La signora T. è morta a quasi 90 anni all’inizio di questo dicembre. Era stata per tanti anni professoressa di matematica in un noto liceo della Capitale: molto amata dai suoi studenti, aveva lasciato l’insegnamento per passare a gestire, fino a non molto tempo fa, uno degli ultimi veri e cosmopoliti caffè letterari del centro storico. Arrivata ragazza a Roma dal Sud, sfatando luoghi comuni e statistiche, la signora T. è sempre stata convintamente atea. E come tale si è sempre con coerenza comportata, anche in anni ancora più difficili dei nostri per la vita dei non credenti. Si è sposata civilmente, non ha battezzato il suo unico figlio, ha abbracciato con convinzione tutte le battaglie laiche che i suoi occhi hanno visto susseguirsi negli anni, dall’aborto al testamento biologico.
La signora T., razionale di natura, ancora in vita da tempo aveva chiesto alla famiglia, a suo figlio e a sua nuora in prima istanza, di poter essere anche salutata per l’ultima volta in conformità alla sua coscienza, alla sua vita, al suo essere ed essere stata. E di poter quindi avere anche un funerale non religioso. E lo ha avuto, la signora T.: grazie all’Uaar e al suo sempre più capillare progetto Cerimonie uniche con onore l’ho celebrato io, al Tempietto Egizio del Verano. Che anche se è l’unico luogo pubblico disponibile per l’intera città di Roma bisogna pure considerarsi fortunati che almeno qui ne esista uno, financo decoroso, a differenza di quanto accade per la maggior parte del resto d’Italia. Una cerimonia intima ma partecipata al tempo stesso, con tanti parenti e amici videocollegati, con le musiche da lei preferite, con le parole delle persone che la hanno conosciuta e amata. Nessun simbolo religioso, né sulla bara né sul carro funebre.
Poi la signora T. è arrivata al pubblico Cimitero Flaminio.
Dove l’Ama, l’azienda comunale della nettezza urbana che espleta anche i servizi mortuari, l’ha seppellita sotto una croce.
Perché lo so? Perché la sera stessa del funerale mi è arrivato un messaggio dalla nuora, avvilita, frustrata, amareggiata. Tutti gli sforzi compiuti (e con una burocrazia non propriamente amica sono sforzi aggiuntivi a quelli del lutto in sé per sé) per dare alla signora T. quanto voleva, quanto meritava, quanto era suo diritto ottenere in una cosiddetta democrazia occidentale, si sono infranti sulla consuetudine comunale di cattolicizzare ogni inumazione, sempre e comunque.
Perché succede? Nessuno, in teoria, lo sa. La normativa (dpr 285/1990 e sue successive modificazioni) prevede un semplice cippo con targhetta. Il Comune di Roma deve ancora rispondere all’accesso agli atti che il Circolo Uaar di Roma ha prontamente inviato. Ma d’altronde è storia recentissima, sempre nello stesso cimitero, quella di Marta Loi e di tante altre donne che hanno scoperto tombe a loro nome per i prodotti di aborti terapeutici non reclamati. Lo scandalo che ne è seguito ha fatto sì che l’assemblea capitolina modificasse la normativa sulla privacy, ma solo quella. Delle buone intenzioni annunciate di abolire, già che c’erano, la consuetudine non scritta di appioppare contra legem un simbolo religioso se ne è persa completamente traccia.
Nonostante la tentata opposizione delle stesse pompe funebri, nonostante le chiare volontà della defunta e dei suoi cari, nonostante il diritto umano fondamentale di libertà di coscienza, la signora T. di quasi 90 anni vissuti laicamente in Italia nel 2020 sotto una croce c’è dovuta finire per forza. In nome e a spese di tutti.
Adele Orioli
L’Ama è un’entità oscura in cui nessuno sa veramente che cosa succede. Non credo che abbiano il minimo di sensibilità richiesta per preoccuparsi di queste iniezie, per loro, come mettere o non mettere una croce su una tomba.
Già è tanto se svuotano i cassonetti e se non rimischiano i vari materiali separati fra di loro.
I familiari non possono semplicemente staccare la croce e sostituirla con un cippo? Spero che lo facciano subito e poi inoltrino tutti i reclami necessari.
In effetti sembra la reazione più logica di fronte allo sfregio della memoria della defunta e all’oltraggio ai suoi familiari.
E pensare che a Roma c’è una giunta guidata da un movimento politico che era partito da posizioni laiche; è proprio vero che in Italia quanto più ci si avvicina al potere tanto più si abbandona il laicismo (Duce docet).
Una domanda : se il defunto e’ di religione ebraica,mussulmana o comunque tale da non fare uso di croci come simbolo,che procedura segue l’Ama ?
Con la forte immigrazione di questi tempi questo piccolo problema deve presentarsi spesso.
E,detto per inciso,direi che i seguaci di religioni “non cristiane” abbiano motivi di lamentela, in tal caso, molto piu’ marcati di un ateo,per il quale,in fondo,una croce
e’ semplicemente un paletto segnaletico portalapide buono come qualsiasi altro.
Quando avevo avuto a che fare qui a Milano con le pompe funebri avevo scoperto che per loro lo standard era la croce. Se non la volevi dovevi dirlo espressamente, altrimenti quella era la proposta standard.
Quindi penso che l’Ama operi nello stesso modo e non si ponga minimamente il problema a meno che qualcuno non lo sollevi. Dopotutto in Italia “siamo tutti cattolici” e non possiamo “non dirci cattolici”, questa è la mentalità e la religione cattolica continua di fatto per il servizio pubblico ad essere religione di stato. Inoltre a Roma hanno pure il cimitero acattolico ed ebraico quindi, negli altri cimiteri il problema non se lo pongono proprio.
Roma, città aperta…..cit!😄
Mi dispiace per quanto capitato alla signora.
Sono convinto che fatti così incivili non capitino nemmeno nella cattolicissima Spagna.
Io, per parte mia, ho superato tutte le imposizioni che i cialtroni che amministrano lo Stato italiano ci obbligano a sopportare e che il post denuncia ora e ha denunciato in altre occasioni, con la decisione presa nell’ormai lontano 2006 di donare la mia salma alla facoltà di medicina dell’Università di Padova: per chi fosse interessato al Dipartimento di Anatomia e Fisiologia Umana del professor De Caro tel. 0498272321, 0498272327,0498272300. Non tutte le università sono attrezzate alla bisogna e accettano la donazione.
Aggiungo, però, che non è la prima volta che scrivo queste cose anche se non in modo così articolato e completo.
Ed anche questa volta debbo dichiarare il mio dispiacere a che l’UAAR non si faccia promotrice di divulgazione di quella scelta; ed esprimo il mio disappunto perché essa non fa circolare una prassi civilissima che è in accordo con la scienza per la quale qui spesso viene sbandierato uno sviscerato amore.
Per chi volesse seguire il mio percorso, consiglio la lettura del libro di M. Roach “Stecchiti/ La vita curiosa dei cadaveri”; e di prendere atto che ancora oggi, a quanto ne so, gli studenti di medicina studiano il corpo umano sui manuali oppure si abituano a metodi mafiosi, se hanno soldi, per appropriarsi di qualche pezzo di scheletro.
Meditate gente, meditate…