Quel vento di femminismo laicista che soffia dall’Iran

Vi proponiamo un intervista di Giorgio Maone a Masih Alinejad dal n.6/2020 del bimestrale dell’Uaar, Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più umano. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


L’appello contro le dittature teocratiche rivolto da Masih Alinejad alle donne e a tutti coloro che, nel mondo, hanno a cuore i diritti umani e la democrazia.

The Wind in My Hair (Il vento fra i capelli), che presentiamo nella sezione “Cultura” di questo numero, è un libro che ha ispirato e ispira attiviste e attivisti in tutto il mondo a battersi contro l’oppressione religiosa e politica sulle donne. L’autrice in questi giorni ha denunciato duramente il regime iraniano per la pessima gestione dell’emergenza coronavirus, esacerbata dal fanatismo religioso. Dal suo esilio a New York, metropoli a sua volta martoriata dalla pandemia e da una politica preda di derive irrazionali, Alinejad manda un saluto che è anche un invito alla resistenza globale: a farci partigiani dei diritti umani.

Masih, sai che Nessun Dogma, il progetto editoriale dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, ha pubblicato il tuo celebre libro. Quando il tuo libro viene tradotto e raggiunge un paese che ha tradizioni politiche e religiose differenti dal tuo, quali sono le tue aspettative o speranze?

Sono davvero contenta che il mio libro venga pubblicato in Italia, infatti non parla solo delle donne in Iran. Credo davvero che tutte le donne possano ritrovarcisi. Specialmente se si tratta di donne che subiscono violenze domestiche, di donne che soffrono per le disuguaglianze, o di donne che sperimentano una società dominata dai maschi: spero che quanto ho scritto faccia loro sentire che una donna può e deve essere la salvatrice di sé stessa, piuttosto che aspettare qualcuno che accorra in suo aiuto. Il mio libro racconta il mio percorso personale: da un piccolo villaggio, da una società tradizionale, da una dittatura religiosa. E infatti cerco di incoraggiare le donne a essere le narratrici di sé stesse, invece che nascondere le loro storie continuando a vittimizzarsi. Voglio incitare le donne, attraverso la condivisione delle loro storie, ad acquisire potere, a diventare delle combattenti. Dal canto mio vorrei che il popolo italiano, e specialmente le donne che nel vostro paese si occupano di politica, capissero che quando noi donne dei paesi arabi lottiamo contro una dittatura religiosa, quando lottiamo contro queste leggi comunitariste, regressive e patriarcali come quelle che impongono l’hijab obbligatorio, quando sfidiamo la Repubblica islamica, la nostra lotta è per tutte le donne del mondo, e anche per le donne che vogliono, o credono di voler portare il velo: lottiamo per il diritto di scegliere. Allora dovete capire che quando vi recate nel mio bel paese non dovete legittimare quelle oppressioni! Dovete difendere i diritti di coloro che sacrificano le loro vite e lottano contro le dittature religiose. Questo è ciò che mi aspetto, questo è ciò che spero, questo è ciò che voglio: perché vedo tanti, troppi politici e turisti che vanno in Iran, in visita ufficiale o in viaggio di piacere, e sembrano non avere alcuna idea di cosa sia il movimento femminista iraniano. Non immaginano, o fingono di non sapere, quanti uomini e donne in Iran si stringono insieme, spalla a spalla, e rischiano di essere torturati o uccisi per combattere un sistema che opprime le nostre esistenze e nega la nostra libertà. Allora mi chiedo, e vi chiedo: perché c’è chi continua a recarsi in Iran a stringere la mano a quei governanti? Voglio che questi potenti, siano ignoranti o indifferenti, capiscano, si accorgano delle persone “normali” che stanno combattendo contro quello stesso regime che essi vanno a omaggiare. Perché è questo il momento giusto. Il mondo può decidere: volete difendere e supportare i dittatori? O volete difendere e supportare coloro che combattono i dittatori? La Storia giudicherà tutti quanti.

Da anni tu vivi all’estero, ma continui a seguire le vicende dell’Iran e a denunciare le nefandezze compiute dalle sue autorità politiche e religiose, specialmente dal tuo account Twitter @AlinejadMasih, dove pubblichi sia in inglese che in persiano. Cosa ti spinge all’attivismo, anche da lontano?

Amo molto il mio paese di origine, e non posso smettere di supportare le donne e gli uomini coraggiosi che sono ancora lì in prima linea. Scrivendo in inglese e in persiano mi rivolgo ai miei compatrioti ma soprattutto al resto del mondo: è importante che capiscano come chiunque protesti contro il regime venga picchiato, incarcerato, torturato e ucciso solo per il “crimine” di dissentire contro leggi teocratiche come l’obbligo di indossare il velo. Del resto laggiù, sotto questo regime, vive ancora la mia famiglia.

Un triste destino che in questi mesi ha accomunato l’Iran e gli Usa, dove risiedi adesso, è stata la pessima gestione della pandemia da Covid-19. Recentemente abbiamo appreso come Donald Trump fosse stato informato dai suoi consiglieri scientifici della gravità della situazione fin dalle prime fasi, ma avesse sfoggiato l’atteggiamento spavaldo che ha confuso la popolazione statunitense, raccolto il plauso della destra cristiana e sconcertato il resto del mondo, «per non diffondere il panico», presumibilmente temendone le conseguenze elettorali. Nel frattempo tu denunciavi con forza e diffondevi dettagli su come il regime iraniano e soprattutto le autorità religiose stessero, con le loro decisioni e omissioni, condannando la popolazione a un contagio incontrollato. Vedi anche tu dei parallelismi?

