La credulità umana dalle superstizioni ai negazionismi

La capacità della mente umana di elaborare informazioni e dati complessi non indica affatto che l’intero nostro cervello sia improntato alla razionalità. Buona parte del suo funzionamento è del tutto irrazionale e tuttavia determinante nel successo dell’Homo Sapiens. In chiave evoluzionistica, naturalmente, perché bisogna sempre tenere presente che nella competizione darwiniana non è la specie migliore a spuntarla, nonostante molti erroneamente così ritengano, ma è la più capace di adeguarsi alle insidie e alle opportunità dell’ambiente che la circonda.

Parlando di irrazionalità vengono subito in mente le emozioni, che in effetti dipendono in genere molto poco da scelte ragionate. Anche se quelle scelte avremmo tutto il tempo per farle in modo più oculato. Caso diverso sono invece i comportamenti cosiddetti istintivi, quelli che cioè richiedono una reazione immediata, necessariamente vincente in caso di pericolo pena la soccombenza, e che per mancanza di tempo non possono essere elaborati. Comportamenti che, come evidenziato nel libro Homo Credens di Michael Shermer (edizioni Nessun Dogma) o in Nati per credere di Girotto Pievani e Vallortigara (Codice Edizioni), sono la ragione per cui gli umani tendono a credere in enti metafisici e in spiegazioni di avvenimenti in chiave soprannaturale. In altre parole sono quello che ha portato l’umanità a concepire religioni e miti, e a credervi tuttora. Perché nella scelta tra una spiegazione semplice e una che non capiamo è facile che la prima abbia maggiori chance.

Un altro caso di atteggiamento irrazionale è quello con cui ci stiamo scontrando in questa era di covid-19: il negazionismo. Anche qui, come spiegano gli psicologi Eve e Mark Whitmore, si tratta comunque di un meccanismo il cui scopo è quello di difenderci. O comunque di difendere le persone più ansiose, quelle meno attrezzate a far fronte a momenti di intenso stress, di paura. In questo caso però la difesa non è verso un pericolo immediato ma piuttosto verso una situazione che potrebbe degenerare e metterci in pericolo in un tempo successivo. In gioco ci sono vari fattori tra cui: la mancanza di informazioni sufficientemente semplici da poter essere comprese; la disponibilità invece di informazioni spesso contraddittorie, o percepite come tali; la sensazione di impotenza. Il risultato è un comportamento struzzista: non so come gestire la cosa, ergo la cosa non esiste.

Vi è anche una reazione meno drastica del negazionismo ma non per questo meno dannosa, ed è quella che i due psicologi definiscono razionalizzazione. Il fine è sempre lo stesso, cambia però la modalità: poiché mi rendo conto che l’evidenza non può del tutto essere negata, mi affido a una spiegazione che mi consenta di abbassare comunque l’ansia e ne minimizzo quindi la gravità. Non nego la pandemia ma la riduco a una semplice influenza, malgrado quello che vogliono farmi credere. In effetti si tratta pur sempre di credere. Non credere all’esistenza o alla gravità di qualcosa porta inevitabilmente a credere nel suo contrario, cioè alla sua inesistenza o alla sua relativa innocuità. Il problema è che si tratta di convinzioni non maturate attraverso l’interpretazione di dati oggettivi e di notizie verificate, ma esattamente il suo contrario e cioè il rifiuto di quei dati e quelle notizie, senza che se ne dispongano di altre a loro confutazione ugualmente attendibili.

La similitudine con quei meccanismi che inducono ad affidarsi a chi propaganda un culto qualsiasi è evidente. È anche il risultato di un processo di sviluppo che privilegia la fantasia a scapito dello spirito critico, come sostiene anche Mark Whitmore: «noi insegniamo ai nostri bambini a prendere decisioni non sulla base dei fatti ma con credenza e fede». Per Eve Whitmore «all’età di 6/7 anni un bambino è in grado di distinguere tra realtà e finzione, ma nella nostra cultura viene esaltata la finzione […] In genere ciò fa parte dello sviluppo e stimola la fantasia dei bambini, ma a volte vediamo che si spinge all’estremo». Non c’è nulla di male a stimolare la fantasia e anzi è un bene farlo. I racconti letterari, per esempio, sono un prodotto della fantasia. Quando però la fantasia sconfina nella vita reale e influenza le nostre decisioni, ecco che allora ci troviamo davanti a un grosso problema. Non è un caso quindi se le manifestazioni di superstizione abbondano, come preghiere e riti propiziatori che quando va bene, ovviamente, lasciano il tempo che trovano. Quando va male peggiorano le cose.

