La riproduzione conigliesca è un tema caro alle principali religioni monoteiste, desiderose di avere sempre più abbonati per ricondurre l’umanità alla verità. Ancora adesso le famiglie di stretta osservanza cristiana, musulmana ed ebraica sono in effetti accomunate da una produzione di figli degna del primo novecento. Con il miglioramento dell’aspettativa di vita, dei diritti sessuali e soprattutto dell’emancipazione femminile, nei paesi sviluppati invece la normalità per le coppie è di avere in media meno di due figli. Di fronte a questo saggio andamento non stupiscono gli strali e le ammonizioni del Papa e la retorica patetica dei bambini portatori di gioia immensa, futuro dell’umanità, etc. mentre fa alzare eccome un sopracciglio la presa di posizione del movimento Fridays for future (FFF) – ispirato dalla protesta ambientalista di Greta Thunberg – contro il problema del sovrappopolamento. In sintesi, il movimento sostiene che gli alti tassi di riproduzione dei paesi del sud del mondo non siano un problema sul piano ambientale in quanto le tecnologie esistenti possono fornire il cibo sufficiente per 10 miliardi di persone ed essere allo stesso tempo carbon neutral. La problematica del sovrappopolamento è, continuano, un mito razzista e di impronta eugenetica sostenuto da – surprise, surprise – bianchi benestanti che vivono nei paesi sviluppati.
Accantonando i dubbi sulla possibilità di nutrire 10 miliardi di persone con i mezzi di produzione attuali, vediamo se i numeri nei fatti danno ragione all’assunto che la crescita della popolazione nei paesi in via di sviluppo può essere carbon neutral. Per semplicità prendo in considerazione il solo continente africano. Basandoci sui numeri del Global Carbon Atlas, le emissioni dei paesi africani sono passate dalle 888 MtCO2 del 2000 alle 1449 MtCO2 nel 2019, in confronto l’EU-27 è passata da 3613 MtCO2 a 2917 MtCO2 nello stesso arco di tempo. Pro capite questo significa che ogni africano nel 2019 ha contribuito con poco più di 1 tCO2 all’anno mentre un cittadino dei paesi UE 27 con circa 6 tCO2 all’anno. Sicuramente un cittadino di un paese EU-27 è 6 volte più colpevole, ma il contributo di un nuovo nato africano non è di certo trascurabile. Per il futuro è difficile stimare quanto cambierà la carbon footprint pro capite di un africano, ma, anche negli scenari ottimisti, nei prossimi 10 anni il consumo di petrolio e gas nel continente nero aumenterà senza dubbio. Da qui al 2050 l’aumento della popolazione africana è stimato di 1,2 miliardi, dunque anche mantenendo il valore di 1 tCO2 per anno, non è comprensibile come il contributo dei nuovi arrivati all’effetto serra possa essere neutrale. Se aggiungiamo poi che l’accordo di Parigi sta miseramente fallendo a causa del menefreghismo della popolazione dei paesi sviluppati che rifiuta di moderare i propri consumi e dell’ottuso egoismo dei singoli stati (citofonare Polonia), sostenere che il sovrappopolamento non sia un problema per il riscaldamento globale sembra proprio una posizione ideologica.
Anche senza scomodare l’algebra è inoltre palese che una persona per vivere ha bisogno di cibo, beni e servizi e che per ognuna di queste voci serva energia. Anche per i processi di riciclaggio, indicati da FFF come soluzione per azzerare l’impatto dei nuovi arrivati. Allo stato attuale e realistico delle cose, l’energia proviene più probabilmente da fonti fossili che rinnovabili e dunque l’unico atto veramente efficace per contrastare le emissioni serra è non fare figli o quantomeno non farne più di due, in modo da contribuire a far diminuire sin da subito la popolazione mondiale.
Un esempio che potrebbe aiutare il concetto: riciclare la plastica è il modo per contenere un problema, ma non risolverlo. Il ciclo di vita (semplificato) di una bottiglia prevede che il petrolio estratto venga raffinato e separato, dai monomeri creati poi verrà prodotta una sorta di provetta di PET, a sua volta trasportata nell’impianto di imbottigliamento, lì la provetta verrà espansa diventando una bottiglia e poi riempita con l’acqua, assemblata con altre 5 bottiglie, trasportate al supermercato ed infine portate a casa e svuotate. Una volta finite, il consumatore responsabile le riciclerà e nel migliore dei casi arriverà il camion per la raccolta differenziata, porterà il rifiuto in un centro specializzato dove verrà smistato e riconvertito nelle provetta dell’inizio.
Oppure potete aprire il rubinetto e riempire una brocca.
Anche con il riciclo, quale dei due modi di bere l’acqua avrà maggiore impatto sulle emissioni di diossido di carbonio, la bottiglia di plastica o il rubinetto? Con le persone è lo stesso, anche chi si impegna seriamente a diminuire le proprie emissioni non potrà mai essere del tutto neutro, a meno di rinunce che sarebbero irrealistiche per la maggioranza della popolazione.
