Ora alternativa: la vittoria legale Uaar costringe gli esperti Cei a buttarla in caciara

“Nicola, ho letto di una sentenza del TAR a proposito dell’ora alternativa all’IRC, ci aiuti a capire?”. È la domanda di un lettore di culturacattolica.it, a cui risponde l’“esperto Cei di Irc” Nicola Incampo, il quale si scaglia contro l’Uaar, crea confusione, non entra nel merito e scrive strafalcioni. Cosa sta succedendo?

La vicenda parte da lontano, nel gennaio 2012, con la lettera che l’Uaar aveva scritto alle scuole per invitare i dirigenti scolastici a garantire tempestivamente i diritti degli scolari che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica (Irc). Il quotidiano dei vescovi Avvenire rispose a stretto giro, tramite il proprio esperto Nicola Incampo, attribuendo all’Uaar l’intento di creare confusione e intimando ai dirigenti scolastici non far nulla per organizzare le attività alternative all’Irc se non ad anno scolastico avviato. C’è da immaginare che i vescovi non si limitarono alle esternazioni sul loro giornale: coincidenza volle che il Ministero dell’istruzione modificò la circolare per le iscrizioni scolastiche e dall’anno successivo le scuole non raccolsero più il modulo di scelta delle attività alternative contemporaneamente a quello dell’Irc, ma solo quando era ormai troppo tardi, ossia dopo il primo giorno di scuola e a lezioni di religione cattolica, quelle sì, partite tempestivamente. Con conseguenze tristemente prevedibili: discriminazione infantile su base religiosa tra le mura della scuola pubblica, con bambini di 3-11 anni smistati in altre classi, messi in corridoio, oppure costretti ad assistere alla lezione del docente scelto dal vescovo. Questo per settimane o mesi, in attesa che la scuola assicurasse quello che è semplicemente un loro diritto: un insegnante, un programma didattico, un’aula per accoglierli e per garantire loro il diritto all’istruzione senza indottrinamenti religiosi.

L’Uaar fece ricorso, e dopo ben sette anni il Tar le ha dato ragione, imponendo al Ministero dell’istruzione l’annullamento di quelle ingiuste e discriminatorie disposizioni. Ecco la ragione della reazione scomposta di Incampo di pochi giorni fa. Talmente scomposta che nella sua risposta al lettore che chiede chiarimenti sull’ora alternativa all’Irc arriva a negare il diritto all’attività didattica e formativa (proprio così, l’esperto Cei cita solo le possibilità di studio individuale e di uscita dalla scuola!). Arriva ad affermare che l’Irc è una disciplina come tutte le altre, quando invece è facoltativa. Arriva ad affermare, come stesse recitando per uno spot, che l’Irc è la “disciplina più amata dagli italiani”.

Ci sarebbe da sorridere se non ci fossero di mezzo sofferenze inflitte a famiglie e bambini. Come la piccola crudeltà finale rimarcata dall’esperto Cei: chi non accetta di subire le lezioni che per legge sono “conformi alla dottrina della Chiesa” dovrebbe infatti impiegare il tempo in maniera non proficua, perché altrimenti “verrebbe a godere di un supplemento orario in alcune materie”. Curioso: chi predica di amare il prossimo sembra non esser lieto se un bambino impara cose utili. Una sorta di rappresaglia: non segui la mia lezione dottrinale? Allora stai buono a fare i disegnini e non ti azzardare ad accrescere le tue conoscenze in Scienze, Italiano, Geografia, Storia, Informatica, Arte e magari anche sui fenomeni religiosi, affrontati in maniera critica e includendo le concezioni del mondo di atei e agnostici, che numericamente in Italia sono il doppio dei fedeli di tutte le confessioni di minoranza messe assieme.

L’accusa di creare confusione lanciata dalla Cei otto anni fa si è quindi ritorta contro gli organizzatori dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. Perché il Tar ha dato torto alla loro azione volta a complicare le procedure e a mettere i bastoni tra le ruote a chi vuole una scuola laica tenendo a distanza un insegnamento conforme a una dottrina religiosa. Dieci giorni fa, accogliendo il ricorso dell’Uaar, il Tar del Lazio ha spazzato via la confusione creata dai vescovi, scrivendo nella sentenza che la scelta delle attività alternative all’Irc «deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio dell’attività didattiche». Questo avrebbe dovuto rispondere un esperto alla domanda specifica sul significato di questa sentenza. Ma è difficile essere onesti intellettualmente quando si è parte del più grande fenomeno clientelare che interessa la pubblica amministrazione: gli oltre 25mila insegnanti di religione cattolica ottengono lo stipendio statale solo se hanno l’idoneità diocesana, solo se sono scelti dal vescovo in base a criteri che prendono in esame la conformità alla morale cristiana della vita privata di questi dipendenti dello Stato. Un abominio agli occhi della modernità.

