La laicità del pensiero

Vi proponiamo un articolo dal N2/2020 del bimestrale dell’Uaar, Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più umano. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquista il singolo numero di Nessun Dogma in formato digitale.


«La nostra ragione non può assolutamente trovare il vero se non dubitando; ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza; e non solo il dubbio giova a scoprire il vero, ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita sa, e sa il più che si possa sapere.»

Giacomo Leopardi, Zibaldone

La nostra ragione non può assolutamente trovare il vero se non dubitando; ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza; e non solo il dubbio giova a scoprire il vero, ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita sa, e sa il più che si possa sapere. Giacomo Leopardi, Zibaldone

Le parole ‘laico’ e ‘laicità’ hanno più significati. Laico è colui che non è ordinato sacerdote di una religione o non esercita una certa attività per professione, laico è colui che non sa, rispetto a chi sa. Laiche sono le istituzioni che osservano una posizione equidistante o indifferente rispetto alle opinioni religiose. Altri significati ancora registra il dizionario, qui però voglio parlare di un significato particolare della laicità, di carattere privato e individuale, il quale tuttavia si collega con quelli che ho citato e anzi, proprio della laicità delle istituzioni, che è invece questione pubblica e politica, rappresenta il presupposto.

La laicità è anche un modo di pensare, una forma del pensiero umano. È il modo di pensare fondato sullo spirito critico, per cui ogni informazione deve essere vagliata e accettata solo in capo a una verifica ragionata, rifiutando il principio di autorità. Beninteso, in capo a questo processo non si giunge alla verità, ma si giunge a un’opinione non mutuata da altri, dai mezzi d’informazione, dalla tradizione, dall’insegnamento o da una qualche autorità, ma a un’opinione frutto del nostro sforzo di conoscenza e del nostro pensiero critico, un’opinione che non si fonda sulle pretese certezze che ci vengono proposte da altri, bensì nasce dal dubbio. È anche ovvio che, considerando la difficoltà e l’impegno che questo processo di vaglio comporta, riserveremo questa faticosa impresa alle questioni che la meritano, quelle che riteniamo tali da condizionare la nostra vita e la nostra concezione della vita medesima. Non ci fermeremo, emuli dell’asino di Buridano, incerti tra bere e mangiare, ma piuttosto ci fermeremo a considerare ciò che è buono e giusto e ciò che è male e non giusto, fermo restando che non conterà tanto il risultato del ragionamento quanto piuttosto il ragionamento stesso, l’esito del quale potendosi considerare comunque valido, se frutto della ragione.

Questo procedimento di costruzione delle opinioni comporta, di necessità, due conseguenze. In primo luogo, impone il dovere della tolleranza nei confronti delle opinioni diverse dalle nostre. Così come noi rivendichiamo il diritto di costruire liberamente le nostre opinioni imponendoci il dovere di fare uso dello spirito critico, così possono rivendicarlo gli altri che la pensano diversamente da noi. L’unico limite che dobbiamo porre al dovere della tolleranza è la ferma opposizione nei confronti di coloro che propongono l’intolleranza o che, peggio, intendono imporre con ogni mezzo le loro opinioni. È questo un dovere che incombe non solamente ai singoli, ma anche alle istituzioni, se davvero s’ispirano alla laicità. Contro gli integralismi le istituzioni e gli individui hanno il dovere dell’integralismo dell’intolleranza.

In secondo luogo, il modello laico del procedimento di costruzione delle opinioni comporta la disponibilità a rivedere in ogni momento le proprie idee ed eventualmente anche a modificarle. La consapevolezza che le nostre opinioni sono appunto opinioni, frutto del nostro sforzo di confronto critico tra diverse opzioni, non può non metterci in allerta sul fatto ch’esse sono, appunto, criticamente incerte. Vale a dire che se ci venissero proposte idee sorrette da argomentazioni più convincenti di quelle che ci hanno indotto a far nostra una certa idea, dobbiamo essere pronti a modificarla. Ciò non significa affatto incostanza o incertezza di pensiero, come vorrebbe l’immagine falsa e clericale del relativismo, ma solamente la consapevolezza che la verità si scrive senza la V maiuscola ed è, appunto, un’opinione. Per esempio, personalmente sono convinto che l’esistenza del buon dio, quale le religioni lo propongono, è una favola, ma sono pronto, se me ne fossero fornite prove razionalmente convincenti, a rivedere la mia opinione. Non così le religioni che, senza offrirne alcuna base razionale, ne propongono l’esistenza come vera. Qui sta la differenza tra lo spirito critico che informa il pensiero laico e lo spirito dogmatico ed è, s’intende, una differenza inconciliabile.

Il pensiero laico, con le caratteristiche essenziali sopra descritte, è meno attraente del pensiero che accetta le proposte altrui senza vagliarle? Sì e no.

Sì, se si considera la fatica che l’esercizio del pensiero laico comporta, quando è tanto più comodo accogliere acriticamente le idee suggerite, accoglimento che oltre tutto, omologandoci ai nostri simili, rende più facile la possibilità d’essere accolti a nostra volta. Sì, se la consapevolezza della fragilità dei nostri convincimenti, frutto del dubbio, ci appare meno rassicurante delle certezze che forme di pensiero forti e consolidate pretendono di offrire, sulla base del principio di autorità.

No, però, se siamo portati a pensare con la nostra testa, se amiamo l’indipendenza del giudizio, se preferiamo una verità fragile, ma nostra, rispetto a quella non verificata proposta da altri, che potrebbe essere tanto verità quanto impostura. No, se pensiamo che il dono della ragione, da qualunque parte venga elargito, c’impone il dovere di farne uso: usano della ragione, della loro ragione, tutti gli animali; e la specie umana, che pretende di esserne l’unica dotata, è l’unica a non sentire la vergogna di disprezzarla e di rinunciarvi. No, se l’uso libero del pensiero appare come una qualità irrinunciabile della vita. No, se preferiamo la fatica della ricerca alla petrarchesca “consolazione dell’ignoranza”.

Insomma, è vero che si fa meno fatica a comprare cibi pronti al supermercato piuttosto che mettersi in cucina e cominciare con pazienza a mondare le verdure, ma non venite a millantare che la qualità della pietanza è la medesima. Così per le idee.

Valerio Pocar


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2 commenti

iguanarosa

I fatti dovrebbero essere accertati prima di dare notizie e certezze. Alcuni fatti però non sono accertabili con certezza e proprio là è più probabile che credenze e superstizioni prevalgano sulla sospensione del giudizio.

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