Censimenti e sbattezzi: l’importanza di essere sé stessi

«Che sarà mai, dire – o lasciare che dicano – che sono cattolico? Anche se sono ateo, anche se il mio concetto di famiglia, di libertà, di laicità è agli antipodi di quello ecclesiastico, dichiarandomi cattolico, magari “non praticante”, mi evito un sacco di potenziali rogne. Cosa ci guadagnerei, invece, a definirmi non cattolico?»

La pensavano in questo modo, dieci anni fa, tanti polacchi e tante polacche. Dai risultati del censimento emerse così che il 96% della popolazione del loro paese si era dichiarato cattolico. E il partito cristiano-nazionalista, conquistato il potere, cominciò a usare quel dato per negare l’aborto, criminalizzare i gay, comprimere la libertà di espressione. Ora, in occasione di un nuovo censimento, in Polonia è partita una campagna per non dichiararsi cattolici – se non lo si è. Una campagna per la sincerità. Perché l’ipocrisia è decisamente pericolosa.

Anche nel Regno Unito è appena terminato un censimento, e anche Humanists Uk ha a sua volta invitato i connazionali a contrassegnare la casella “No religion”. La situazione locale è ovviamente molto diversa da quella polacca: lo scopo dell’iniziativa è stato anche quello di evitare una protesta diffusa e giustificata, ma sterile, che aveva portato molti britannici a dichiarare l’appartenenza alla religione jedi. Convincenti o meno che siano stati, pare proprio che, per la prima volta, i non cristiani rappresenteranno la maggioranza del paese. E i mezzi di informazione hanno cominciato a trarne qualche interessante riflessione.

Così come le chiese cristiane. Piaccia o no, realistici o meno che siano, i censimenti forniscono infatti dati ufficiali – e comparabili. Quello svoltosi in Messico l’anno scorso, per esempio, ha evidenziato che «in dieci anni i cattolici hanno perso 5 punti, rispetto al 2010, passando dall’82,7% al 77,7%. A trarne beneficio non solo (e non tanto) i neo-evangelici e pentecostali (passati dal 7,5 all’11,2%), ma anche (e soprattutto) coloro che dichiarano di essere “senza religione” (dal 4,7% all’8,1%)». A definire gli esiti «una doccia fredda per i cattolici» è la stessa chiesa romana, costretta ora a riflettere «sull’avanzata della secolarizzazione, soprattutto nei grossi centri». A maggior ragione poiché «il censimento, molto spesso, viene compilato dalla donna di casa, che barra un’unica risposta per tutti», sicché «l’adesione al cattolicesimo resta ancora molto alta, ma si tratta di una prospettiva non completamente vera». Il rettore dell’Università Pontificia del Messico ha già chiesto «un nuovo approccio sia a livello di pastorale che di cultura», improntato a una «maggiore qualità».

In Italia, l’ultimo censimento comprendente una domanda sulla religione risale al 1931: in piena era fascista, soltanto lo 0,042% si dichiarò «senza religione» (in testa Trieste, con lo 0,434%). Novant’anni dopo, troppi ecclesiastici e troppi politici continuano a pensare che il panorama religioso del paese sia rimasto identico. Anche perché il Vaticano seguita a pubblicare pseudo-statistiche inattendibili allo scopo di negare la secolarizzazione, l’immigrazione, il maggior pluralismo e il fenomeno degli “spirituali ma non religiosi”. È un atteggiamento che l’Uaar  denuncia da anni e che qualche risultato lo ha senz’altro ottenuto: sempre meno mezzi d’informazione citano i numeri che dà il Vaticano. Anche perché, nonostante Bergoglio, i sondaggi raccontano un andamento ben diverso, e lo stesso fa anche il più autorevole sociologo cattolico.

