Cento anni fa per la prima volta veniva legalizzato l’aborto. Accadeva nell’Urss con un decreto fortemente voluto da Alexandra Kollontaj, attivista pioniera dell’emancipazione femminile e prima donna a diventare ministra.
Il 28 settembre è la giornata per l’accesso all’aborto sicuro, istituita negli anni Novanta dopo una campagna portata avanti da attiviste sudamericane e caraibiche. Tanti i passi avanti, ma c’è ancora bisogno di lottare: in 16 paesi al mondo l’aborto è ancora considerato un reato e in altri 30 ammesso solo in caso di pericolo di vita della donna. In Italia è formalmente consentito dal 1978 ma gli ostacoli sono tanti: primo fra tutti il dilagare dell’obiezione di coscienza.
L’Uaar è al fianco delle donne per la loro autodeterminazione. Tra i nostri obiettivi:
- Abolizione dell’obiezione di coscienza prevista nei reparti di ginecologia degli ospedali pubblici, che devono garantire premura e tempestività nei confronti di chi chiede una Ivg e che devono inibire l’accesso agli attivisti ideologicamente orientati.
- Presenza capillare di consultori pubblici.
- Eliminazione di ogni ostacolo per l’utilizzo della pillola RU-486.
- Imposizione di sanzioni ai farmacisti che “obiettano”.
La redazione
Secondo la legge 22 maggio 1978, n. 194 “Il ginecologo può esercitare l’obiezione di coscienza. Tuttavia il personale sanitario non può sollevare obiezione di coscienza allorquando l’intervento sia “indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo” (art. 9, comma 5)”. Il comma di cui sopra ha senso per i dipendenti degli ospedali pubblici assunti prima dell’entrata in vigore della legge. Per gli assunti successivamente a tale data il problema non deve porsi. Sarebbe come se io, ingegnere meccanico pacifista, mi facessi assumere da una fabbrica di armi, prendessi lo stipendio, e, al momento di esercitare il mio lavoro, mi rifiutassi in quanto obiettore.