Lasciami dire una cosa, Giorgio: noi, popolo iraniano, siamo afflitti dal coronavirus come il resto del mondo, ma allo stesso tempo siamo afflitti da un virus molto più pericoloso e mortale, chiamato dittatura religiosa. All’inizio dell’epidemia il governo ha insistito perché si tenessero elezioni di facciata, e le autorità musulmane hanno proclamato che andare a votare era un “dovere religioso”, perché cercavano una massiccia affluenza per tornare a legittimare la Repubblica islamica agli occhi del mondo. Quindi hanno di proposito incoraggiato gli assembramenti nascondendo i pericoli di contagio, permettendo che esso si estendesse nella popolazione e in tutta la regione mediorientale. Per me, un vero e proprio crimine contro l’umanità.

Joe Biden, il candidato democratico alle presidenziali Usa, ha detto la stessa cosa a proposito della “gestione” del coronavirus da parte di Trump…

La differenza è che qui in Usa godiamo ancora della libertà di espressione: quando Trump ha iniziato con le sue dichiarazioni deliranti sul virus, la stampa l’ha subito attaccato inchiodandolo alle sue farneticazioni. In Iran non esiste una stampa libera: se vuoi raccontare la verità sul regime devi farlo in clandestinità, oppure all’estero, come me.

A questo proposito, tra le varie notizie che filtravano ce n’erano di incredibili, come quella sui fedeli che leccavano le mura dei santuari per dimostrare che la fede li avrebbe protetti dal virus. Ho sospettato che fossero bufale, ma poi ho visto che anche tu le riportavi…

No, purtroppo non erano bufale. Ma la colpa non è della gente che si reca nei siti religiosi: questi ultimi potrebbero e dovrebbero essere chiusi dalle autorità. In Arabia Saudita e in Iraq, i governi hanno serrato i luoghi sacri, inclusa la Mecca. In Iran hanno preferito promuovere l’islam politico, senza curarsi della morte della loro stessa gente. Mentre in tutto il resto del mondo si chiudevano gli edifici di culto e si imponeva il distanziamento sociale, il governo iraniano incoraggiava la popolazione a recarsi in moschea e a partecipare in massa ai funerali di personalità politiche e religiose che, paradossalmente, erano state uccise dallo stesso Covid-19. Non solo, ma quando l’epidemia ha assunto proporzioni impossibili da nascondere, come sempre la colpa è stata attribuita alle sanzioni internazionali. Mentre il popolo iraniano comprende benissimo che la responsabilità è del regime, che disprezza la salute dei suoi cittadini, e anzi la usa come arma politica.

Pensi che la pandemia abbia cambiato l’atteggiamento della gente verso la dittatura e verso la religione, che ne è la spina dorsale?

Io sono fermamente convinta che lungo tutti i quarant’anni di Repubblica islamica ci sia stata una forte opposizione, proveniente da diverse fasce sociali, prevalentemente laicista ma non solo, molto eterogenea ma accomunata dalla ribellione alla corruzione del regime. Lo si è visto anche di recente con le proteste del novembre 2019 e le elezioni di febbraio: per quanto brogli e intimidazioni rendessero scontata la vittoria dei conservatori, si è registrata l’affluenza più bassa dalla rivoluzione islamica a oggi. Ma indubbiamente la gestione criminale del coronavirus ha allargato la consapevolezza sull’intollerabile dannosità della commistione tra potere politico e religioso, e ha fornito nuovi argomenti molto efficaci ad attivisti, giornalisti e blogger, che non a caso sono stati oggetto di una nuova ondata di persecuzioni e arresti.

E tu? Hai subito conseguenze per le tue denunce pubbliche? Non temi ritorsioni?

La lontananza non mi mette certo al riparo dall’ira delle autorità iraniane. Come ho detto, ho ancora familiari in Iran. Proprio mio fratello a luglio è stato processato in segreto dopo dieci mesi di detenzione nella tristemente famosa prigione di Evin, e ha subito una condanna a otto anni di prigione. Il suo crimine? Solo quello di avere me per sorella. Non possono punirmi direttamente, e quindi quei vigliacchi se la prendono con la mia famiglia. Ma come vedi, non è sufficiente a intimidirmi.

C’è un ultimo messaggio a cui tieni particolarmente, che vorresti ogni lettore del tuo libro raccogliesse?

Senza dubbio: in questo momento milioni di persone stanno ancora soffrendo a causa del coronavirus. Ciò dovrebbe essere un monito per quanti, nel mondo, ripetono sempre di non volere interferire nelle questioni interne del Medio Oriente o della Repubblica islamica dell’Iran. Come fate a non capire? I diritti umani sono un problema globale. Quando “non interferite”, cioè non vi occupate degli abusi contro i diritti umani che vengono perpetrati ogni giorno nel Medio Oriente, da lì questi abusi possono dilagare dappertutto, proprio come il coronavirus. Fin dall’inizio, quando il regime ha nascosto l’epidemia, quando ha deciso di non mettere in quarantena l’Iran, quando ha scelto di non bloccare i collegamenti aerei con la Cina, quando ha mentito spudoratamente e insabbiato le notizie sui contagi in Iran, nessuno sapeva che quegli irresponsabili stavano contribuendo a diffondere il virus nel Medio Oriente e in molti altri paesi. Lo stesso avviene con le violazioni dei diritti umani. Se noi, il popolo dell’Iran, combattiamo contro l’islam politico, combattiamo contro un regime oppressivo, combattiamo contro una dittatura religiosa, ma tu che sei un’attivista, che sei una femminista (o un femminista) in Italia, o in qualunque altro luogo del mondo, continui a tacere, allora un giorno, inevitabilmente, finirai per dover lottare contro un islam politico o una dittatura religiosa nel tuo paese. Rifletti e decidi.

Intervista di Giorgio Maone


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