Ma, per l’appunto, non lasciamo che a interpretare il cambiamento siano soltanto credenti praticanti. Riaffermiamo il diritto a una corretta rappresentazione dei tanti non cattolici italiani. E chi è stato battezzato ancora in fasce, «iscritto senza permesso a un club di cui non intende fare parte» (cit. Julia Anton), può, grazie all’Uaar, sbattezzarsi. Sempre se vuole, potrà poi caricare una copia della risposta della parrocchia sul portale sbattezzati.it. Il messaggio arriverà ancora più forte.

E pazienza se la parola “sbattezzo” fu introdotta proprio dal quotidiano dei vescovi Avvenire, ormai mezzo secolo fa, allo scopo di deridere Aldo Capitini – fondatore della marcia Perugia-Assisi e, benché credente, primo italiano a chiedere, nel dopoguerra, di formalizzare la sua non appartenenza alla chiesa cattolica. Perché lo sbattezzo non è un controrito. Non è un gesto identitario, uguale e antitetico a quelli di Salvini e Meloni. È invece la riaffermazione di un fondamentale diritto umano.

Al punto che la sua diffusione coglie obiettivi che sono di interesse per gli stessi cattolici: meno credenti sulla carta ma più credenti autentici, una fede meno manipolabile dalla politica e più impegnata nella costruzione di una società migliore – perché più sincera e meno ipocrita. In un mondo ideale, sia le oneste risposte ai censimenti, sia la spedizione delle richieste di sbattezzo dovrebbero essere promosse in prima battuta proprio dal Vaticano. Tra qualche millennio potremo forse arrivarci.

Raffaele Carcano

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10 commenti

Diocleziano

Se è stupido, da parte di un indifferente, definirsi cattolico cosa dire della chiesa che finge di credere a quei dati, sapendo che sono falsi? È anche vero che si tratta della stessa chiesa che mente o si inventa false conversioni in punto di morte. Nella città del Male conta più la quantità che non la qualità. E quando manca anche la quantità, la si inventa, tipo 8×1000…

dissection

Per la situazione polacca, fare riferimento ad Adam “Nergal” Darsky, artista laico, ragazzo dalla mentalità esemplare e impegnato in prima linea nella battaglia contro la legge antiblasfemia in Polonia.
Devo seriamente cominciare a prendere in considerazione di fare incorniciare la mia lettera di sbattezzo; o meglio, la risposta della curia che mi scomunica latae sententiae. Buona giornata a tutti gli sbattezzati.

G. B.

Finchè il confronto è fra cattolici e laici, per chi abbia un minimo di coraggio civile, almeno in un paese democratico, non dovrebbe essere particolarmente difficile dichiararsi apertamente non credente, pur con i piccoli inevitabili fastidi che la cosa comporta. Personalmente io mi dichiarai “di nessuna religione” alla visita di leva nel lontano 1970 e non ne ebbi alcun danno.
Oggi però si è aggiunto un nuovo elemento, l’islam, del quale molti hanno una paura boia. Conosco persone per niente clericali che però sono favorevoli, ad esempio, al mantenimento del crocifisso nelle aule, ai presepi e ai coretti natalizi a scuola, pur di non dare l’impressione di cedere agli islamici.
In un contesto, qual è quello del nostro paese, di bassa coscienza laica, più d’una persona potrebbe preferire quello che, a ragione o a torto, ritiene il male minore, cioè l’identitarismo cattolico, rispetto all’islam che impone il velo perfino alle bambine in carrozzino, ritenendo che persone come il DIVORZIATO Salvini e la MADRE NUBILE Meloni difficilmente potranno spingersi oltre un certo limite.
Finchè la sinistra continuerà ad essere spudoratamente multiculturalista (= multicomunitarista) e filoislamica, i vari Salvini e Meloni avranno buon gioco, almeno finchè non tireranno troppo la corda e non vorranno emulare sul serio i loro amici polacchi.
L’idea di molti, insomma, è che il pericolo maggiore per le nostre libertà e per il nostro stile di vita venga dall’islam e se, per fermarlo, si debba fare qualche concessione a clericali nostrani, allora valga sempre la famosa regola di Montanelli, turarsi il naso e …
Insomma la stessa ragione per cui in passato molti votavano Democrazia Cristiana solamente per paura dei comunisti, peraltro molto meno pericolosi degli islamci, visto che nemmeno ai più fanatici stalinisti interessava più di tanto quanta vodca bevesse Ivan e quanti Ivan si portasse a letto Katiusha.

