Buone novelle laiche

Non solo clericalate. Seppur spesso impercettibilmente, qualcosa si muove. Con cadenza mensile vogliamo darvi anche qualche notizia positiva: che mostri come, impegnandosi concretamente, sia possibile cambiare in meglio questo Paese.

La buona novella laica di gennaio è la decisione della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese di reintrodurre la dicitura inclusiva di “genitore” per le richieste della carta d’identità elettronica per i minori di 14 anni. La dicitura era stata cancellata dal predecessore Matteo Salvini che intendeva imporre in chiave tradizionalista e confessionale i termini “padre” e “madre”. Stravolgimento che presentava evidenti criticità sul fronte della privacy segnalate dall’Autorità garante e della rispondenza dei dati forniti, vista la pluralità delle forme di famiglia.

Mentre continua a infuriare il coronavirus, mancano prese di posizione istituzionali per ridurre gli assembramenti per eventi religiosi, ritenuti sulla base delle evidenze scientifiche a rischio. Qualche amministratore locale interviene quindi di sua iniziativa. Come il sindaco di Maiori (SA) Antonio Capone, che ha emesso un’ordinanza per chiudere anche le chiese, come altre strutture e servizi: un’iniziativa di buon senso per minimizzare le occasioni di contagio.

Se la politica ancora non ha il coraggio di tutelare pienamente i diritti delle persone lgbt, almeno un monito forte arriva dai giudici. La Corte Costituzionale ha sollecitato il legislatore ad attivarsi urgentemente per tutelare i diritti dei minori figli di coppie omosessuali, che siano nati tramite procreazione assistita o tramite gestazione per altri all’estero, e cresciuti da coppie italiane. Lo ha fatto pur dichiarando inammissibili le questioni sulla base del divieto in vigore in Italia alla maternità surrogata e della mancanza di una norma che formalizzi la stepchild adoption. In un caso, esaminato dal tribunale di Padova, la madre biologica di una bambina nata all’estero tramite procreazione assistita dopo la fine della relazione con la sua compagna si rifiutava di far riconoscere l’adozione a questa donna. Nel secondo caso la Cassazione ha sollevato la questione per la riconoscibilità in Italia di un bambino, nato tramite gestazione per altri all’estero e cresciuto da una coppia di uomini uniti civilmente. 

La Corte d’appello di Milano ha sancito che il figlio di una coppia omosessuale, nato con gestazione per altri all’estero, può usufruire dell’assegno di reversibilità della pensione anche dopo la morte del genitore non biologico. Per questo l’Inps è stata condannata dal tribunale, che ha riconosciuto il diritto anche per fatti avvenuti prima dell’introduzione della legge sulle unioni civili.

La Corte europea dei diritti umani ha condannato la Romania per violazione dei diritti di due persone transgender, in quanto i tribunali nazionali si erano rifiutati per anni di riassegnare il loro genere. La Cedu ha riconosciuto infatti che queste persone non sono obbligate a dover subire un’operazione chirurgica per veder ridefinita sui documenti l’identità di genere.

Il diritto all’interruzione di gravidanza è sotto attacco non solo in Italia, ma istituzioni e politici lottano per difenderlo – anche da campagne di disinformazione.

Una mozione per ribadire il diritto di accesso all’interruzione di gravidanza è stata presentata dalla consigliera regionale delle Marche Manuela Bora (Pd), già oggetto di attacchi da parte di un medico integralista. La mozione è stata però bocciata dalla maggioranza di centrodestra, con posizioni imbarazzanti. Invece, tra le dichiarazioni a sostegno dell’iniziativa di Bora, da segnalare la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessia Morani che ha dichiarato: “La destra nega i diritti delle donne. Non possiamo che stigmatizzare e contrastare questa furia ideologica che vuole riportare le Marche al Medioevo dei diritti”.

In tutta Italia ci sono reazioni ai tendenziosi manifesti di una organizzazione cattolica integralista che fa disinformazione sull’interruzione di gravidanza paragonando la pillola Ru486 a un “veleno”. 

A Forlì diverse associazioni tra cui il nostro circolo ne hanno richiesto la rimozione per “pubblicità ingannevole” e in Consiglio comunale il centrosinistra ha contestato la decisione della Giunta di non intervenire, di fatto assecondando gli estremisti no-choice. Federico Morgagni, capogruppo di Forlì & Co, criticando “i manifesti che veicolano contenuti falsi e anti-scientifici”, ha lamentato che “il sindaco ha perso un’occasione per dire una cosa chiara della legge 194” e chiarito: “la libertà di espressione va tutelata, ma non può essere utilizzata per offendere la reputazione altrui, dire che la RU-486 è un ‘veleno per la donnaì, diffamare il Ministero della salute e tutti gli organi che l’hanno autorizzata e i medici che la prescrivono”. Anche Elisa Massa, Loretta Prati, Sara Samorì e Matteo Zattoni, consiglieri del Partito Democratico nella Commissione Pari opportunità, hanno “chiesto conto al Sindaco” sul “perché non ha dato risposta” ai solleciti per togliere “i manifesti che andavano esplicitamente contro una legge dello Stato e anche contro ogni evidenza scientifica”. Articolo Uno si è unita alle proteste nei confronti dei cartelloni contro la Ru-486 sollecitando l’intervento dell’amministrazione forlivese e sottolinenando che “in Romagna il Comune di Rimini ne ha impedito la pubblicazione mentre quello di Ravenna ne ha richiesto la rimozione”.

