È un copione già visto quello messo in scena in questi giorni sul palcoscenico della politica. Puntuale come un orologio, all’annuncio della ministra Luciana Lamorgese sulla reintroduzione della dicitura “genitori” al posto di “madre” e “padre” sulle carte d’identità elettroniche rilasciate a minori di età inferiore a 14 anni, il duo Salvini-Meloni (affiatato quanto Gianni e Pinotto, ma meno divertente) ha preso la palla al balzo e invitato il governo, come di consueto, ad andare a casa.
Non hanno nemmeno dovuto fare lo sforzo di arricchire il loro repertorio visto che la questione era già stata al centro del dibattito politico una manciata di anni fa. Nel 2015, infatti, nello stabilire le modalità per la richiesta di rilascio della carta d’identità elettronica, il governo Renzi aveva statuito che la richiesta poteva essere presentata dal cittadino o, nel caso di minorenni, «dai genitori o tutori». Giusto quattro anni dopo, nel 2019, quando era ministro dell’Interno nel primo governo Conte, Salvini aveva ribaltato le carte firmando un decreto volto a modificare i termini delle disposizioni del 2015, nella fattispecie sostituendo le parole «dai genitori o tutori in caso di minore» con «dal padre o dalla madre, disgiuntamente, o dai tutori, in caso di minore».
Ora che la ministra ha annunciato la reintroduzione della formula “genitori” si riaccende quindi la polemica. Cavalcata, neanche a dirlo, dai mezzi di informazione cattolici. Il quotidiano della Conferenza episcopale, in un articolo del 14 gennaio, ha parlato di «un politicamente corretto in cui i diritti, più che essere tutelati, diventano enunciati privi di contenuti». Tempi, vicino a Comunione e Liberazione, il 17 gennaio ha rincarato la dose, tuonando contro quella che ha definito un’«azione di disgregazione della famiglia e di discriminazione dei suoi componenti». Si spinge ancora oltre, parlando di «un’ideologia nichilista che perfino ora, in piena crisi da Covid-19, pur di attaccare l’istituzione familiare è disposta a sacrificare il futuro del Paese», Pro vita & Famiglia che lancia anche una raccolta firme.
A nulla sono valse le parole della ministra la quale ha spiegato che il nuovo schema di decreto ministeriale si rende necessario alla luce delle indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali, avendo quest’ultimo rilevato che l’applicazione delle disposizioni salviniane «ha comportato notevoli criticità in termini di protezione dei dati e di tutela dei minori nei casi nei quali i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale non siano riconducibili alla figura materna o paterna, ora espressamente previsti, ed ha rappresentato la necessità di adeguare le disposizioni al quadro normativo introdotto dal Regolamento europeo in materia di trattamento dei dati personali».
Agli oltranzisti cattolici chiaramente non interessa nulla delle famiglie arcobaleno ma evidentemente non interessano loro neanche tutte quelle situazioni in cui padre o madre non ci sono più.
Trincerandosi dietro la consueta difesa della famiglia tradizionale dimenticano gli interessi dei minori.
A quando la proposta di sottrarli alla famiglia d’origine nel caso in cui ci sia un solo genitore affinché siano cresciuti da un padre e una madre?
Ho ricontrollato la carta di identità di mia figlia, emessa nel 2012, con la dicitura “nomi dei genitori” sul retro. In seguito abbiamo usato il passaporto, che invece risale al 2017 e riporta le diciture madre e padre. Non capisco il perché di questa incongruenza ma è chiaro che l’espressione “firma dei genitori o di chine fa le veci” è piuttosto antica, quindi proprio non si capisce quale glorioso passato si dovrebbe tentare di restaurare. La questione mi annoia abbastanza in realtà ma credo che il criterio con cui risolvere l’enigma dovrebbe essere quello della maggiore inclusione possibile. Paradossalmente, come cercava di far notare un tizio contro le “femministe arrabbiate”in tono provocatorio, anche genitore non è un termine inclusivo al massimo, poiché declinato esclusivamente al maschile. Se proprio volessimo approfondire la questione,la dicitura più corretta sarebbe genit… o tut…(tutore o tutrice), per tutelare i minori che non hanno una figura diversa da quella genitoriale a prendersi cura di loro. Così è come sarebbe giusto, ma personalmente non mi offendo se non mi definiscono “genitrice” o “madre”. Continua a deprimermi il fatto includere gli altri sia considerato lesivo dei diritti della maggioranza, concetto che già di per sé è assurdo. Inutile poi ribadire come non ci sia nulla di naturale nella famiglia agognata dai sovranisti, e anche che nella maggior parte dei casi non seguire veri o presunti dettami della natura sia maggiormente auspicabile. Per tutti
Pensando all’atteggiamento in passato della chiesa e dei suoi sostenitori nei confronti dei figli illegittimi e naturali, dei figli di genitori ignoti o di genitori di altre religioni o nazioni e a come venivano trattati e denominati, all’opposizione al matrimonio civile ed alle unioni civili non c’è da stupirsi della loro battaglia di retroguardia e di quanto poco interessino i figli non conformi ai sostenitori della religione del “siamo tutti fratelli”. La discriminazione è la loro specialità.
Immagino quanto Comunione e Liberazione, i Pro Vita, i vescovi abbiano parlato di visione nichilista e discriminazione quando pochi giorni fa sono arrivati gli esiti delle indagini in Irlanda sul trattamento fatto dalla chiesa cattolica, dalle suore a ragazze madri e i loro figli con ben 9000 bambini morti “accuditi amorevolmente” dalle suore. E’ questo il trattamento storico a chi non ha un padre ed una madre secondo la loro visione.