RobertoV

Quando negli anni ’80 feci il militare ci fu detto chiaramente che a loro non interessava che fossimo atei, se eravamo stati battezzati dovevamo dichiararci cattolici. E questo nonostante da un anno la religione cattolica non fosse più ufficialmente religione di stato. Direi che questo è ancora l’atteggiamento dei politici e della stessa stampa, rafforzata dal nazionalismo e identitarismo cattolico. Cioè come italiano devi riconoscerti cattolico, altrimenti sei anti-italiano o filoislamico, in combutta col nemico, in una logica binaria tipica della guerra. Un bel ricatto, sostenuto da una assillante propaganda mediatica e distorsione storica in cui si cerca di accreditare l’idea, senza mai dimostrarlo, che gli italiani siano tutti cattolici e lo siano stati e lo siano per libera scelta e che i nostri diritti derivino dal cristianesimo, tesi che la gente accetta senza porsi la semplice domanda di quanti diritti perderemmo se veramente la chiesa comandasse ancora come un tempo e dimenticandosi di quanto hanno dovuto combattere contro di loro per ottenerli, e che il cristianesimo e i suoi simboli, anziché la laicità, siano il baluardo contro l’islam, in una sorta di amuleti o di esorcismi contro il malocchio. Cioè dopo che siamo stati obbligati ad essere cattolici in ogni modo dovremmo continuare in eterno ad esserlo negando la libertà di scelta.
Un censimento sarebbe un passo importante, cosa fatta regolarmente nei paesi più evoluti: il fatto che finora non sia stato fatto in Italia secondo me è indice del timore dei clericali di certificare che le cose sono molto differenti dalla propaganda, con conseguente perdita della loro giustificazione principale.
Temo solo che le domande potrebbero essere fatte in modo ambiguo e che verrebbe fatta una pesante campagna mediatica identitaria e ricattatoria.

Mixtec

Credo che gli Italiani abbiano le idee confuse riguardo la propria identità: come loro simbolo a Dubai (che ritengo sia un paese arabo, semitico) hanno inviato una statua rappresentante Davide, un Ebreo che manco sapeva dell’esistenza dell’Italia.
Forse l’Italia ha scelto di farsi rappresentare dalla figura di un re semita per far vedere che l’antisemitismo è ormai un lontano ricordo; forse hanno pensato che, dopo i recenti “Patti di Abramo” fra Ebrei ed Arabi (tutti semiti), la raffigurazione di un re Ebreo (con una statua che mai gli Ebrei hanno fatto o faranno in futuro) offerta dall’Italia possa essere ben gradita nei paesi Arabi.

G. B.

@ RobertoV
“Quando negli anni ’80 feci il militare ci fu detto chiaramente che a loro non interessava che fossimo atei, se eravamo stati battezzati dovevamo dichiararci cattolici.”
E’ la stessa cosa che avevano detto a noi dieci anni prima. Io feci finta di non aver sentito e sotto la voce “religione” barrai la casella “nessuna”. Magari se qualcuno avesse voluto andare a fondo avrebbe potuto denunciarmi per aver dichiarato il falso! Tra l’altro un mio conoscente e coetaneo, che aveva fatto il militare negli uffici del medesimo distretto militare e aveva visto la mia pratica, mi chiese se ero fuori di testa. Del resto ricordo che da ragazzo, quando dicevo che mai mi sarei sposato in chiesa (promessa che ho puntualmente mantenuto 2 volte) gli amici mi guardavano come se fossi un extraterrestre.
L’identificazione tra italianità e cattolicità è ovviamente un fatto gravissimo che ingenera parecchi equivoci. Quante volte, ad esempio, presupponendo che tutti gli italiani dovessero essere necessariamente cattolici, si è invocato il principio di reciprocità in materia di libertà religiosa, come se questa non fosse un diritto costituzionalmente garantito, fermo restando ovviamente il rispetto delle leggi dello Stato, tra le quali, se lo ricordino gli islamici, rientra anche l’uguaglianza tra i sessi. In questo modo peraltro la religione viene posta sullo stesso piano dei commerci, dove in effetti il principio di reciprocità ha un senso (se io lascio circolare liberamente le merci tue, tu devi lasciar circolare liberamentele merci mie, se tu tassi le merci mie io tasso le tue, altrimenti rovino la mie aziende). E poi dicono che la religione non è bottega!

