Chiese, donne, bingo e democrazia

Anche il Corriere della Sera in questi anni ha offerto acriticamente grande spazio alle dichiarazioni papali. Non si può dunque non leggere ora con qualche interesse uno dei suoi più autorevoli editorialisti mettere in dubbio il millantato “indirizzo audacemente innovativo” o “addirittura rivoluzionario” dell’attuale pontificato. Benché a chiunque non fosse ottenebrato dal fanatismo sia stato da subito evidente come la Chiesa di Bergoglio continuasse piuttosto a essere banalmente conservatrice o addirittura reazionaria, anche e soprattutto rispetto all’affermazione (negli ultimi decenni, per non dire secoli) della democrazia e del ruolo della donna, per citare solo le “due questioni di enorme portata” menzionate da Galli della Loggia.

Non si intende invece perché mai, a suo avviso, il papato sarebbe oggi davvero innovativo se contrastasse la “condizione generale che il mondo stesso riserva oggi alla fede cristiana e alla Chiesa stessa”; se “supermercati, sale bingo o centri commerciali” diventassero chiese; se la cristianità tornasse ad essere fatto pubblico, “come connessione tra istituzioni religiose e istituzioni politiche”; se si riproponesse il “compromesso” per il quale le classi dirigenti rimarrebbero “legate in qualche modo all’antica fede” dando il buon esempio al “resto della società”. In tal caso infatti la Chiesa, la politica e la società tutta andrebbero in una direzione opposta a quella seguita negli ultimi secoli (per non dire nell’ultimo millennio). Ci si volgerebbe nostalgicamente verso l’antico, verso una mitica autenticità originaria forse, ma non certo verso il nuovo. Si tratterebbe di una involuzione, non di una rivoluzione

Lascia ancor più perplessi l’impiego da parte dell’opinionista di nozioni come “testimonianza del fondatore”, “Vangeli” “fede”, “fede cristiana”, “Cristianesimo”, “Chiesa”, “ispirazione più luminosa della propria storia”, “pontificato”, “Stato [Vaticano]”. Il fondatore potrebbe essere Paolo o magari lo stesso Gesù. Galli della Loggia però è uno storico e sa bene che a Gesù non è possibile attribuire con certezza alcuna precisa affermazione, e in ogni caso è da escludere che egli intendesse “fondare” una qualche nuova religione o Chiesa. Serve molta fantasia anche per pretendere di trovare nei Vangeli (per non parlare delle lettere di Paolo) una qualche difesa dei moderni principi liberali o dei diritti delle donne. È vero invece che “nessun passo dei Vangeli prescrive debbano essere affidate a uomini anziché a donne” le “cariche, che so, di presidente dello Ior, di governatore dello Stato, di nunzio o di segretario di Stato”, tuttavia, com’è ovvio, non vi si parla neppure per niente di banche, ambasciatori pontifici, governatori e segretari di Stato, né di Vaticano, né di tanto altro.  Neanche la Chiesa, tra le pur innumerevoli sciocchezze, è mai arrivata a sostenere il contrario. Per converso, se l’autore di qualche testo evangelico avesse avuto anche solo la vaga intenzione di difendere la dignità femminile, sarebbe stato consapevole del carattere all’epoca del tutto innovativo del proprio intento e di conseguenza avrebbe dovuto essere esplicito in merito.

Monsignor Bruno Forte risponde a stretto giro di posta e nella concitazione non coglie neppure i pochi rilievi inoppugnabili dell’articolo citato. Tanto che se la prende persino con “l’anticlericalismo di tanta parte della borghesia ottocentesca” e col “liberalismo borghese, mai tenero col mondo ecclesiale”. Per poi testimoniare quanto il sovrano assoluto Bergoglio conceda graziosamente alle assemblee di condividere talvolta le sue stesse conclusioni, e proprio alle donne in particolare di esercitare la “cultura della cura” in ogni ambito.

In conclusione, la Chiesa va più “lontano” scontrandosi con ostinazione contro il mondo moderno o scendendoci a patti con un minimo di realismo? Difficile dire. Impossibile però possa seguire con coerenza entrambe le strategie. Per il non credente e, più banalmente, per il laico in quanto tale non dovrebbe fare comunque gran differenza. Purché, sia chiaro, si parli di “fede” personale e non di un “cristianesimo” inteso ancora come ambiguo instrumentum regni.

