Credenze di credenti sull’ateismo che non sopportano

I cattolici annoiano perché parlano sempre di ateismo. E si ripetono l’un l’altro pregiudizi di comodo. L’esempio più recente ce lo offre il quotidiano dei vescovi. Di solito, se vogliamo sapere qualcosa sui cattolici, cerchiamo di scambiare qualche parola con quanti si professano tali. Li ascoltiamo, leggiamo quel che scrivono, osserviamo come si comportano. Per avere informazioni più generali ci affidiamo all’analisi di un loro campione significativo, effettuata da ricercatori imparziali e competenti. Avvenire invece per classificare le tipologie di atei si basa su quanto ne hanno fantasticato gli ultimi papi. Un po’ come se per sapere qualcosa sugli astronomi compulsassero gli oroscopi di Branko e di Paolo Fox. D’altra parte, se vuoi continuare a credere ai dogmi devi fare attenzione a non confrontarti con la realtà, potrebbe smentirli.

Secondo Ratzinger c’è l’ateismo serio (ossimoro mascherato, come la “sana laicità” di Ruini, dove l’aggettivo ha lo scopo di neutralizzare il sostantivo) di quanti soffrono per l’assenza di Dio e sono in cammino verso di lui. È l’ateismo di chi ad esempio così si lamenta: “Se non c’è alcun Dio non c’è neppure l’anima, e allora anche tu, Gesù, non sei vero. Io non ho alcuna Fede. Nessuna Fede, nessun amore, nessuno zelo. La salvezza delle anime non mi attrae, il Paradiso non significa nulla. Io non ho niente, neppure la realtà della presenza di Dio… Io chiamo, io mi aggrappo, io voglio, ma non c’è alcuno che risponda. Nessuno, nessuno… Dov’è la mia fede? Perfino quaggiù nel profondo, null’altro che vuoto e oscurità. Mio Dio, come fa male questa pena sconosciuta… Io non ho Fede… Ho dentro di me così tante domande senza risposta che temo di rivelarle per paura di dire una bestemmia… Mi vien detto che Dio mi ama. E tuttavia la realtà dell’oscurità, e del freddo e del vuoto, è così grande, che nulla tocca la mia anima”. Ratzinger insomma è magnanimo e tollerante persino con gli atei, a patto che costoro abbiano almeno l’accortezza di credere in Dio. Appena un po’, giusto quanto Madre Teresa di Calcutta.

Ma c’è purtroppo anche l’ateismo combattivo e polemico, di quanti arrivano addirittura al punto di porre in dubbio l’esistenza di Dio, ovvero, secondo Ratzinger almeno, con “la loro falsa certezza… pretendono di sapere che non c’è un Dio” e “perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa”. Ormai però da quasi duemilacinquecento anni si è stabilito che la conoscenza è (come minimo) una credenza vera giustificata. Dunque nessuno che non sia profondamente ottuso o ignorante può pretendere di sapere che c’è Dio o che non c’è. Se ci fossero dimostrazioni in merito, l’esistenza di Dio sarebbe annunciata sulle banali enciclopedie, al pari di quella dei buchi neri, dei tirannosauri, dei microbi e dei neutrini. La verità dunque esiste, è scoperta tramite la ricerca, e possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Le credenze arbitrarie e le speranze malriposte sono tutt’altra cosa.

Ratzinger dovrebbe indicare qualche esempio attuale di quel genere di ateo saccente e truffaldino col quale identifica con disinvoltura tutti quanti non sono interessati a condividere le sue credenze, altrimenti sorge il sospetto che si tratti di un uomo di paglia utile solo a facilitare la sua grossolana propaganda. Tuttavia ci ha proposto le sue personali professioni di falsa certezza, di fede però, spacciata per autentico sapere: “sappiamo che Gesù ha sofferto co­me voi, innocente, che il Dio vero che si mo­stra in Gesù, sta dalla vostra parte… In questo momento mi sem­bra importante che sapete: Dio mi ama, an­che se sembra che non mi conosce… Ed essere consape­voli che un giorno, io capirò che questa soffe­renza non era vuota, non era invano, ma che c’è un progetto buono, un progetto di amore dietro”. Con queste parole egli stesso dichiarava che la vita umana, anche e soprattutto al cospetto di una millantata presenza del suo Dio, è pur sempre tutta una sofferenza senza spiegazioni disponibili.

