L’invadenza del “prete in corsia” nelle strutture anti-Covid: la testimonianza di un paziente

La nostra associazione si impegna nel denunciare invadenze confessionaliste nelle istituzioni e nelle strutture pubbliche, come scuole o ospedali. Talvolta il nostro attivismo laico viene minimizzato, se non ridicolizzato, da chi non ha passato certe esperienze o derubrica alcune questioni come poco importanti. “Esagerati!” Ci sentiamo dire. Ma intanto continuiamo a ricevere una montagna di segnalazioni di persone che ci chiedono supporto, segno di quanto il problema della laicità in Italia sia vivissimo. E continuiamo a ricevere tantissimi (preziosi) messaggi di stima da quelle persone, che ci danno la spinta per proseguire.

Il confessionalismo sistemico si infiltra con la sudditanza e l’inazione della politica, sebbene la popolazione sia sempre più secolarizzata e insofferente dei privilegi religiosi. Un confessionalismo che, mascherato da sussidiarietà o da “libertà religiosa”, approfitta oggi persino dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus per invadere spazi e ledere la dignità delle persone. Come ci ha raccontato E. M. (preferiamo ora mantenere l’anonimato per tuterlarne la riservatezza), purtroppo ricoverato per Covid-19. Persino lì, sebbene non abbia richiesto alcun “conforto”, si è ritrovato un prete nella stanza da cui non poteva uscire. C’è da riflettere sul perché sia considerato normale che sacerdoti possano avere l’autorizzazione di aggirarsi, pure con l’attuale emergenza sanitaria, in reparti ad alto rischio sebbene non siano operatori sanitari. Scopriamo che, sulla base di convenzioni tra le diocesi e le Asl, è ammesso con il pretesto di portare “aiuto”. Se può, l’Uaar contesta queste derive: il nostro coordinatore regionale dell’Emilia Romagna Roberto Vuilleumier si è intanto rivolto alle istituzioni locali. Ma lasciamo spazio alla toccante testimonianza di E. M. 


Stimata UAAR,

per mia sfortuna mi trovo attualmente ricoverato nel reparto infettivi dell’ospedale di *, con un caso di COVID fortunatamente non troppo grave.

sono letteralmente obbligato a rimanere nel raggio dei due metri concessimi dal tubo dell’ossigeno

La mia situazione è comunque particolare: anche se non sono in condizioni gravi sono letteralmente obbligato a rimanere nel raggio dei due metri concessimi dal tubo dell’ossigeno, posso a malapena telefonare ai miei cari e, ovviamente, non ho modo di ricevere alcun tipo di conforto fisico da parte loro.
È una situazione fisicamente e psicologicamente difficile.

Oggi la porta si è aperta ed è entrato un signore completamente bardato nelle tute protettive tipiche del personale di questo reparto e, senza identificarsi, ha chiesto i nomi miei e del mio compagno di stanza. Credendolo parte del personale medico, gli sono stati forniti e, solo a quel punto si è presentato come “Don” e che voleva parlarci.

Ho immediatamente fatto presente che se voleva parlare col mio compagno di stanza era libero di farlo, ma che io non sono cristiano e non intendevo parlare con lui.
Nonostante il mio chiaro segnale, l’uomo si è avvicinato e, appoggiandomi la mano sul piede, da sopra le coperte, ha insistito che, anche da non cristiano, se avessi voluto parlare…
Ho tagliato corto, spostato il piede, intimato al signore di non parlarmi e ignorato indossando degli auricolari.
È quindi stato qualche minuto a parlottare col mio compagno di stanza e, uscendo, mi ha di nuovo rivolto la parola, rivolgendomi un saluto da me ignorato.

In una situazione così alienante a mia moglie non è concesso venire, bardata o meno, per farmi una carezza

Ora:
– Né io né il mio compagno di stanza abbiamo richiesto alcun tipo di assistenza religiosa, e il mio compagno si è detto anche lui scocciato dall’invadenza.
– Ho trovato questa invasione della mia privacy estremamente disturbante. Sono giorni che non ho il minimo contatto umano. Vengo maneggiato come un pezzo di carne, forato, voltato, misurato. È psicologicamente devastante, il senso del sé, del proprio corpo è distrutto. In una situazione così alienante a mia moglie non è concesso venire, bardata o meno, per farmi una carezza, per ridarmi una sfera umana e non di semplice degente, e questo signore ha OSATO invadere il mio spazio personale e TOCCARMI, senza il mio consenso e dopo la mia esplicita richiesta di non comunicare mentre ero LETTERALMENTE ancorato al letto dall’ossigeno, letteralmente “captive audience”.
– Trovo SCANDALOSO che in tempi di pandemia sia concesso a personale non sanitario, non essenziale e, soprattutto, NON RICHIESTO di aggirarsi per un reparto infettivi, in una stanza COVID, TOCCANDO COSE E PERSONE.

Sono livido. Già mi è toccato convivere col solito santino e crocefisso in camera, ma sopportiamo. Ho già un’altra battaglia da combattere in questi giorni.
Questa invasione della mia sfera personale e mancanza di buonsenso sanitario, però, è troppo da mandare giù.

Grazie per la pazienza, cara UAAR

E. M.

 

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