Come se non bastasse, il riscaldamento globale sta intensificando i fenomeni atmosferici, causando siccità e inondazioni estreme. La mancanza di acqua è già prevista come una delle probabili cause di migrazioni e guerre nel prossimo futuro e un aumento della popolazione in aree con un tessuto sociale debole porterà solo ad aggravare crisi umanitarie.
La diminuzione delle nascite è un ottimo indicatore di avanzamento delle società e di distribuzione omogenea di diritti. Se veramente tengono alla popolazione dei paesi in via di sviluppo, gli attivisti di Fridays for future farebbero bene ad unirsi ad associazioni umaniste come l’UAAR e denunciare le condizioni di vita in paesi dove i diritti fondamentali di autodeterminazione sono ancora un miraggio. Si accorgeranno che, senza bisogno di scomodare piani di controllo eugenetici, la popolazione smetterà di crescere da sola.
Manuel Bianco
L’UAAR ha tra i suoi obiettivi il contrasto al natalismo. Per chi voglia approfondire rimandiamo all’articolo sul nostro blog di Raffaele Carcano Altro che “culle vuote”: stiamo diventando troppi per un pianeta così piccolo e a quello di Elisa Corteggiani Possiamo salvare il Pianeta facendo più figli? uscito sul n. 2/20 della rivista Nessun Dogma.
Ricordate “Inferno”,il romanzo di Dan Brown ?
Nel pur discreto film che ne e’ stato ricavato venne eliminata proprio la trovata piu’
ingegnosa del romanzo,il virus “fattore genico”,capace di provocare una modifica nel genoma che nel 33% dei casi provoca sterilita,e negli altri diventa ereditaria,per cui questa “roulette” continuera indefinitamente nelle generazioni future.
E nel romanzo il piano dello “scienziato pazzo”( per modo di dire)ha successo.
Per cui diventa probabile un notevole calo della sovrappopolazione in tempi relativamente brevi.
Mi chiedo se questa alterazione della trama dipenda anch’essa dal timore di urtare
il “politically correct” delle chiese,perfino in una fiction.
Per chi ha letto il romanzo una piccola curiosita :
mi sembra che non viene specificato se il virus agisca su entrambi i sessi o su uno solo.
La differenza e’ evidente : nel secondo caso una coppia avrebbe 2 probabilita su 3 di concepire figli,cioe circa il 66% delle coppie.
Nel primo le probabilita diventerebbero 4 su 9,vale a dire solo il 44% avrebbero figli.
E’ evidente che a certi movimenti non interessa che gli africani possano avvicinarsi ai nostri livelli di vita, ma che i nostri livelli di vita si avvicinino a quelli africani. Mi fanno venire in mente un insegnante di religione che sosteneva che la povertà (quella degli altri?) è il più grande dono del Signore.
“La riproduzione conigliesca” è meraviglioso. Anche perché rende perfettamente l’idea del fenomeno e della sua drammaticità.
Considerare il sovrappopolamento un mito razzista sostenuto da bianchi è demenziale e da ignoranti. L’eccessiva natalità è stata combattuta in buona parte del mondo e ridotta notevolmente sia in Asia che in Sud America, meno in Africa. Non mi risulta che in Cina o India siano bianchi. E non è una correlazione razzista il fatto che allo sviluppo si associ normalmente un forte calo della natalità. Sono proprio i paesi più arretrati che hanno in genere natalità elevate, che sono un ostacolo allo sviluppo. In Africa la forte natalità di certi stati si mangia le forti crescite del PIL, di modo che le condizioni di vita non migliorano.
La carbon footprint dell’Africa è bassa perchè sono arretrati, non perchè sono virtuosi. In molti paesi l’elettrificazione è a pochi percento ed il 20 % della popolazione è denutrita mentre in parecchi paesi il reddito è al di sotto della soglia di povertà di due euro al giorno per oltre il 50 % della popolazione. Quindi è inevitabile che se si sviluppassero la loro carbon footprint pro capite aumenterebbe di molto ed è utopistico pensare che assieme ad un’elevata crescita demografica sia possibile ottenere una neutralità climatica. Se tutti i paesi raggiungessero gli standard di sviluppo dell’UE, che è la più efficiente nell’utilizzo dell’energia e che ha come obiettivo ambizioso e costoso la neutralità climatica per il 2050, i consumi energetici aumenterebbero di 2.5 volte rispetto ai valori attuali. Ma i paesi emergenti ed in via di sviluppo non sono tenuti a cercare di ottenere una neutralità climatica perchè la vedono come un ostacolo al loro sviluppo. Basta vedere la difficoltà a coinvolgere Cina ed India che sono considerati paesi in via di sviluppo.
Ottenere la neutralità climatica è una problematica da paesi ricchi ed avanzati e l’UE è quella più impegnata ed infatti mira a raggiungerla nel 2050, ma con enormi investimenti. Quello che molti di questi ambientalisti non comprendono è che per fare le cose ci vogliono enormi investimenti, ristrutturazioni utopistiche e liberticide della società e che tradurre in pratica le cose è estremamente complesso per ragioni tecnologiche, politiche, economiche, culturali ed ambientali e che l’efficienza non cresce all’infinito.