Nella vicina Cesena, Possibile ha invitato il sindaco Enzo Lattuca e l’assessore alla Cultura e Inclusione Carlo Verona a rimuovere “tali mendaci manifesti, che ottengono unicamente il risultato di minare il diritto delle donne a una scelta autonoma e informata sull’interruzione di gravidanza sfruttando paura e insicurezza”. La questione infatti non riguarda la “libertà di espressione” o la “censura” ma “impedire che venga perpetrata una campagna diffamatoria, basata su ragioni ideologiche, ai danni di un farmaco assolutamente legale”.

Sinistra a Brescia ha preso posizione contro i manifesti integralisti, chiedendone la rimozione al sindaco Emilio Del Bono. “Non possiamo tollerare che una campagna retrograda esibisca senza alcun rispetto il corpo della donna”, si legge nel comunicato del gruppo politico, “Brescia non si presti a campagne di disinformazione su farmaci regolarmente approvati dalle agenzie governative, scientifiche e sanitarie italiane ed europee”.

Viene lanciato inoltre dalla stessa organizzazione cattolicista un altro manifesto tendenzioso, veicolato stavolta da camion vela, contro il diritto all’autodeterminazione sul proprio corpo con l’idea pretestuosa e colpevolizzante che verrebbe “soppresso” un “figlio”. 

La consigliera regionale del Lazio Marta Leonori e le minisindache dei Municipi I e II del Comune di Roma Sabrina Alfonsi e Francesca Del Bello hanno sollecitato l’amministrazione della Capitale a intervenire “immediatamente per fermare i cartelloni che girano su automezzi per la città con i soliti, purtroppo, messaggi riprovevoli”. “L’amministrazione capitolina non può consentire che un’ideologia violenta e retrograda possa dare un’immagine così deteriore della figura della donna”, hanno aggiunto. 

La capogruppo della Lista Zingaretti in Regione Lazio Marta Bonafoni ha contestato le “offese sul corpo delle donne” con tali “affissioni inconcepibili” portate avanti con tale campagna, chiedendosi “quanti soldi ci siano voluti per finanziarla”. Dopo aver ricordato che  l’amministrazione del presidente della Regione Nicola Zingaretti “sta su una linea avanzata al fianco delle donne” per quanto concerne l’interruzione di gravidanza e contestato le destre, ha ammonito: “dobbiamo fare attenzione e argine con politiche davvero amiche delle donne e della loro salute”. Dal canto loro Svetlana Celli, capogruppo della Lista civica RTR e le consigliere del Pd Giulia Tempesta, Valeria Baglio e Ilaria Piccolo si sono chieste “con quali autorizzazioni e se” tali cartelloni mobili “siano in regola con tutte le norme in vigore”, sollecitando la sindaca Virginia Raggi a intervenire “sanzionando e ritirando le autorizzazioni, qualora ci fossero, per i beceri messaggi che veicolano, contro le donne e la loro autonomia”.

Ad Ancona, dove tali cartelloni circolano anche con l’adesione della Chiesa apostolica locale (evangelici pentecostali), Loredana Galano del Movimento l’Altra Idea, aderente alla Rete donne, ha contestato tale “campagna aggressiva ed estremamente violenza per i termini”. Una “mistificazione” dal “contenuto misogino e una visione della donna ridotta” a “incubatrice”, aggiunge Galano ribadendo: “non si possono fare iniziative di propaganda di questo tipo, specie se contrarie a diritti sanciti da leggi e che possono ledere il diritto alla salute della donna”. Considerato anche che una campagna del genere può “turbare a livello psicologico le adolescenti, colpevolizzandole e spingendole a procacciarsi farmaci abortivi sul mercato on line” senza controlli. Galano ha ricordato che due delibere sono state depositate dall’ex consigliere regionale di Articolo Uno Gianluca Busilacchi e dall’ex presidente della IV Commissione Sanità Regionale Fabrizio Volpini per promuovere la contraccezione gratuita e l’educazione sessuale nelle scuole. 

La Commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo ha contestato la deriva della Polonia contro il diritto di autodeterminazione femminile, dopo la decisione della Corte costituzionale locale di restringere fortemente l’accesso all’interruzione di gravidanza che ha suscitato diffuse proteste nel paese. La presidente della commissione Evelyn Regner ha dichiarato con fermezza che “il divieto de facto di aborto promosso dal governo polacco interferisce direttamente con l’autonomia e l’integrità fisica delle donne”, “è un attacco ai diritti umani e fondamentali e dovrebbe essere impensabile in una democrazia liberale nel 2021”.

La sudditanza dei politici verso i parroci, soprattutto in contesti locali, è in Italia tristemente leggendaria. Persino di fronte a uscite sempre più antistoriche e imbarazzanti. Per questo è interessante segnalare che il sindaco di Paduli (BN) Domenico Vessichelli ha contestato le uscite complottiste verso i vaccini contro il coronavirus di un prete, pronunciate durante un’omelia mentre stava sostituendo il parroco di quella chiesa. 

La redazione