Un ulteriore problema è dato da due bias cognitivi. Il primo è quello dell’ottimismo, che porta il soggetto a ritenere di avere molte meno probabilità degli altri di contrarre la malattia, e lo induce ad abbassare la guardia e a non seguire del tutto le norme di contenimento. Il secondo è il cosiddetto “bias della conferma”, ovvero la tendenza a rifiutare tutte le affermazioni che contraddicono le proprie convinzioni con il risultato di trovarsi a interagire solo, o prevalentemente, con persone che hanno tutte le stesse opinioni. Delle gabbie culturali, in pratica, dove la cultura la si ritrova solo nella definizione e dove qualunque tipo di ragionamento critico viene semplicemente accantonato. Che ragionamento può venir fuori, infatti, se si è circondati da persone che affermano tutte le stesse cose? Al contrario, occorrerebbe nutrirsi di opinioni soprattutto contrastanti, in modo da sviluppare una nostra opinione veramente ragionata. E occorrerebbe farlo già dai primi livelli di istruzione, per esempio con la filosofia con i bambini. Magari al posto delle due ore settimanali di cattolicesimo (tante quante quelle dedicate alle scienze).

Massimo Maiurana

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5 commenti

Diocleziano

«…nella scelta tra una spiegazione semplice e una che non capiamo è facile che la prima abbia maggiori chance…»

È possibile, ma non è il caso della religione: già dai primissimi anni di vita, per esempio, si insegna ai bambini che una specie di alieno invisibile li protegge e li accompagna. Questa balordaggine è da catalogare nelle spiegazioni semplici o in quelle incomprensibili? Quanti cattolici comprendono le elucubrazioni teologiche che imparano a memoria – a pappagallo – fin dall’infanzia? E da adulti le cose migliorano? La risposta è NO. Insegnare la filosofia fin dall’infanzia è la miglior cura di anticorpi contro la tabe religiosa.

•Un esempio di ciò che dice l’articolo lo si vede in questi giorni: una bambina che non accetta l’insegnamento a distanza va da sola davanti alla sua scuola. Gesto commovente ma poco razionale. Più di un tg ne ha parlato, come se ci fosse bisogno di incentivarne l’emulazione. Se la ragazzina non ci arriva è comprensibile, ma non le redazioni.

laverdure

“…perché bisogna sempre tenere presente che nella competizione darwiniana non è la specie migliore a spuntarla, nonostante molti erroneamente così ritengano, ma è la più capace di adeguarsi alle insidie e alle opportunità dell’ambiente che la circonda.”

Temo che Maiurana non si renda conto che dal punto di vista della selezione naturale le specie migliori sono quelle che hanno maggiore capacita di sopravvivere ,adeguandosi appunto alle caratteristiche dell’ambiente.
In natura il fine principale,l’unico,non e’ altro che la sopravvivenza.

mafalda

Credo che chiamare “sapiens” una specie di ominidi aggressiva, credulona e opportunista come noi sia stato troppo ambizioso. Il bias della conferma è quello su cui si basano le religioni, oltre alla paura di restare soli. Secondo gli esperti le chiese sono luoghi dove è facile prendere il covid, sono a rischio alto, ma non andare a messa va contro il bisogno ancestrale di fare come gli altri, tipico di tanti beoti. Evitano magari teatri e musei, ma rinunciare alla comunione del figlio, non sia mai!

RobertoV

“La capacità della mente umana di elaborare informazioni e dati complessi non indica affatto che l’intero nostro cervello sia improntato alla razionalità.”
La maggior parte delle persone non ha nè le capacità, nè l’istruzione per elaborare informazioni e dati complessi, non è in grado, qui in Italia in modo particolare, di gestire dati ed informazioni. Basta vedere che molti considerano terrorismo la semplice informazione, non comprendono come procede il pensiero scientifico e razionale e non riescono a comprendere le conquiste scientifiche e non distinguono un esperto da un tuttologo.
La frase vale solo per quelle persone che possiederebbero gli strumenti, ma non li usano in determinati ambiti perchè la razionalità può essere settoriale e bloccata da credenze irrazionali.

Diocleziano

La frase virgolettata è ovviamente lapalissiana, in quanto il cervello umano contiene tutte le opzioni richieste dal nostro grado di evoluzione: dalle elaborazioni razionali a quelle necessarie alla creatività.
Quello che mi sorprende è la convinzione costantemente espressa di “avere una spiritualità”, qualsiasi cosa possa significare. Partendo dai minimi livelli di acculturazione troviamo individui che possono credere tranquillamente alle cose più straordinarie e assurde senza battere ciglio; possono credere all’autenticità della sindone e spiegare con nonchalance che può essere originata da laser eccimeri…
Come possono convivere nella stessa persona ‘conoscenze’ così astruse e ordinaria ignoranza?

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