E’ ridicolo pensare che il pianeta possa sopportare una popolazione di 10 miliardi, non solo perchè le risorse non sarebbero sufficienti, ma perchè non c’è spazio a sufficienza! O forse intendono popolare i deserti e i mari? Lo spazio è vitale e il fatto di convivere troppo vicini gli uni agli altri può provocare stress e depressione, tutte malattie che poi dobbiamo pagare, così come dobbiamo pagare per gli assistenti sociali, il sistema sanitario, le scuole che a fatica già ora stanno dietro a figli problematici e con handicap che vivono in famiglie disadattate.
Infatti trovo sempre curioso che i natalisti nonostante non perdano occasione di denigrare scienza e tecnologia, poi si aspettino proprio da scienza e tecnologia la soluzione del problema di far vivere più persone, senza preoccuparsi della qualità della vita di queste persone.
Perchè le persone non sono polli da allevamento.
Inoltre lo spazio vitale non è dato semplicemente da una divisione matematica della superficie abitabile per il numero di persone, ma dalla distribuzione e dalle ragioni della distribuzione diseguale. Già oggi ci sono zone eccessivamente densamente popolate (tipo il sud est asiatico ed abbiamo proprio toccato con mano le problematiche connesse o la Lombardia e l’Italia ha un’impronta ecologica pari a tre) e cambiare la distribuzione non è cosa da poco, ma soprattutto bisogna vedere le ragioni della scarsità di popolazione in certe zone e cosa comporterebbe il popolarle. Per esempio far andare milioni di persone in zone fredde o aride è difficilmente fattibile, sia per problemi di adattamento delle persone (per esempio nei paesi scandinavi è nota la diffusione della depressione invernale), ma anche di costi e consumi: devi portare il cibo che non puoi produrre (altro che km zero), devi costruire infrastrutture deturpando l’ambiente, devi consumare più energia per il riscaldamento (o il raffrescamento e la produzione di acqua potabile nelle zone aride, basta vedere quello che fanno in Arabia Saudita) e per il trasporto di cibo e beni.
La stessa pandemia ha ben indicato come sia per l’origine che per la diffusione un’elevata densità di popolazione rappresenti una situazione sfavorevole.
Il vero problema è che nella testolina degli idealisti del “sulla Terra ci stiamo in 10 miliardi”, il terzo mondo si occuperebbe di fornire altri 3 miliardi di esseri viventi, mentre il primo mondo dovrebbe farsi carico del loro mantenimento. Possibilmente gratis e senza inquinare.
Sull’argomento invito a leggere l’articolo di Elisa Corteggiani pubblicato su Nessun Dogma, N° 2, pagg. 38-41. A pag. 39 si dà la “buona pace” a Malthus, salvo forse ritirargliela a pag. 40.
Se vogliamo esprimere il problema nel modo piu’ semplice :
anche per gli esseri umani vale il principio dell’inflazione : maggiore sara il numero,minore sara il valore della vita di ogni singolo.
A parte ovviamente gli appartenenti alle elites.
Mi pare che il termine razzismo sia oramai abusato. L’aumento della popolazione mondiale di qualsiasi etnia sia non può che essere deleterio per l’ambiente. Dire che ci sono risorse per 10 miliardi di individui non è razionale. È razzista invece condannare chi abita in paesi svantaggiati all’ignoranza e sovrappopolazione.
Ed essere bianco non è un peccato originale, certe affermazioni sui bianchi spesso accompagnati dalla combinazione, “bianco maschio etero occidentale” mi paiono dogmatiche.
È la moltiplicazione sfrenata degli esseri umani che rende progressivamente possibile che il loro patrimonio genetico produca sempre di più i suoi effetti perversi. L’inesorabile ritmo esponenziale della crescita della popolazione, legato allo straordinario potere della specie umana di sopravvivere in condizioni avverse attraverso le sue facoltà intellettuali, dovrebbe necessariamente condurre un giorno ad una crisi globale. Malthus l’aveva previsto due secoli fa. Ed è quello che succede oggi !
Diverse analisi mostrano che esiste una relazione inversa tra il livello di sviluppo economico e la crescita della popolazione. Se aumenta il primo il secondo diminuirà automaticamente. Questo può essere vero, ma solo nella misura in cui la ripresa economica va di pari passo con l’aumento della pratica del controllo delle nascite. Senza quest’ultimo, un aumento del livello economico non può abbassare il tasso di natalità. Ci si aspetterebbe, grazia alla medicina, al contrario.
NB : I disordini causati dalle fluttuazioni dell’attività economica, a causa delle disuguaglianze, sembrano gestibili a breve e lungo termine. Quelli di origine demografica lo sono molto meno. Di tutti i disordini, saranno i più violenti e i più difficili da trattare quando diventeranno ingestibili o incontrollabili. Sulla base molto solida del potere del denaro, questa libertà colpita da coloro che la posseggono ed il sogno della ricchezza per tutti gli “altri”, il buon feudalesimo dell’ipercapitalismo del mondo ha -se non cambia niente- giorni bellissimi, anni, forse anche secoli nel futuro.