Andrea Atzeni

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13 commenti

Diocleziano

Basta leggere la voce ‘Anticlericalismo’ di Wikipedia per rinfrescarsi la memoria su quanto ci sarebbe da fare e non è ancora stato fatto. Il monsignore si accontenti: “l’anticlericalismo di tanta parte della borghesia ottocentesca” e il “liberalismo borghese, mai tenero col mondo ecclesiale” sono state prove all’acqua di rose cui vi ha sottoposto il vostro dio, forse per provare la vostra fede… Poi vi ha premiati inviando “l’uomo della provvidenza”, uno Stato tutto per voi e molti, molti soldi.

mafalda

“Mostrando cioè una mancanza di senso storico che ricorda tristemente la vana battaglia che la stessa Chiesa cattolica ingaggiò per oltre un secolo contro i principi liberali. Oltre tutto — ancora una volta, come allora — smentendo in tal modo l’ispirazione più luminosa della propria storia e la testimonianza più straordinaria del proprio fondatore.” Se il giornalista facesse qualche esempio dei principi liberali presenti nei detti di Joshua (sempre che sappia che i vangeli non sono attendibili), sarebbe interessante discuterne.

RobertoV

Ormai è dato per scontato, senza averlo mai dimostrato, da parte della propaganda cattolica e cristiana in genere che i diritti e libertà di cui godiamo siano di derivazione cristiana, sfruttando anche una rilettura dei vangeli stile Nostradamus (a posteriori posso fargli dire tutto quello che voglio). Basato sulla fallacia logica che siccome l’occidente è democratico e liberale e qui c’è il cristianesimo allora è merito del cristianesimo, dimenticandosi che il cristianesimo è diffuso sul 30 % del globo, eppure ci sono tante nazioni cristiane che non sono democratiche e liberali e le nazioni più democratiche e liberali sono anche quelle più secolarizzate e laiche. Basterebbe la semplice domanda di quanti di questi diritti godremmo se la chiesa cattolica avesse sempre avuto il potere del passato. Per esempio proprio in questi giorni il papa ha difeso a parole la democrazia: peccato che lui non la adotti e non la ritenga utile all’interno della chiesa. Avrebbe detto le stesse cose se non fosse circondato da paesi democratici non di certo grazie a lui? Oppure direbbe le stesse cose sulle donne se non fosse circondato da paesi dove le donne godono più o meno degli stessi diritti degli uomini e non gli “rompessero le scatole” i fedeli su un maggior potere alle donne? Ed abbiamo “grandi pensatori” che si esaltano per le concessioni di un imperatore.

Maurizio

Giista osservazione: quanto sono realmente attendibili i Vangeli? Da tanti anni chiedo provocatoriamente ai credenti di mia conoscenza chi sono gli evangelisti, e la risposta è sempre più o meno: “Pietro, Paolo, Luca e un altro, comunque erano tutti apostoli e dunque testimoni diretti e sicuri.”
Della serie: “Non ho mai letto una pagina della Bibbia, non ho la più pallida idea di cosa ci sia scritto né di chi l’abbia scritta, ma tanto sa tutto il mio prete, io devo solo pregare e pagare l’otto per mille e andrò in paradiso”.

RobertoV

Perchè in Italia si deve sempre confondere cristianesimo con cattolicesimo? Il papa è l’imperatore dei cattolici, non dei cristiani, cattolici che secondo stime molto inaffidabili rappresentano solo la metà dei cristiani, con visioni anche molto differenti sulla società e la politica.
Mi sconcertano questi “rimpianti” di un epoca antidemocratica e liberticida in cui la chiesa cattolica rappresentava il pubblico, era religione di stato, per di più da parte di uno storico che dovrebbe conoscere cosa è stata storicamente la chiesa, assieme all’aristocrazia e poi alla grande borghesia, e quanto poco abbia fatto per il benessere del popolo. Dubito che valdesi ed ebrei rimpiangano quei bei tempi andati, tanto è vero che i valdesi celebrano ogni anno l’anniversario delle leggi patenti di Carlo Alberto del 1849 che hanno posto fine alle persecuzioni (mantenendo le discriminazioni) contro i valdesi, cosa osteggiata apertamente per tutto l’ottocento dalla chiesa cattolica.
L’anticlericalismo viene dipinto come un fatto negativo dimenticandosi della causa, cioè del fatto che si opponevano (e si oppongono) al clericalismo pesante ed invadente della chiesa cattolica, al potere politico ed economico della chiesa cattolica ed al suo controllo sulla società, cosa ancora oggi solo indebolita, ma lontana dall’essere superata.