Su una cosa però l’esperto Cei ci ha preso in pieno, ossia quando scrive che “il vero problema dell’Uaar non è l’attività alternativa all’ora di religione, ma la presenza a scuola dell’ora di religione cattolica stessa”. È proprio così, l’Uaar sostiene il diritto alle attività didattiche alternative all’Irc perché la loro organizzazione è oggettivamente ostacolata e fonte quotidiana di discriminazione infantile su base religiosa. Ma l’obiettivo sostanziale è abolire quel relitto concordatario dell’insegnamento della religione cattolica, per arrivare a “proposte formative rivolte a tutti e che studino una pluralità di concezioni del mondo, religiose o meno, la loro storia, le loro differenze e i loro punti comuni”. C’è da chiedersi se il Ministero dell’istruzione vorrà davvero voltare pagina, alla luce della sconfitta subita di fronte ai giudici del Tar. Una sconfitta dello Stato sul piano educativo e su quello del rispetto dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. O se ancora una volta subirà l’ingerenza dei vescovi e negherà il concreto diritto all’istruzione a chi chiede di non subire l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica.

Roberto Grendene

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4 commenti

Diocleziano

«…chi non accetta di subire le lezioni che per legge sono “conformi alla dottrina della Chiesa” dovrebbe infatti impiegare il tempo in maniera non proficua, perché altrimenti “verrebbe a godere di un supplemento orario in alcune materie”…»

Che balordi! Riescono a dire la verità solo per sbaglio. Vale a dire, ammettono che la religione sia una perdita di tempo e inferiore a tutte le altre materie. Non avrei saputo dirlo meglio e con meno parole… 😛

«…Ma è difficile essere onesti intellettualmente quando si è parte del più grande fenomeno clientelare che interessa la pubblica amministrazione: gli oltre 25mila insegnanti di religione cattolica ottengono lo stipendio statale solo se hanno l’idoneità diocesana, solo se sono scelti dal vescovo in base a criteri che prendono in esame la conformità alla morale cristiana della vita privata di questi dipendenti dello Stato. Un abominio agli occhi della modernità…»

È anche un abominio agli occhi della carta costituzionale, della quale vìola sei o sette princìpi fondamentali ai quali derogano vergognosamente. Per i sindacati, tutto a posto?

G. B.

Arriva ad affermare, come stesse recitando per uno spot, che l’Irc è la “disciplina più amata dagli italiani”.
Forse un fondo di vertà c’è: in classe si sta a parlare del più e del meno, invece di seguire noiose lezioni di matematica o di letteratura, non ci sono compiti per casa, non ci sono verifiche, se non, forse, pro forma, non ci sono brutti voti e infine, ciliegina sulla torta, se allo scrutinio la tua situazione è incerta, stai sicuro che l’insegnante di religione vota per la promozione. E gli studenti, soprattutto quelli con minor voglia di impegnarsi, non dovrebbero amare una materia del genere?

iguanarosa

Già è almeno sospetto che il Tar ci metta sette anni per una questione sfavorevole alla Cei, ma potrebbe anche essere dovuto ad altro. Però ci vuole molto meno in altri casi non urgenti.
Poi l’anno in cui le scuole si trovano nel caos completo, per la pandemia, arriva la sentenza. Che curiosa coincidenza.

RobertoV

Certo che l’obiettivo principale è l’abolizione dell’anacronistica ora di religione cattolica, come di tutti gli altri privilegi retaggio di un passato liberticida, ma non essendo possibile arrivare rapidamente all’obiettivo principale, vi si arriva con passaggi intermedi. E’ quello che è successo anche con altre leggi liberticide.
Purtroppo si cerca di far passare l’idea che l’Italia sia cattolica e che la chiesa abbia tutti questi privilegi ed il concordato per libera scelta dei cittadini, mentre i cittadini non hanno mai votato, non abbiamo neanche mai fatto un censimento sulla adesione al cattolicesimo, ma ci viene sempre imposto dall’alto il modello cattolico. Si dimentica che gli italiani sono stati costretti, sono stati educati ed indottrinati ad essere cattolici. Non è un caso che la chiesa cattolica ed i clericali cerchino in ogni modo di mantenere i privilegi e gli strumenti per poter perpetuare la loro politica di negazione od ostacolo della libertà di scelta. E si inventino le scuse più puerili ed in malafede per giustificare questi privilegi, cercando di presentarle sotto ottiche differenti e false pur di farle sopravvivere (tipo far credere che sia un’ora di storia delle religioni, o di discussioni, ovviamente fatta esclusivamente da professori di chiara osservanza cattolica e clericale).
Ho visto un sondaggio del 2009 in cui il 41 % degli studenti era favorevole all’ora di religione, mentre il 31 % apertamente contrario. Suppongo che oggi il dato sarebbe ancora peggiore per loro. Il tutto ottenuto con la sfacciata propaganda a favore.
I miei figli hanno fatto alternativa solo alle elementari ed alle medie qui a Milano ed in effetti è sempre stato un po’ difficoltoso l’avvio di tale ora, mentre al liceo sono usciti sempre, come almeno metà della classe, con l’ora alternativa sempre proposta dopo settimane dall’inizio della scuola, ma tutti i ragazzi hanno preferito uscire ed è sicuramente questa la scelta che sarebbe maggioritaria tra i ragazzi che fanno religione se potessero scegliere liberamente.

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