visto che lì ce l’hanno tra i piedi ab eterno) e controllerei se davvero non nasce più nessuno ogni qualvolta esce per comprare il giornale o gli occhiali, o tutte le volte che fa cucù dalla sua finestrina, lassù dove svolazzano i cherubini… 😛

iguanarosa

C’è anche chi parla con l’amico immaginario. Piuttosto meglio il proprietario che rimprovera il cagnetto/figliolo. ‘Giannino, ti ho detto di non abbaiare al signore del piano di sotto’.

Diocleziano

Il cagnetto/figliolo inoltre gli risparmia l’umiliante pratica di implorare favori all’amico invisibile. 😛

Franco Ajmar

Per concretezza: mi risulta che nelle “case” degli americani abitino 94 milioni di gatti.

Francesco S.

A me i gatti stanno proprio sulle scatole, per guadagnarsi il loro affetto bisogna affannarsi talmente tanto che quel tempo è meglio usato rivolgendolo ad un altro essere umano.

Meglio le micie al massimo. 😀

pendesini alessandro

Per essere sinceri direi, senza nessuna esitazione, che a me sono certe persone –doppiamente sapiens- che stanno proprio sulle scatole, a volte fino alla nausea !… I gatti non hanno bisogno di essere cullati o amati dall’umano, vivono benissimo anche indipendenti senza nessun aiuto, o (pseudo)affetto umano. Va inoltre notato che se erano venerati dagli egizi era proprio perché, grazie a loro, potevano salvare le riserve vitali, cereali ecc… da certi roditori.
Affermo inoltre che un animale di compagnia, cane o gatto, puo’ essere d’aiuto a certa gente che si trova in uno stato di disordine mentale, o patologico tipo depressione…Inoltre, dal loro comportamento e igiene, ci insegnano che sono molto più puliti e discreti –ma anche equilibrati- che la specie umana, creatura divina per eccellenza….
PS Certi ailurofobi, fobici, ma anche sadici, manifestano una paura irrazionale e persistente alla vicinanza dei gatti, e non trovano altro che torturarli, avvelenarli o ucciderli vigliaccamente…Senza dimenticare la caccia spietata di questi magnifici animali –che impersonavano il diavolo-durante l’inquisizione….

Gérard

Quello che sta proprio sulle scatole a me è che, secondo un servizio ascoltato poche settimane fa alla radio belga Vivacité , si spende in Europa piu di 2 miliardi per l’ alimentazione degli animali domestici ( senza contare tutto il resto ) e si esita ad aiutare bambini poveri che sono tanti.. tanti… tanti … E questi sono esseri umani !

mafalda

Gerard, stai ragionando come il gesuita. I proprietari di animali vorrebbero tanto che cibo, medicinali, visite e tutto il resto per i loro amici fossero meno cari, ma non si fa niente per abbassare i costi esagerati in questo settore. Se si spende, sicuramente la colpa non è dei proprietari (a parte quelli, a mio parere, che spendono per i concorsi di bellezza e che quindi sfruttano gli animali fingendo di amarli). Cani e gatti non sono pupazzi, sono parte della famiglia ed è giusto che vengano curati e nutriti nel miglior modo possibile.

pendesini alessandro

Gérard
Le persone che tengono un animale di compagnia, solitamente un cane o gatto, non sono minimamente responsabili di gente che mette al mondo da sei a quindici figli (vedi certi Paesi emergenti in Africa, India e America del Sud, per citare solo quelli) senza pensare allle difficoltà per sfalmarli ed educarli. Ritengo che questa brava gente sovente di stampo musulmano, cristiano/cattolico, induista, sono degli irresponsabili che hanno la pretesa di amare i figli ma che, tutto sommato, sono solo egocentrici opportunisti ! Detto questo ritengo che se dovessimo « aiutare » questa gente non faremmo altro che incrementare l’enorme problema dell’esplosione demografica che, nei Paesi del terzo mondo sta diventando ESPONENZIALE, con effetti collaterali che si riperquotono negativamente non solamente nelle loro numerose famiglie, ma nel mondo intero !
NB Ritengo che uno dei grandi problemi –se non il più grande- che dobbiamo tentare di risolvere (ma come ?) è quello demografico : siamo già da anni TROPPI su questa Terra ! C’est içi que le bât blesse…..

RobertoV

pendesini
Purtroppo ogni azione in campo demografico da i suoi risultati solo dopo decenni. Per esempio la Cina ha attuato la politica del figlio unico dal 1979, eppure la sua popolazione è cresciuta di oltre il 50 % ed ancora sta crescendo per raggiungere il picco a 60 anni da quella legge. Però è difficile applicare una tale legge in maniera estesa ad altre parti del mondo ed inoltre anche una popolazione troppo vecchia con pochi giovani è un problema.
I tassi demografici della maggior parte dei paesi, anche in via di sviluppo (di poco solo in alcune zone, soprattutto dell’Africa centrale rimaste culturalmente arretrate) sono scesi negli ultimi decenni, anche in modo consistente. L’India ha oggi tassi di fecondità medi per donna dell’ordine di 2.33. Inoltre non è solo un problema del fare figli, ma anche del fatto che le condizioni di vita sono in genere migliorate con un drastico calo della mortalità infantile e delle donne in gravidanza, ed allungamento della vita media in genere. All’epoca dei romani solo un bambino su tre arrivava all’età adulta, oggi anche nei paesi messi peggio 9 bambini su 10 arrivano all’età adulta. Ma non mi sembra il caso di ritenere questo un risultato negativo da non migliorare ulteriormente. E comunque il miglioramento della vita e del livello culturale alla lunga riduce la natalità.