Bergoglio infine sostiene di aver avuto persino incontri ravvicinati con un terzo tipo di ateismo, quello pratico di tutti i giorni dei credenti presunti. È il culmine della mancanza di senso di realtà. Anzitutto c’è la vieta strategia retorica con la quale la religione, buona e monopolista del bene per definizione, proietta tutti i propri mali su chi religioso non è (tutti i tiranni sono atei in realtà, la fede è pacifica e tollerante e chi lo mette in dubbio merita pugni e pallottole, le guerre di religione non sono mai esistite, eccetera). Stavolta per di più è ateo chiunque non ottemperi all’improbabile moralismo introspettivo cattolico e, benché assiduo alle esteriori incombenze confessionali o magari proprio per questo, inciampi nella pettegola piccineria delle vanità spicciole, delle fatali ipocrisie e di qualche piccola ostilità. In questo modo è insieme condannato anche il minimo realismo di sostanza del cattolico medio: un povero diavolo conformista calato in una realtà secolarizzata e prima ancora mondana con la quale deve pur fare i conti, dando necessariamente un colpo al cerchio e uno alla botte. D’altra parte le gerarchie e la stessa curia vaticana sono prodighe di continue prove di ben più gravi manifestazioni di falsità, spregiudicatezza e collusioni di ogni genere. Il problema dei problemi però sarebbe ancora un altro: l’incapacità di vedere Dio nel prossimo e, come si scopre solo alla fine, nel povero specialmente, con la conseguente incapacità di amarlo. Che sarebbe poi l’ateismo.

Secondo l’articolista devoto, questo coacervo di elucubrazioni papali sarebbe “semplice, lineare, inequivoco”; un insieme di “parole forti, senza dubbio, ma impossibili da non condividere”. Il che, se si continua a sovvertire del tutto il significato delle parole per meglio sragionare, può anche essere concesso, come si usa sempre nei casi dello stesso genere.

Andrea Atzeni

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12 commenti

G. B.

“In questo momento mi sem­bra importante che sapete: Dio mi ama, an­che se sembra che non mi conosce…”
Ma allora non sono solo i politici ad ignorare i congiuntivi!

mafalda

La stupidità umana non ha limite. Per alcuni che riescono a ragionare con la propria testa e a capire le manipolazioni dei preti e dei potenti, ce ne sono migliaia, beoti o furbi, che seguono la corrente. I figli di dio, gli eletti…intanto continuano a fare strage della natura, a uccidere e imprigionare milioni di animali. Spero che tutte le imbecilli che si sono comprate la pelliccia prendano il covid e se lo godano.

RobertoV

La chiesa non è interessata a fare analisi, ma solo a fare propaganda di cui vive. E’ solo interessata ad autopromuoversi e legittimarsi, a conservare o guadagnare privilegi e potere e, quindi, a denigrare ciò che è in concorrenza con lei e a creare paure. Basterebbe vedere cosa scriveva e cosa si inventava riguardo alle altre religioni fino a pochi anni fa e che oggi ha solo opportunisticamente abbandonato per motivi di convenienza (consiglierei la lettura di ciò che scriveva il propagandista don Bosco su valdesi ed ebrei, considerato ancora oggi modello educativo per i giovani cattolici).
Non ha cambiato atteggiamento nei confronti degli atei che finchè ha potuto ha cercato di ostacolare anche per legge. In guerra bisogna attribuire all’avversario comportamenti meschini ed ogni nefandezza ed il divide et impera è una tecnica usata, cercando di dividere i “buoni atei” (alias quelli che si sottomettono alla chiesa) dagli altri.

VHEMT

a mio modesto avviso, il nucleo della questione risiede nel fatto che il credente (come tutti gli integralisti) non è assolutamente in grado, a prescindere dalla sua intelligenza e cultura personali, di vedere la realtà da un punto di vista diverso dal suo. Nemmeno teoricamente!
Noi possiamo, momentaneamente e teoricamente, pensare come un credente e vedere le cose come le vede lui.
Il credente NON ci riesce assolutamente, l’ateo e l’agnostico, sono per lui INCOMPRENSIBILI, come potrebbe esserlo, per tutti, un essere molto lontano nel tempo e nello spazio.
Questo spiega le parole di Ratzinger e lo stupore incredulo che i credenti manifestano di fronte ai non credenti, in quanto i primi non riescono nemmeno a PENSARE i secondi!

Diocleziano

Esatto. Per chi ne è affetto è impossibile uscire dagli schemi uniformi e precostituiti che formano la mentalità del ‘credente’. C’è da domandarsi quale sia l’attrattiva della religione sul pensiero della massa, considerando che presa globalmente supera la capacità di comprensione della gran parte degli individui.