Michael Gaismayr

Censimenti e sbattezzi: due modi indiretti e poco efficaci per farsi sentire.
Censimenti: l’ultimo che ricordo è stato nel 2011. Possiamo sperare che ne facciano un altro, e che molti abbiano il coraggio di dichiararsi non cattolici, cosa improbabile, dati il conformismo e l’abitudinarietà molto comuni.
Sbattezzi: possiamo sperare che ne facciano molti, ammesso che i fuoriusciti dal cattolicesimo facciano notizia e comportino seri cambiamenti socio-politici. Mi restano dei dubbi in un contesto sociale in cui la stessa UAAR è percepita come una specie di setta segreta.
Unica soluzione, diretta e attiva, sarebbe quella di fondare il “movimento dei non-affiliati”, che in Italia sono 7.508.200 pari al 12,4% del totale della popolazione. Si tratta di un grosso bacino elettorale che potrebbe pilotare la politica dei partiti progressisti che volessero aspirare ad inglobarlo.

Francesco S.

Tra un ateo e l’altro c’è tanta differenza in politica come tra un ateo e un cattolico, non ci si può fare un partito o movimento politico.

Diocleziano

L’utilità di un censimento che porti a conoscenza di tutti la reale consistenza dalla chiesa è evidente. Se emergesse una cifra vicina a quella degli effettivi frequentatori delle messe penso che ci sarebbe un catastrofico crollo nell’autostima dei credenti.
Come dicevo qualche giorno fa, lo sbattezzo serve a poco fin che resta una faccenda riservata tra sbattezzando e parrocchia. Se è percorribile, bisogna investire della pratica il garante della privacy. Con conseguente pubblicità dei dati ufficiali.

RobertoV

In teoria nel 2021 dovrebbe esserci un censimento nazionale, anche se suppongo verrà spostato per la pandemia. Il problema è che nei censimenti precedenti non è mai stato proposto un censimento sull’appartenenza religiosa come fatto in altri paesi civili: tra le ragioni vengono addotte motivazioni strumentali di privacy. Per esempio in Germania dove da censimenti e fedeli iscritti per la kirchensteuer sanno che il 40 % della popolazione non appartiene ad una religione, le associazioni di atei attivi contano meno di 30000 iscritti.
I censimenti servono a fotografare la situazione dell’Italia e l’evoluzione nel tempo in modo da guidare le scelte politiche, quindi sapere l’appartenenza religiosa e la sua tendenza nel tempo sarebbe importante per condizionare le scelte governative in un settore non certo marginale e contestare affermazioni identitarie di certe forze politiche e mediatiche.
I sondaggi sull’argomento sono rari e poco pubblicizzati e di certo hanno poco valore se non istituzionalizzati: non mi risulta che l’Istat che fa indagini su tutto ne faccia sull’appartenenza religiosa e gli stessi dati da indagini istat potrebbero essere contestati.
Le stime sono sempre criticabili come quella dei 7.508.200 che fornisci e lasciano il tempo che trovano.
Sullo sbattezzo sono invece d’accordo perchè la ritengo una pratica debole di contestazione: da un lato legittima la chiesa cattolica nell’utilizzare i dati dei battezzati come fedeli, dall’altro consente a loro di utilizzare una differenza passiva come legittimazione, cioè che se solo in 100 mila ne hanno sentito il bisogno gli altri 60 milioni sono o cattolici o simpatizzanti della religione e della chiesa cattolica.

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