RobertoV

Gerard
Però quei soldi spesi creano lavoro e fanno guadagnare e mangiare diverse persone, che possono anche fare donazioni. Nonostante tutto il numero di bambini in estrema povertà è in calo nel mondo, come documenta l’ONU.
2 miliardi di euro mi sembrano pochi, equivalgono a 4 euro a testa all’anno nella UE.

RobertoV

Gerard
Ho controllato, due miliardi in cibo per animali li spende la sola Italia, cioè circa 34 Euro a testa annualmente, la metà per i cani.
Però l’Italia in donazioni arriva a ben oltre i 5 miliardi di Euro (ricavati dai 730), ma secondo altri a 9 miliardi di Euro.

RobertoV

Ma su che campione hanno indagato? Ben due gatti a testa in media per gli atei e 1.4 per i credenti? Se aggiungiamo cani, uccellini vari, pesciolini gli americani avrebbero in casa un intero zoo. Sicuri che non abbiano fatto l’indagine tra gli asiatici, tipo i cinesi considerati atei, che hanno un particolare amore per gatti e cani. chiedere ai vicentini ……? Come giustamente fa notare Aimar la media nazionale sarebbe di un gatto ogni 4 abitanti negli USA, un po’ lontana da quella presentata in questo “studio”.
Su quante persone hanno indagato? Magari qualche decina come certi classici “studi” tanto sbandierati, da cui si pretende di ricavare leggi generali. Mi sembra il classico studio a tesi precostituita(magari richiesta dai finanziatori) in cui i ricercatori (o i finanziatori visto che la società indagatrice “Per la ricerca scientifica sulle religioni” è privata ed è stata fondata da un teologo), eliminano tutto ciò che non si accorda con la tesi da dimostrare.
Perché poi avere dei gatti vorrebbe dire deificarli? A me sembra che siano molto di più i padroni di cani a deificarli? Probabilmente ai ricercatori o finanziatori non piacciono i gatti e gli atei. La tesi poi che i credenti facciano più figli degli atei è un classico assunto tutto da dimostrare. Per esempio in Europa non è vero, non so negli USA.
Sull’effetto del papa mi sembra la classica agiografia e propaganda cattolica.

dissection

Ci sono un pastore tedesco, un rottweiler e un gatto che, morti contemporaneamente, si ritrovano in paradiso.
Dio, volendo testare il loro effettivo merito, pone loro alcune domande.
Chiede dunque al pastore tedesco: «Dimmi, tu in cosa credi?»
«Io credo nel lavoro, nell’etica del dovere, nell’essere sempre ligio ai miei compiti e alle mie mansioni per accontentare e far felice il mio padrone.»
Quindi Dio gli comunica: «Bene, tu siederai alla Mia destra!»
Chiede dunque al rottweiler: «Dimmi, tu in cosa credi?»
«Io credo nella difesa della vita umana, nella protezione del mio padrone fino all’estremo sacrificio della mia stessa vita.»
Quindi Dio gli comunica: «Bene, tu siederai alla Mia sinistra!»
Chiede dunque al gatto: «Dimmi, tu in cosa credi?»
Il gatto lo guarda per alcuni istanti, poi gli dice:
«Credo che tu ti sia seduto al mio posto… »

mafalda

Fantastica! Troppo vera! Amo i cani, ma per i gatti ho una vera adorazione.

Engy

Certo che mettersi nell’ordine di idee di impiegare tempo e risorse per stabilire se/che chi possiede un gatto è più probabile che sia ateo piuttosto che credente e addirittura che il gatto rappresenterebbe il surrogato di un dio, lascia stupefatti sbigottiti sbalorditi perplessi e costernati …
Al di là dei soldi buttati come diceva Mafalda, il famoso detto reggiano “ogni coion ga la so pasioun” (Bruno Gualerzi mi capisce) è anche in questo caso più che mai calzante! 🙂

Diocleziano

Potremmo proporli per l’Ignobel.

Se buttano soldi per queste bischerate,
domandiamoci sotto quale forma si aspettano un ritorno.

dissection

Beh, se pensiamo che in America hanno speso tempo & denaro pregando nei campi per vedere se il raccolto cresceva di più…

Gérard

Una mia amica tedesca emigrata negli Stati Uniti mi racontava spesso per email che la cosa che l’ aveva piu sbalordita in questo paese era la stupidita e l’ infantilizzazione della gente …

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