L’alternativa c’è

A seguito della vittoria legale Uaar contro il Ministero dell’Istruzione – sentenza del Tar di cui abbiamo dato notizia ieri – pubblichiamo il seguente articolo uscito sul n.2/2020 di Nessun Dogma, il bimestrale dell’Uaar. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale. Consulta l’archivio per leggere i numeri disponibili integralmente con licenza Creative Commons BY-SA 4.0


Come l’aiuto dell’Uaar cambia (in meglio) la vita di studenti e genitori.

Innanzitutto smettiamo di chiamarle “ora di religione” e “ora alternativa”, perché alla scuola primaria – quel ciclo in cui il famigerato insegnamento della religione cattolica, per amici e nemici “Irc”, è foriero di maggiori danni, sia cognitivi che logistici – di ore settimanali se ne subiscono ben due. Due ore di religione, spesso strategicamente piazzate a inizio o fine giornata scolastica per indurre i “non avvalentisi” (sgradevole espressione burocratica che implica la rinuncia a un presunto vantaggio, quale sarebbe l’indottrinamento religioso) a ritardare l’ingresso o anticipare l’uscita, invece di rompere le scatole chiedendo che si offrano attività didattiche alternative (magari dribblando moduli “taroccati” che non riportano neanche l’opzione). Esattamente quanto capitò a me circa cinque anni fa, quando il mio primogenito Francesco Libero iniziò a frequentare la prima elementare in un istituto comprensivo di Palermo centro, a cui lo avevo iscritto online (se non ricordo male “novità” di quell’anno) barrando diligentemente la casella “non si avvale”. Venni convocato un martedì pomeriggio di ottobre, dopo qualche settimana di timide ma fiduciose domande («Quando inizierà l’alternativa?», «Si sa già il nome dell’insegnante?», «Il progetto è pronto?», «Domani mio figlio non sarà nuovamente spedito in un’altra classe, vero?»), seguite sempre da una risposta che mi ostinavo a percepire rassicurante: «Non si preoccupi, stiamo provvedendo». Era il giorno in cui si riuniva il collegio docenti, quindi, forte delle faq Uaar mandate a memoria da bravo papà attivista, ero convinto che si trattasse dell’ultimo passaggio (“sentite le famiglie”) per avviare il corso.

«Buonasera signor Maone. L’abbiamo chiamata per comunicarle la soluzione al problema di suo figlio che non si avvale della religione. L’abbiamo messa alla prima ora, così ce lo può portare comodamente alle 10:15».

«Dev’esserci un errore, io avevo chiesto l’attività didattica alternativa. Non vi siete riuniti oggi per varare il progetto?»

«Quale alternativa? In questa scuola non si è mai fatta. Siamo cattolici, noi».

«Eh, vedo, c’è finanche quella statua della madonna per le scale con ceri e fiori che manco in chiesa. Pesante, pure. Forse sarebbe il caso di rimuoverla, prima che si sfracelli in testa a qualche bambino…».

«La Madonna li protegge, i bambini. Se ha paura per suo figlio lo facciamo passare dall’altra scala: questa è la sola alternativa che posso concederle. Arrivederci».

