«Puntuale come un orologio svizzero, anche nella difficile fase che vive il paese, la Chiesa batte cassa per le scuole cattoliche paritarie. I 120 milioni che sarebbero stati stanziati con il decreto rilancio non bastano. Vogliono un miliardo. È sempre la stessa storia: il governo compiace la Cei sottraendo fondi alla scuola pubblica, sotto il consueto ricatto che le paritarie sono indispensabili, che senza sarebbe una sciagura. Una vera e propria fake news: prima di tutto i fondi che vanno alle paritarie sono ben superiori (circa un miliardo all’anno calcolando i soldi che arrivano dalle altre amministrazioni pubbliche), in secondo luogo la loro chiusura non è detto si traduca in una – peraltro assolutamente auspicabile – migrazione alle scuole pubbliche (essendo una scelta educativa quella di mandare i propri figli nelle scuole confessionali), infine ammesso e non concesso che tali studenti tornino in massa alle vere scuole pubbliche, l’impatto sarebbe minimo. Perché gran parte dei costi pubblici sono fissi (stipendi degli insegnanti e mantenimento degli edifici) e non variabili».
Il segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), Roberto Grendene, commenta così le notizie di questi giorni in materia di fondi alle scuole private.
«In tutto questo starnazzare c’è però una notizia positiva», prosegue Grendene: «La Cei vorrebbe usare l’8×1000 a essa destinato per scopi educativi, ossia per le proprie scuole. Finalmente ci troviamo d’accordo su qualcosa: le scuole private cattoliche devono essere finanziate dalla Chiesa o da privati in generale, visto che hanno un progetto educativo religiosamente orientato. Lo faccia, finché questo perverso meccanismo è in piedi, usi i fondi che incassa in questo modo per le proprie scuole. Siamo sicuri che anche se la legge 222/1985 che disciplina l’istituto non lo prevede troveranno il modo di farlo e che nessuno se ne lamenterà. Altrimenti, usi le ricchezze già in suo possesso. La Chiesa è il più grande immobiliarista del mercato, dismetta una piccola parte del suo impero e finanzi le sue scuole private! La curia di Bologna possiede la FAAC, la multinazionale dei cancelli automatici. Quotata sul miliardo e mezzo di euro. Ecco – conclude Grendene – per accontentare i desiderata della Cei si usino i proventi di queste “pie” attività. Senza drenare risorse a una scuola, quella pubblica, che già fa così fatica a far quadrare i conti».
Comunicato stampa
Non ho ben capito cosa impedisca alla CdM di impiegare i soldi dell’8×1000 per le loro scuole. Anche in considerazione del fatto che detti soldi, da sempre, non sono spesi per ciò che ufficialmente sarebbe la loro destinazione.
(Non vorrei mai più vedere un uomo con un capestro attaccato al collo, che si aggiri tra i bambini!)
” Perché gran parte dei costi pubblici sono fissi (stipendi degli insegnanti e mantenimento degli edifici) e non variabili”. Andrebbe inoltre specificato che calcolare il costo medio per alunno, deducendone che, nel caso di passaggio in massa degli studenti delle scuole cattoliche alle scuole statali, tale cifra andrebbe moltiplicata per il numero di allievi trasferiti, è decisamente fuorviante. In molti casi, infatti, gli studenti sarebbero spalmati fra le classi già attivate, con un minimo aumento di alunni per classe, senza necessità di formare classi nuove, e, come chiunque opera nella scuola sa bene, in concreto quello che costa allo stato non è il singolo studente, ma ciascuna classe, visto che una classe di 22 o 24 allievi occupa lo stesso spazio e richiede lo stesso numero di insegnanti. Un discorso in parte diverso va fatto per le scuole dell’infanzia, dove lo stato ha di fatto delegato gran parte dell’istruzione agli istituti confessionali, contravvenendo ad un preciso obbligo costituzionale: questo non significa però che lo stato debba continuare a finanziare le scuole private, ma che debba una buona volta fare il proprio dovere.