Adelchi

Nell’articolo è scritto: “Serve molta fantasia anche per pretendere di trovare nei Vangeli (per non parlare delle lettere di Paolo) una qualche difesa dei moderni principi liberali o dei diritti delle donne”. E ancora: “Per converso, se l’autore di qualche testo evangelico avesse avuto anche solo la vaga intenzione di difendere la dignità femminile, sarebbe stato consapevole del carattere all’epoca del tutto innovativo del proprio intento e di conseguenza avrebbe dovuto essere esplicito in merito”. In realtà c’è almeno un vangelo (apocrifo) che, in un certo senso, difende la dignità della donna, benché in modo per noi strano: il vangelo di Tommaso, nell’ultimo loghion. E poi nel vangelo di Giovanni è messo ben in luce che chi ha visto per primo Gesú risorto dalla tomba, benché non ancora salito al Padre suo, è una donna: Maria di Magdala, a cui viene dato il compito di dar la notizia ai maschietti rintanati e terrorizzati. Che dire poi di coloro che, da Paolo (o qualunque altro abbia steso o interpolato gli scritti a lui attribuiti) ai padri della Chiesa (come Tertulliano), hanno inveito contro le donne che parlano durante le assemblee o si permettono di discutere o addirittura di compiere esorcismi! Se si sono dati tanta pena per cercare di rimetter le donne al posto loro, significa che nel cristianesimo delle origini doveva essere diffuso o addirittura normale, in molte comunità, un ruolo della donna decisamente piú importante di quello che si avrebbe avuto in séguito.

RobertoV

Però gli apostoli sono tutti uomini e le donne svolgono sempre attività servili, di manovalanza. Tipo ungere e fasciare il corpo. La loro considerazione nei vangeli è per la loro fedeltà, sottomissione e servilismo ed utilità alla causa.

Adelchi

Non sono uno studioso di storia del cristianesimo, quindi mi rifaccio alla letteratura sull’argomento piuttosto che alle fonti. In un capitolo dedicato al tema nel libro di Bart Ehrman, _Il Nuovo Testamento: Un’introduzione_ (Carocci, 2015), nella premessa è scritto:
“Le donne ebbero un ruolo importante nelle comunità cristiane delle origini. Esse prestavano servizio come evangeliste, guide della comunità, maestre e profetesse.” E poi viene riassunta la prospettiva accolta nel séguito del capitolo: “[…] nelle comunità delle origini le donne ricoprivano ruoli importanti, ma già alla fine del I secolo esse incontrarono una seria opposizione e fu loro negato il diritto di assumere posizioni di leadership. Esse finirono cosí per essere sottomesse alle autorità maschili e fu anche cancellato il ricordo della loro importanza di un tempo.” [p. 420]

Relativamente al fatto che gli apostoli sono tutti uomini: “I dodici discepoli piú vicini a lui [Gesú] erano certamente uomini (non poteva essere altrimenti per un rabbi giudeo del I secolo): per questo, in quasi tutte le tradizioni evangeliche, i personaggi principali sono
uomini. Ma non ci sono soltanto uomini.” [p. 423] Di piú: “È possibile che la posizione delle donne tra i seguaci di Gesú quando era ancora in vita abbia influito sullo statuto delle donne nelle comunità dei credenti che si formarono dopo la sua morte. Ciò spiegherebbe perché le donne sembrano aver rivestito ruoli importanti nelle comunità fondate da Paolo, quelle su cui siamo meglio informati.” [p. 426] E questo nonostante le contraddizioni nelle sue lettere.