Dopo questo amabile scambio di cortesie con la responsabile del plesso (che avrei scoperto più tardi essere responsabile anche del suddetto simulacro mariano, nonché di un altrettanto mariano pellegrinaggio che ogni 12 maggio, rigorosamente in orario scolastico, vedeva tutti i piccoli allievi portare ciascuno “un fiore all’Immacolata” nella vicina parrocchia, dove la signora è tuttora catechista), corsi a scaricare il fac-simile di diffida da http://www.uaar.it/uaar/campagne/progetto-ora-alternativa/ per compilarlo e inviarlo al dirigente scolastico tramite posta elettronica certificata. Tutte le scuole statali sono da tempo dotate di Pec, e questo episodio mi rivelò plasticamente la potenza del mezzo e la differenza tra orale e scritto: i quasi due mesi di sollecitazioni verbali, culminate nella conversazione lunare di quel pomeriggio, contro cinque minuti di copia e incolla e un clic su “invia”. L’indomani stesso ricevevo responso: due supplenti (una per ciascuna ora) avrebbero elaborato un progetto di potenziamento della lettura e lo avrebbero proposto a Francesco Libero a partire dalla settimana successiva. Da allora è cresciuto mio figlio: quest’anno è in prima media, entusiasta del progetto di coding condiviso per il quale il responsabile della sua ora alternativa (docente di tecnologia) ha messo in rete tutti i “non avvalentisi” in un’unica classe virtuale. Ed è cresciuta la scuola: fin dall’anno successivo i progetti di didattica alternativa sono stati elaborati con maggior attenzione, ma soprattutto inclusi nel piano dell’offerta formativa e pubblicizzati all’open day, causando un fiorire di adesioni da parte di famiglie che fino ad allora erano rimaste all’oscuro di questa opportunità. Nel frattempo anche gli altri due eredi Maone, Irene Ipazia e Alberto (da Einstein) Giuseppe, ora rispettivamente in quarta e in seconda, sono andati a infoltire le file degli “alternativi”, raccogliendo a loro volta proseliti: proprio quest’anno un compagno di mia figlia, di famiglia cattolica, ha deciso di abbandonare l’Irc perché «l’alternativa è più divertente», ad anno scolastico iniziato, rivendicando (e vedendosi riconosciuto, sia pure dopo qualche resistenza) quel diritto a cambiare idea che l’Uaar ha sempre difeso e che è stato di recente sancito dalla sentenza 4634/2018 del Consiglio di stato. Verba volant: i successi si conseguono quando le richieste sono messe per iscritto, con cortesia ma con fermezza, ed indicando puntualmente i riferimenti normativi. L’Uaar ne offre un prezioso compendio sul proprio sito web, e prossimamente riattiverà la buona pratica di ricavarne un memorandum da inviare periodicamente alle scuole sul territorio: i dirigenti talvolta ignorano la giurisprudenza in buona fede, oppure hanno bisogno di essere “messi con le spalle al muro” per prendere decisioni che magari nel loro intimo condividono ma temono impopolari o a rischio di rappresaglie da parte del politico cattofascista – pardon – sovranista di turno. E così, Pec dopo Pec, i pellegrinaggi maggesi sono stati aboliti, come le preghierine a inizio lezione e tutti gli altri atti di culto in orario scolastico, e la Madonna delle Scale non incombe più su testoline innocenti. La responsabile di plesso/catechista, invece, è ancora lì. Con lei, da membro del consiglio d’istituto e di tutti e tre i consigli di classe in cui sono eleggibile, intrattengo rapporti molto più cordiali di quanto gli esordi lasciassero sperare. Si sarà persuasa pure lei che i bimbi cattolici non vanno mica all’inferno solo perché il fiore all’Immacolata lo portano di pomeriggio o nel fine settimana, e che perfino quegli altri, i piccoli infedeli dell’alternativa, possono essere altrettanto buoni: good without god.

Giorgio Maone


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2 commenti

Diocleziano

Mi domando se quel tipo di devoto-talebano si rende conto della piccineria della sua fede se deve ricorrere a sotterfugi meschini per favorire il suo debole dio. E poi, non è peccato ingannare il prossimo?

Nel merito delle materie scolastiche, qualsiasi alternativa è meglio dell’ora di religione. Ovvero: la religione è la peggior alternativa alle materie scolastiche.

dissection

E bravo Giorgio Maone. “La Madonna li protegge, i bambini.” Anche quando crolla il tetto della scuola? Sarebbe da fare la controprova. La scuola, ma ancora di più la catechista, sono in grado, dietro firma autenticabile, di assicurare AL 100% CHE LA MADONNA PROTEGGERÀ I BAMBINI, NON FARÀ MAI LORO DEL MALE, E IN CASO DI EVENTO AVVERSO LA CATECHISTA E LA SCUOLA NE RISPONDERANNO DIRETTAMENTE E PERSONALMENTE DI TASCA PROPRIA? Se la loro fede, che pretenderebbero di propinare così platealmente e scontatamente alle giovani anime, è vera, buona & giusta, perché non dovrebbero farlo? Tra l’altro, essere cattolici non mi sembra che li/ci abbia risparmiati dal flagello, ad esempio, del coronavirus… E nonostante le preghiere, i contagi stanno risalendo. Due conti con il cervello, no?

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