D’accordo su tutto tranne sul fatto che “spalmare”alunni su più classi no darebbe un problema. Attualmente, anche in previsione di una diminuzione della popolazione in età scolare (che però non è uniforme e non dovrebbe diventare consistente prima di una decina d’anni) il numero di alunni per classe è sempre più alto di quanto la normativa prevederebbe. Nei rari casi un cui si va sotto i 20 alunni in genere questi sono sistemati in classi minuscole, in più ci sono frequenti deroghe che portano spesso alla formazione di classi pollaio (parliamo di 26-28 alunni alla primaria, qualche volta con uno o più alunni disabili). Se la fetta di alunni trasferiti dalle scuole private (o paritarie, ma per me private restano) fosse davvero consistente la prima cosa a cui pensare sarebbero gli ambienti. Non parliamo poi della situazione post Covid 19…
Sento sempre parlare di queste classi pollaio, argomento spesso utilizzato per giustificare le paritarie, ma se vado a vedere i dati del Miur scopro che la media nazionale nel 2018 era di 20.7 alunni per classe, nonostante la riduzione delle sezioni e delle scuole. Tenendo conto che non ci possono essere classi con meno di 15 studenti per classe la quota di classi con più di 25 persone è di pochi percento, rappresentata soprattutto da classi di 26-28 alunni, cosa che qualche decennio fa era la norma. In effetti i miei figli alle primarie hanno avuto qui a Milano, dove le paritarie sono forti, sempre classi da 20-22 studenti, e solo in 1° liceo 26 studenti al primo anno, poi sempre ridimensionati a 20 o meno negli anni successivi. Da noi in zona hanno chiuso una paritaria senza problemi, assorbita dal pubblico esistente. Quindi in molte realtà l’aumento dovuto a chiusure di paritarie potrebbe essere assorbito senza sostanziali aggravi di costi.
Di certo il costo marginale in generale, sarebbe di molto inferiore al classico costo medio che utilizzano propagandisticamente per calcolare i risparmi dovuti alle primarie perchè anche aggiungere una sezione non ha un costo pari al costo medio.
Tra l’altro visto che i costi per scuola variano anche di 10 volte a seconda delle realtà, utilizzare un costo medio nazionale è già sbagliato di per se in partenza visto che le scuole paritarie rimaste sono quelle più redditizie, quindi operano in realtà con costi bassi lasciando al pubblico di coprire le zone meno redditizie.
Certo ci sono classi pollaio, ma ci sono anche situazioni diverse. Personalmente ricordo che non molti anni fa in una mia classe di 20 studenti se ne erano aggiunti due provenienti da un istituto privato, per cui il numero complessivo era salito a 22; soluzione decisamente accettabile e a costo zero.
Per le scuole pubbliche che hanno subito pesanti tagli negli ultimi decenni hanno recentemente a fatica stanziato 1.5 miliardi di Euro e le scuole paritarie che rappresentano il 10 % del totale e che sono già riuscite a spillare altri 150 milioni ne vorrebbero addirittura un miliardo in più! Quale proporzione!
Soldi che si aggiungono a quasi 1.5 miliardi che già prendono complessivamente tra stato, regioni e comuni (dato della Cisl), cifra che cercano sempre di minimizzare parlando sempre e solo della quota statale di mezzo miliardo. Bello fare il privato così, in cui lo stato copre la maggior parte dei costi (tenendo conto anche di tutti i vantaggi secondari del “presunto” privato su tasse e stipendi) e ti mantiene i clienti. E tenendo conto anche degli obiettivi e degli interessi della chiesa cattolica con le sue scuole confessionali (quindi sono anche un suo investimento, non della società).
Vorrei far notare che la chiusura di una scuola cattolica non significa necessariamente passaggio allo stato. La sua chiusura potrebbe aprire spazi di mercato ad altre scuole private più efficienti. La situazione attuale di “alternativa” è monopolizzata dalla chiesa cattolica (quindi è limitata come libertà di scelta ed in certe zone è addirittura l’unica scelta) che cerca di congelare il mercato a suo favore.
Se anche si ritiene che una libertà di scelta debba essere garantita, non si capisce perchè debba essere sostanzialmente confessionale e cattolica. Immaginiamo che una scuola paritaria cattolica chiuda e venga rilevata dall’UAAR. La pluralità sarebbe garantita lo stesso e se c’è un mercato potrebbero continuare ad operare. Certo troverei inaccettabile pretendere aiuti dallo stato perchè vorrebbe dire che il mercato non c’è o non si è capaci ed allora è meglio chiudere oppure che vogliamo guadagnare a spese dello stato, esattamente la situazione delle paritarie cattoliche.