Insomma l’argomento non è banale. Quel che volevo mettere in luce, col mio intervento in relazione all’articolo, è che è sbagliato fare affermazioni come quelle da me citate: è OVVIO che nei vangeli non si può trovare una “difesa dei moderni principi liberali o dei diritti delle donne” come li intendiamo noi. Nella giusta prospettiva storica, tuttavia, e nonostante le poche fonti piú antiche siano anche inquinate, non si possono non riconoscere elementi d’una partecipazione delle donne nella vita delle prime comunità cristiane (non solo come servette) che solo successivamente è mancata o comunque si è ridimensionata.

RobertoV

Il ruolo servile a cui mi riferivo era anche al concetto di utilità alla causa. La mia impressione è che il ruolo delle donne all’inizio sia un ruolo strumentale di utilità alla causa, cioè alla diffusione della nuova religione. Le donne si dimostrano più devote, senza dubbi, più fedeli, più affascinate dal messia uomo, mentre gli uomini più dubbiosi e meno affidabili (pensa a Giuda o lo stesso Pietro). Ed è quello che si riscontra spesso nelle religioni, le donne come strumento di mantenimento della tradizione e della trasmissione della religione e tendenzialmente più devote. In quanto citi parli infatti di ruoli di evangeliste, maestre e profetesse. Non mi stupirei se all’inizio ci fossero state più donne tra le seguaci e per questo abbiano ricoperto anche ruoli di guide, poi perse con l’aumentare dei fedeli. Ho trovato un lungo articolo su Micromega del filosofo Viano che evidenzia anche che nelle comunità filosofiche ellenistiche dell’epoca la presenza delle donne fosse normale e criticava il tentativo di attribuire al cristianesimo primitivo posizioni femministe dedotte dalla presenza di figure femminili nei Vangeli e nelle prime comunità.

Adelchi

@RobertoV
Infatti, come dicevo, il discorso non è banalmente risolvibile, anche perché (come noti giustamente nelle ultime righe) si rischia sempre l’anacronistica sovrapposizione al cristianesimo delle origini dei filtri derivati dal pensiero contemporaneo, moderno o anche (alto-)medievale. Si dovrebbe tener conto solo d’interpretazioni il piú possibile spregiudicate, fondate sull’analisi puntuale delle fonti, con un inquadramento nel periodo storico e tenendo presenti tutti i problemi che le stesse fonti pongono (problemi filologici e linguistici, prima di tutto). Come fa capire lo stesso Ehrman, ci sono piú prospettive accolte o accoglibili; l’importante è che tali prospettive siano supportate da un’adeguata interpretazione delle fonti (nella lingua in cui sono state scritte) e non dalle impressioni personali o da una lettura superficiale (basandosi magari su traduzioni spesso ossequiose nei confronti d’un’interpretazione tradizionale ormai stantía). Ritengo, perciò, che solo uno storico specialista dell’argomento, dopo un’adeguata critica del testo, possa fornire delle prospettive ben motivate indicando i loro stessi limiti. Propendere per interpretazioni spicciole, in un senso come in un altro, quasi prendendo partito, non fa che accrescere il pregiudizio su ciò che non è chiaro in sé e che, con ogni probabilità, non sarà mai chiaro fino in fondo.

mafalda

Non so quanta importanza avessero le donne nel primo cristianesimo o presso gli esseni, di sicuro la Maddalena non era quello che appare nei vangeli e forse per questo si è cercato di sporcarne la memoria.

Diocleziano

A parte le fanciullesche s†upidaggini fiorite nel medioevo, che fine ha fatto la maria?
Se davvero avessero saputo che era la madre di dio, non è strano che appena morto suo figlio di costei non se ne è più avuta notizia? Non avrebbe dovuto essere venerata lei stessa come una dea? Una tomba… uno straccio di memoria autentica… nulla.

Adelchi

@Mafalda
Per una panoramica sull’argomento consiglio il capitolo del libro di Bart Ehrman che ho citatato in un mio intervento poco sopra: “Protagoniste ridotte al silenzio: La marginalizzazione della donna nel cristianesimo delle origini”. In: B. Ehrman. _Il Nuovo Testamento: Un’introduzione_, Roma: Carocci, 2015, p. 420-437. La bibliografia relativa al capitolo, messa alla fine del volume (a p. 546), è scarna ma utile per approfondimenti. È probabile che negli ultimi anni, sul tema, siano state pubblicate monografie di cui, però, non sono a conoscenza.

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