Dai cimiteri per i feti al riconoscimento dello status di persona ai concepiti?

La pratica della sepoltura dei feti abortiti è l’ennesimo attacco a una legge, la 194/1978, che dalla sua approvazione non ha fatto che subire tentativi di svuotamento e messa in discussione. Per garantirne la sopravvivenza non possiamo abbassare la guardia neanche per un attimo. Affronta il tema Ingrid Colanicchia sul n. 2/2021 della rivista Nessun Dogma.
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È un lavoro lento ma incessante. Come quello della goccia che scava la roccia.

Nella nostra storia la goccia è rappresentata dalla chiesa e dalle varie organizzazioni cattoliche oltranziste, la roccia è la legge 194 del 1978 che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza, fin dalla sua approvazione sotto attacco costante.

L’ultimo capitolo di questa storia (almeno per ora) l’ha scritto la donna che, nel settembre scorso, ha raccontato in un post su Facebook di aver scoperto, sette mesi dopo aver subìto un aborto terapeutico, che il feto era stato inumato al cimitero Flaminio di Roma a sua insaputa e sotto una croce con il suo nome (e non si tratta di un’eccezione né del primo caso assurto agli onori della cronaca).

Come ha spiegato molto bene Adele Orioli, responsabile iniziative legali dell’Uaar, questa pratica si fonda su due fonti normative: per quanto riguarda i feti oltre la ventottesima settimana di gestazione (ultimo trimestre di gravidanza) si tratta del regio decreto 1238 del 1939, che stabilisce che essi vanno considerati nati-morti e quindi con obbligo di apposizione del nome e di registrazione all’anagrafe; per quanto riguarda i feti tra la ventesima e la ventottesima settimana (non dichiarati nati morti) a prevedere la sepoltura su richiesta della famiglia, o comunque su richiesta dell’Asl/Comune, è il decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990. Che ha aggiunto una ulteriore novità: la possibilità di richiedere la sepoltura anche per quelli inferiori alla ventesima settimana, fino a quel momento considerati rifiuti ospedalieri e avviati tutti alla termovalorizzazione.

Regioni e Comuni hanno poi ulteriormente contribuito ad aggravare il quadro stabilendo convenzioni con associazioni private (di matrice cattolica, ça va sans dire) che passano di ospedale in ospedale a ritirare i rifiuti ospedalieri, cioè i prodotti abortivi inferiori alle venti settimane non reclamati, e li seppelliscono con messa in suffragio, in alcuni casi previo battesimo. E dove non intervengono i privati, ci pensa il pubblico: come nel caso del settembre scorso, se il feto tra le venti e le ventotto settimane non viene reclamato, la Asl chiama l’Ama, l’azienda municipalizzata della nettezza urbana, che si incarica della sepoltura. Sotto una croce con il nome utilizzato per autorizzare il trasporto, cioè quello della donna.

La vicenda ha suscitato talmente tanto scalpore da indurre la Giunta comunale a proporre l’istituzione di una sezione apposita del registro cimiteriale (segreta) all’interno della quale saranno registrati i dati della donna e un codice alfanumerico corrispondente al feto. Solo ed esclusivamente quest’ultimo sarà esposto sulla targhetta affissa sulla tomba.

Questa modifica però ovvia a solo una delle innumerevoli questioni sollevate, quella relativa alla privacy. E se essa è ovviamente fondamentale, lo è altrettanto il portato simbolico di tale pratica che di fatto va nella direzione del riconoscimento dello status di persona al concepito, tentando di avvalorare l’idea che esso possa e debba essere posto sullo stesso piano della donna a livello giuridico.

Per questo si configura come l’ennesimo attacco alla già tanto vilipesa legge 194. Svuotata dall’interno dagli altissimi numeri dell’obiezione di coscienza che, specie in alcune zone del paese, ostacolano l’accesso delle donne all’interruzione volontaria di gravidanza e complicano il lavoro di quei medici non obiettori che garantiscono l’applicazione della legge sull’aborto. Oggetto dell’attenzione e delle critiche costanti del papa – che in più di una occasione ha paragonato i medici che praticano aborti a sicari (l’ultima volta in gennaio) – e di associazioni che si presentano come pro-life (lasciando intendere che chi non la pensa come loro è pro-death) e che invece dovrebbero chiamarsi ed essere chiamate per quello che sono, no-choice. Messa all’indice da politici che calpestano il diritto delle donne a una vita sessuale e riproduttiva libera e consapevole promuovendo iniziative volte alla sua criminalizzazione (come le tante mozioni comunali tese a decretare varie città italiane “a favore della vita” – e quindi contro l’aborto). E l’elenco potrebbe continuare.

È d’altronde almeno in parte l’impianto stesso della legge a prestare il fianco a simili tentativi di depotenziamento. Non solo per la previsione, nello stesso dispositivo legislativo, della possibilità per il personale sanitario di fare obiezione di coscienza ma perché, a voler essere precisi, la legge 194 (che parla di «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza») non riconosce un vero e proprio diritto all’aborto in capo alla donna bensì stabilisce le condizioni (anche piuttosto stringenti) entro cui l’aborto non è reato.

In un mondo ideale, o in un Paese laico, saggezza vorrebbe che prima che la goccia scavi troppo a fondo la roccia si rimettesse mano a questa legge al fine di garantire un reale riconoscimento del diritto all’autodeterminazione delle donne. Ma, visti i venti che spirano (la Polonia è dietro l’angolo), è impensabile aprire un dibattito in materia. Molto più saggio allora difendere ciò che abbiamo con le unghie e con i denti (per esempio non affidandosi al caso nella scelta del proprio ginecologo). E a chi si oppone all’aborto sicuro e legale ricordare fino allo sfinimento che le alternative a esso sono solo l’aborto clandestino (e le relative morti) e la gravidanza coatta.

