L’influenza del confessionalismo italiano esce dai confini nazionali per espandersi, con l’emergenza coronavirus, anche in ambito ONU. L’Italia ha infatti presentato una risoluzione all’Assemblea mondiale della sanità (AMS), che dirige l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), per garantire un seggio permanente al Vaticano.
L’iniziativa è appoggiata da alcuni paesi europei conservatori, come Ungheria e Polonia. E l’intento desta numerose perplessità tra osservatori ed esperti, viste le notorie posizioni retrive del Vaticano sui diritti sessuali e riproduttivi e sulle questioni lgbt. Tanto che trapela una (parziale) marcia indietro. Per Jessica Stern di LGBTIQ OutRight Action International il ruolo inclusivo dell’OMS entra in contraddizione con l’approccio vaticano di “esclusione” verso i diritti delle persone omosessuali. Ciò è evidente anche ai cattolici progressisti: Jamie Manson di Catholics for Choice ricorda che il Vaticano è contro l’affermazione dei diritti di donne e persone lgbt e che il peso della dottrina ha ricadute specie nei paesi in via di sviluppo. Senza contare il coinvolgimento degli apparati vaticani nelle istituzioni internazionali, a vario titolo, cui si aggiunge un ulteriore tassello.
La risoluzione, nella stesura iniziale, avrebbe permesso al rappresentante d’Oltretevere di partecipare a tutte le riunioni, anche quelle relative a scelte politiche e finanziarie, e di co-sponsorizzare decisioni su tutti i temi. Ora la delegazione italiana ha rivisto il testo, consentendo di sostenere iniziative che fanno riferimento al Vaticano stesso, ma senza facoltà di voto. Come nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove è presente quale osservatore permanente: solo il cattolicesimo, fattosi stato, ha questo privilegio rispetto ad altre confessioni, come l’islam. Sul piatto anche un accordo per invitare il Vaticano alle assemblee annuali dell’OMS, invitato dal direttore generale. Nel complesso, con capacità di intrusione facilmente immaginabile – perché già sperimentata a Ginevra.
All’apparenza innocua, l’iniziativa si inserisce nel rinnovato protagonismo internazionale del Vaticano con papa Francesco. Che avrà sì una “immagine più morbida”, sottolinea Neil Datta del Forum parlamentare europeo sui diritti sessuali e riproduttivi (EPF), “ma la sua diplomazia internazionale e il contenuto di fondo non sono cambiati”. Spesso, avendo spazio in questi consessi mondiali, il Vaticano ha tuonato contro riforme laiche sui temi etici. Da tempi non sospetti, ad esempio nel 2002 con il rappresentante Javier Lozano Barragan. Per arrivare al 2018 con l’attacco di Ivan Jurkovič, osservatore presso l’Onu, contro una maggior sicurezza per l’aborto.
Non sembra un caso che papa Francesco abbia sostenuto l’iniziativa, caldeggiata da Oms e diversi stati come gli USA, per la sospensione dei brevetti sui vaccini Covid-19 al fine di diffondere le cure nei paesi in via di sviluppo. Anche il presidente del Consiglio Mario Draghi, che ha avuto anche incarichi vaticani, si è schierato. E c’è da ipotizzare che sotto l’egida del suo governo dai tratti spiccatamente confessionali (e ciellini) le diplomazie delle due sponde del Tevere abbiano trovato una forte intesa.
Sebbene dirompente, la notizia del Vaticano in pianta stabile all’OMS non ha smosso giornali e commentatori italiani. Eppure i vaticanisti pullulano in ogni redazione. Lo scoop è arrivato da openDemocracy, mentre da noi calma piatta. O forse una consegna del silenzio? Come per lo stretto e sospetto riserbo dei negoziati all’AMS da parte dei funzionari di Italia e Vaticano. A breve, dal 24 maggio al primo giugno, si terrà la prossima sessione dell’Assemblea mondiale della sanità. All’insaputa dell’opinione pubblica, l’Italia farà ancora da apripista alle pretese di ingerenza internazionale del Vaticano, stavolta sul fronte sanitario.
Valentino Salvatore
Ormai è chiaro che non c’è limite alla cialtronaggine della nostra classe dirigente: della politica e/o della cultura che sia.