Joe Biden ha vinto, Donald Trump ha perso.
Sembra quindi finita la telenovela di un sistema elettorale decisamente troppo irrazionale per l’economia numero uno al mondo. Un sistema che, quattro anni fa, proiettò un improbabile showman alla presidenza, nonostante il voto popolare avesse premiato Hillary Clinton. Con lui, la Casa bianca cominciò immediatamente a essere frequentata da fondamentalisti di ogni specie: l’alleanza con l’autocrazia populista aveva portato il nazionalismo cristiano alla massima potenza.
E non soltanto per un vicepresidente integralista come Mike Pence o per un’assurda consigliera spirituale come Paula White. I danni sono stati molto più estesi e concreti, e ne hanno fatto le spese soprattutto la scienza, la ragione e la laicità. I tribunali sono stati riempiti di giovani giudici scelti per il loro estremismo cristiano. Le confessioni religiose hanno ricevuto enormi aiuti economici. Il diritto all’aborto è stato rimesso pesantemente in discussione. Anche la democrazia ha cominciato a scricchiolare.
Quella stessa democrazia che l’ha portato alla sconfitta, ma che l’ha premiato lo stesso con oltre 70 milioni di voti. Biden ha vinto, ma quasi sicuramente non avrà la maggioranza in senato, e sarà dunque costretto a compromessi con un congresso in cui la presenza dei non credenti continua a essere insignificante, nonostante i nones siano ormai il gruppo ‘religioso’ più numeroso degli Stati Uniti. Il nuovo presidente dovrà inoltre vedersela con una Corte suprema formata da sei membri su nove di nomina repubblicana. Quella stessa Corte che potrebbe non solo decidere un vero e proprio reboot della telenovela, ma anche negare diritti che sembravano ormai indiscutibili.
Inoltre, Biden (cattolico devoto, anche se inviso alle gerarchie più retrive) è il tipico rappresentante di una politica riformista, ben nota a noi italiani, che in materia religiosa preferisce il mantenimento di uno status quo, ritoccando il minimo indispensabile soltanto quando proprio è necessario. Non è clericale, Biden, ma non è nemmeno laico. Già lo è di più la nuova vicepresidente, Kamala Harris, che sfila anche ai Pride.
Per fortuna, la politica estera di Biden avrà molti più margini di manovra di quella interna, ed è questo aspetto che in fondo ci deve interessare di più. Meno fake news attraverseranno l’oceano, meno complottismi, meno miasmi, e anche gente squallida come Steve Bannon (uno che è stato bannato da Twitter e censurato da YouTube per aver invitato a decapitare Anthony Fauci e il capo dell’Fbi) dovrebbe trovare finalmente meno ascolto da parte della nostra classe politica.
Purtroppo, il mondo è ancora pieno di personaggi simili che continuano a mantenere il potere. E per ogni Trump che lo perde possono emergere nuovi politici ancora più illiberali, capaci di perseguire più efficacemente la sua strategia. Un rinnovato impegno contro il fanatismo è quantomai indispensabile, quindi, anche e soprattutto quando riceviamo notizie che ci fanno tornare a respirare.
La redazione
Malgrado i suoi difetti, preferisco il sistema americano: per lo meno laggiù chi è eletto governerà per 4 anni, poi se ne riparla. Invece in Italia siamo in campagna elettorale permanente, mentre in altri Paesi di votare non si parla nemmeno.
Da un sondaggio (Gallup se non vado errato) quando si chiede agli Americani: “Voteresti per un presidente cristiano (cattolico, evangelista, ecc..)? Il 95% delle persone risponde si. I risultati sono vicini per un africano 94%, un ebreo del 92% o una donna per l’88%. Sono meno favorevoli ad un presidente vecchio al 57% o omosessuale 55%. Per contro, il 45% non eleggerebbero un presidente ateo…..E questo, indistintamente tutti i presidenti, inclusi Biden e Trump l’hannno ben capito e sanno come servirsene ! Sarebbe comunque interessante sapere chi tra questi eletti è veramente credente, opportunista o finto credente, agnostico o ateo….Idem per l’Italia !