Ingrid Colanicchia


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8 commenti

iguanarosa

A proposito di obiezione di coscienza, si fanno pressioni e si arriva al licenziamento per i sanitari che rifiutano di vaccinarsi. Che si fa per i ginecologi degli ospedali pubblici e convenzionati che rifiutano di avere a che fare con le interruzioni di gravidanza?

dissection

Niente. Rifiutarsi di praticare aborti segue perfettamente il magistero di santa romana cosca, a differenza di rifiutare il vaccino che non è contemplato nel codice di diritto canonico, e quindi lo stato ha il viatico per punire i colpevoli, cosa che non si fa’ con chi segue il diktat clericale. E avanti così…

RobertoV

Il papa recentemente ha anche messo sullo stesso piano aborto, pena di morte e desertificazione, distruzione della terra.
Sarebbe interessante sapere quale sia il giro di affari ed i finanziamenti di questi no-choice. La sepoltura è un grosso affare in generale ed un ambiente di tangenti, corruzione e scandali.

KM

Capisci perche’ quando mi si dice che devo aver considerazione per la “sensibilita’ religiosa” di questi clerico-fascisti, io rispondo picche, quando sono di buon umore e mi inc….aspito a morte quando non lo sono.
Per me, c’e’ bisogno che ogni clericale che si conosce sappia bene come la pensiamo, che non ha nessun diritto di bacchettarmi se bestemmio (come mi e’ successo, col ‘bacchettatore’ che era un amico che si dichiarava anarchico e ateo!!!!!!!!!) e far presente con fermezza e senza scusarsi, che la nostra considerazione e la nostra stima verra’ rinnovata SOLO quando li vedremo dimostrare in vaticano o davanti alle varie diocesi contro questi atti al limite della decenza e della legalita’ e forse anche oltre!

KM

Se non fosse tragico ci sarebbe da ridere. E allora mettiamola sul faceto.

Desertificazione? Beh, certo, se si considera che nelle culture legate alla terra, la placenta o era consumata come si fa col sanguinaccio e la trippa, oppure, nella maggioranza dei casi, si seppelliva per assicurarsi la fertilita’ della terra stessa.
Meno nascite, meno placente, meno fertilita’, piu’ desertificazione. Mi pare logico. O no?
Meno dimostrabile e’ la distruzione della terra. Meno nascite, meno bocche da sfamare, piu’ possibilita’ di salvare l’ambiente. Forse Franceschino voleva dire: distruzione della fonte di reddito del vaticano. Meno nascite, meno fedeli, meno introiti. Anche questo mi pare logico. O no?

dissection

Meno fedeli, certo. Logico. Ma quello che dici sulla desertificazione, se fosse vero, sarebbe anche una enorme zappata sui piedi da parte loro, in quanto, alla fine, a salvare la Terra dalla desertificazione sarebbero comunque… delle donne! Se questi discorsi avessero un senso, ovviamente, e senza star lì a tirar fuori somiglianze e agganci con animismi vari, negati stentoreamente ma accarezzati più o meno consciamente dalle menti fasciobigottotaleboliche. Rinnovo l’apprezzamento e l’appoggio sul discorso “sensibilità del credente”, pretesa sempre e corrisposta mai. Si scandalizzano per tutto, e non si vergognano di niente.

KM

Corollario a quanto scritto sopra.

Mi viene in mente Peter Finch in ‘Quinto Potere’ (Network) che, nel ruolo di Howard Beale , si affaccia alla finestra del suo appartamento e grida a squarciagola:
«Sono inc….. to nero e tutto questo non lo accetterò più!»
Altre finestre si illuminano e si aprono e altre persone si uniscono a lui ripetendo:
«Sono inc….. to nero e tutto questo non lo accetterò più!»

E’ solo un’idea. Io la getto li’……..

Un’ottima giornata a tutte le persone di buona razionalita’!

KM

Dissection,
mi piace definirmi come uno seriamente umoristico e umoristicamente serio. Come recitava uno spot della Kellog’s (fiocchi d’avena): Not too heavy, not too light, just right!
Quello sulla desertificazione era un discorso faceto, quello sui meno fedeli no. Altri, migliori di me, hanno messo in luce questo legame tra avversione all’aborto e ai contraccettivi, con la conseguente spinta a procreare di piu’, e l’esigenza di avere piu’ fedeli (e piu’ introiti) facendo leva sul lavabo teologico di giovani menti. Come scrive Laurence Kalnin (“The God Fallacy”, p.4, Kalnin Corporation Pty. Ltd., 2010, Sydney): “…Con l’inizio del sistema monetario arrivarono le “divinità a scopo di lucro” o “la religione Inc.” Ogni religione chiede l’ “elemosina” (i contributi) in quello che è di gran lunga il più grande e ricco business della storia umana….”
Lo stesso Kalnin ci informa che: “…Secondo quanto riferito, i fondi controllati centralmente dalle principali religioni ammontano a 7 trilioni* di dollari americani, una ricchezza quasi incomprensibile … ” (op. cit. pp. 62-63) **

* Per convenzione internazionale, un trilione corrisponde a un milione di miliardi, cioe’ 10 alla 18a. In alcuni sistemi, pero’, corrisponde a mille miliardi, o 10 alla 12a

** La traduzione in promptu e abbastanza libera e’ mia.

Commenti chiusi.