Una laicità mortificata in fasce (tricolori)

Sono tanti i sindaci che dimenticano la neutralità del loro ruolo istituzionale. Ne parla Massimo Maiurana sul n. 4/2020 della rivista Nessun Dogma.
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La fascia tricolore indossata dai sindaci non è l’unico segno distintivo previsto per i ruoli istituzionali pubblici, ma è certamente il più noto. La sua funzione è di identificare nell’istituzione rappresentata: nel momento in cui la persona la indossa la sua presenza è in veste ufficiale, quindi è l’istituzione a essere presente e a parlare. Un distintivo analogo è quello dei presidenti di Provincia, o meglio di giunta provinciale, costituito da una fascia non tricolore ma azzurra, recante sempre lo stemma della Repubblica insieme a quello della Provincia (quest’ultimo nella fascia dei sindaci diventa lo stemma del Comune). Non esiste nessun segno distintivo per i presidenti di giunta regionale, ma qualche Regione ha comunque deciso in autonomia di adottarne uno sempre rappresentato da una fascia: azzurra rossa e verde per la Liguria, bianca e rossa per la Toscana, verde e argento per la Lombardia. Nessuna fascia per il presidente del Consiglio dei ministri, mentre per il presidente della Repubblica esiste lo stendardo, che naturalmente non viene indossato ma è sempre esposto ovunque sia prevista la presenza in veste istituzionale del capo dello stato.

La fascia da sindaco è il distintivo più noto perché più frequenti sono le uscite istituzionali dei primi cittadini nel territorio di loro competenza, che sia per una visita ufficiale oppure per l’inaugurazione di un nuovo parco pubblico. I matrimoni civili poi, sempre più praticati rispetto a quelli concordatari, prevedono che l’ufficiale di stato civile debba indossare la fascia tricolore, ma attenzione: questa è una specifica deroga alla normativa generale prevista dal Dpr 396/2000. Infatti non sempre sono i sindaci a celebrare il rito, di solito l’ufficiale di stato civile è una figura diversa che non è di norma autorizzata a indossare la fascia. La specificità è però stata scambiata da alcuni per generalità, come se l’uso della fascia potesse essere concesso a qualunque persona delegata dal sindaco a rappresentarne le funzioni, tanto che il ministero dell’interno è dovuto intervenire con un parere ufficiale nel quale, in sintesi, si stabilisce che l’uso della fascia tricolore è consentito al sindaco e al massimo al vice sindaco, laddove intervenga in sostituzione del sindaco assente.

Nel parere ufficiale si richiama anche una precedente circolare dell’allora ministro Russo Iervolino, era il 1998, nella quale si sottolineava che «La disciplina dell’uso della fascia tricolore […] è legata principalmente alla natura delle funzioni sindacali, di capo dell’amministrazione comunale e di ufficiale di governo. Nell’uso corrente si è affermata la consuetudine che il sindaco indossi la fascia in tutte le occasioni ufficiali, in qualunque veste intervenga». Sembra quasi una contraddizione in termini; l’uso corrente, in pratica, è andato oltre lo spirito e il significato propri dell’elemento simbolico, diventando quindi letteralmente un abuso. Se l’occasione è ufficiale, la veste non può che essere anch’essa ufficiale.

Tale ambiguità si concretizza in modo emblematico laddove l’occasione è di chiaro stampo religioso. Basta scorrere la rubrica “Clericalata della settimana” sul blog dell’Uaar A ragion veduta per capire che è tutt’altro che inconsueto vedere fasce tricolori indossate nell’ambito di funzioni religiose. Funzioni che sono poi sempre specificamente cattoliche, rarissime le eccezioni, poiché molti sindaci non hanno problemi a declinare l’invito per presenziare a cerimonie di culti diversi, mentre al contrario temono le conseguenze politiche di un rifiuto opposto a influenti personalità cattoliche. Si va dalla classica messa, magari in occasione delle celebrazioni per il santo patrono, alle processioni in corteo dietro al vescovo, passando per le cerimonie di solenne affidamento della città a questo o quel santo o addirittura alla richiesta di benedizione della stessa fascia, avanzata a suo tempo dal sindaco di Terni nientemeno che al papa. Si potrebbe dire, parafrasando, che indossare la fascia tricolore val bene una messa.

La circolare Iervolino ricordava anche, sempre a proposito dell’uso della fascia e richiamando l’articolo 54 della Costituzione, che è dovere di tutti gli amministratori «adempiere con disciplina ed onore le funzioni pubbliche ad essi affidate». A tal proposito è lecito chiedersi come si concilierebbe l’onore nella funzione pubblica con lo sfoggio della fascia tricolore in funzioni religiose alla luce del principio di laicità dello stato, non definito purtroppo nella Costituzione ma comunque ricavato a posteriori dalla Corte costituzionale da un’analisi comparata di vari articoli. Principio che, sempre secondo la Consulta, implica «salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale». Perché se il sindaco “fasciato”, e quindi l’amministrazione comunale come istituzione statale, presenzia ufficialmente solo e soltanto quando i cattolici chiamano, allora il pluralismo di fatto non esiste. Se poi arrivano addirittura a essere parte del rito, per una invocazione o una benedizione, stato e chiesa si intrecciano fino a fondersi. Manca solo l’investitura del vescovo dopo l’elezione.

Eppure nella legge la disposizione relativa ai segni distintivi di sindaci e presidenti di Provincia viene subito dopo il comma che prescrive il giuramento di osservanza leale della Costituzione. Questo, come anche Iervolino notava nella suddetta circolare, non è un caso. Tu, sindaco, prima giuri solennemente di osservare la Costituzione, poi puoi indossare la fascia tricolore. Se però subito dopo averla indossata vai a farti benedire, nel senso letterale, allora forse non ti sono chiari i principi fondamentali di quella legge fondamentale. Quel tuo giuramento diventa a tutti gli effetti uno spergiuro. E meno male che non è stato pronunciato sulla Bibbia come si usa altrove, per esempio nei cristianissimi Stati Uniti, altrimenti anche la chiesa potrebbe avere da ridire. O forse no.

Si potrebbe obiettare che seguendo questa lettura restrittiva l’uso della fascia da parte dei sindaci verrebbe limitato a poche occasioni istituzionali. Tale osservazione sarebbe corretta qualora a essere stata contestata fosse la presenza della fascia in un luogo privato, o per un’iniziativa privata, ma così non è. Il problema non è la non istituzionalità dell’occasione, è piuttosto l’essere o il comprendere un rito religioso. La fascia non è inopportuna all’inaugurazione di un nuovo centro commerciale come non lo è a quella di un nuovo edificio di qualunque culto. Lo è invece a messa, dove il sindaco può ovviamente andare quando vuole purché in veste privata.

Massimo Maiurana


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