No, l’Italia non è un paese laico e civile. Certo, non c’è la pena di morte per chi esce dalla religione nella quale è stato inserito dalla nascita, come invece accade in almeno 10 paesi nel mondo. Ma occupa solo il 101° posto nella classifica dei paesi che rispettano i diritti di atei e agnostici, dietro la Polonia e ben lontani dalla vetta, dove per l’Europa ci sono Olanda e Belgio. E non lo è per le scelte politiche, visto che per questioni anche gravissime come una pandemia antepone la tutela del sacro alla salute e agli investimenti nella ricerca scientifica.
Lamentarsi è inutile, occorre impegno concreto per cambiare le cose. Iscriversi all’Uaar per l’anno 2021 è un passo verso un mondo più giusto. Nel quale la spesa pubblica non sovvenzioni le credenze religiose ma la scienza, le scelte razionali e i diritti di tutti. Nel quale sia riconosciuta alle singole persone la libertà di decidere come morire e alle donne di esercitare il diritto all’aborto senza essere vessate dalla piaga degli obiettori di coscienza e da una legislazione che le obbliga a inutili attese, considerandole esseri inferiori incapaci di compiere le scelte migliori per loro stesse. Nel quale sia messa la parola fine alla più grande forma di clientelismo e di condizionamento ideologico infantile, che si manifesta all’interno di quell’organo “costituzionale” che è la scuola pubblica: i 25mila posti di lavoro statale per docente di religione cattolica sono infatti ancora oggi assegnati a discrezione del vescovo, e con il vincolo di impartire insegnamenti «conformi alla dottrina della Chiesa».
La campagna tesseramento Uaar 2021 è partita in questi giorni e si concentrerà su cinque temi che riguardano la vita di tutti: progresso, poi scuola, sessualità, spesa pubblica e fine vita. Un elenco non esaustivo di battaglie che devono essere condotte e che hanno bisogno anche del semplice e significativo gesto di iscriversi all’Uaar. Non si tratta di soli slogan: per verificare l’attività concreta svolta dell’Associazione sono a disposizione il diario giornaliero cosa abbiamo fatto, la pagina della rassegna stampa e i rapporti anno per anno.
Il 2020 è stato un anno che tutti vogliono lasciarsi alle spalle. Ma nel quale l’Uaar non ha diminuito l’impegno, ottenendo due storiche vittorie legali. La suprema corte di Cassazione ha stabilito che l’art.19 della Costituzione non è di proprietà delle confessioni religiose e che anche atei, agnostici e le loro associazioni hanno diritto alla medesima libertà di espressione. Il Tar Lazio ha condannato il Ministero dell’istruzione perché per anni ha discriminato il milione di studenti italiani che non vogliono subire l’insegnamento dottrinale della religione cattolica a scuola. Sono solo due esempi di battaglie per un mondo più giusto che possono essere vinte grazie a un’associazione come l’Uaar. Che però, per essere vinte, hanno bisogno del tuo sostegno.
Unisciti all’Uaar, per vivere più liberi: www.uaar.it/adesione
Roberto Grendene
segretario Uaar
Beninteso, di laicità non ce n’è mai abbastanza, in Italia come negli altri paesi. Chiarito ciò, ci andrei con le pinze prima di prendere per oro colato le varie graduatorie che periodicamente vengono elaborate ora sulla laicità, in altri casi sulla scuola o sulla sanità o sulla criminalità. Spesso queste graduatorie si basano su dati puramente formali. Stando a questi dati la scuola italiana non fa una gran bella figura, ma poi risulta che i laureati italiani siano molto richiesti e apprezzati in paesi stranieri che pure hanno molti più laureati di noi. Per la sanità si potrebbe fare il discorso opposto: ricordo che non molti anni fa avevo letto che la sanità italiana era la migliore del mondo dopo quella francese, ma l’epidemia del Covid ha messo a nudo tutte le pecche del nostro sistema sanitario. Anche per quanto riguarda la criminalità Padova risultava messa peggio di Napoli e di Palermo, probabilmente perchè i padovani denunciano le violenze subite, mentre i napoletani e i palermitani sono così intimiditi da non osare di denunciarle. Anche per quanto riguarda la laicità, se è vero che l’Italia piange, anche altri paesi europei non ridono: in Baviera, in forza di un vecchio concordato anteriore a quello nazista, tuttora è richiesta l’autorizzazione del vescovo per insegnare nelle scuole pubbliche alcune materie, tra le quali pedagogia, mentre le tanto celebrate Olanda e Belgio hanno la più alta percentuale europea di scuole private interamente finanziate dallo stato.
Commenti disfattisti di questo tipo sono l’equivalente che dire: “Va tutto bene.” In realtà il problema non consiste nell’imitare qualcun altro, ma capire cosa non va e come può essere migliorato. Conosco l’UAAR dall’inizio dell’era internet e sono iscritto dal 2010, perché ritengo utile che certe problematiche e situazioni vengano testimoniate, e se qualcuno al mondo le ha migliorate o superate cerchiamo di farlo anche noi, seguendo la nostra strada, senza deviare ogni discorso perdendoci in inutili paragoni.
Io all’UAAR sono iscritto anche da prima del 2010. Non vedo perchè il mio commento debba essere considerato disfattista solamente perchè affermo che noi italiani dobbiamo liberarci del complesso degli ultimi della classe, sia per quanto riguarda la laicità che per altre questioni, nè ho mai detto che da noi tutto vada bene.
Chiarito ciò è evidente che bisogna affrontare i problemi, anche perchè, come avevo premesso, “di laicità non ce n’è mai abbastanza”.