Alle Nazioni Unite Humanists International condanna la “cultura dell’impunità” vigente in Iran

Durante un dialogo con il Relatore speciale delle Nazioni Unite sull’Iran al Consiglio dei diritti umani, Humanists International ha chiesto la fine dell’impunità per le violazioni dei diritti umani.

Il confronto, parte della 46.ma sessione del Consiglio dei diritti umani, ha riguardato l’ultimo rapporto del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell’Iran, Javaid Rehman.

Sia nel suo rapporto sia nella sua presentazione dello stesso al Consiglio, Rehman ha fatto riferimento a tre casi che Humanists International sostiene da diversi anni: i difensori dei diritti umani Golrokh Iraee e Soheil Arabi, arbitrariamente detenuti con l’accusa di insulti alla religione; e l’accademico svedese-iraniano Ahmadreza Djalali, a rischio di imminente esecuzione. Il Relatore speciale ha chiesto che tutti e tre siano immediatamente rilasciati e che le loro condanne siano annullate.

Nella sua dichiarazione, Lillie Ashworth, responsabile dell’advocacy di Humanists International, ha condannato il governo iraniano per aver sostenuto una cultura dell’impunità riguardo alle atrocità in materia di diritti umani commesse dallo Stato. Ha fatto riferimento al massacro di prigionieri politici in Iran del 1988, un crimine tuttora non riconosciuto dalla leadership del Paese, e all’uccisione di manifestanti nel 2018-2019, su cui non è stata nemmeno aperta un’indagine.

Ashworth ha poi affrontato l’impunità relativa alla violenza di genere in Iran. Ha sostenuto che il progetto di legge a lungo atteso su “Protezione, dignità e sicurezza delle donne contro la violenza” non è adeguato a combattere lo stupro coniugale, le leggi discriminatorie sullo status personale e i matrimoni precoci (come sottolineato dal Relatore speciale, la legge iraniana fissa per le ragazze l’età minima per il matrimonio a 13 anni e consente il matrimonio di ragazze anche più giovani con il consenso paterno e giudiziario). Ashworth ha espresso preoccupazione per il fatto che, sottolineando “la necessità di proteggere la ‘modestia e le virtù delle donne musulmane’”, il disegno di legge potrebbe essere utilizzato come un’arma per criminalizzare ulteriormente chi combatte per i diritti delle donne.

Ashworth ha anche attirato l’attenzione sulle accuse di tortura contenute nel rapporto, incluse “scosse elettriche e somministrazione di droghe”, utilizzate contro ragazzi LGBTI. Ha condannato la pratica della terapia di conversione come “una violazione dei diritti umani in sé, a cui non si può mai acconsentire”.

La dichiarazione di Humanists International si è conclusa con la richiesta di una Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite allo scopo di affrontare l’impunità per le violazioni dei diritti umani in Iran e la sollecitazione all’Iran a ratificare la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (la “Convenzione CEDAW”).

Il delegato iraniano ha risposto al rapporto sostenendo che il mandato del Relatore speciale “manca di legittimità” e “perpetua semplificazioni e pregiudizi su un’intera nazione”.

Durante la stessa sessione, Humanists UK ha chiesto l’abrogazione delle leggi iraniane sulla blasfemia e sull’apostasia.

Articolo pubblicato il 16 marzo 2021 in inglese sul sito Humanists International.

Traduzione di Ingrid Colanicchia.

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