RobertoV

Penso che dipenda dal non voler mettere in discussione i riferimenti culturali del mondo in cui sono immersi, l’apparente tranquillità di quel mondo che hanno appreso sin da piccoli, per conformismo accettano le presunte “verità” di quella narrazione generalizzata anche solo per identità di gruppo, per “normalità” o presunta “superiorità morale” o anche solo per superstizione. Siamo immersi in un pesante brodo culturale e propagandistico religioso, superstizioso, a cui media e politici partecipano. Così accettano come vere cose che hanno ripetutamente sentito sin da piccoli, sulla bontà della religione, sull’esistenza di dio, sulla veridicità dei racconti religiosi, sul bene fatto dalle istituzioni religiose, sulla loro normale presenza nella società, e sulla negatività a non esserne partecipi e relativi sensi di colpa. Quello è il mondo che hanno sempre visto e diventa difficile dissociarsene, sono disponibili anche tutta una serie di giustificazioni. Oltre all’intolleranza, l’aggressività ed intimidazione dei clericali, coadiuvati da politici e media, nei confronti di chi osa muovere critiche e dubbi. D’altronde la religione è storicamente un ottimo “instrumentum regni” utilizzato per creare i buoni sudditi e cittadini. Pensa alla narrazione degli italiani come cattolici (e guai a dissentire) e al rifiuto di fare censimenti sulle religioni e non: potrebbero sfatare la narrazione e creare problemi ai loro fedeli.

Diocleziano

Penso che non dipenda nemmeno dal “non voler mettere in discussione” i propri riferimenti: è proprio che non ci pensano nemmeno in quanto, essendo l’unica realtà che conoscono, è indiscutibile. Fa niente se poi la maggior parte dei credenti sono nient’altro che degli atei inconsapevoli.
E che dire del bipolarismo morale dei credenti? Abbiamo un millennio di letteratura che ci dipinge frati gaudenti e sporcaccioni, ma questo è servito a far prendere le distanze da quell’ambiente? Ancora oggi il Banale è tornato sul tema della sua lotta alla pedofilia… Qualche giorno fa aveva ammesso che la corruzione è un vizio antico nella chiesa. E riesce anche a far bella figura davanti alle sue pecorelle teopatiche.

dissection

Concordo. Lo vedo ad esempio nell’espressione di totale incredulità e sbigottimento negli occhi dei colleghi, di amici e conoscenti e parenti non strettissimi, alla mia dichiarazione di non credenza. E giù con tutta la serie di domande del caso, le solite che conosciamo: ma capisco che ti stanno sul c…. i preti, ma proprio non credere? E cosa c’entra dio? Cosa ti avrebbe fatto? Capisco che non ti piaccia il dio x, ma possibile che non te ne piaccia nessun’altro? E via delirando…
P.s. : bentornato vhemt!

Diocleziano

…e pensa che quelli più furbi tirano fuori la ‘scommessa di Pascal’ come se fosse l’argomento più brillante!

pendesini alessandro

Da sempre i miti hanno molto spesso più influenza sulle decisioni che sulla razionalità dei fatti.

Spiacente di ripetermi : Il cervello umano funziona fondamentalmente in termini di riconoscenza della struttura piuttosto che di logica. Non è « istruzionista » ma « selezionista » ! E’ altamente valido nella creazione di strutture e allo stesso tempo costantemente portato all’errore, a volte anche all’orrore…

NB -Le buone ragioni per credere sono ragioni “epistemiche”, cioé prove o dati disponibili per i soggetti, che vanno chiaramente all’incontro di quello che hanno scelto di credere, prendendo i loro desideri per realtà o « lucciole per lanterne »!…. Questo è anche un tipico –ma non unico- esempio di comportamento irrazionale.

pendesini alessandro

Come già scritto, l’idea di un’aldilà è probabilmente germogliata quando i nostri primi antenati svilupparono la facoltà cognitiva non solo per capire che un giorno sarebbero morti, ma anche per chiedere se quella morte fosse definitiva o se qualcosa li stava ancora aspettando oltre la tomba. Il fatto che i morti continuino a “vivere” nei pensieri e nei sogni ha sicuramente contribuito ad accreditare quest’ultima possibilità.
Essendo questi pensieri e sogni effimeri, si cominciò a credere che uno “spirito” qualunque esistesse dopo la morte. I più antichi reperti fossili antropologici relativi a strumenti funerari (scoperti nel 2016 in Spagna) datano da circa 350.000 anni. Fino prova contraria, qui dovrebbe situarsi la genesi dell’animismo, cioé la credenza di una « vita » nell’aldilà dopo la morte. Il politeismo, e, per ultimo il monoteismo (Atonismo) datano rispettivamente da circa 12.000 a 3500 anni fa.
PS -Da notare che l’astrazione mentale del nostro cervello ha evoluto lentamente. E’ praticamente accertato che l’autocoscienza è apparsa progressivamente durante l’evoluzione. Da questo possiamo dedurre che il concetto della morte, ossia il sapere di essere mortale ha probabilmente coinciso con i riti funerari, ossia il passaggio da una cognizione mentale equivalente ad un bambino attuale di circa –o meno di sei anni ad uno di oltre sei anni, età alla quale i nuclei cerebrali che codificano il concetto della morte sono funzionali.

NB TRovo strano che l’UAAR -tra una clericalata e un’altra- non faccia riferimenti antropologici, neurologici sull’origine delle religioni iniziando dall’animismo……

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